Duce o Beneduce?

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Un grave rischio pende sul capo degli italiani: i fondi sovrani, soprattutto quelli "dei paesi produttori di petrolio". A dare l'inquietante notizia è il premier Silvio Berlusconi, che conferma quello che l'audizione di Lamberto Cardia in Senato aveva anticipato: la crisi delle borse ha determinato forti cali della capitalizzazione per molte aziende italiane quotate, che ora sono (sarebbero) quindi più facilmente scalabili da acquirenti molto liquidi, tipicamente i fondi sovrani. Occorre quindi apprestare i sacchetti di sabbia.

"Confermo che il Tesoro sta lavorando con la Consob a un emendamento sulla passivity rule

per dare alle imprese la possibilità di difendersi", ha detto

Berlusconi. Ciò  potrà essere ottenuto attraverso aumenti di capitale,

acquisto di azioni proprie e fusioni, anche dopo il lancio di un'Opa

ostile. Riguardo la funzione delle operazioni di scalata ostile (il

mantenimento di un mercato di aziende sane), abbiamo già scritto e soprattutto lo ha fatto in modo incomparabilmente più efficace Sandro Brusco su nFA. Qui basti solo aggiungere qualche considerazione spicciola.

La passivity rule venga pure attenuata, non è un problema. Ma per lanciare aumenti di capitale occorre qualcuno che li sottoscriva, suggeriscono logica e buonsenso.

Discorso analogo per il riacquisto di azioni proprie, che può avvenire

utilizzando disponibilità liquide che non trovano impiego in

investimenti profittevoli, oppure indebitandosi per ridurre il costo

medio ponderato del capitale e massimizzare il valore d'impresa, come

dicono i libri di testo. Ma se queste operazioni non nascono per

ottimizzare il balance sheet bensì per motivazioni politiche

riconducibili ad una logica di sistema-paese sgarrupato, il risultato

finale è la distruzione di valore e l'indebolimento della

sovrastruttura finanziaria. Che regge quella produttiva, malgrado oggi

sia assai poco trendy affermare una cosa del genere.

Altra ricorrente manifestazione del premier, in questi giorni, è il suo sbigottimento di fronte a rapporti dividendo/prezzo (dividend yield)

che gli appaiono stellari. "Ci sono aziende italiane quotate che oggi

hanno un rendimento del 10 per cento!", esclamava ancora ieri. Ma il dividend yield

a cui Berlusconi si riferisce è il rapporto tra il prezzo di oggi e gli

utili attesi alla fine del 2008 (o del 2009). E' del tutto evidente

che, in un momento di drastica riduzione della visibilità degli utili

prospettici, come è l'attuale, il dato di "rendimento immediato"

azionario perde gran parte della propria rilevanza e significatività.

Molte delle aziende oggi in vetta alle classifiche del dividend yield taglieranno la distribuzione degli utili, in alcuni casi potrebbero addirittura azzerarla.

E' oggi più che mai evidente il tentativo del premier (con la magistrale advisory di Giulio nostro) di costruire un nocciolino di capitalismo Made in Italy. Piccolo, spaventato e per ciò stesso maledettamente bisognoso di autarchia. I soldi si troveranno, che ci pensi Mediobanca o la Cassa Depositi e Prestiti è indifferente, tanto il capitalismo è morto e sepolto, lo abbiamo letto su molti quotidiani in questi giorni, quindi deve

essere vero. Come avrebbe detto Deng Xiao Ping (uno che di

partecipazioni statali se ne intendeva), non importa che il gatto sia

bianco o nero; l'importante è che il paese continui indisturbato il

proprio declino, ed i contribuenti paghino quell'italianità che tanto

amano.

L'unica pericolosità di questo esecutivo (o meglio del suo mainstream di politica economica) non è certo la presunta involuzione autoritaria e l'approccio law&order,

bensì l'irresistibile pulsione all'autarchia economica e finanziaria,

che finirà col mettere un bel sacchetto di plastica in testa al paese.

 

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Commenti

Ci sono 4 commenti

è il comitato d'affari che a livello politico si sta mettendo all'opera per auto tutelarsi.

perchè sorprendersi?

 

Appunto, niente sorpresa, solo una constatazione: abbiamo a capo del governo un tizio che per decenni ha tentato di entrare nel salotto buono della finanza italiana, ma ce l'ha fatta solo dopo diverse concessioni fatte agli altri membri di questo salotto a spese del contribuente (a cominciare dalle Autostrade), ed è quindi normale che si autotuteli (e di riflesso tuteli pure coloro i quali fanno affari con il primo).

Si chiama conflitto di interessi, e nei Paesi occidentali viene rigidamente regolamentato.

La radice di tutti i mali della politica (il conflitto di interessi) ha ormai assuefatto gli italiani (la maggioranza degli stessi, almeno), i quali non si accorgono di quanto amorevolmente questa gente li sta strangolando, mentre i conflitti di interesse si diffondono in qualunque campo. Quello che viviamo oggi, per come la vedo, è la radicalizzazione di Tangentopoli, che dopo essere stata prassi fino agli anni Novanta, è diventata praticamente uno sport nazionale (tant'è che vengono anche dall'estero, visto che in Italia è consentito ciò che altrove è proibito - cominciando dal falso in bilancio).

In tutto questo poi si inserisce una cornice di poteri occulti, che tra l'altro funge da camera di compensazione fra criminalità organizzata e diverse personalità pubbliche e private.

Ma sto divagando. Complimenti agli autori di questo e dei precedenti articoli.

 

Non aggiungo niente, è tutto così chiaro. Due domande:

1. Chi vagheggiò di "autarchia economica" ?

2. Chi istituì l'IRI ?

Ci manca solo l'operazione "fedi alla Patria" e il parallelismo (tutto italiano) fra 1929 e 2008 è completo: saranno identici nei risultati.

 

Vi segnalo questo articolo del 30 luglio 2008: http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.com/2008/07/la-trilogia-di-nista-berlusconi-atto_30.html interessante a mio avviso per la parte relativa ai contratti che prevedono il riacquisto di azioni Mediaset, da parte di Silvio Berlusconi.