Le elezioni regionali (I). Il quadro normativo

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Il 28 e 29 marzo si voterà per eleggere i governatori e i consigli regionali di 13 regioni a statuto ordinario. Dedichiamo a queste elezioni un paio di articoli, iniziando con una analisi delle leggi elettorali regionali.

Introduzione: governatori e consiglieri.

Una spiegazione dettagliata e aggiornata delle leggi elettorali regionali è contenuta in un articolo di Francesco Drago scritto per federalismi.it. Una spiegazione assai più sintetica è stata anche fornita da Paolo Balduzzi su lavoce.info. Quest'articolo è, se volete, di lunghezza intermedia tra i primi due e contiene alcune mie considerazioni.

Il sistema elettorale delle regioni venne profondamente riformato nel 1995, come atto finale di un processo di drastico cambiamento delle leggi elettorali che caratterizzò il periodo successivo al referendum del 1993. Il referendum aveva praticamente imposto un sistema uninominale all'inglese per il Senato. La reazione delle forze politiche allora dominanti fu quella di mantenere un sistema vicino all'uninominale per Camera e Senato, ma con diverse annacquature proporzionaliste (il cosidetto mattarellum). Per gli enti locali invece si scelse una strada diversa. Venne introdotta una forma di ''presidenzialismo'', con elezione diretta dei sindaci per i comuni e dei governatori per le regioni, ma mentre per i comuni superiori ai 15.000 abitanti si scelse un meccanismo di doppio turno, per le regioni si introdusse un sistema uninominale. Come noto tali sistemi sono sopravvissuti fino ad oggi, mentre il sistema di elezione per il Parlamento è stato cambiato con un colpo di mano del governo di centrodestra, che allora comprendeva l'UDC, nel 2005. In effetti, come vedremo, il nuovo sistema introdotto nel 2005 (cosidetto porcellum) è in buona misura ispirato proprio dalla legge 43/1995 (cosidetto tatarellum) che regola l'elezione dei governatori e dei consigli regionali.

Gli ingredienti principali del tatarellum sono tre.

1. Il governatore della regione viene eletto a suffragio diretto con il metodo maggioritario all'inglese.

2. Il consiglio regionale viene eletto usando un sistema proporzionale ma viene introdotto un premio di maggioranza. I dettagli sono complicati e possono essere trovati nell'articolo di Drago, ma la sostanza è che il governatore vittorioso si vede assicurata una maggioranza di seggi in consiglio pari al 55% se la sua coalizione ottiene meno del 40% dei voti e del 60% dei seggi se la sua coalizione ottiene più del 40% dei voti.

3. Esiste una soglia minima di voti necessaria per l'attribuzione dei seggi. Un partito non partecipa all'assegnazione dei seggi se ottiene meno del 3% dei voti regionali, a meno che non appartenga a una coalizione che ha ottenuto almeno il 5% dei voti.

Come si può immediatamente osservare, l'impianto è molto simile a quello del porcellum, e ne costituisce la chiara ispirazione intellettuale. Entrambe le leggi prevedono una sorta di presidenzialismo che però, a differenza di altri sistemi politici, non differenzia tra potere esecutivo e potere legislativo.

Si pensi per esempio a Francia e Stati Uniti. In entrambi questi paesi il presidente viene eletto in forma indipendente rispetto al parlamento per cui un voto per un presidente di un certo partito non implica anche un voto per lo stesso partito (o coalizione) al parlamento. In Italia l'idea che sia opportuno mantenere una distinzione tra potere esecutivo e potere legislativo non è mai stata particolarmente popolare tra le elites politiche, che anzi hanno spesso considerato l'indipendenza del potere legislativo come un grave ostacolo all'efficacia dell'azione governativa. Il tatarellum rappresenta in un certo modo il prodotto più organico e coerente di questa cultura. La composizione dell'assemblea regionale è infatti determinata in modo simultaneo alla scelta della massima carica esecutiva (il governatore della regione) e la legge assicura che il governatore abbia a disposizione una sicura maggioranza. La possibilità del voto disgiunto (a favore di un candidato governatore e al tempo stesso di un partito che non appartiene alla sua coalizione), di cui parleremo in seguito, non toglie nulla a questo fatto.

Il porcellum invece non può prevedere l'elezione diretta del presidente del consiglio, dato che la costituzione (art. 94) prevede che la fiducia al governo venga data dal Parlamento. A questo, come è noto, si è cercato di ovviare inserendo indicazioni non vincolanti del premier sulle schede.

I dettagli del tatarellum.

Il tatarellum presenta vari elementi originali rispetto ad altri sistemi elettorali usati nel paese. Per iniziare prevede la possibilità di usare il ''voto disgiunto''. Anche se all'elettore viene data una sola scheda, di fatto è (quasi) come se avesse due schede distinte: una per il governatore e una per il consiglio. Un elettore ha tre possibilità: 1) la più ovvia, e più praticata, è quella di votare per un governatore e per un partito della coalizione che lo sostiene; 2) si può votare il solo governatore; 3) si può votare un governatore e un partito non appartenente alla coalizione che lo sostiene, il cosidetto voto disgiunto.

L'elezione del governatore avviene con il sistema maggioritario all'inglese: chi ha più voti viene eletto. L'assegnazione dei seggi in consiglio è invece più complicata perché cerca di coniugare il proporzionalismo con la garanzia che il governatore eletto abbia la maggioranza dei seggi. Il sistema funziona così. Ciascun partito presenta a livello provinciale liste collegate a un candidato governatore. In principio diverse province possono avere liste diverse; per esempio, a seguito delle note vicende, nel Lazio la lista PdL a sostegno del candidato del centrodestra non apparirà in provincia di Roma mentre sarà presente nelle altre province.

L'80% dei seggi viene assegnato proporzionalmente ai partiti in base al voto regionale (solo per gli appassionati: il metodo è Hagenbach-Bischoff). Il numero di seggi viene stabilito a livello regionale, ma chi viene materialmente eletto viene poi determinato ripartendo i seggi di ciascun partito tra le province. Inoltre gli elettori possono dare un voto di preferenza, quindi all'interno di ciascun partito e di ciascuna provincia viene eletto chi prende più preferenze. Una volta assegnati questi seggi si controlla qual è la situazione del consiglio e chi è il governatore eletto, e in base a tali informazione si assegnano i seggi rimanenti.

In particolare la domanda rilevante è: quanti seggi sono stati assegnati ai partiti che sostengono il governatore eletto? L'intento della legge è quello di garantire una maggioranza qualificata a tale governatore. A tale scopo si procede in due stadi. Al primo stadio:

a) se il vincitore ha meno del 50% dei seggi allora ottiene il 20% dei seggi;

b) se il vincitore ha più del 50% dei seggi allora ottiene il 10% dei seggi; il restante 10% viene assegnato ai partiti di opposizione su base proporzionale.

Questi seggi sono quelli contenuti nei famosi ''listini'', ossia liste bloccate associate al nome del presidente. La posizione di chi è nel listino di un probabile vincitore è molto comoda, dato che la sua elezione è praticamente assicurata senza essere soggetti a troppe incertezze legate a preferenze o quant'altro. E' quindi il posto giusto per inserire, ad esempio, una ragazzotta senza esperienza politica che fa l'igienista dentale.

La storia non è ancora finita, perché anche l'assegnazione del premio di maggioranza potrebbe non essere sufficiente a garantire la maggioranza qualificata al governatore eletto. A tale scopo il tatarellum prevede la possibile assegnazione di seggi aggiuntivi, fino all'ottenimento dell'obiettivo. Più esattamente al secondo stadio si verifica quanto segue:

1) se la coalizione vincente ha più del 40% dei voti allora si assegnano tanti seggi fino al conseguimento del 60% dei seggi consiliari;

2) se la coalizione vincente ha meno del 40% dei voti allora si assegnano tanti seggi fino al conseguimento del 55% dei seggi consiliari.

Si noti che il tatarellum permette quindi, in principio, un numero variabile di seggi consiliari.

Un esempio può aiutare a capire meglio la procedura. Consideriamo la Lombardia. Tale regione ha 80 seggi. Di questi 64 (l'80% di 80) vengono assegnati con metodo proporzionale mentre i restanti 16 sono quelli del listino. I 64 seggi del proporzionale sono ripartiti tra le province in base alla popolazione (Milano ne ha 21, Lodi 1) ma non indagheremo ulteriormente su questo aspetto. Ora supponiamo che Formigoni risulti il governatore più votato. Quanti seggi otterranno le liste a lui collegate? Consideriamo tre scenari differenti.

Immaginiamo dapprima che le liste collegate ottengano il 57% dei voti. Questo si traduce (più o meno, il numero esatto dipende dall'intera distribuzione dei voti) in 0,57*64=37 seggi. Dato che tali seggi sono meno di 40, ossia meno del 50%, l'intero listino di Formigoni viene eletto. Quindi la maggioranza di Formigoni è 37+16=53 voti, pari al 66% del consiglio. La procedura si ferma qui senza bisogno di seggi aggiuntivi.

Immaginiamo ora che le liste collegate ottengano il 65% dei voti, che si traducono approssimativamente in 0,65*64=41 seggi. Dato che la coalizione ha già più del 50% dei seggi, ottiene solo il 10% dei seggi addizionali. Gli vengono quindi assegnati solo 8 seggi del listino; i restanti 8 vanno alle opposizioni. Quindi alla fine Formigoni controlla 41+8=49 seggi. L'astuto lettore noterà che un aumento dei voti ha generato una riduzione dei seggi. D'altra parte, nessuno ha mai detto che le leggi elettorali in Italia siano ben fatte.

Infine, per completezza, consideriamo il caso in cui è necessario aggiungere seggi. Supponiamo che le liste collegate a Formigoni ottengano il 42% dei voti e 0,42*64=27 seggi. Aggiungendo i 16 seggi del listino si giunge a 27+16=43 seggi, pari al 53,75%. Dato che le liste hanno ottenuto più del 40% dei voti, la legge richiede che abbiano almeno il 60% dei seggi consiliari. Si aggiungono quindi 13 seggi. Alla fine il consiglio ha 93 seggi, di cui 56 vanno alla maggioranza [nota: spero di aver interpretato correttamente la legge, non ho trovato alcun esempio concreto di calcolo per questo caso].

Dopo il tatarellum: le varianti regionali

Nel 1999 una legge costituzionale ha assegnato anche alle regioni a statuto ordinario la possibilità di decidere autonomamente la propria legge elettorale. Inoltre nel 2004 è stata emanata una legge (la 165) sui principi fondamentali che devono regolare le leggi elettorali regionali (questa è la legge che prevede il limite dei due mandati per il governatore e che ha generato non poche polemiche interpretative). Quello che è successo dopo rappresenta una lezione istruttiva sui limiti dell'applicazione del federalismo in Italia.

Infatti, il punto è che non è successo molto. Alcune regioni (Lombardia ed Emilia Romagna tra le più importanti) non hanno introdotto alcuna modifica e hanno mantenuto inalterato il tatarellum. In parecchie altre regioni il meccanismo è cambiato ma solo marginalmente e a volte generando incertezze interpretative. Gli articoli di Drago e Balduzzi contengono i dettagli regione per regione, e non staremo quindi qui a ripeterli.

Il fatto che regioni governate da maggioranze di colore diverso abbiano comunque mantenuto sostanzialmente intatto il meccanismo caratterizzato da premio di maggioranza, più soglie minime per ridurre la frammentazione, mostra quanto questo modello sia popolare tra i dirigenti politici del paese di tutte le estrazioni politiche. Nessun tentativo è stato fatto, ad esempio, per introdurre meccanismi di elezione dei consiglieri sulla base di seggi uninominali, da assegnare con maggioritario all'inglese, doppio turno o voto alternativo ''australiano''.  Le novità si sono principalmente incentrate sulle forme in cui dare il premio di maggioranza, tipicamente con l'abolizione del listino e l'uso delle liste provinciale per assegnare i seggi addizionali. In sostanza, modifiche marginali. E' facile capire perché questo meccanismo piace tanto alle elites politiche. Da un lato, consente ai capipartito un più fermo controllo sugli eletti. Dall'altro, il meccanismo delle coalizioni preserva le riserve dei piccoli partiti a patto che accettino la sudditanza ai candidati dei partiti più grandi. La soglia minima che si applica di fatto solo ai partitini che corrono da soli fornisce gli adeguati incentivi ad allinearsi ai partiti principali; non è un caso che buona parte delle modifiche a livello regionale siano state nel senso di alzare la soglia percentuale minima di voti necessaria per essere ammessi alla ripartizione dei seggi.

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Commenti

Ci sono 14 commenti

Quindi io potrei votare come governatore il candidato di Grillo, un casinista che tanto non verra' mai eletto, ma il suo risultato elettorale mandera' un segnale chiaro alla sinistra e come partito potreivotare la lega, che da noi ha percentuali basse, ma che se guadagna molto sul PDL spero provochera' reazioni nel cdx.

Si' lo so, e' una ben magra soddisfazione, anche perche' i segnali sono stati mandati a tutti da anni, ma nessuno li ha mai recepiti, ma l'alternativa e' non votare.

 

No, se capisco bene, in mancanza d'altro, l'unica cosa da fare è far arrivare il candidato governatore supposto "cattivo" (ad esempio, Formigoni) a più del 50%, riducendo così i seggi assegnati alla sua maggioranza. 

Senza prendersi troppo sul serio, se uno volesse votare strategico questa cosa ha senso solo nelle regioni in cui i partiti che appoggiano il vincitore probabile possono pigliare più del 50% dei seggi nella parte proporzionale, il ché significa più del 62,5% del voto popolare (dato che 0,625*0,8=0,5). Secondo i sondaggi che ho visto finora nessuna regione è in questa condizione. Tra le regioni che usano il tatarellum puro, Lombardia e Veneto dovrebbero dare larghe maggioranze al centrodestra e Emilia-Romagna al centrosinistra (larga maggioranza al centrosinistra dovrebbe esserci anche in Toscana, ma questa regione non usa il tatarellum puro).

Ma ammettiamo che uno sia un centrodestro (centrosinistro) in Emilia Romagna (Lombardia) e sia convinto che l'odiato avversario possa superare il 62,5%. Che fare? La risposta è: usare il voto disgiunto in questo modo:

1) votare comunque il candidato governatore preferito, dato che il vincitore in questo caso è determinato con l'uninominale all'inglese.

2) nel dare il voto ai partiti, votare un partito dello schieramento avverso nella speranza di far superare ai partiti di centrosinistra (centrodestra) il 50% dei seggi alla parte proporzionale.

 

 

No, se capisco bene, in mancanza d'altro, l'unica cosa da fare è far arrivare il candidato governatore supposto "cattivo" (ad esempio, Formigoni) a più del 50%, riducendo così i seggi assegnati alla sua maggioranza.

 

 

e provocando un bel travaso di bile ai candidati che sono nella meta' inferiore del listino e resterebbero fuori; questa secondo me sarebbe la cosa piu' fastidiosa (dato che la maggioranza del consiglio sarebbe comunque salda) in caso di vittoria "eccessiva".

 

Grazie per questo utile e ben fatto riassunto sulle leggi elettorali regionali.

Tatarella & Co. hanno sfoggiato la tipica incompetenza logica e matematica dei politici italiani (e dei loro burocrati) nel definire le regole per determinare il numero dei seggi assegnati in funzione della frazione dei voti presi, non sono neppure stati capaci di rispettare la monotonicita' tra numero di seggi e di voti e il mantenimento di un numero di seggi fisso.

Estendere dappertutto (parlamento con circoscrizioni uninominali, regione etc) le norme per l'elezione dei sindaci e del consiglio comunale.

Nelle regioni eleggere i consiglieri sulla base di circoscrizioni priovinciali.

Una sola legge elettorale uninominale a doppio turno.

Hai detto niente!! Magari si facesse una riforma simile. Ma ancor più modestamente: perché non mettere il doppio turno almeno per le elezioni regionali? Lì non ci sono scuse del tipo ''io lo vorrei ma il nemico cattivo non me lo fa fare, o gli alleati riottosi me lo impediscono'', dato che ci sono regioni in cui ciascuno dei due schieramenti ha maggioranza larga e senza bisogno di cespugli e cespuglietti. Quindi, amici del centrodestra, perché non farlo per Veneto e Lombardia? E, amici del centrosinistra, perché non farlo in Emilia-Romagna e Toscana?

 

Ringrazio anch'io l'autore per questo articolo. Alcune osservazioni e commenti, probabilmente "a puntate".

Nessun tentativo è stato fatto, ad esempio, per introdurre meccanismi di elezione dei consiglieri sulla base di seggi uninominali, da assegnare con maggioritario all'inglese, doppio turno o voto alternativo ''australiano''.

Al momento in cui venne foggiato il tatarellum, ricordo nitidamente che vi era una chiara divisione polare fra sostenitori del turno unico e del doppio turno per le elezioni amministrative di ogni genere e grado. In particolare l'appena costituito centro-sinistra era favorevole al doppio turno, su cui aveva "nei fatti" costruito le proprie fortune come coalizione in fieri nel periodo in cui tale "nuovo" sistema era stato messo in opera nei Comuni e nelle Provincie. Il Polo delle Libertà riteneva invece più favorevole alle proprie sorti il turno unico, anche sulla scorta di esperienze che avevano evidenziato la maggiore capacità di rassemblement della parte avversa nel secondo turno, incluso una parte dell'elettorato leghista non ancora "omogeneizzato" al resto del Polo.

Di questa tenzone ormai non ci si ricorda quasi più, ma in effetti ci fu anche un referendum (nel giugno 1995) che proponeva l'estensione a tutti i comuni del sistema "a turno unico" rimasto valido per i Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti: i NO furono il 50,6%, e quindi la proposta non passò.

Il Tatarellum mirava quindi, fra l'altro, a rendere poco conveniente una politica delle mani libere della Lega, per quanto nel momento della sua approvazione finale il primo Governo Berlusconi fosse in effetti già caduto. Penso che poi, con la stabilizzazione bipolare realizzatasi nel periodo 1996-2008, questo punto di contenzioso abbia diminuito la sua importanza relativa (e la sua "vantaggiosità" per l'uno o l'altro schieramento). Ora, con il nuovo smandrappamento e riassemblemanto delle formazioni e degli schieramenti, post-2008, non saprei se possano esistere le condizioni per una riconsiderazione della materia.

Invece di un'altra cosa sono più convinto: non è opportuno introdurre un sistema di collegi uninominali nelle elezioni locali (ma neanche in quelle nazionali - su questo tralascio in questo momento). Il motivo sta principalmente in due considerazioni di base: (1) è preferibile mantenere un sistema di maggioranze-opposizioni consiliari basato sulla rappresentanza proporzionale "corretta" piuttosto che trovarsi con "ondate destrone" in certi Consigli, e "ondate sinistrone" in altri, senza (o quasi) rappresentanza dell'opposizione (farsi una picture mentale di Milano e Bologna), (2) sono convinto che il collegio uninominale non si addice alle relazioni politico-sociali "immanenti" al comportamento delle persone nel notro Paese, e per dirla tutta neanche "preferibile" in astratto, per quanto io stesso abbia votato a suo tempo per la sua introduzione nel 1993. 

Non faccio una dissezione di queste mie opinioni adesso, anche se sono a disposizione per discussioni nel merito.

RR