Conflitti d'interesse: due pesi e due misure

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Un articolo piuttosto sciocco sul Corriere, uno dei tanti, mi spinge a fare un confronto fra gli standard etici di Italia e Stati Uniti. Non tanto, o non solo, gli standard etici dei politici ma quelli della popolazione complessiva, e dei giornalisti che l'opinione di tale popolazione dovrebbero in qualche modo raccogliere e diffondere.

Il signor Paolo Valentino, a corto d'idee e di notizie, cerca nei ritagli internet della stampa USA qualcosa da scrivere e scopre che McCain si trova davanti a un drammatico conflitto d'interessi, anzi due, a causa delle ricchezze della sua attuale consorte.

Il confronto che m'è venuto spontaneo è banale: il giornalista del Corriere pensa che

John McCain abbia un conflitto d'interessi. È possibile, anche se io

nemmeno riesco a capire dove il conflitto d'interessi sia (c'è un

problema politico di scelta tattica e d'immagine che si vuole dare, ma

è altra questione). Comunque il giornalista l'ha visto. Benissimo.

Ma

se McCain ha un conflitto d'interessi, allora cos'ha l'uomo BS? E

cos'hanno i vari Giuliano Urbani, Willer Bordon, Francesco Rutelli, e

via elencando membri della casta, destri o sinistri ch'essi siano?

Ma in Italia, a Milano, in via Solferino, nelle stanze alte: ma uno specchio per guardarsi e vergognarsi non ce l'hanno proprio?

Ovviamente quanto vale per via Solferino vale per gli altri indirizzi bene dove si fa la "buona informazione" italiana.

Gli italiani si rendono conto del livello a cui sono scesi, o no? Qualunquismo il mio? Qualunquismo un piffero: non è BS che fa il magnaccia, è l'intera casta politica che, come si sospettava vedendo la gente con cui s'accompagna e le cose che dice e fa, sembra dedicarsi alla seconda professione più antica. Il che spiega il loro bipartitico ed unanime ferreo attaccamento al "servizio" pubblico che la RAI fornisce.

Servizio pubblico, appunto ... Avessero almeno la decenza di riaprire i bordelli per il popolino!

 

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Commenti

Ci sono 38 commenti

Ma la cosa grave è che se il povero giornalista avesse fatto un articolo sul conflitto di interessi di Berlusconi ci saremmo messi tutti a ridere. Sarebbe passato per l'inventore dell'acqua calda.

 

Michele, la risposta alla tua domanda è no: a via Solferino e in tutti gli altri postriboli di questo paese  in decomposizione lo specchio lo hanno rotto da tempo. E il problema è che gli italiani sono talmente immersi in questo guano da credere che si tratti del mondo reale, e non di una patologica deformazione culturale di un intero popolo.

 

Appoggiando nelle penunltime elezioni Prodi & Co il Corriere ha perso molti lettori - 40mila copie in meno - a favore più che altro di giornalacci del calibro di Libero ed il Giornale. Quindi ecco forse spiegato lo spostamento a "destra" per recuperare il terreno perso. Pare ci siano riusciti. 

Detto questo il Corriere non fa più opinione. E' l'opinione che fa il Corriere. Chi fa l'opinione allora?

Qui http://www.infodem.it/files/doc/1773_1_Libero.doc si trova un documento interessante con un'intervista a Mieli.

 

 

concordo su tutto.

l'altro giorno leggendo il corriere mi imbatto in questo articolo sull’ M.D. Anderson Cancer Center di Houston, che si conclude con una frase sibillina: "[Garantire il diritto alla cura di qualità del cancro] All’M.D.

Anderson si fa per i pazienti che pagano, in Italia si cerca ancora di

farlo per tutti i cittadini."

presentare in modo così grossolano un paragone tra i due sistemi sanitari mi sembra veramente pessimo giornalismo, à la Turco-Moore, ma magari sono io che sbaglio.  

il corriere di Mieli però mi fa schifo ogni giorno di più.

 

L'esempio che fai tu parlando di questo conflitto d'interessi è "specchio" del più generalizzato degrado del Corsera che, nella versione online, è n-volte più evidente. Le cose un po' più serie le tengono per la versione di carta, che tanto non legge nessuno.

Basta guardare la sezione "Scienze" dove uno si aspetta articoli, appunto, di scienze. Se pur divulgativa, sempre scienza! Fateci caso: il 70% degli articoli riguardano "il web" e gli "internauti" o i videogiochi. Il resto è fuffa non approfondita e poco documentata. Ogni tanto qualche "curiosità"... e si che l'epoca moderna ci pone davanti a problemi scientifici giganteschi, che sempre più influiranno sulla vita di tutti i giorni!!!

Il moderno abuso del "copy and paste" genera mostri....

 

 

L'esempio che fai tu parlando di questo conflitto d'interessi è

"specchio" del più generalizzato degrado del Corsera che, nella

versione online, è n-volte più evidente. Le cose un po' più serie le

tengono per la versione di carta, che tanto non legge nessuno.

 

Oggi al Corriere della Serva, dopo le lampade senza elettricita' fatte con acqua e Clorox, se ne sono usciti con un'altra degna del glorioso Weekly World News: "Sul web ora ci si «droga» con onde sonore". "IL NEUROLOGO: «È possibile ipotizzare che diano vera dipendenza»"! A onor del vero, e' anche possibile ipotizzare che i giornalisti che hanno scritto il pezzo abbiano un quoziente intellettivo esprimibile da un intero a una cifra: prima teorizzano un diabolico piano degli audio-spacciatori di perseguire pratiche simili a "quelle del mercato tradizionale degli stupefacenti: la partenza è con file offerti gratuitamente, poi si passa alla somministrazione a pagamento", e qualche paragrafo piu' avanti citano l'opinione di un "esperto" della GdF (famoso per aver a suo tempo sostenuto che PGP aveva una backdoor...) secondo cui c'e' il "vantaggio rispetto alla droga che non si consuma e quindi si può riutilizzare quante volte si vuole". Sigh, addio sogni di audionarcodollari, penseranno a Medellin: l'information age puo' attendere, torniamo all'agribusiness.

Morale: Mamme d'Italia, non lasciate che i vostri figli frequentino il web! Non solo potrebbero drogarsi con gli MP3, ma quel ch'e' peggio magari anche scoprire fonti d'informazione alternative alla cerebrolesa stampa di regime!

 

 

che conflitti di interessi hanno loro? beh direi ad occhio e croce che quello di Rutelli stia nel fatto di dover rendere conto a Cesare e pure a Dio ma non so se questa sia valida come risposta

 

 

 

il giornalista del Corriere pensa che

John McCain abbia un conflitto d'interessi. È possibile, anche se io

nemmeno riesco a capire dove il conflitto d'interessi sia (c'è un

problema politico di scelta tattica e d'immagine che si vuole dare, ma

è altra questione). Comunque il giornalista l'ha visto.

 

Puo' darsi che sia rincitrullito anch'io, pero' nello scenario in cui:

(a) la moglie del presidente John McCain ha interessi finanziari nella produzione di alcohol;

(b) il presidente John McCain deve prendere decisioni che favoriscono o danneggiano i produttori di alcohol,

io almeno un conflitto di interesse lo vedo, in principio. Quello che Valentino non coglie e' una cosa piu' importante: mentre il

conflitto di interessi e' endemico per chi esercita il potere, solo in

Italia -- tra le democrazie avanzate -- non esistono quell'etica e

quegli strumenti legislativi che lo arginano. Da noi ci si sguazza con

estrema disinvoltura. Il suo ragionamento e' percio' essenzialmente fanciullesco, come quello di un bambino cresciuto in mezzo a chi ruba mele al mercato e che ha imparato a fare altrettanto: se qualcuno prende in mano una mela per comprarla, lui puo' solo pensare che stia cercando di rubarla.

Non c'e quindi dubbio che l'articolo sia fondamentalmente sciocco, e non solo per questo. Questo mi pare sia vero per molti articoli sugli Stati Uniti scritti da giornalisti italiani per i lettori italiani. Al contrario degli articoli sull'Italia scritti da giornalisti anglosassoni che trovo spesso piu' diretti, professionali e informativi di quelli che sugli stessi argomenti appaiono sulla nostra stampa. Ecco uno (corto) e due (lungo) esempi recenti.

 

 

che conflitto di interessi avrebbero avuto Bloomberg (anzi: lui ne ha uno enorme come sindaco di NY) o Romney? L'unico eleggibile sarebbe stato Huckabee, se guardiamo al patrimonio individuale dei candidati.

Ma la risposta forse sta qui...

en.wikipedia.org/wiki/U.S._Office_of_Government_Ethics

 

 

 

Può darsi che sia rincitrullito anch'io, però nello scenario in cui:

(a) la moglie del presidente John McCain ha interessi finanziari nella produzione di alcohol;

(b) il presidente John McCain deve prendere decisioni che favoriscono o danneggiano i produttori di alcohol,

io almeno un conflitto di interesse lo vedo, in principio.

 

Approfitto del fatto che GZ faccia finta d'essere citrullo per chiarire i dettagli. In ordine sparso.

Senza alcun intento polemico, ma as a pure matter of fact, ricordo che il candidato democratico alla presidenza nel 2004 era sposato con la signora Teresa Heinz (nata Thierstein Simões-Ferreira) la quale non possiede solo una piccola quota azionaria di Anheuser Busch ma il pacchetto di controllo di Heinz. Ora, che io ricordi, nessuno sollevava timori per rischi di conflitto d'interesse. Questo per la semplice ragione che, avesse vinto il signore il cui nome non ricordo, questi non vi sarebbero certo stati. Per le ragioni che seguono.

Il presidente degli USA ha praticamente zero impatto sul valore di mercato d'una singola azienda di prodotti non-militari o high-tech - su quest'ultime l'impatto purtroppo può averlo; un giorno occorrerà che qualche storico chiarisca come l'amministrazione di GWB sia riuscita a fare anche sporchi affari oltre che criminale politica estera. Birra, e salse, appartengono alla categoria dei prodotti non high-tech e con scarsa rilevanza militare. Inoltre, poiché la regolazione del consumo, distribuzione, produzione e tassazione dei prodotti alcolici è, per remore dei tempi del proibizionismo, territorio riservato alla legislazione statale, il presidente federale proprio non può metterci mano. Inomma, a meno che il McCain da presidente decida con ordine presidenziale di rendere obbligatorio il consumo di tre litri giornalieri di schifosa BudWeiser per cittadino, non ci sono santi. Il conflitto non può materializzarsi. Ma non basta.

La legislazione e la pratica sul conflitto d'interessi per politici e funzionari pubblici sono, negli USA, anni luce lontane dall'inesistente legislazione e dalla vomitevole pratica romane ed italiote.

Tanto per dare un esempio. Dovesse la signora McCain decidere di tenersi le azioni in tasca, l'eletto presidente McCain non dovrebbe far altro che imitare L.B. Johnson (ed ogni presidente dopo di lui). Cosa che farebbe automaticamente, non tanto e non solo perché è essere meno indegno di BS ma, soprattutto, perché l'opinione pubblica non accetterebbe nulla di meno. Cosa fece LBJ si apprende nella seguente citazione:

President Lyndon B. Johnson is generally credited with being the first

elected U.S. official to execute a blind trust. When Johnson took

office in 1963, concerns were raised about his family's ownership of

KTBC, a radio and television station in Austin, Tex., that was the

cornerstone of the family's wealth. Johnson's staff urged him to sell

the station, but for sentimental and financial reasons the president

and the first lady were reluctant to part with it. Lady Bird Johnson

had bought KTBC in 1943, and the shares were in her name.


The task of finding a solution fell to Sheldon Cohen, then a

36-year-old tax partner at Arnold, Fortas & Porter, the law firm

co-founded by Abe Fortas, a Johnson confidant. During the Kennedy

Administration, Cohen had created the first ever blind trusts for

several cabinet undersecretaries, including a State Department official

who owned shares in Latin American business interests. For the

Johnsons, Cohen devised a blind trust based on the standard grantor

trust, under which the owner still owns the assets and can revoke the

instrument at any time. In 1964, Johnson appointed Cohen commissioner

of the Internal Revenue Service.

Dovrebbe poi comunque sottoporsi ai rigorosi criteri d'informazione e restrizione nelle azioni, per lui ed i familiari, previste dalle varie versioni dello Ethics in Government Act of 1978 ed anni seguenti. I dettagli, davvero lunghini e complicati, li trovate qui e qua. A meno che non si voglia teorizzare (teorizzazione coerente, ma francamente irrilevante) che esiste conflitto d'interessi tutte le volte che la famiglia di un politico possiede un qualsiasi asset il cui valore possa variare nel tempo anche a seguito, magari indirettamente, di azioni del politico medesimo, io il conflitto d'interessi non lo vedo. Ma GZ non è citrullo, ed astutamente ci ha messo un "in principio" alla fine della frase, quindi tutto è teoricamente possibile. :-)

L'altra cosa che vorrei rilevare è che, negli USA, non esiste solo l'apparato legislativo e formale appena descritto, ma esiste soprattutto l'opinione pubblica. Per esempio, esistono una miriade di organizzazioni come questa (usare Google per vedere e credere) le quali, anche se non riescono ad eliminare gli abusi della casta, li rendono veramente infinitesimi e scarsamente persistenti rispetto a quelli italiani.

Venendo ai quali non posso esimermi, questa volta, dall'autocitazione d'uno dei miei tanti fallimenti. Nell'autunno del 1994, in cooperazione con altra persona che non nomino (perché non so se vuole essere nominata) persi parecchio tempo a capire la legislazione USA e spagnola sul conflitto d'interessi. Stendemmo un progetto di legge, che passammo a Mimmo Pagliarini allora ministro del bilancio nel primo governo BS. Noi si giocava (a tempo parziale e gratis) a fare i consiglieri d'una Lega che, al tempo, aveva ancora qualche chance d'essere un partito liberista, federalista e motore del cambio. Per ovvia opposizione di BS e dei suoi scherani, indifferenza dell'allora ministro del tesoro (Dini Lamberto), incomprensione della natura del problema da parte di vari minus habens che sedevano ai vertici della Lega (ricordo un Bossi che nelle sue interviste parlava di "trust blindati" per BS ... cercate nell'emeroteca del Corriere, e troverete) l'intero progetto venne tenuto nel cassetto. Poi il re dei minus habens, credendo alle lusinghe dell'astuto d'Alema, fece cadere il primo ed unico governo in cui avrebbe potuto contare e che avrebbe forse potuto cambiare l'Italia d'un pelo. Fine della fiera. Così morì anche, nell'indifferenza generale, la legislazione sul conflitto d'interessi. La sinistra istituzionale, che governò dal 1995 al 2001, non ne fece nulla (chissà perché ...) e nulla ne fece la "nuova" sinistra che governò dal 2006 al 2008, nonostante le roboanti promesse rivoluzionarie ... banda di cialtroni. Ora siamo dove siamo. Contenti voi, contenti tutti.

P.S. Grazie al lettore Maurilio: mantenere un profilo basso è uno dei tanti sogni che non ho saputo mai realizzare! ;-)

 

 

 

A mio parere lo spirito dell'articolo è proprio un altro, ovvero quello di castigare in patria utilizzando un exemplum.

Viene solo riportato un caso straniero, spetta al lettore far due più due e rendersi conto della disparità; per me l'intento è appunto quello di scagliare una frecciatina pur mantenendo il profilo basso.

 

Mi sembra il caso di segnalare, quale ulteriore exemplum, il comportamento del Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, che appena nominato a tale carica, ha trasferito tutti i suoi valori mobiliari ad un blind trust (rectius : ad un blind trustee).

Questo è ciò che risulta dall'articolo del Corriere leggibile al link: www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2006/01_Gennaio/19/draghi.shtml

 

Non voglio apparire paranoico, ma vi segnalo un fatto che io trovo curioso.

Da circa un mese Banca Mediolanum sta offrendo dei prodotti finanziari innovativi (l'aggetivo innovativo e' quello usato da loro): rinegoziazioni del mutuo a tassi agevolati, nuovi prodotti finanziari che (a loro dire) ben si adattano alle attuali condizioni di mercato etc...

La cosa che io trovo curiosa e' che di queste iniziative viene data puntualmente notizia al Tg5 (non so se la stessa cosa accade negli altri telegiornali Mediaset o in quelli Rai). Io nemmeno discuto la bonta' di questi prodotti finanziari, ma come mai il TG5 comunica tutto cio' in tutti i telegiornali? Non e' curioso dato che la famiglia Berlusconi controlla sia Mediolanum sia Mediaset? Mi sono perso qualcosa io? Come mai nessuno fa notare questa "curiosita'"? 

 

 

 

Scusa, ma proprio non vedo, in questo caso, un conflitto d'interessi.

A me pare, invece, un'azione di marketing che deriva da una

coincidenza d'interessi tra due aziende private appartenenti alla

stessa proprietà, sempre che, naturalmente, ciò non violi la normativa

vigente in materia pubblicitaria, che non conosco: questa è, quindi, la

verifica da effettuare ed, eventualmente, la strada da percorrere anche

in termini sanzionatori.

Ben diverso sarebbe, evidentemente, il caso della medesima

operazione ad opera dei telegiornali RAI che, ferma restando

l'osservazione relativa al rispetto delle norme, immagino si

configurerebbe come una distorsione di risorse pubbliche a vantaggio di

un soggetto privato.

In realtà l'irrisolto problema di fondo rimane la situazione di

sostanziale duopolio televisivo, che dovrebbe essere modificata - il

grande quesito riguarda la modalità che, a mio parere, dovrebbe contemplare limiti ai singoli gruppi privati, accanto alla completa privatizzazione dell'attore statale, eventualmente pensando a "contratti di servizio" per garantire funzioni di pubblica utilità da definirsi - per consentire l'accesso al

mercato di altri operatori, al fine di ritrovarsi in un corretto regime

di concorrenza.

Non mi sembra, però, che tale percorso interessi veramente ad alcuno

schieramento: da un lato per ovvi motivi di convenienza personale e

dall'altro al fine di conservare una possibile arma politica,

puntualmente brandita nelle occasioni elettorali, con minacce di

riorganizzazioni epocali mai portate a conclusione.

 

Mi trovo a riflettere sul caso di un assessore alle politiche giovanili che si batte da giorni per la proroga dell’orario di chiusura dei locali in centro storico, che un’ordinanza del sindaco impone alle ore 23.30. Nobile intento (penso: si tratta di una proposta fatta  perché i giovani socializzino di più, e stringendo nuove relazioni migliora il capitale sociale.. e magari ciò influisce sullo sviluppo economico locale…bah!). Salvo scoprire, successivamente, che lo stesso assessore è socio di un bar del centro.

Si tratta di un caso emblematico di conflitto di interesse. C’è poi il caso del socio privato di una società pubblica, con interessi nella gestione della stessa, nominato nel consiglio di amministrazione. O il caso dell’insegnante di matematica che rimanda a settembre i suoi alunni e li manda a ripetizione dal figlio laureato in matematica. E’ conflitto di interessi? Certo si tratta di situazioni diverse e, in ambito locale, non meno rilevanti di quelle cui siamo abituati a livello nazionale (questa è stata pur sempre un’estate di “cricche”!).

Si tratta di situazioni in cui in cui giudizi professionali o azioni che riguardano un interesse pubblico sono influenzate da un interesse secondario.

Nel caso dell’assessore l’interesse primario dovrebbe risiedere nel promuovere il benessere dei giovani della sua città (magari anche nel cercarsi un consenso politico tra gli stessi). L’interesse secondario include suoi interessi di tipo finanziario (nel caso del professore l’interesse è rivolto invece ai familiari).

Le situazioni di conflitto di interessi, cui siamo abituati, certamente non riguardano solamente interessi finanziari, anche se il guadagno finanziario è oggettivo, fungibile e quantificabile, ma rappresentano comunque una “pratica” sempre più legittimata.

E’ altresì vero che la severità delle conseguenze di ogni decisione in conflitto di interessi dipendono da:

-          effettiva probabilità che poi le decisioni rilevanti siano influenzate dall’interesse secondario;

-        serietà del danno che potrebbe derivare da tale influenza.  L'nfluenza diventa eccessiva a seconda del valore dell’interesse secondario, della sua durata, dall’ambito di discrezionalità che l’individuo ha.

Allora mi chiedo, quali danni anche economici producono questo genere di comportamenti?

Come tutto ciò finisce per influire, nelle scelte collettive,  sul raggiungimento di un esito socialmente ed economicamente desiderabile? Parliamone. Magari riusciremo a sollevare la questione in un Paese, il nostro, in cui sembra essere diventato comportamento sempre più accettabile.