Elezioni USA (II) - Ancora su Trump e qualcosa su Sanders

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Il vero Super-Tuesday è stato probabilmente quello di questa settimana e ha confermato due cose: che Trump non è un fenomeno destinato a morire (contrariamente alle previsioni/desideri di almeno uno di noi due) e che la base sociale da cui lui e Sanders attraggono voti è sia vasta che parzialmente sovrapposta. Parliamone.

Il primo dato rilevante è che stiamo andando o ben a una candidatura di Trump, se la maggioranza del GOP si arrende al "manifest destiny" di quest'uomo improbabile, o a una convention molto conflittuale e divisa, da cui svariate persone, a questo punto, hanno la possibilità di emergere come i candidati di un GOP comunque spaccato in vari pezzi. Per i dettagli dei diversi sentieri che portano a uno di questi due finali, rimandiamo a questa pagina, che viene regolarmente aggiornata. Gli altri due outcomes, Cruz o Kasich candidati via primarie, sono ora diventati impossibili.

Michele. Fra noi due sono io quello che, negli ultimi sei mesi, si è fatto maggiormente (di gran lunga, infatti) trasportare dal proprio wishful thinking argomentando che, nonostante le ragioni socio-economiche del "trumpismo" fossero reali e ben visibili, Trump alla fine non sarebbe stato il candidato GOP. Questa mia previsione-speranza si basava sul fatto che da un lato non ho alcuna voglia di votare Hillary Clinton e, dall'altro, che l'intera vita di Donald Trump è lì a testimoniare che un uomo del genere alla Casa Bianca sarebbe un rischio enorme non solo per gli USA ma per l'umanità intera. E non scherzo, se necessario posso elaborare. Ero convinto (devo dire che al 25% lo rimango tutt'ora) che l'elettorato USA fosse nella sua grande maggioranza "sgamato" a sufficienza per riconoscere DT per quello che è: un bluff, un mentitore, un avventuriero senza scrupoli, uno istrione corrotto e corruttore, psicologicamente non molto stabile e profondamente ignorante di questioni socio-economiche, un egocentrico che ha usato soldi e potere per appagare il proprio ego e nient'altro, insomma un BS moltiplicato per 10, o 100. Invece no, per una ragione o per l'altra (che forse dovremmo discutere) il bluff dura e si rafforza. Quindi la mia previsione-desiderio deve fare i conti con il fatto che 7,5 milioni di elettori GOP hanno, sinora, dato il loro voto a DT. Vale però la pena di notare che più di 12 milioni di elettori dello stesso tipo hanno votato contro DT (sin dall'inizio le primarie GOP sono state, per scelta di DT, un referendum pro o contro lui). E, ultimo pezzo di carne al fuoco, aggiungo anche che i due front runnerscontinuano a rimanere invisi ad una grande percentuale di cittadini USA, una situazione per nulla usuale. 

Francesco. Sono sostanzialemnte d'accordo con te. Poco male se poi, un giorno, mi dovrò smentire (del resto che noia quei tipi sempre coerenti: a me piace - piuttosto - essere assortito, semmai ben assortito) ma i risultati di martedì 15/3, di fatto, non cambiano il mio giudizio complessivo su Trump e sulla situazione generale di queste primarie americane. Semmai l'aggravano. Dunque, Trump è sempre più in dirittura d'arrivo, il campo dei contendenti tra i repubblicani si assottiglia - dacché Rubio, a seguito della "batosta" in casa, si è ritirato - e il partito è in una crisi d'identità mai vissuta in precedenza. Ma davvero vogliono puntare su Kasich, o su Cruz? A proposito, oggi alcuni "maggiorenti" del partito si sono riuniti per formare un fronte comune anti-Trump:

 

... a group of conservative leaders redoubled their efforts to stop Trump - as POLITICO's Katie Glueck, Shane Goldmacher and Nolan D. McCaskill report a mega group of conservative leaders aimed at stopping DONALD TRUMP met today and "called for the formation of a GOP 'unity ticket' to stop Donald Trump from becoming the 2016 Republican nominee." This group "huddled on the second floor of the Army and Navy Club in downtown Washington, D.C. The agenda was "twofold: first, trying to block Trump's nomination and second, if that should fail, mounting a third-party bid." http://politi.co/1pwZICe. And if action isn't enough, here's former George W. Bush speechwriter Michael Gerson going the myopic route: He says the GOP is already staring into the abyss: http://politi.co/1Z6ozIM" [Nota a margine, questa l'ha copiata su Twitter l'ineffabile Rampini qualche giorno fa :) MB]

 

Insomma sono tutti segnali che indicano quanto oggi non sia più azzardato parlare di Trump quale fenomeno, inteso come questione politica reale nel contesto americano. Anzi, è interessante notare come tutti gli appelli pubblici, le varie riunioni più o meno segrete di politici, di manager e affini per arginare l'avanzata del newyorkese, le manifestazioni contro e le risse ai suoi dibattiti pubblici, siano servite - almeno fin ora - a ben poco. Azzardo una previsione: Trump potrebbe aumentare il numero degli endorsement da parte di qualche personaggio politico di spicco (già lo ha incassato da Giuliani) o da parte di esponenti della cultura, come è già successo con la storica femminista Camille Paglia. È la legge dei "bastian contrari", ci sono sempre in ogni società. Fa un po' "figo" stare dalla parte sbagliata. È "cool" puntare a sfasciare il sistema. Lo stesso che ti ha permesso di avere voce in capitolo. Ma altra cosa è credere che Trump possa diventare presidente degli Stati Uniti. A meno che, durante la seconda fase della campagna elettorale, nella sua strategia non avvenga una virata importante. Ma a tal punto, cui prodest? 

Michele. Beh, a lui prodest. DT, a questo punto, sta chiaramente puntando a vincere e, in questa corsa, il premio per la vittoria è gigantesco. Fare il presidente degli USA non è esattamente una soddisfazione da poco per uno che al potere ci tiene. Quindi virerà, nel caso dovesse profilarsi per lui una vittoria alla convention repubblicana. Ma, sino ad allora, l'immagine dell'insurgent contro i poteri stabiliti paga molto di più. A questo, infatti, devono fare attenzione i maggiorenti del GOP: per paradossale che possa sembrare e in analogia a BS, DT è riuscito a rappresentarsi come "uno del popolo" e la "voce di chi non ha voce", dell'America tradita da tutti questi immigrati d'ogni tipo e colore e da tutte queste minoranze mezzo finocchie, mezzo vegane, mezzo intellettualoidi, che parlano con accenti strani e sono diventate quasi maggioranza nel "nostro" paese. Ma questi, ripeto, sono una minoranza persino fra gli elettori repubblicani. La strada di DT verso la presidenza richiede che lui riesca a convincere due altri gruppi sociali ed ideologici a turarsi il naso. Il primo gruppo è composto di quell'elettorato GOP "moderato" che ora non ha più Rubio o Bush e che deve decidere se puntare su Kasich - a very very long shot, però una persona convincente - o turarsi il naso e salire sul carro del vincitore. Perché se una fetta sostanziale degli orfani di Rubio e Bush non sale sul carro di DT, arriveremo ad una convention divisa in cui lui dovrà cercare di comprarsi Cruz offrendoglii la vice-presidenza e un ticket Trump-Cruz è, francamente, una delle cose più improbabili che io riesca a pensare. 

Francesco. Ora - per ora - Trump è sostanzialmente un formidabile strumento attraverso il quale esprimere il dissenso e il malessere per notevoli fasce di popolazione deluse da Obama sul piano politico, e frustrate da politiche economico-fiscali che premiano, comunque, i soliti ricchi. Qui in Florida, per esempio, una intera generazione di cubani (i più giovani  piuttosto, sperano di tornare in patria per fare affari) ha votato Trump per mandare un messaggio di forte disappunto a Obama: con i dittatori non si tratta. Rubio evidentemente era un messaggero troppo debole. Ma da qui a votare Trump ... Anche di questo - sulla scelta di candidati opachi, senza carisma e poco convincenti - si dovrà interrogare il partito repubblicano se non vuole diventare lo spazio dove si concentrano soltanto "folgorati" dalla religione (una cosa é coltivare una certa religiosità della vita, un'altra acquisirne i precetti per trasferirli nella politica), protezionisti ottusi e frustrati di ogni genere. Il partito repubblicano che conosco (che ricordo) era un'altra cosa, in economia, nel senso della libertà d'impresa, eccetera. Che oggi sia il partito di Trump e Cruz fa, effettivamente, una certa impressione ma è anche vero che io negli USA ci vivo solo da quest'anno quindi l'evoluzione "post Reagan" non l'ho potuta seguire e tu mi racconti che a questa radicalizzazione si è arrivati passo passo in un processo che dura dal 1992, ossia dalla fine della presidenza di Bush Senior. 

Michele. Il fenomeno di distacco che descrivi è in parte interno al GOP ed in parte complessivo. Un fatto rilevante, per esempio, è che una fetta ampia dell'elettorato di Sanders voterebbe Trump, invece di Clinton, se Sanders non dovesse vincere le primarie, come sembra oramai ovvio. E se Trump è riuscito a diventare la sorpresa di cui tutti i media parlano, perché ha una maggioranza relativa dei voti e quindi la possibilità di essere il candidato, Sanders è altrettanto una sorpresa in termini di supporto popolare. La frequenza con cui il partito democratico usa i caucuses non mi permette un calcolo esatto di quanti siano gli elettori democratici che hanno sino ad ora votato per Bernie Sanders, ma la mia stima neanche tanto approssimata mi dice che siamo attorno a cifre simili a quelle di Trump, ossia tra i 7 e gli 8 milioni persone. E quando guardo la mappa degli USA noto che i 9 stati in cui Bernie ha vinto sino ad ora (Hillary ne ha vinti 18) sono tutti al nord, ossia stati "bianchi", in termini di popolazione. E questo vale in particolare per la sua vittoria in Michigan, di poco ma vittoria, che ha sorpreso tutti. Michigan, guarda caso, uno stato "vittima" della globalizzazione e delle linee di crescita che l'economia USA ha seguito negli ultimi trent'anni. 


Francesco. D'altro canto - su questo insisto, anche se potrà sembrare folle o fantasioso - io credo che Hilary Clinton, di fatto, sia diventata il candidato di sintesi di mondi solo sulla carta distanti: quello liberal e borghese (e imprenditoriale) e quello dei cosiddetti "moderati" repubblicani. Se le "mezze vittorie" di Sanders la obbligheranno in seguito a strizzare l'occhio a sinistra, su questioni fondamentali Hilary, a mio modo di vedere, è molto più a "destra" di Obama e non ne prenderà l'intera ereditá. In politica estera, per esempio, già si può ben immaginare. 

 

Ma se Trump - come io ritengo - é più effetto che causa, c'è ancora da capire bene quale siano i meccanismi che lo hanno  prodotto. Certo, mi pare ci sia una diffusa corresponsabilità che va dagli errori di Bush, passa per Omama, fino ad arrivare all'indulgenza del partito Repubblicano nel far prendere la leadership a certi personaggi del tea Party e della destra che definirei bislacca. Sopratutto Trump è nato e trionfa a causa di mancanza di leadership, che anche da questa parte dell'Oceano si sta facendo grave al punto che, ad uno sguardo d'assieme, sembra che l'intera politica Occidentale sia diventata una specie di "B-movie" pieno di comparse e caratteristi incapaci di dare non solo una buona interpretazione, ma un senso compiuto alla storia.

La rottura del patto fiduciario tra eletti ed elettori e, appunto, la carenza di leadership coraggiose e capaci (soprattutto non prigioniere di un consenso continuo e su ogni scelta), temo ci stiano portando, non a delle dittature (gli anti corpi ci sono e forse tengono ancora), ma a una nuova forma di democrazia che chiamerei (almeno, al momento) post-democrazia. C'è, in buona parte dell'Occidente, una fame malata - quasi bulimica -  di uomini che sembrano forti e che diano l'impressione (questa è sufficiente) di saper risolvere i vari conflitti sociali in campo, senza mediazioni. C'è molto risentimento tra i blocchi sociali (o tra quel che ne é rimasto) e tra generazioni, c'è molta frustrazione dovuta al gap sempre più ampio tra ricchi e poveri, diminuendo di peso la cerniera sociale della classe media.
E non è affatto consolante che l'America somigli all'Europa.

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Commenti

Ci sono 39 commenti

Francesco cosa ti fa pensare che il partito Repubblicano abbia avuto o abbia qualsiasi possibilità di scegliersi candidati migliori, o di contrastare l'ascesa di Trump? Quali politiche interne avrebbe potuto intraprendere? Le forze che hanno messo in gioco questi personaggi mi sembrano dominare qualsiasi giochetto di partito. 

Sostanzialmente condivido l'opinione di Andrea che il partito repubblicano non poteva far molto per contrastare l'ascesa di Trump. Da un lato questo è la conseguenza di lungo periodo della ''Southern strategy'' iniziata con Nixon e continuata con Reagan, dall'altro i partiti in amerika sono entità molto meno strutturate che in Europa.

Però una cosa sì che poteva essere fatta, ed era cercare un sistema elettorale meno assurdo e forsennato di quello che risulta dalla combinazione delle regole elettorali dei differenti stati. Trump rischia di raggiungere la maggioranza dei delegati senza essere nemmeno lontanamente vicino alla maggioranza dei voti, grazie al fatto che gli stati ''proporzionali'' non sono veramente proporzionali, con soglie minime che possono arrivare al 20% dei voti. Bastava, in effetti, copiare le regole del partito democratico.

Continuo con il wishful thinking, perche' dopo il 15 marzo le primarie cambiano notevolmente.

La prima differenza e' che quasi tutte le rimanenti primaries sono "winner take all", percio' anche con un solido 35% in diversi stati Trump puo' prendersi zero delegati. Non e' come la Clinton che ha tutte primaries proporzionali ed e' quindi inevitabile che vinca la nomination.

La seconda differenza e' che quasi tutte le rimanenti primaries sono "closed", percio' aperte solo a Republicans. Qui Trump non puo' contare sulle orde di "new voters". Ha comunque un forte seguito anche tra registered Republicans, ma meno.

La terza differenza, e' che sono praticamente finiti gli stati Cruz-friendly, percio' anziche' vedersi il fronte anti-Trump diviso c'e' una possibilita' che in stati importanti (come Wisconsin, Pennsylvania, Indiana, Maryland, ecc...) i voti si consolidino su Kasich. Basta una pluralita' per lasciare Trump a secco di delegati.

Ora questo puo' accadere se tutte le forze si concentrano su Kasich, che comunque ha un sacco di terreno da recuperare. E' improbabile, ma non e' ancora inevitabile che Trump venga nominato con solo praticamente un terzo dei voti.

Affinché Kasich vinca nel Midwest è necessario che venga votato almeno da una parte dei religious conservatives. Mi pare non ovvio. È perfettamente possibile che in posti come Wisconsin e Pennsylvania vinca Trump, anche se con meno del 50% dei voti.  In ogni caso, per Kasich è praticamente impossible ottenere la maggioranza dei delegati. Può solo sperare di essere scelto alla convention, anche se a me sembra molto improbabile.

Be', guardate il lato positivo della cosa: per la prima volta l'Italia ha anticipato gli USA di circa una ventina di anni (di solito e' l'opposto).
;) 

anticipò Hitler di 11 anni (e infatti Hitler continuò ad ammirarlo fino alla fine).

È naturale che molti facciano viso di stacciarsi le vesti, ma si tratta anche di vedere chi ha il coraggio di prendersi la legnata in faccia della Clinton, e non può essere uno che ha buone mire per il futuro. Dunque si fingerà di farsi ancora del sangue marcio, un poco di melina, ma poi ci si dovrà rassegnare all'unico che ha messo in campo una sfida almeno chiassosa e non solo una mesta resa delle armi.

Perché il punto è che anche quelli che voteranno Clinton turandosi il naso, la tengono per antipatica sì, ma solo sul piano personale. Al povero Trump rimane da giocare l'unica carta della irruenza simpatica e del reclamo della pur sacrosanta centralità politica ed economica degli Usa, che poi, in ultima analisi, è il solo significato veramente concreto delle sue esternazioni.

Vivessi negli USA probabilmente mostrerei lo stesso grado di preoccupazione. Ma da questa sponda dell'atlantico l'aspetto fondamentale per valutare un candidato credo sia la sua visione della politica estera e DT sembra essere un conservatore "vecchio stile" a pochi passi dall'isolazionismo al contrario della Clinton che ha di recente ricevuto l'endorsement di pazzi scatenati come Kagan.

 

La politica economica USA (in senso lato - compresa la politica commerciale) è altrettanto importante della politica estera per noi

vorrei venisse estrapolata meglio.

Ovvio che mi piace sperare che l'Occidente abbia gli anticorpi contro la dittatura , ma a differenza di Francesco io non ne sono così sicura.

Per questo motivo mi piacerebbe che Francesco argomentasse maggiormente questa sua affermazione.

Possiamo tutti sperare , come anche Michele ci ha esposto,  che da qui alla Convention qualcosa all'interno della leadership GOP cambi o si rafforzi ma le premesse non ci fanno ben sperare.

Ci vorrebbe l'ausilio di uno storico che ci rinfrescasse la memoria di come si passò da un profondo sud democratico ad un profondo sud repubblicano, ad esempio, o magari che ci ricordasse come era la politica USA prima che le lobby avessero il potere di manovrare i due grandi partiti, oppure ci spiegasse perché non sia ancora giunto il momento di aprirsi ad un terzo partito che debellasse il gridlock che attanaglia e spesso e volentieri blocca il congresso (come unico e piccolo esempio negli ultimi quattro anni si è assistito al blocco delle attività politiche perche' si rifiutano di votare ,ad esempio il bilancio , costringendo tutti i lavoratori statali inclusi i militari a non percepire lo stipendio finché non si sblocca e cio crea disagi per settimane a chi vive da paycheck a paycheck non ai politici a DC).

 

l'americano medio, ed io da trentun anni sono in questa categoria, non ne può più di questi giochetti; altresì come dice Michele è anche estremamente sconcertato dal l'ascesa di DT. Ritorno alla conclusione di Francesco e ribadisco che vorrei maggiori spiegazioni sulla certezza che un "dittatore" sembra scontato non possa accadere. 

Mi scuso per la mia semplicità ma al voto vanno tutti e quindi credo anche le domane puerili hanno valore.

Vedere l'ascesa di personaggi come Trump in USA, Marine Le Pen in Francia (partito di padre in figlia, in nipote, Kim il Chong è un dilettante a confronto),e adesso i neo qualcosa in Germania mi convince sempre di più che il suffragio universale sia, oggi, un clamoroso errore che i sistemi democratici non si possono ulteriormente permettere.

La rabbia (termine generico) è un potente legante sociale, anche di gruppi eterogenei, basta che una persona con capacità di leadership (per N motivi che non interessano) sappia incanalare questa rabbia presentandosi come quello che rappresenterà quella rabbia e il gioco è fatto. Talvolta la si crea pure, come l'assurda caccia all'immigrato che si sta svolgendo in Europa (e in USA ove Trump dovesse vincere) e che è aizzata dall'irrazionale (oltre che da alcuni problemi oggettivi); per me. e non da oggi, la radice di questi personaggi (e se ne presenteranno sempre di più sicuramente) è nella massa di persone che hanno accesso a un bene per loro di valore nullo: il voto, con cui poi si "vendicano" delle proprie frustrazioni, invece di incanalarle in positivo.

L'effetto collaterale di questo emergere di personaggi al limite è che il fronte che chiamerei "razionale" poi è costretto a coalizzarsi su persone che sono la sintesi di ulteriori conflitti e/o problemi (Michele non vorrebbe votare la Clinton, ma se DT diventa il candidato GOP probabilmente lo farà, e come lui una grossa fetta di elettorato moderato che però sostanziamente schifa il clan Clinton) in un continuo senza fine che vedrà da una parte l'establishment buttarsi da una parte tentando di coalizzare un voto "razionale" e la nascita di sempre nuovi leaderini che urleranno contro l'establishment e tenteranno di incanalare la "rabbia", fino a quando il voto "razionale" non avrà un'amnesia, stanco di votare per il "meno peggio" e avremo, appunto, il peggio.

Non sono convinto che un sistema di voto possa limitare questo effetto (ma El Brusco potrebbe rispondere su questo punto), sono convinto che si dovrebbe andare alla radice andando ad affrontare il diritto di voto come non più un diritto a "costo zero", ma come un qualcosa di acquisito a seguito di un qualche percorso.

Confesso, quindi, di essere attratto dalle tesi di Robert A. Heinlein in Starship Troopers (Fanteria dello Spazio in italiano), che troverete nel sunto di wikipedia, che ritengo interessanti.

P.s.
Trump non vincerà oggi, perchè gli USA non sono in crisi economica e/o recessione, ma pensate alla fusione Trump-crisieconomica e avreste uno scenario da incubo, scenario che presto o tardi da qualche parte si realizzerà nelle democrazie occidentali, e ricordiamoci che dalle crisi economiche sono nati il fascismo e il nazismo, perchè poi quando sposi il lato oscuro della forza ti prendi anche il resto, mica solo la rabbia.

votavano solo gli uomini (of course), con uno dei seguenti requisiti: laureati o dipendenti pubblici (mi sembra) oltre un certo grado, o contribuenti con un minimo imponibile. 

 

Adottata dal regno d'Italia fino al 1881 prima dell'inizio di una deriva populista conclusasi nel 1945 col suffragio universale.

Votava il 2% della popolazione

Ne parliamo?

...io limiterei il suffragio universale alle elezioni degli amministratori locali, livello Comune o massimo Provincia. Poi i deputati al Parlamento nazionale li eleggono gli amministratori locali: si candida chi vuole, ma deve convincere una platea più ristretta e sperabilmente mediamente più competente dell'elettorato universale -- platea che comunque è stata scelta "democraticamente". L'idea della patente di Esposito l'ho sempre accarezzata anch'io, ma ha troppe controindicazioni.

Fantasie a parte, la via maestra rimane, credo, l'istruzione (buona matematica elementare e scienza di base, economia di base e un po' di sociologia seria -- e poche altre competenze pratiche elementari ma solidamente acquisite, insomma una scuola profondamente diversa) e l'educazione "politica" dei cittadini da far crescere mediante un federalismo alla svizzera.

Certo, è una via maestra che richiede molti decenni, se non secoli. Le scorciatoie sono belle da fantasticare, non so quanto praticabili, però chissà. L'una non esclude necessariamente le altre.

negli ultimi anni non ha dato di sé un'immagine migliore di quella nazionale.

Giuliana, ho scritto che in buona parte dell'Occidente ci stiamo spingendo (ci stanno spingendo) verso una "strana" fase che ho definito "post-democrazia"... non mi sembra una visione particolarmente ottimistica. Non ho certezze assolute sulla tenuta dei meccanismi di salvaguardia  democratica: reggeranno - io credo - finché converrá a chi su questo modello ci ha puntato tutto. E non mi riferisco agli elettori. Trump lo temo non perché sia una specie di dittatore, ma perché è un avventuriero e un demente ambiziosissimo. Mentre comprendo abbastanza bene le ragioni di una certa parte dei suoi sostenitori. Non mi piacciono nella loro visione del mondo, ma - nonostante sia negli Stati Uniti da un anno - avverto le loro frustrazioni. 

Per quanto riguarda le osservazioni di Andrea, credo che il GOP tutte 'ste riunioni segrete o meno per bloccare l'ascesa di Trump le avrebbe potute fare prima e non ora che i cocci sono sul tappeto! Certo sono d'accordo i meccanismi delle primarie sono assurdi, ma un partito ha sempre e comunque responsabilità per la classe dirigente che produce. E anche per gli spazi che lascia ai cosidetti indipendenti. Mah, staremo a vedere. Comunque sia, sto maturando l'idea che la Clinton sia pure peggio (l'ho conosciuta e ancora la cattiva impressione non mi é passata) ... e mi faccio paura! Perché se - per dire - i 5 stelle conquistano Roma è grave, ma una cosa è il Campidoglio, un'altra la Casa Bianca! 

la tua brutta impressione sulla Clinton io l'ho maturata dal 1993-94 quando la Zarina Hillary faceva la capa della riforma sanitaria voluta da suo marito  e  miseramente  fallita per colpa di Hillary.

Come donna dopo un presidente Obama mi piacerebbe vedere un presidente donna ma

non a queste condizioni. Non sopporto le donne che a priori dicono di votare Hillary come se essere donna fosse più importante che essere competente. Allo stesso modo non sopporto i conservatori che a partito preso supportano DT solo per ostacolare ideologicamente i democratici.

Dici bene quando equipari la situazione usa alla comparsa del M5S italiano.

Grazie della risposta.

Molti hanno commentato ironicamente il concetto di "suffragio universale".

Il più incisivo, a mio avviso fu Bastiat. Ma non starò a ripeterne le argomentazioni denigranti. Mi limito a ricordare che, se consideriamo il potere politico come una delega di potere dai cittadini ad una classe politica al fine di difendere i diritti naturali dell'individuo, finanziando questo compito con imposte e tasse, ebbene se ne deduce che il diritto di voto per eleggere il "consiglio di amministrazione" di tale attività andrebbe a chi la finanzia, ovvero a coloro che pagano le imposte sul reddito (imponibile, magari definito in modo da non ledere il diritto alla sopravvivenza ed alla salute, al contrario di ora). Indipendentemente da età, sesso o altro.

Non per niente, ogni esempio storico di democrazia del passato funzionava così.

Questo modello ha funzionato in passato, adesso sembra non funzionare tanto bene, visto che il processo di selezione del "consiglio di amministrazione" porta a far nominare CEO chi dice "più profitti a tutti", senza spiegare bene come, semplicemente dicendo "faremo pagare agli altri i nostri profitti".
Per me il modello deve passare dalla base "no taxation without rapresentation" attraverso un filtro che dimostri che oltre a pagare le tasse tu sia in grado di intendere e di volere e che comprendi per cosa voti.
Quando un modello non funziona, o funziona male, ci si deve porre l'obiettivo di migliorarlo, altrimenti ci beccheremo Trump, Grillo e Le Pen.

se ben ricordo, il ius suffragii spettava solo ai paterfamilias. Ne erano escluse le donne ed i maschi in potestate, oltre, ovviamente, ai servi ed agli stranieri.Era una democrazia?

 

il problema c'è ed è evidente,ma sicuri che le soluzioni proposte migliorino la situazione? Dopo aver selezionato il gruppo di persone dotato di diritto al voto, che incentivo avrebbero ad appoggiare politiche che favorissero l'allargamento della base elettorale? Zero. Anzi, probabilmente passato il principio si andrebbe verso una ulteriore restrizione della base stessa.

L'unica soluzione che vedo è la solita: tempo e lavoro finalizzati ad aumentare la preparazione e il benessere del maggior numero di persone possibile in modo da avere elettori più consapevoli (oltre che ovviamente una società migliore)

ciò che proponi è semplicemente ciò che cercarono di attuare il fascismo, il nazismo, il sovietismo, il maoismo, etc. "Preparare culturalmente" le masse.

Nonostante ciò, non fu il fascismo af eliminare l'esistente "reato di plagio". Lo fece la nostra cosiddetta Repubblica, attorno al '68 se non ricordo male.

Da allora, qualunque insegnante può spacciare opinioni per dati di fatto, ed appiccicare giudizi morali a questo ed a quello.

Il risultato è evidente.

Leggo solo ora il dibattito, interessante anche se mi sembra di averlo gia' letto almeno 158 volte in vita mia, e vorrei solo contribuire un piccolo commento, nella forma di una domanda. 

Facciamo finta di voler implementare un qualche sistema che limiti il diritto al voto dall'attuale suffragio universale per tutti i maggiorenni ad un qualsiasi sottoinsieme dei medesimi. Che tale sottoinsieme sia definito in termini di sesso, eta', censo, educazione, composizione familiare, data di nascita, colore dei capelli o pubblicazioni su Econometrica fa lo stesso.

L'unica cosa rilevante e' che un sistema che restringa il suffragio universale ad un sottoinsieme di individui e' "differente" dall'attuale (meglio o peggio non so e nemmeno voglio dibatterlo, non mi interessa) se e solo se restringe il diritto di voto ad una % abbastanza piccola degli attuali elettori potenziali. Fare un gran casino per togliere il diritto di voto, per dire, al 10%, serve a nulla e lascia tutto come ora, basta guardarsi i risultati elettorali. Un sistema "diverso" davvero dovrebbe restringere il diritto di voto ad una percentuale relativamente piccola della popolazione, diciamo il 30-60% dell'attuale. Se usiamo criteri di "comprensione" di quanto accade ancora meno, se poi vogliamo guardare a chi paga le tasse sul reddito, in un paese come gli USA, parliamo di una persona su 4 a farla grande.

Bene, siccome in Italia le persone che hanno diritto di votare sono circa 50 milioni SE a 20 milioni, almeno, dei medesimi viene tolto tale diritto (stavo per scrivere "togliamo" poi mi son reso conto che magari il nuovo sistema efficiente non darebbe il diritto di voto a tutti quelli con un cognome che finisce in consonante e mi son fermato ...)  CHI GLIELO SPIEGA?

Ovvero, molto molto molto pragmaticamente: qualcuno mi spiega COME si revoca il diritto di  voto di alcune decine di milioni di persone senza fiumi di sangue per la strada?

 In assenza di una spiegazione chiara e convincente di COME tale stupenda riforma costituzionale e progressiva potrebbe attuarsi, che senso ha ciarlarne? Per sentirsi fighi? Migliori? Vecchio e PESSIMO difetto dei libbberali italioti, una delle tante ragioni per cui mi son sempre rifiutato di farmi arruolare nei loro, imbarazzanti, club.

 era una pura provocazione intellettuale, come il 95% delle proposte che girano su questo blog (e finiscono nei programmi dei partiti ad esso collegati :-))