Dialogo di un rottamatore e di un rumoroso

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Ossia tra Pippo Civati e il sottoscritto. Chiedo scusa in anticipo se il termine ''rottamatore'' è un po' fuori moda, ma i titoli servono anche ad attirare l'attenzione. Chiedo anche scusa perché in realtà questo post non è un dialogo, ma semplicemente un mio articolo. È però parte di un dialogo che è iniziato con un mio intervento un  po' brusco (ahem) e con la risposta di Civati.

In questo intervento vorrei, per quanto possibile, spostare la discussione dai massimi sistemi ai problemi e ai provvedimenti concreti. È importante farlo soprattutto adesso, con la chiusura dell'era Berlusconi, perché non è affatto scontato che il paese riesca a muoversi nella direzione giusta.

Un breve riassunto delle puntate precedenti. Una settimana fa ho scritto un articolo molto duro contro un'intervista di Guido Rossi al Corriere (e anche contro Marcello Veneziani, ma è bello scordarsi di lui). L'intervista era piena di errori fattuali e sciocchezze teoriche, quindi manifestavo stupore per l'apprezzamento ad essa data da Pippo Civati e Alessandro Gilioli. In particolare mi chiedevo come potesse Civati chiamare un simile ammasso di nonsenso addirittura ''lezione magistrale''. Pippo ha cortesemente risposto sul suo blog (leggete anche nei commenti la mia breve replica e l'ulteriore intervento di Pippo; oh, leggete anche gli altri commenti se avete voglia). Questo articolo prosegue il dialogo in forma più articolata.

Resto dell'opinione che Rossi si sia comportato da cattivo maestro. Un cattivo maestro è uno che usa la propria autorità per far circolare idee sbagliate che conducono chi lo ascolta a intraprendere azioni perniciose. Importa poco che lo faccia per malvagità o, come probabilmente è il caso di Rossi, per sciatteria e scarsa abitudine al ragionamento rigoroso e alla verifica dei fatti. La tesi secondo cui basta intervenire sulla distribuzione del reddito per risolvere la crisi è la classica tesi da cattivo maestro che, se presa sul serio, conduce a politiche nefaste, in primo luogo per i più deboli.

Pippo, nella prima e nella terza colonna dell'intervista di Rossi non c'è nulla su cui concordare (la seconda colonna mi par di capire che non piace neanche a te). La prima colonna è fuffa pura. La moneta che conquista la politica, il nome di Condorcet buttato lì a sproposito ... tipici vezzi irritanti dell'intellettuale italiano (ancora più irritante è quando ci informa, alla fine dell'intervista, che lui le teorie complottiste su Draghi se le legge sul New York Times e Le Monde; ma faccia il piacere). La terza colonna è invece infarcita di errori. Prima sui prestiti agli studenti (scambia il totale con i ''crediti inesigibili''), poi sul welfare (che Reagan e la Thatcher avrebbero ''smantellato''; rinnovo l'invito a guardare i dati sulla spesa pensionistica e sulla spesa pubblica per sanità), con rinnovato contorno di fregnacce oniriche sulla moneta e la politica. Ma chiudiamola qui, perché veramente non è molto interessante parlare di Guido Rossi. È un personaggio che, anagraficamente e intellettualmente, rappresenta il passato. Mi interessa di più discutere il futuro.

In particolare, mi interessa la discussione che si sta sviluppando, o che si dovrebbe sviluppare, nel centrosinistra sulle cose da fare. Questa crisi autunnale ci ha regalato, in modo un po' fortunoso, la fine di Berlusconi. So bene che queste sono ore frenetiche, in cui si discuterà di complicate mosse sullo scacchiere politico, di come tessere o distruggere alleanze, di quali poltrone occupare e tante altre cose che sono il sale dell'attività politica  in qualunque parte del mondo. Ma oltre a questo un qualche pensiero bisognerà pur dedicarlo a discutere di analisi e di proposte concrete sulle cose da fare. È questa, almeno con riferimento alla politica economica, l'unica discussione a cui posso partecipare.

Mettiamoci dunque all'opera. Intanto, sono contento che, mi par di capire, siamo finalmente d'accordo sul fatto che crisi e disuguaglianza sono due problemi separati, che non abbiamo alcuna teoria e evidenza solida sul fatto che la disuguaglianza ha causato la crisi e che quindi non possiamo attenderci che interventi sulla distribuzione magicamente ripristinino la crescita. Dobbiamo quindi parlare separatamente di crisi e distribuzione.

Cominciamo dalla crisi. Qui, a me pare, le cose sono (purtroppo, in realtà) abbastanza facili per l'Italia, a differenza degli USA. Negli USA imperversa un furioso dibattito sull'opportunità o meno di espandere la spesa pubblica come mezzo per alzare il livello di attività. Non sono un esperto di macroeconomia, per cui non entrerò nel dettaglio di questo dibattito (io sono dubbioso degli effetti taumaturgici della spesa, ma il mio parere conta poco). Mi preme però osservare che i proponenti di tale politica basano la propria analisi sul fatto che in questo momento è effettivamente possibile per il governo statunitense finanziare i propri deficit di bilancio a tassi molto bassi. Krugman non perde occasione per ricordarci che i temuti bond vigilantes, investitori pronti a richiedere tassi più alti non appena il debito pubblico inizia ad aumentare, non si sono mai materializzati nel mercato dei titoli statunitensi: al contrario, il tasso sul debito pubblico USA è sceso negli ultimi tre anni. Da questa osservazione fa discendere la conclusione che un'espansione della spesa pubblica avrebbe notevoli benefici di breve periodo e scarsi costi nel lungo periodo.

Purtroppo la situazione nei paesi della periferia europea, tra cui il nostro, è ben diversa. Per tutta la fase della crisi i bond vigilantes da noi sono stati ben presenti, pronti a vibrare terrificanti mazzate sui paesi sospetti di porsi su un sentiero di debito insostenibile. Il fenomeno è particolarmente acuto in questi giorni ma non è certo nuovo. Dato che il nostro paese è entrato nella crisi con un livello di debito molto alto, il nostro governo non ha potuto nemmeno tentare le politiche espansive che hanno invece caratterizzato l'azione, per esempio, del governo spagnolo (con risultati che a me non paiono particolarmente soddisfacenti). Questa è la ragione per cui, quando si guarda all'Europa, chi ritiene opportuna un'espansione della spesa pubblica si rivolge principalmente alla Germania. Oppure, come fa Krugman, rimpiange la mancata flessibilità che deriva dall'avere monete nazionali, senza però dire che se è opportuno o meno uscire dall'euro.  In sostanza, a me pare che almeno per l'Italia i dibattiti sull'espansione o meno della domanda aggregata che tanto occupano l'attenzione negli USA ce li possiamo tranquillamente fumare nella pipa. Qualunque sia la nostra posizione in merito, la semplice verità è che da noi i bond vigilantes ci sono, e che quindi la strada della spesa in deficit è preclusa. Certo, possiamo sempre bussare alla porta dei tedeschi. Tanti auguri a chi ci prova. Io preferisco discutere delle cose che possiamo fare in Italia.

Una volta chiarito questo fatto, cosa resta? Qui è dove la discussione si fa viva. Un pezzo del centrosinistra (per esempio Vendola, i ''giovani turchi'' dalemiani, la CGIL nella sua quasi interezza) ha usato la storiella della ''disuguaglianza causa della crisi'' per dedurre che quello che restava da fare era redistribuire il reddito, la ricchezza, e non so che altro. Le modalità esatte non sono mai state chiarissime ma più o meno l'idea è di aumentare il gettito fiscale mediante nuove tasse (per esempio la famosa patrimoniale) e la lotta all'evasione, usando tale gettito extra per .... per non si capisce ben cosa, o meglio per tante cose. In parte per tappare il deficit, che resta comunque considerevole, in parte per sostenere la spesa e in parte, forse, per ridurre le imposte sul lavoro. Ora, indipendentemente dai possibili meriti redistributivi di una simile politica, quello che mi preme sottolineare è che questa non è una politica che può riavviare lo crescita. La persistente confusione su questo punto è la ragione per cui ho reagito con esasperazione all'intervento-spazzatura di Guido Rossi. È una confusione che può risultare letale ed è stata di fatto usata nel centrosinistra per evitare di guardare in modo lucido al fallimento di politica economica del governo Prodi-Padoa Schioppa. Abbiamo già avuto l'esperienza di un centrodestra che è tornato al potere senza ragionare in alcun modo sui suoi fallimenti precedenti. Il risultato è stato che il disastro del 2001-2006, un periodo veramente nefasto per la crescita economica, è stato replicato con ancora più forza nel 2008-2011, un periodo in cui si è risposto alla crisi con il più totale immobilismo. Ora rischiamo di ripetere la stessa esperienza con il ritorno al potere del centrosinistra, e veramente non ce lo possiamo più permettere perché il paese è sfiancato.

Nel centrosinistra esiste una linea alternativa, che riprende in parte l'esperienza della seconda metà degli anni 90 e che viene variamente accusata di essere neoliberista, eccessivamente moderata o semplicemente e seccamente ''di destra''. Per intenderci, è la linea ''alla Pietro Ichino''. È il frutto di un'analisi senz'altro più sensata di quella di Guido Rossi, ma ho sempre pensato che anche l'analisi dell'ala ''liberal'' del PD fosse drammaticamente incompleta. Per una semplice ragione. Perché rifiuta di comprendere che una componente essenziale della stagnazione italiana, oltre alle solite cause (eccesso di tassazione e spesa pubblica, inefficienza del settore pubblico, rigidità dei mercati, la solita lista della spesa) è la continua e ferrea presa che la casta politica continua a esercitare su tutta la società.

Pippo, la ragione per cui ti apprezzo è che mi pare tu sia uno dei pochi nel PD che si è posto in modo serio e organico il problema di attaccare la casta e i suoi privilegi. Quello che vorrei sottolineare è che l'attacco frontale alla casta non è solo un sacrosanto elemento di equità e giustizia. È anche uno snodo cruciale per la ripresa del processo di sviluppo. Ma su questo occorre ragionare, e andare un po' al di là delle richieste sulla riduzione del numero di parlamentari, consiglieri regionali, consiglieri comunali e dei loro stipendi, sull'eliminazione di province e comunità montane e così via. Sono tutte richieste giustissime, per carità, ma i soldi che si risparmiano in questo modo sono pochi. Il punto essenziale invece è che la politica deve fare un grosso passo indietro. Dalle banche, dalle imprese pubbliche, dai media e da tante altre cose. Fare un passo indietro non vuol dire ''adesso ci mettiamo a fare i bravi''. Vuol dire vendere la Rai, liberalizzare le professioni, privatizzare e tante altre cose. È l'unico, vero, modo in cui si può ridurre il controllo della casta sulla società. Questa chiarezza di pensiero non l'ho vista nel PD, francamente nemmeno nei tuoi interventi.

So che queste sono cose difficili da mandar giù per un elettorato abituato a identificare il pubblico con il bene e il privato con il male. Ma, realmente, qual è l'analisi alternativa? Se evitiamo la balla autoconsolatoria dello sviluppo causato dalla redistribuzione, se prendiamo atto che le politiche di espansione della domanda (ammesso e non concesso che funzionino) sono semplicemente impossibili, cosa resta? Crediamo forse che la crescita possa venire concedendo ai politici la possibilità di scegliere quali imprese sussidiare? O costringendo con mezzi coercitivi le imprese italiane a non andarsene? Attendo risposte.

Ho parlato solo di crisi e crescita, e non di disuguaglianza. Il pezzo è già troppo lungo, quindi se mi permetti butto semplicemente lì un po' di idee che so essere provocatorie. Spero lo siano nel senso buono e che aiutino a riflettere. Vedile come un abbozzo di una potenziale alternativa all'attuale linea che è quasi universale nel centrosinistra (la spesa non si abbassa, le tasse nemmeno, il mercato del lavoro va mantenuto com'è o al più irrigidito, patrimoniale straordinaria, mantenimento del flusso di risorse dal nord al sud etc. etc.). Poi se vuoi ne parliamo più in esteso.

Pippo, io mi fermo visto che il pezzo è già troppo lungo. Se hai voglia di continuare la discussione noi siamo sempre qui, e i nostri indirizzi di e-mail sono nei profili. Come diceva il Sommo Poeta a cui abbiamo dedicato una delle nostre rubriche ''ho tante cose ancor da raccontare per chi vuole ascoltare''. No, l'ultima frase della canzone non la dico.

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Commenti

Ci sono 100 commenti

È pronta la sinistra a misurare la performance degli insegnanti? E a distribuire le risorse, compresi i salari, di conseguenza?

Chiedo, quali sono gli strumenti a disposizione per fare un'operazione di questo tipo? Il timore è che, fintanto che si usano le performance scolastiche queste risulteranno drogate. L'INVALSI presenta problematiche significative. Fra tutte penso porterebbe ad una ulteriore spinta 'nozionistica' e ad un insegnamento test-oriented che darebbe davvero poco agli studenti.

Non vorrei essere frainteso, CONOSCERE le nozioni è fondamentale, ma l'averle memorizzate nulla dice sulla capacità di utilizzarle. Ho visto molti compagni di classe del liceo avere un'attitudine completamente mnemonica, ottimo voti e nessuna comprensione di quello che sapevano. Produrre studenti-recorder non serve a granchè. In questo senso studenti e professori tedeschi, per fare un esempio che conosco, hanno un atteggiamento radicalmente diverso.

Infine, come si evita di penalizzare insegnanti che partono in situazione di svantaggio "geografico" perchè hanno a che fare con studenti che vengono da famiglie dove si legge/studia poco o niente? Immaginiamo un sistema che possa fare questo genere di valutazioni (e qui...altri problemi)?

Penso sia di fondamentale importanza migliorare la qualità della classe docente di questo paese (il livello di insegnamento dell'inglese è una vergogna nazionale), ma come realizzarla concretamente?

 

Fra tutte penso porterebbe ad una ulteriore spinta 'nozionistica' e ad un insegnamento test-oriented che darebbe davvero poco agli studenti.

 

Mi pare proprio il contrario: l'Invalsi valuta competenze (capacità di fare/capire/risolvere qualche problema). Ed il punto drammatico è la diffusa mancanza di competenze.

 

come si evita di penalizzare insegnanti che partono in situazione di svantaggio "geografico" perchè hanno a che fare con studenti che vengono da famiglie dove si legge/studia poco o niente?

 

Risposta: non si valutano gli insegnanti sulla performance assoluta dei loro studenti svantaggiati, si valutano sulla performance relativa, ovvero di quanto sono riusciti a migliorare le capacità/competenze di studenti che partivano con un "handicap". Il mezzo è semplice: test pre-post.

Allora, se posso essere anche io un po' rumoroso, vediamo di chiarire una cosa: l'INVALSI NON GIUDICA I PROFESSORI, bensì gli STUDENTI.

Su questa differenza si sorvola sempre molto allegramente. Io prof. posso anche essere un genio, ma se ho una classe di sfaticati (non dico di cognitivamente stupidi, che sono una categoria statisticamente irrilevante -a prescindere da tutto quel che vi dica il senso comune!), non otterrò nulla comunque. Ma l'INVALSI questa situazione deve cmq certificarla.

Se un professore si trova al biennio delle superiori studenti che hanno fatto male elementari e medie, l'INVALSI andrà male, nonostante le correzioni che possa aver fatto (o comunque non bene come se il livello di partenza fosse stato buono), ma la colpa non sarà del professore. Ovviamente rimarrebbe cmq il fatto che la classe non sa l'italiano e il far di conto, e la cosa andrebbe registrata.

Ecc. Ecc.

Tutti i prof. che hanno tuonato contro l'INVALSI sentendosene minacciati avevano la coda di paglia: il test non è una minaccia e non ha conseguenze. Ma se uno è abituato a vedere complotti...

Mi permetto di utilizzare questo spazio per una segnalazione di un'altra perla di un altro economista. Ieri sera guardando di sfuggita Piazza Pulita, con tra gli ospiti Emiliano Brancaccio, personaggio a voi ben noto. Mi sono trovato a guardare il pezzo in cui Brancaccio suggeriva di ricattare noi la Germania per uscire dalla crisi alle nostre condizioni. Alla precisa domanda di qualcuno sul come ha preferito fare finta di niente. Ora io mi domando con cosa possiamo ricattare la Germania? Qualche foto segreta della cellulite del Cancelliere o che altro? Un ricatto stile teatrino italiano.

Poi uno ci pensa su, professore all'Università del Sannio; Sannio zona di buoni vini, 2+2=4.

Ora io mi domando con cosa possiamo ricattare la Germania?

Essenzialmente lasciando intendere che insomma per l'Italia questa uscita dall'euro non sarebbe poi tutto questo disastro e che l'euro e' sempre stata una moneta scomoda. Lasciando intendere che c'e' bisogno di maggiore coesione europea e che quindi se ne uscirebbe tanto facilmente con gli eurobond. Qui sarebbe il ricatto. Il che vorrebbe dire che la Germania ci para il culo essenzialmente e che noi continuiamo ad essere la Calabria d'europa. Purtroppo questa e' esattamente la strategia che mi sembra avere maggior supporto sia a destra (si vedano dichiarazioni di Berlusconi sull'euro "moneta strana") che a sinistra (si veda il ritornello del non accettare a testa bassa le condizioni della BCE).

 

Brancaccio suggeriva di ricattare noi la Germania per uscire dalla crisi alle nostre condizioni.

 

mah...anche questo sembra puro surrrealismo: il debitore in trappola che minaccia implacabili esattori puntandosi la pistola alla tempia: "voglio una macchina veloce all'uscita altrimenti faccio fuoco!"

non so se funzionerebbe. eppoi si è già vista in un film di mel brooks.

 

Qualcuno dovrebbe spiegare al sig. Brancaleone ehhm...Brancaccio (scusate il lapsus) che a giocare contro il banco (la Germania) alla fine si perde sempre, anche perchè le carte di tutti sono scoperte e alla fine dei conti l'Italia rischia di perdere assai di più della Germania, se salta l'euro.

Temo che quasi tutte le sedi universitarie italiane siano in terre di buoni vini.

Il ricatto alla Germania e' possibile solo nella mente ottenebrata non solo dai vini sanniti (di cui peraltro confermo il pregio) ma da pesanti ingestioni di funghi messicani. 

Ci si dimentica che l'uscita dall'unione monetaria e' una violazione del Trattato di Amsterdam. Come ritorsione l'Unione Europea potrebbe benissimo sospendere l'applicazione dei benefici del mercato unico ad un paese che si ponga al di fuori delle regole solennemente sottoscritte. Altro che svalutazione competitive e boom dell'export. 

L'euro e' stato concepito proprio per eliminare la scappatoia della svalutazione per chi partecipa ad un mercato unico. E quindi per mettere la parola fine agli espedienti e alle pessime abitudini del passato. 

Non c'e' alternativa: o si fanno le riforme su cui siamo in ritardo dagli anni 70 o si va di corsa verso il modello argentino. Del resto abbiamo gia' la nostra versione di Peron. 

 

Domanda leggermente OT:

Ma se anche la disuguaglianza causasse le crisi o le guerre (che poi riabbattono la disuguaglianza stessa riducendo il valore dei grandi patrimoni), perché la poca disuguaglianza dovrebbe causare la crescita?

Non trovo la spiegazione (ma neppure la confutazione) di questo nesso da nessuna parte.

Mi pare anzi che le crisi siano catastrofi (nel senso che non se ne può uscire facendo gli stessi passi in senso opposto) e che quindi la rimozione di un possibile trigger non sia automaticamente tra le prime cose da fare dopo.

Penso che si riferisca sempre allo solito schema per cui: se in un'economia vi è uguaglianza completa, non ci sono incentivi a migliorare e quindi non cresce, se vi è disuguaglianza completa stessa cosa, perché chi ha poco non riesce a contrastare chi ha tanto, non ci sono incentivi, quindi non cresce.

Una via di mezzo dev'essere la soluzione ottimale. Uno può pensare che la situazione subottimale attuale sia dovuta ad un eccesso di disuguaglianza che va in parte ridotta per raggiungere un "equilibrio" ottimale per la crescita.

(non sto dicendo che il ragionamento è giusto, sto dicendo quale è il ragionamento che viene utlizzato)

Non ho ancora letto tutto l'articolo, ma dato che nell'incipit si faceva riferimento ad una risposta di Pippo Civati, sono andato a leggere prima quella. Mi sono fermato però dopo poche righe, avendo letto questo:

A Brusco, che mi chiede conto delle affermazioni di Rossi circa il nesso tra crisi e disuguaglianza, consiglio ovviamente (e senza polemica) di chiedere a Rossi, che sono certo avrà cura di rispondergli. Sullo stesso argomento si è, del resto, prodotto Fitoussi su Repubblica, domenica, e potrebbe essere utile discuterne anche con lui (e con Rampini che lo accompagna, sullo stesso giornale, anche a proposito di globalizzazione e di nuove economie,

IMVHO è piuttosto preoccupante iniziare così.

PENSARE CHE RENZI O CIVATI CONTINO QUALCOSA NEL MONDO DELLA SINISTRA SIGNIFICA SOLO AVERE DELLE GRANDI ILLUSIONI...LO SI E' BEN VISTO IN PIAZZA...NON SI PREOCCUPI PERCHE' NON ANDRA' AL GOVERNO VISTO CHE ALLE ELEZIONI SI PRESENTERANNO 3 SINISTRE...

GIANNI Z.

È pronta la sinistra a misurare la performance degli insegnanti? E a distribuire le risorse, compresi i salari, di conseguenza?

Chiedo, quali sono gli strumenti a disposizione per fare un'operazione di questo tipo?

 

Il termometro (per misurare la febbre dei soliti "produttivisti").

RR

 

Ecco la dimostrazine che gli attegiamenti sbagliati (rabbia invece che lavoro per risolvere) sono "bipartisan"

 

ps: www.smithsonianmag.com/people-places/Why-Are-Finlands-Schools-Successful.html

premesso che non sono ferrato in economia(e non solo) ma vorrei se e' proprio cosi' assurda questa idea.

le tasse sono troppe. a parte l'idea di rendere deducibili le spese dalle tasse di una certa percentuale(giusto per favorire il consumo, diminuire l'evasione ed abbassare la pressione fiscale) di circa un 8%(cioe' abbassarle in modo drastico) documentando le spese con una carta di credito o di debito(giusto per non avere 3000 ricevute in una dichiarazione) o documentado le spese con fattura o ricevuta non sarebbe un'idea tassare il prelievo di contante di un certa percentuale(forse un 10% ma non so' se esagero). Cosi' sarei certo che lavoro nero, evasione, droga, prostituzione, mafia, corruzione, ed altre attivita che devono essere pagate in contante in quanto sarebbero tracciabili pagherebbero comunque una certa percentuale di tasse.

poi per limitare la spesa corrente non sarebbe giusto correlare in qualche modo la capacita' di spese delle regioni(avrei detto comune ma ce ne sono molti troppi piccoli) al pil che le stesse possono generare. In questo modo anche loro sarebbero incentivate ia combattere l'evasione e ad incentivare l'economia(invece di creare solo problemi)Lo stato sarebbe responsabile degli investimenti strategici e ad altre spese non di competenza delle regioni.

 

cordiali saluti

 

 

1) le tasse sono troppe. a parte l'idea di rendere deducibili le spese dalle tasse di una certa percentuale(giusto per favorire il consumo, diminuire l'evasione ed abbassare la pressione fiscale) di circa un 8%(cioe' abbassarle in modo drastico) documentando le spese con una carta di credito o di debito(giusto per non avere 3000 ricevute in una dichiarazione) o documentado le spese con fattura o ricevuta non sarebbe un'idea
2) tassare il prelievo di contante di un certa percentuale(forse un 10% ma non so' se esagero). Cosi' sarei certo che lavoro nero, evasione, droga, prostituzione, mafia, corruzione, ed altre attivita che devono essere pagate in contante in quanto sarebbero tracciabili pagherebbero comunque una certa percentuale di tasse.

 

Due cose. La prima idea è già stata discussa qui in varie occasioni. Per esempio se non ricordo male all'interno della discussione nata da questo articolo. Messa cosi' non riesco a valutarla. E' tutto detraibile o solo una certa % del reddito? Comunque non credo che possa incentivare i consumi. In pratica si tratterebbe di uno sconto sui consumi, fatto dallo stato. Pago 100 ma poi ottengo un vantaggio fiscale per cui a conti fatti è come se (per ipotesi) avessi pagato 80. Quei 20 da dove vengono ? Non ci sono pasti gratis per cui questo ammanco fiscale va compensato, altrimenti diventa deficit e poi debito, con tutte le conseguenze che sappiamo. In pratica si propone che i contribuneti (tutti) paghino le spese (o parte) di tutti. Mi sembra un esercizio simile a quello del barone di münchhausen, quando cercava di uscire dalle sabbie mobili sollevandosi per il coppino.

La seconda - che assomiglia a quanto discusso nello stesso articolo che ho segnalato qui sopra - mi pare invece una cosa nuova e non la capisco. Se uno preleva (da una banca, da un bancomat) sta già facendo una transazione tracciabile (ha un conto in banca!) e quindi non credo che usi quel soldi per il nero. Magari paga onestamente chi gli ha imbiancato la casa e sarà costui, in seguito, ad usare quei 600 euro per pagare in nero la domestica (dico per dire). Io spesso ritiro contanti dal bancomat ma per transazioni perfettamente pulite mentre il sommerso ha un canale tutto suo che difficilmente passa per le banche (almeno italiane).  Il rischio con il tuo sistema è di tassare chi preleva contanti per motivi onesti facendo pagare a lui il 10%, mentre tutto il resto, che sarà passaggio di contanti senza prelievo e versamento, non sarà tassato. Ma se lui preleva 100 ma riceve 90, è come se il prezzo delle cose che compra fosse aumentato. Una specie di inflazione, direi. Naturalmente se doveva pagare 100, dovrà ritirare 111.11(periodico) e questa è una tassa che immagino tu vorresti compensare poi dando la possibilità di detrare le spese. Ma alla fine, se tanto mi da tanto, ho solo creato lavoro per decine di migliaia di funzionari che devono controllare tutto questo (e non lavorano gratis.

C'è poi il fatto che immagino lunghe file ai bancomat lungo il confine con francia, svizzera, austria e slovenia e immagino anche un'esplosione di consegne di pacchi DHL o TNT, dove invece del viagra arrivano i contanti spediti da servizi in ogni parte del mondo (san marino inclusa) a fronte di conti bancari esteri. 

 

 

Sandro, senza togliere nulla agli ExKathedra, questo e' esattamente il tipo di articolo per cui vale la pena tornare quotidianamente (o quasi) su nFA. Non sbrodola numeri ma convince pure di piu'. Eccellente. (Io ci metterei il tagghino "Editoriale").

"Una volta chiarito questo fatto, cosa resta? Qui è dove la discussione si fa viva. Un pezzo del centrosinistra (per esempio Vendola, i ''giovani turchi'' dalemiani, la CGIL nella sua quasi interezza) ha usato la storiella della ''disuguaglianza causa della crisi'' per dedurre che quello che restava da fare era redistribuire il reddito, la ricchezza, e non so che altro. Le modalità esatte non sono mai state chiarissime ma più o meno l'idea è di aumentare il gettito fiscale mediante nuove tasse (per esempio la famosa patrimoniale) e la lotta all'evasione, usando tale gettito extra per .... per non si capisce ben cosa, o meglio per tante cose. In parte per tappare il deficit, che resta comunque considerevole, in parte per sostenere la spesa e in parte, forse, per ridurre le imposte sul lavoro. Ora, indipendentemente dai possibili meriti redistributivi di una simile politica, quello che mi preme sottolineare è che questa non è una politica che può riavviare lo crescita. La persistente confusione su questo punto è la ragione per cui ho reagito con esasperazione all'intervento-spazzatura di Guido Rossi."

"Nel centrosinistra esiste una linea alternativa, che riprende in parte l'esperienza della seconda metà degli anni 90 e che viene variamente accusata di essere neoliberista, eccessivamente moderata o semplicemente e seccamente ''di destra''. Per intenderci, è la linea ''alla Pietro Ichino''."

Due osservazioni:

1) Immaginiamo un "capitalista" come lo disegnava George Grosz, con la faccia di porco e il sigaro, grasso per le abbuffate di "rendite finanziarie". Questo signore possiede un milione di azioni Generali (come il signor Bonaventura). Cinque anni fa il valore del suo capitale si aggirava intorno ai trenta milioni di Euro, oggi intorno ai dodici. Un taglio del 60%, senza contare l'inflazione. Oppure possiede un milione di azioni del Banco Popolare: cinque anni fa valevano oltre venti milioni di Euro, oggi circa uno, un taglio del 95%. Se la crisi è causata dalla disuguaglianza e potrebbe essere curata bastonando i capitalisti, con la bastonata che hanno preso e la conseguante drastica riduzione della disuguaglianza adesso dovremmo essere in una fase di sviluppo pirotecnico. E invece..

2) Se Camusso & C dicono "A", e Ichino & Civati dicono "B", e i primi portano in piazza 1-2 milioni di persone a sostegno delle loro posizioni, cosa deciderà il PD?

 

Professor Brusco ,le chiedo a proposito di queste politiche volte ad aumentare la domanda aggregata.Assumiamo di spostare la tassazione dal lavoro  al risparmio favorendo così i consumi delle classi con basso livello di reddito facendo aumentare la domanda aggregata,e di recuperare almeno in parte il gettito evaso in maniera tale da coprire anche il deficit,mantenendo inalterata pressione fiscale e spese.Pur attuando tali politiche l'output gap cosi come misurato dall'Ocse per il 2012 è di 1,5%,

http://www.oecd.org/document/0,3746,en_2649_201185_46462759_1_1_1_1,00.html

quindi anche agendo solo sul lato della domanda,redistribuendo, oltre quella soglia non si potrebbe andare.Sbaglio?Questo dato,che a me pare molto importante non viene mai preso in considerazione quando si invocano questo tipo di politiche.Come mai?Non dovremmo pur sempre cercare di aumentare l'offerta (liberalizzare, essere più produttivi,aumentare l'età pensionabile ecc. ecc.)se vogliamo veramente cominciare a crescere?

Grazie.

 

1.5% è solo l'output gap stimato attualmente.  Se si facesse una seria politica di risanamento dei conti, l'output gap non potrebbe che aumentare.  È proprio questo il temuto "effetto recessivo" della manovra.  Ma attenzione, perché nella domanda aggregata non entrano solo i consumi ma anche gli investimenti e i flussi con l'estero.  Per di più la domanda aggregata è influenzata dalla politica monetaria BCE.

In effetti, la domanda aggregata è un fenomeno intrinsecamente monetario: in un'economia senza moneta vale la legge di Say e non può aversi shortfall nella domanda aggregata.  Il modo più semplice di considerarla è partire dall'equazione dello scambio, MV=PY.

  • M è la quantità di moneta, dipende dalla politica BCE e dai flussi di Euro con l'estero.
  • V è la velocità di circolazione.  Diminuisce con l'accumulo di saldi monetari.  Questa è la componente che può essere influenzata dalla politica di bilancio, cioè aumentando la propensione al consumo o all'investimento, oppure il deficit e la spesa pubblica.
  • P e Y indicano rispettivamente il livello dei prezzi e l'output reale.  Queste due quantità sono influenzate dal livello della domanda aggregata, ma come lei stesso afferma l'effetto su Y è limitato e di breve periodo.

La BCE sceglie la politica monetaria in modo da controllare il livello dei prezzi P per l'intera eurozona, quindi le politiche di bilancio possono solo redistribuire AD tra gli stati membri, non aumentarla o diminuirla. Quindi se anche gli stati core fanno austerità di bilancio, questo redistribuisce più equamente AD e aiuta a salvare l'euro.

Per quanto riguarda il modo di aumentare AD in Italia, la politica più efficiente non è aumentare le tasse sui più ricchi (si riduce l'investimento e in prospettiva l'afflusso di capitali in euro) ma sussidiare direttamente gli investimenti.  Questo riduce l'accumulo di saldi in moneta e incoraggia l'ingresso di denaro dall'estero.

 

Ma iniziare dal permettere alle aziende italiane di fare business?

Siamo 87 nel mondo con l'ottava economia, con tutti i loro limiti, e' comunque un tributo alle capacita' imprenditoriali degli italiani.

www.tradingeconomics.com/italy/ease-of-doing-business-index-1-most-business-friendly-regulations-wb-data.html

Bravo Sandro!

Certo che con riferimento alla disuguaglianza salariale buttarla giu` sulla scuola mi sembra un po riduttivo di questi tempi. http://krugman.blogs.nytimes.com/2011/11/02/a-mind-is-a-terrible-thing-to-lose/

Ma tutta questa diatriba per l'Italia non conta molto. Qui in UK si propone di facilitare i licenziamenti, al che uno si chiede ma poi chi la compra la merce prodotta se il lavoratore si sente ancor piu` precario? Perche` mica si puo` tutti esportare no?

Qui in Italia, questo dibattito e` superfluo, nel senso che il primo problema da risolvere e` la corruzzione, il lavoro nero, l'evasione ecc. Paradossalmente l'investimento con il moltiplicatore piu` elevato sarebbe investire nella giustizia, e nel rispetto delle leggi. Solo dopo varrebbe la pena di scannarsi su queste questioni alte di politica economica.

Detto altrimenti, ma che centra privatizzare o liberalizzare o quant'altro, tanto tutto andrebbe in vacca a meno che` non si faccia del rispetto delle legge, la scelta piu` conveniente per qualunque operatore economico.

Per esempio, mi si potrebbe obbiettare che se fosse piu` facile licenziare il lavoro nero emergerebbe. Ma siete proprio sicuri? Tanto se il rischio di essere beccati e` sempre lo stesso, restare in nero rimarrebbe la scelta dominante, no?

Scusate potreste spiegarmi cosa si intende per "asset inflation"? E se c'entra e cosa c'entra con l'asemmetria informativa?

"Asset price inflation" e' l'aumento dei prezzi dei beni di investimento, come azioni, immobili, oro, etc.

"Consumer price inflation" e' l'aumento dei prezzi dei beni di consumo come cibo, energia, vestiti, etc.

L'aumento dei prezzi delle case in USA, Irlanda, Spagna nel 2000-2006 e' un esempio di asset price inflation.  Secondo alcuni le banche centrali avrebbero dovuto prender nota di questi aumenti, mentre invece li hanno trascurati perche si occupavano solamente di "consumer price inflation". Greenspan dichiaro che l'aumento dei prezzi degli asset non lo interessava e che al massimo se ne sarebbe occupato se fossero improvisamente scesi giu. 


L'asset price inflation non e' necessariamente causata dall'asimmetria informativa. Ad esempio al momento io trovo che ci sia un'inflazione nei titoli di stato americani o in quelli del Regno Unito. Qualcuno potrebbe dire che si tratta di una bolla, in quanto il prezzo dei titoli sovrani non rispecchia i fondamentali dell'economia (valutazione soggettiva). Altri valutano che il prezzo e' giusto.

Cio' non significa che alcuni abbiano informazioni diverse o migliori di altri. Semplicemente che alcuni traggono delle conclusioni diverse dopo aver analizzato le stesse informazioni disponibili a tutti. Ma questo avviene sempre, altrimenti non ci sarebbero i mercati. 

Come osservo' Mark Twain se tutti avessero le stesse opinioni non ci sarebbero scommesse sui cavalli. O sui BTP, aggiungo io.

rinnovo l'invito a guardare i dati sulla spesa pensionistica e sulla spesa pubblica per sanità


Qualcuno mi sa dire dove li posso trovare? Danke! :-)

I dati sono contenuti nella nota di aggiornamento al Def che era menzionata nell'Ex Kathedra del 10 Nov. 

http://www.senato.it/documenti/repository/dossier/bilancio/Documentazione_di_finanza_pubblica/DFP14.pdf

 

Se non ti va di leggertela tutta eccoti un estratto sulla spesa pensionistica:

Per quanto riguarda la spesa pensionistica, la Nota evidenzia un ritmo medio annuo di crescita del 3,2 per cento, che porta l’incidenza sul PIL dal 15,5 nel 2011 al 15,7 per cento nel 2014.

da più fonti giornalistiche si parla di patrimoniale per i redditi sopra 1 milione di €.......

ma quanti in Italia dichiarano più di 1 milione?

 

in Italia si dichiara il reddito su cui si paga l'Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche (IRPEF)

lapatrimoniale grava sul patrimonio che fin'ora non si dichiara

 

A proposito della disuguaglianza, ho visto questo TED talk che propugna fortemente l'idea che nei paesi ricchi la qualità della vita è funzione del tasso di uguaglianza della società più che del reddito. Nel video si vedono correlazioni molto chiare che sembrano decisamente convincenti. Sarei molto interessato a conoscere il vostro punto di vista...

http://www.ted.com/talks/richard_wilkinson.html

Da un controllo su Internet mi è sembrato che la tesi di Wilkinson sia stata di fatto screditata, in quanto ripetendo le analisi sui dati più estesi oggi disponibili non emergono le correlazioni che Wilkinson nota nella presentazione.  Si vedano ad esempio questi link: