Esagerazioni e problemi veri

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Come tutti sanno, la bolla di cristallo non c'è l'ha nessuno, men che meno quelli che scrivono su nFA. Però, dato che tutti si chiedono quale sia realmente la situazione e se moriremo tutti di fame l'anno prossimo, io ci provo a buttar lì due mezze previsioni basate sulle previsioni degli altri e su un po' di buon senso economico. Niente di sofisticato, semplicemente un po' di macroeconomia fuori moda ed una, per noi ovvia ma per altri no, conclusione sul da farsi.

Gli ultimi dati sul terzo trimestre del 2008 e le previsioni più recenti da parte dei vari organismi internazionali (IMF, OECD, Commissione Europea) concordano nell’indicare rischi generalizzati di recessione per il 2009. Queste previsioni, che in genere includono un aggravamento della situazione nel quarto trimestre del 2008, suggeriscono per i vari paesi contrazioni del livello di attività intorno ai 4 trimestri di durata: ciò costituisce senza dubbio un motivo di preoccupazione. La preoccupazione potrebbe però trasformarsi in un motivo di sollievo - trattandosi di contrazioni abbastanza modeste e non troppo prolungate - SE l’economia mondiale si riprendesse nella seconda parte del 2009. Gli Stati Uniti dovrebbero avere – come l’Italia e la Germania - una contrazione vicina ma forse inferiore allo 1% annuo, un dato che dovrebbe aggravarsi per l’Inghilterra e ridursi per la EU nel suo insieme. Nel 2010 si ipotizza, infine, una ripresa generale ma è chiaro che questo orizzonte è più difficile da prevedere sulla base dei dati attuali.

Limitandoci, quindi, alla fine dell’anno ed al ciclo ipotizzato per il 2009, ciò che conta è che tali previsioni siano assai meno catastrofiche di quanto ipotizzato da commentatori/agitatori che hanno più volte richiamato la crisi del ’29, generando esagerazioni e timori che sono essi stessi un fattore di instabilità. Il fatto nuovo - ma anche risaputo - è che per la prima volta tutte e tre le aree fondamentali dell’economia mondiale (Stati Uniti, Europa, Asia) affrontano nello stesso tempo una crisi che è stata innescata da fattori finanziari che sembrano essere però in graduale fase di assorbimento. Data la scala e l’estensione dello shock, questi fattori appaiono di fatto meno dannosi per l’economia reale di quanto temuto o previsto da vari osservatori.


1. Stati Uniti.

Anche senza essere esperti della grande depressione (io non lo sono), la novità della rapida trasmissione della crisi finanziaria tra aree diverse non sembra giustificare paragoni storicamente sensati tra allora ed oggi: l’economia degli Stati Uniti dovrebbe crescere quest’anno intorno allo 1.5% per rallentare come abbiamo visto nel 2009. Quale che sia la fondatezza di tali previsioni, la crescita USA nel 2008 è circa uguale al potenziale dell’economia europea. Naturalmente, il tasso di crescita degli USA riflette solo la prima parte dell’anno che è stata migliore di quanto previsto, tra l’altro, nel rapporto Oecd di Giugno: il terzo trimestre del 2008 è andato male sopratutto a causa della contrazione dei consumi durevoli, anche se meno di quanto previsto da molti analisti.

In altre parole: sebbene vi sia una pletora di indicatori negativi per il settore manifatturiero (che però pesa assai poco, oramai, nell’economia USA) negli organismi internazionali sembra prevalere l’idea che la recessione USA dovrebbe essere debellata nella seconda parte del 2009. Forse si sbagliano, ma i numeri sono quelli.

Questa interpretazione mi convince perché il maggiore canale di trasmissione della débacle finanziaria è stato il deprezzamento della ricchezza delle famiglie, soprattutto per la parte legata alla casa: la percentuale di famiglie che possiede azioni e le cui azioni non sono relegate in un fondo pensione è non superiore ad 1/3, probabilmente vicina ad 1/4. La contrazione dei consumi è stata elevata ma - a fronte dello shock subito - sembra confermare la nozione che l’elasticità del consumo alla ricchezza sia abbastanza bassa, altrimenti gli effetti sui consumi e poi sul pil sarebbero più gravi di quanto emerge dall’anno in corso, anche scontando un peggioramento nel quarto trimestre.

Il mio relativo ottimismo sta, dunque, non solo nei dati che sono negativi ma non disperati ma è confortato - tra le altre cose - da un intervento alla Georgetown University di Donald Kohn della Fed e da un paper della Fed di Minneapolis di Chari, Christiano e Kehoe su alcune stranezze nei dati finanziari. E’, infine, confortato anche dalla mia convinzione che la contrazione della ricchezza delle famiglie dovrebbe stimolare l’offerta di lavoro, compensando in tutto o in parte gli effetti negativi sul consumo. E’ anche vero, però, che in mancanza di ulteriori stimoli sulla domanda, l’incremento dell’offerta di lavoro potrebbe tradursi almeno in parte in un aumento della disoccupazione che dovrebbe essere però di natura temporanea e, dunque, compatibile con il profilo ciclico generalmente previsto per il 2009.

Considerando sia il ruolo degli stabilizzatori automatici che il basso costo del capitale, del lavoro e del petrolio, come anche le possibili iniezioni temporanee di spesa pubblica, mi sembra plausibile ipotizzare una ripresa dell’economia americana nella seconda parte del 2009 anche senza affidarsi al graduale aggiustamento delle difficoltà finanziarie che è implicito nelle previsioni citate.

Quanto ciò sia dovuto al miglioramento delle politiche economiche dagli anni ‘30 ad oggi od anche alla migliore conoscenza dei cicli economici è difficile da stabilire ma penso che entrambi i fattori – compresa la loro interazione - un peso l’abbiano avuto nel riconoscere i rischi di una recessione sincronizzata e la necessità di farvi fronte con il coordinamento, per quanto imperfetto e tardivo, delle politiche che è implicito nel passaggio dal G-8 al G-20 di questi giorni.


2. Italia

L’importanza delle politiche fiscali vale ovviamente anche per l’Italia in cui vi sono però i ben noti limiti del debito pubblico e della eccessiva intermediazione pubblica. Questo stato di cose rende difficile l’adozione di stimoli transitori che rischiano di diventare permanenti, indebolendo la percezione della necessità delle riforme. I fattori strutturali essendo dominanti, vi è il rischio che la ripresa possa fare affidamento solo sugli stabilizzatori automatici e sul graduale assestamento della domanda mondiale per rilanciare le esportazioni.

Un modo per collegare gli stimoli di breve periodo alla necessità di elevare un potenziale di crescita che a stento raggiunge lo 1% , potrebbe consistere nel ridurre il più rapidamente possibile la tassazione sul lavoro che riguarda tanto le imposte sul reddito che i contributi sociali. Questi ultimi entrano in modo rilevante nel costo del lavoro, senza per questo contribuire alla capacità di spesa di stipendi e salari netti che sono circa la metà del costo del lavoro. L’effetto di una riduzione della labor tax, così definita, sarebbe non solo sui costi ma anche sull’offerta di lavoro che è ancora troppo bassa per le donne e, più ancora, nel Sud. Non vedo francamente altro modo di accrescere il potenziale di crescita e di ridurre le differenze territoriali cui nessuno sembra prestare attenzione.

Tutto ciò richiede però un ridimensionamento della spesa pubblica che è notoriamente più facile a dirsi che a farsi, a maggior ragione quando vi è la necessità congiunturale di agire sulla domanda più di quanto non facciano gli stabilizzatori automatici della politica fiscale. Anche per questo credo però che ridurre la spesa pubblica nella sua componente di consumo non abbia un ruolo positivo: data la difficoltà di ridurre gli occupati, si finisce con l’accompagnare gli investimenti pubblici - che sono in genere una voce residua - con la contrazione dei consumi intermedi che rendono alla fine meno efficiente i servizi o l’investimento stesso: a che serve acquistare una macchina per la polizia se poi si deve razionarne la benzina? Vi è, infine, il fatto ormai accertato in letteratura che i consumi pubblici hanno un qualche effetto positivo sui consumi privati anche se vi sono molti motivi per razionalizzarli e migliorarli, ad esempio nell’istruzione e nella sanità.

Data, quindi, la difficoltà di avviare nel breve periodo spese per infrastrutture che avranno, se necessarie, effetti positivi molto ritardati, l’unico modo per agire in tempi rapidi sulla crescita sembra la riduzione delle tasse sul lavoro da finanziare con l’allungamento dell’età pensionabile, giustificato tanto dalla demografia quanto dalla necessità di aumentare il reddito netto dei lavoratori e di accrescere la partecipazione al lavoro delle donne.

L’offerta aggregata di lavoro è più elastica di quanto non si creda alla retribuzione netta e lo è in particolar modo per le donne che avranno bisogno di servizi pubblici per sostituire impegni familiari che ne ostacolano da sempre la partecipazione. Ciò potrebbe anche configurare uno scambio politico tra allungamento dell’età pensionabile e riduzione delle tasse sul lavoro che - se presentato in modo razionale e non punitivo - potrebbe anche essere accolto in tempi più rapidi ed in condizioni meno difficili di quanto oggi appaia.


 

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Commenti

Ci sono 44 commenti

Sono in disaccordo sull'analisi per l'America. La contrazione non credo sara' "modesta e non troppo prolungata". Il seguente grafico che ho preso da questo blog non include neanche il 6% e' passa che Wall Street ha perso oggi...tutti i periodi a confronto in cui il mercato finanziario ha ceduto cosi' tanto, pur in diversa misura, hanno avuto effetti reali negativi che sono perdurati, mi sembra. E alla Fed col livello dei tassi di interesse attuali che hanno e la probabile deflazione in corso, mi sembra non resti che rivolgersi a Padre Pio o a Sant'Antonio di Padova...

 

 

Grazie del grafico che mostra solo quello che già sappiamo. Gli effetti reali si guardano, però, sul pil e le sue componenti: sul 2008 non sono stati granché anche ipotizzando un pessimo quarto trimestre. Per il 2009, ovviamente è più difficile pronunciarsi. Io avevo solo provato a giustificare il relativo 'ottimismo' degli organismi internazionali sulla base di una concomitanza di diversi, favorevoli, fattori d'offerta e di un probabile impulso di spesa discrezionale. Proprio perché la situazione è seria, penso che sia bene non esagerare perché il mondo è fatto sia di ingenui che amplificano i fattori di rischio che di furbi che ne approfittano per spillare quattrini..

 

 

E alla Fed col livello dei tassi di interesse attuali che hanno e la probabile deflazione in corso, mi sembra non resti che rivolgersi a Padre Pio o a Sant'Antonio di Padova...

 

OK, qui so di avere posizioni altamente eterodosse, ma perche' hanno tutti cosi' paura della deflazione?  E' vero che questa ha l'effetto di deprimere i consumi, ma mi pare che ci sia troppa enfasi sull'importanza di questi ultimi a discapito dell'accumulazione di capitale.

Ed e' proprio questa una delle cause di questa crisi e di molte di quelle precedenti (nessuno si ricorda dei Savings and Loans?): l'espansione del credito operata per supportare i consumi ha determinato alti livelli di leverage sia a livello privato (uso di debito anziche' equity per acquisto di immobili, e anche per finanziare i consumi) che di istituzioni finanziarie (Capital/Asset ratios eccessivamente bassi) che, non ultimi, tra i governi. Le banche centrali poi si sono fissate a considerare come misura dell'inflazione l'indice dei prezzi al consumo (in un momento in cui l'import dall'Asia manteneva basso il costo dei manufatti), trascurando l'asset inflation (tipicamente, case) come se questa non fosse significativa.

Ora sta arrivando il conto, e non un solo minuto troppo presto. La mia personale ricetta sarebbe quella di preservare la stabilita' del sistema finanziario, ma lasciare tornare i prezzi a livelli realistici. Molta gente dovra' tirare la cinghia, ma se questo non accade mai, nessuno ha alcuna remora a indebitarsi o a estendere credito in misura eccessiva quando ci si trova in una fase espansiva.  

 

Enzo, la tua personale ricetta ha senso -- piu' austriaca che eterodossa, direi -- ma non sono sicuro che si possa preservare la stabilita' finanziaria e allo stesso tempo lasciare "spurgare" gli eccessi.

C'e' una cosa che non sono sicuro di aver capito:

 

l'espansione del credito operata per supportare i consumi ha

determinato alti livelli di leverage sia a livello privato (uso di

debito anziche' equity per acquisto di immobili, e anche per finanziare

i consumi)

 

Una famiglia non puo' mica emettere obbligazioni per comparsi l'appartamento o l'automobile, no? O mi sfugge qualcosa?

 

Sinceramente non riesco a capire in base a cosa l'uso del debito per finanziare consumi e mutui, in seguito all'espansione del credito, sarebbe una delle cause di questa crisi...in realtà, è proprio nel mercato dei consumi che gli effetti persistono e i veri problemi non sono ancora venuti al pettine...mi riferisco in particolare alla "trappola del credito": "Il fenomeno con cui si

stimolano le persone ad anticipare i consumi indebitandosi. In un primo

momento il livello del consumo si incrementa (perché le persone

spendono l’equivalente di quello che guadagnano, più i debiti), ma in

un secondo momento i consumi diminuiscono perché i debiti (più gli

interessi, che nel caso del credito a lungo tempo, possono arrivare a

duplicare il valore di ciò che si è acquistato) costringono a ridurre

le spese regolari, per poter far fronte ai debiti contratti.Da una

parte si trasferiscono così le “entrate” dall’economia produttiva alla

Banca e dall’altra si generano cicli di successiva espansione e

contrazione nell’economia."

 

 

...e da un paper della Fed di Minneapolis di Chari, Christiano e Kehoe su alcune stranezze nei dati finanziari.

 

A quanto ne so io quel paper ("instant paper" anzicheno') ha sollevato un putiferio... inclusa una risposta da parte di un'altra branch della FED.

 

 io guardo invece all'Italia in attesa di ulteriori interventi su US. e guardo alla proposta:

 

l’unico modo per agire in tempi rapidi sulla crescita sembra la

riduzione delle tasse sul lavoro da finanziare con l’allungamento

dell’età pensionabile, giustificato tanto dalla demografia quanto dalla

necessità di aumentare il reddito netto dei lavoratori e di accrescere

la partecipazione al lavoro delle donne.

 

 premesso che concordo,vorrei un chiarimento: allungamento dell'età pensionabile per tutti? se si, stiamo parlando di un trasferimento intergenerazionale di risorse davvero rilevante. c'è una "maggioranza" capace di approvarlo? guardando all'età dei parlamentari direi di no.

se taglio ci fosse, suggerirei inoltre che il taglio fosse collegato ad una certa flessibilità per chi è soggetto al regime Dini: a dire, taglio la tua aliquota contributiva di 5 punti, ma siccome la tua pensione pubblica dipende da quanto versi oggi, sei libero di versare all'INPS un 5% volontario o, paradossalmente, anche di più (alla fine è una scelta di portafoglio).

questo conduce ad un'altra questione. se taglio di 5 punti l'aliquota contributiva, un soggetto razionale, non liquidity-constrained, dovrebbe interamente risparmiare quella somma con effetti reali di breve termine prossimi a zero. l'intervento avrebbe effetti reali se: 1) sono tanti gli individui liquidity contrained (ovvero siano tanti quelli che per colpa del sistema pubblico stanno risparmiando troppo compared to the first best); 2) estendiamo il taglio anche ai soggetti "non-Dini" la cui pensione non dipende da quanto hanno contribuito. Sub 2), vogliamo davvero fare l'ennesimo regalo a dei privilegiati della società?

 

per varie ragioni, preferisco non entrare al momento nei dettagli. Se mi dai una mail ed un po' di tempo, lo farò volentieri, ciao

 

 

riccardo,

riguardo il taglio della labor tax per stimolare l'offerta di lavoro, sappiamo per certo che l'effetto di sostituzione prevarra' su quello di reddito? Intendiamoci, penso anche io che vada come dici tu, volevo solo sapere se sappiamo qualcosa di quantitativamente preciso per l'italia.

 

 

In un modello che ormai non mi appartiene e che non credo sia più in uso, c'erano dei risultati, certamente non precisi ma a quanto ricordo solidi, sulla risposta dell'offerta di lavoro alla ricchezza delle famiglie. In letteratura, spesso si tratta ricchezza e reddito come se fossero la stessa cosa e a me non sembra ragionevole perché il fatto di utilizzare stocks o flussi dovrebbe influenzare il timing di risposta che poi rimanda al solito arduo problema di separare effetti di sostituzione e di reddito. Infine, se ti accontenti di vedere come misure trimestrali dei tax rates effettivi influenzino il mercato del lavoro in vari paesi, c'è un articolo mio e di Padrini sullo Oxford Bulletin of Economics and Statistics (2001). Grazie, ciao

 

 

 

 

sappiamo per certo che l'effetto di sostituzione prevarra' su quello di reddito?

 

Per certo non lo sappiamo, ma e' molto probabile che sia cosi' (e che infatti l'effetto reddito sia nullo) se il taglio e' temporaneo: e' questo che suggeriva Giavazzi in un editoriale sul Corriere domenica scorsa.

 

 

Come gather 'round people

Wherever you roam

And admit that the waters

Around you have grown

And accept it that soon

You'll be drenched to the bone.

If your time to you

Is worth savin'

Then you better start swimmin'

Or you'll sink like a stone

For the times they are a-changin'.


Come writers and critics

Who prophesize with your pen

And keep your eyes wide

The chance won't come again

And don't speak too soon

For the wheel's still in spin

And there's no tellin' who

That it's namin'.

For the loser now

Will be later to win

For the times they are a-changin'.


Come senators, congressmen

Please heed the call

Don't stand in the doorway

Don't block up the hall

For he that gets hurt

Will be he who has stalled

There's a battle outside

And it is ragin'.

It'll soon shake your windows

And rattle your walls

For the times they are a-changin'.


Come mothers and fathers

Throughout the land

And don't criticize

What you can't understand

Your sons and your daughters

Are beyond your command

Your old road is

Rapidly agin'.

Please get out of the new one

If you can't lend your hand

For the times they are a-changin'.


The line it is drawn

The curse it is cast

The slow one now

Will later be fast

As the present now

Will later be past

The order is

Rapidly fadin'.

And the first one now

Will later be last

For the times they are a-changin'

(here

Or, maybe not ... 

 

 

Caro Michele: i turning points di Bob Dylan sono però ancora più ardui di quelli che mi ostino a intravedere perché vanno a toccare le preferenze!  ciao, r

 

Venite intorno gente

dovunque voi vagate

ed ammettete che le acque

attorno a voi stanno crescendo

ed accettate che presto

sarete inzuppati fino all'osso.

E se il tempo per voi

rappresenta qualcosa

fareste meglio ad incominciare a nuotare

o affonderete come pietre

perché i tempi stanno cambiando.

 

Venite scrittori e critici

che profetizzate con le vostre penne

e tenete gli occhi ben aperti

l'occasione non tornera'

e non parlate troppo presto

perché la ruota sta ancora girando

e non c'e' nessuno che puo' dire

chi sara' scelto.

Perché il perdente adesso

sara' il vincente di domani

perché i tempi stanno cambiando.

 

Venite senatori, membri del Congresso

per favore date l'importanza alla chiamata

e non rimanete sulla porta

non bloccate l'atrio

perché quello che si ferira'

sara' colui che ha cercato di impedire l'entrata

c'e' una battaglia fuori

e sta infuriando.

Presto scuotera' le vostre finestre

e fara' tremare i vostri muri

perché i tempi stanno cambiando.

 

Venite madri e padri

da ogni parte del paese

e non criticate

quello che non potete capire

i vostri figli e le vostre figlie

sono al di la' dei vostri comandi

la vostra vecchia strada

sta rapidamente invecchiando.

Per favore andate via dalla nuova

se non potete dare una mano

perché i tempi stanno cambiando.

 

La linea è tracciata

La maledizione è lanciata

Il più lento adesso

sara' il piu' veloce poi

Ed il presente adesso

Sara' il passato poi

L'ordine sta rapidamente

scomparendo.

Ed il primo ora

sara' l'ultimo poi

Perché i tempi stanno cambiando

 

 

 

Nello stesso spirito: da qualche giorno in TV qui fanno vedere un video del "Froncysyllte Male Voice Choir" che canta "Yesterday" ("...all my troubles seemed so far away..."), e ogni volta non posso fare a meno di pensare che pare un lamento di senior bankers che vanno a gettarsi a mare :-)

 

Da un articolo del NYTimes di ieri (grassetto mio):

 

Last week, Bank of America

announced that it would spend $7 billion to increase its stake in China

Construction Bank. This, just weeks after receiving $15 billion from

taxpayers.

Why, when the nation needs access to loans in the worst way, did Bank of America choose to deploy $7 billion overseas?

Robert

Stickler, a Bank of America spokesman, said that no TARP money was used

to increase its Chinese bank stake and that the bank had planned the

investment and set aside money for it months earlier.

 

Carini, no? Sembra che Marx avesse torto, e con lui tutti gli economisti monetari di questo e del precedente secolo: l'equivalente generale sembra non essere tale. A BofA i dollari sono "marchiati", ci sono quelli "loro" e quelli che gli abbiamo prestato "noi", e li usano per fini diversi; almeno così dicono. I loro per divertirsi, i nostri per risanare le perdite. Ah, the genius of banking. Dieci, cento, mille bailouts!

P.S. Infatti, ecco l'ennesimo. Vediamo se qualcuno di questi finisce male ... voi cosa scomettete?

 

 

 

Se la crisi è globale , non sarebbe più logico aumentare i mercati globali invece che aiutare quelli interni ?  La riduzione dei dazi fra i vari paesi non porterebbe ad un aumento del mercato globale con conseguente ripresa delle produzioni ? Attualmente il mercato finanziario è globale ma quello delle merci lo è molto meno. Magari sarò un pò semplice ma mi piacerebbe sapere per quale motivo questa strada non è percorribile. 

 

Prima di parlare ho atteso (anche i miei operai hanno atteso, in verità...) le decisioni sulle tredicesime, pensavo che un forte segnale in tal senso avrebbe potuto dare il senso delle future politiche di un governo di centro-dx, che dovrebbe avere nel suo DNA il "starve the beast" di Sandro Brusco. Niente.

Dell'idea di Riccardo, di allungamento dell'età pensionabile, in cambio di meno tasse sul lavoro niente, forse anche per paura di aggiungere carne al fuoco dell'inutile sciopero del 13 Dicembre. La mia personale sensazione è che, mentre gli USSA (Unione Socialista Stati Americani, secondo la destra americana) con Obama qualche idea, giusta o sbagliata it's matter of opinion, ce l'hanno, in Italia idee non ce ne sono, tranne le solite, vecchie, ammuffite idee, a metà fra la carità (social card) e il contentino (ce ne sono troppe, inutile elencarle, c'è una pioggia di contentini), oltre a idee megagalattiche senza senso (il Ponte sullo Stretto, altro futuro scempio del mio denaro). In un mondo che muove le idee a velocità incredibili noi pensiamo ancora a Ponti, Autostrade, Ferrovie, mentre la banda larga (quella seria) è un'utopia, e nessuno parla di piccoli, infinitesimi cavi o antenne , sempre e solo cemento, così gli altri vanno avanti, noi torniamo indietro.

No Riccardo, io non la vedo per niente bene, siamo messi proprio male.Ah, se fossi nato qui ...

 

Caro Marco, non voglio tornare sui problemi del ciclo perché ci sono troppi aspetti tecnici e perché non è giusto che chi scrive qualcosa debba anche avere l'ultima parola. Piuttosto, mi meraviglia  che ti aspetti che un governo "dio/patria padana/famiglia/protezionismo" possa essere interessato a uno scambio politico tra età pensionabile e riduzione delle tasse sul lavoro. Questo dovrebbe essere interesse e compito di un governo (o opposizione) di centro-sinistra, se questi termini hanno a che fare con il tentativo di accrescere il benessere dei più. Mi rendo anche conto che una proposta del genere abbia bisogno di maggiori dettagli e approfondimenti, anche se non penso che sia questo il punto decisivo per una sua eventuale accettazione. Siccome, non voglio però apparire più ingenuo di quello che sono, la pianto qui e ti ringrazio davvero dell'attenzione, ciao 

 

Da settimane mi riprometto di scrivere sulla "crisi che forse non c'e'", ma non trovo il tempo.

Approfitto quindi di questo articolo del WSJ per lanciare la provocazione: e se la signora avesse ragione? Se fosse il caso che il problema c'è, ma è più piccolo e, soprattutto, DIVERSO da quello che tutti ci raccontano per aver sussidi o per diventare "famosi" (si fa per dire) facendo i signori doom?

Ecco, a volte me lo chiedo: what if the problem is different from what we believe it is and from what we are told by interested parties that the problem is? Maybe we are just screwing up because we have the wrong model and we are all looking at the wrong data!

 

L'articolo del WSJ mi pare una cazzata... leggero' il tuo volentieri!  ;)

Michele, dunque tu credi che la crisi in atto non è così grave come alcuni, in maniera interessata, affermano.

La cosa è abbastanza strana per uno come me che leggi i giornali, perchè invece sentiamo dire l'esatto contrario. Voglio dire: cosa pensi di tutte le cifre che vengono sparate su "aumento dell'uso della cassentegrazione; impossibilità per le aziende di pagare i debiti; crollo dei consumi alimentari; crollo dei consumi di energia elettrica...". L'aria è pesantissima perchè tutti, anche gruppi economici e sociali con interessi non omogenei, dicono ripetono sempre la stessa tristissima solfa: "un urugano si sta abbattere"; "l'economia reale sarà investita dalla crisi finanziaria" (come se la finanza fosse stata fino ad oggi la proiezione fantastica di un astuto gnomo). Ma ti dirò di più: anche la fonte più autorevole al quale mi rivolgo per le informazioni economiche (dopo NFA, of course :-) ), cioè l'Economist, è abbastanza inquietante in quello che scrive: a parte le analisi che da qualche settimana sono un poco più calme, anche le copertine erano tremende: il mondo che precipita; il mondo in un precipizio...anche loro secondo te esagerano?

Poi sul versante delle cose che capisco un po' di più invece, le stronzate le vedo subito: la sinistre che scrive su repubblica corsivi fiume sul fatto che la crisi ci farà bene per "riscoprire i valori reali delle cose"; oppure i soliti preti televisivi che ci informano che "sarà un natale di sobrietà e dunque in linea col vangelo"...insomma la solita mistica evangelico-pauperistica dei vari Scalfari che dall'alto della loro moralità (e dall'alto dei loro attici) esaltano l'estetica del Libro Cuore: finalmente con la crisi torneremo a vedere i figli dei muratorini che prendono le scarpe usate del farmacista...a quando l'esortazione a trasferirsi in camapgna perchè invece la città e di destra? Insomma questi preti laici odiano il consumismo, degli altri ben inteso.

 

anche la fonte più autorevole al quale mi rivolgo per le informazioni economiche (dopo NFA, of course :-) ), cioè l'Economist, è abbastanza inquietante in quello che scrive: a parte le analisi che da qualche
settimana sono un poco più calme, anche le copertine erano tremende: il mondo che precipita; il mondo in un precipizio...anche loro secondo te esagerano?

 

Certo, senza dubbio alcuno. The Economist è oramai soltanto l'ombra del giornale serio, altamente competente e fortemente indipendente che usava essere. Anzi, direi che fra gli "esageratori", The Economist è uno dei colpevoli peggiori. Il motivo, ovviamente, è chiarissimo: le loro Wall Street, City e paraggi andavano salvate a tutti i costi, con i soldi nostri. Altrimenti, i bei meetings milionari chi glieli finanzia più?

Sul resto, concordo ovviamente. Si', anche io trovo ridicoli e strumentali i predicozzi sinistrorsi: dimostrano solo la loro pochezza culturale e l'ipocrisia di costoro. L'Italia sembra tornata, cultural-politicamente, alla fine degli anni '20 ...

Fortunatamente e contingentement il senato ha respinto le proposte dell'amministrazioen di salvare i cosidetti "colossi" (o colossali incapaci) che sono i tre grandi manifatturieri di automobili USA.

Per chi abbia dubbi su perche' debbano scomparire al piu' presto, consiglio di guidare Porsche e poi Cadillac-

 

Il Senato U.S.S.A. ha bloccato, tutto sommato, un "aiutino", nemmeno tanto grande, visto che i richiedenti ne volevano 35. Interessante è notare che l'"aiutino" è stato bloccato solo perchè i Repubblicani (sembra) avevano posto la condizione di equiparare le paghe degli operai a quelle dei concorrenti (cinesi? europei? giapponesi?, cinesi probabilmente).

Buone notizie: c'è una grande opportunità per i costruttori (anche loro in crisi) europei: spariscono produttori per 12 milioni di autoveicoli. Pessime notizie: spariscono anche 12 milioni di acquirenti...

A Palma dico che ho guidato un pò di tutto,e certo che le auto americane fanno un pò schifo, ma non è colpa solo delle Big Three se il modello imperante era a chi ce l'aveva più grosso (il SUV, ovviamente). Come dice Riccardo la sfera di cristallo non ce l'ha nessuno, quindi non so cosa farà BO il 20 Gennaio, certo che a GWB vanno tutte storte.

Ai redattori di NFA chiedo la solita solfa: esiste un modello economico che ci dice cosa succede se le Big Three...

Adesso non facciamoci abbindolare dai dipinti catastrofici di chi produce le auto; un fallimento non è uno sterminio di massa che fa "sparire" produttori e operai.
Il fallimento delle imprese decotte è una cosa "sana" (anche se ovviamente non è bello per le famiglie degli operai trovarsi senza un reddito all'improvviso; se anziché pensare a fare del private equity i politici pensassero a elaborare sistemi di welfare efficienti e non disincentivanti l'offerta di lavoro, non ci sarebbe neanche questo problema). Comunque i rami efficienti di GM e Chrysler (sparo a caso: il marchio e le fabbriche Volvo), saranno di certo liquidati molto alla svelta al miglior offerente; dunque non tutti perderanno il lavoro e la produzione non si arresterà da un giorno con l'altro. Inoltre, il mercato del lavoro statunitense è molto più efficiente del nostro; trovarsi senza lavoro oggi non significa essere disoccupati a vita. Dico una cosa a caso: la geografia della recessione statunitense non è "uniforme"; ci sono stati che tirano, altri con disoccupazione fortemente crescente e industrie in crisi. C'è un incentivo a muoversi verso le zone economicamente in espansione; storicamente gli americani mi pare abbiano colto spesso questa opportunità. Probabilmente dovranno vendere la casa (questo può essere ancora un serio problema, in certe zone, ma è un altro discorso) e trasferirsi in una casa più piccola a migliaia di km di distanza...ma la vita continua anche senza GM.

 

Poco fa sono usciti i dati BEA (www.bea.gov) provvisori sul pil usa nel quarto trimestre. Le cose non vanno bene ma la contrazione del quarto trimestre (3.8) è stata inferiore a quella prevista da vari commentatori che tutti conoscete. Il dato annuale implica una crescita dell'1.3% e, quindi, anche un minor scalino negativo per il 2009. In attesa dei dati definitivi (27 Febbraio), vi saluto cordialmente.