Far fallire il referendum con i soldi degli italiani

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Il sito lavoce.info ci informa che il governo ha deciso di abbinare elezioni amministrative ed elezioni europee in un’unica data, il 6-7 giugno 2009. Ma appare intenzionato a far tenere in data separata il voto sul referendum sulla legge elettorale. Dato che molti partiti sono contrari al referendum e si propongono di farlo fallire, è molto probabile che alla fine non verrà permesso ai cittadini di recarsi una sola volta alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento Europeo, negli enti locali interessati dal voto e per esprimersi sul quesito referendario.

LaVoce stima i costi diretti del referendum in 200 milioni, e quelli indiretti (tempo per andare a votare, scuole chiuse il lunedì, etc...) in altri 200 milioni di euro. Stime a parte, l'uso di questi trucchetti per far fallire il referendum è scandaloso. Con gli appelli referendari non abbiamo avuto grande successo l'anno scorso; invitiamo comunque i lettori far sentire la propria voce con tutti i mezzi disponibili.

Il sito lavoce.info ci informa che il governo ha deciso di abbinare elezioni amministrative ed elezioni europee in un’unica data, il 6-7 giugno 2009. Ma appare intenzionato a far tenere in data separata il voto sul referendum sulla legge elettorale. Dato che molti partiti sono contrari al referendum e si propongono di farlo fallire, è molto probabile che alla fine non verrà permesso ai cittadini di recarsi una sola volta alle urne per eleggere i loro rappresentanti al Parlamento Europeo, negli enti locali interessati dal voto e per esprimersi sul quesito referendario.

LaVoce stima i costi diretti del referendum in 200 milioni, e quelli indiretti (tempo per andare a votare, scuole chiuse il lunedì, etc...) in altri 200 milioni di euro. Stime a parte, l'uso di questi trucchetti per far fallire il referendum è scandaloso. Con gli appelli referendari non abbiamo avuto grande successo l'anno scorso; invitiamo comunque i lettori far sentire la propria voce con tutti i mezzi disponibili.

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Commenti

Ci sono 44 commenti

Ignoro quale sia attualmente la posizione del PD in tema di legge elettorale in generale e del referendum per riformarla in particolare. Dovessi cercare di immaginarlo, il PD penserà qualche roba del tipo "la legge attuale va riformata" & "i referendum sono uno straordinario strumento di democrazia". Su tutto il resto, cioè su ciò che conta, saranno probabilmente divisi. Spero di sbagliarmi.

Certo, il punto proposto da La Voce potrebbe essere una utile integrazione dell'articolo di Sandro Brusco di qualche giorno fa.

Per il PD si presenta l'occasione per dire qualcosa, se non di sinistra, di civiltà.

Dovessero coglierla mi ricrederei (parzialmente) su di loro.

Purtroppo credo lasceranno che il referendum venga effettuato separatamente in modo da andare incontro al fallimento.

Poi faranno una blanda campagna per l'abolizione del "Porcellum" che fa loro schifo, a parole, ma che apprezzano tanto nei fatti.

Vorrei sbagliarmi, però...

PS

Forse però agli italiani va bene così, su SKY TG24 hanno chiesto: preferite che, alle future primarie del PD, i nomi siano scelti dalla base o imposti dall'alto?

Ben il 22 % preferiva che fossero imposti dall'alto!

 

 

Beh dai, solo il 22% di gente che non ha capito il concetto non mi pare cosi' male...

...quanti erano i "non so/non rispondo"? :D

 

 

 

Veltroni divenne famoso nell'estate del 2007 perchè disse che lui i referendum li appoggiava ma non li firmava. Paura di far incazzare mastella e bertinotti, credo.

Un atteggiamento più fermo di Franceschini è possibile, visto che ora mastella è dall'altra parte e (almeno per un po') la sin rad non è alleata. Non so capire però cosa Franceschini pensi gli convenga.

Attualmente il PD si definisce a vocazione maggioritaria.

Per questo motivo dovrebbe naturalmente appoggiare il referendum.

Però si deve tener di conto dell'opportunità politica.

Immagino che questo appoggio per chi vorrebbe una possibile nuova alleanza a sinistra (D'Alema&Co.) sia quanto mai inopportuno e deleterio. Non a caso già si espressero contro lo sbarramento al 4%.

Se non sarà appoggiato da nessuno dei grandi partiti, magari con gli ennesimi inviti ad andare al mare che dal 1995 hanno annientato questo strumento di democrazia diretta, raggiungere il quorum sarà una missione impossibile.

Emiliano da Pisa

Da quando ho visto Rutelli che parlava del testamento biologico ignorando allegramente Franceschini e in contemporanea alle dichiarazioni di futuro decisionismo che il neo-segretario avrebbe adottato nel dirigere il partito... mi è parso chiaro che Franceschini è l'ennesimo stuntman messo su dalle segreterie DS MArgherita.

 

Che i nostri politici siano dei cialtroni in doppiopetto, lo diciamo spesso...e purtroppo non possiamo esimerci dal farlo nemmeno questa volta, in merito al referendum.

In quest'articolo del Corriere, si esaminano le posizioni assunte dai vari Maroni e Calderoni (che peraltro aveva definito la sua legge una "porcata") in merito alla possibilità di svolgere il referendum in una data diversa dal giorno in cui si tengono le elezioni europee. Adesso questi sono d'accordo a fare così, perchè temono l'esito del referendum e se ne sbattono sia degli sprechi di soldi sia delle posizioni che sullo stesso punto (spostare o meno un referendum) hanno preso in passato.

Il bello è che ogni volta che sia il PD che il PDL fanno qualcosa pretendono di trasfigurare i loro miserevoli sotterfugi con alte enunciazioni di principio. Sembra che non abbiamo nessun limite di decenza o coerenza: oggi si, domani no (su casi uguali che dovrebbero essere trattati in maniera eguale) senza dover mai rendere conto a nessuno!

Questo fatto aneddotico, che comunque e' solo l'ultimo anello di una consolidata catena, illustra bene quale e' la cultura italiana, non solo delle elites ma anche delle masse (che comunque ovviamente imparano dalle elites): le leggi non sono norme elaborate per organizzare in maniera utile ed efficiente lo Stato e la societa' ma piuttosto uno strumento per esercitare in maniera arbitraria il potere. Una volta che questo principio vale per la maggioranza del parco buoi elettorale, diventa sconveniente per ogni attore politico comportarsi correttamente.  Cio' puo' cambiare solo se 1) chi critica come il Corriere della Sera questo spreco particolare di risorse pubbliche criticasse con pari efficacia tutti gli sprechi di risorse pubbliche, come ad esempio gli aiuti di Stato alle imprese, i prepensionamenti, il finanziamento pubblico alla Stampa e quindi privilegiasse di volta in volta gli attori politici che complessivamente hanno piu' limitato gli sprechi piuttosto che invariabilmente quelli che decretano i maggiori incentivi per il settore delle automobili 2) il parco buoi elettorale evolve e diventa un insieme di cittadini alfabetizzati e capaci di un minimo di analisi dei fatti e di autonomia di giudizio.

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Progresso globale in quattro punti
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Gentilissimi Lettori di Noise From America,

vi saluto cordialissimamente.

Almeno per qualche minuto, smettiamola col NOISE e veniamo alla CLEARNESS from Italy:

1) L'ordinamento che assegna a vita i ruoli della Pubblica Amministrazione è palesemente antidemocratico e non rispondente agli ideali di una repubblica. Tutti gli incarichi dello Stato, compresa la Presidenza della Repubblica, devono essere rimessi al popolo dopo un certo numero di anni. Al contrario un pubblico dipendente può rimanere al "suo" posto, di fatto accaparrandoselo, per tutta la sua vita lavorativa. A volte perfino trasferendoci poi i propri figli! Nei fatti i nostri Paesi non sono Republiche compiute. Sono invece per gran parte ancora Cosa Loro, dei pubblici dipendenti a vita. E questi sistemi oligarchici non possono non avere negative, pesanti ripercussioni anche sui rispettivi mondi della politica, sui governi e sulle attività economiche private.

2) Quando nacquero le nostre Costituzioni, l'ordinamento del pubblico impiego non potè evidentemente essere adeguatamente sviluppato. Tuttavia i padri fondatori delle nostre Republiche, consapevoli della necessità di una evoluzione, spesso espressero deliberatamente la necessità di "... rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese ..." come, ad esempio, nel benedetto e benefico Articolo 3 della Costituzione Italiana.

3) E' proprio questa anomalia democratica, questo retaggio d'epoca antecedente l'ordine repubblicano, questo rimasuglio oligarchico dell'assegnazione a vita di un bene comune, della proprietarizzazione di una pubblica risorsa, a creare la quasi totalità dei problemi d'oggi. Piuttosto che una Pubblica Amministrazione a vita, dovremmo avere i suoi ruoli, poteri e redditi distribuiti tra tutti i cittadini desiderosi ed abili a svolgerli. In questo modo le nostre PA sarebbero completamente reinterpretate nei metodi e negli scopi, con ben altre influenze e con ben altre visioni di quelle presenti. I nostri Paesi, con simili PA, avrebbero una politica, dei governi ed economie private perfettamente corrispondenti alle reali necessità.

4) Tengo a precisare che un Pubblico Impiego a rotazione non licenzierebbe bensì assumerebbe! Infatti questo sistema prevede la riacquisizione nel settore pubblico di molte attività economiche privatizzate. Le nostre economie sono pesantemente sbilanciate verso il settore privato proprio a causa del carattere non democratico del settore pubblico. Si pensi alla casta degli statali, si pensi alla mafia di Stato, si pensi alla corruzione ed alla inadeguatezza della antidemocratica PA. E sarà chiaro il perché di così tante privatizzazioni! Ma una volta tornate ai cittadini, le PA potrebbero riguadagnare fiducia e consistenza riassorbendo attività di primaria importanza.


Questa è l'estrema sintesi del complessivo progetto:

PUBBLICO IMPIEGO A ROTAZIONE
COMPRENDENTE ATTIVITÀ ECONOMICHE
PER UNA METÀ DELL'INTERO.

Con una tale equilibrata geometria, la società riuscirebbe anche a fornire a tutti i cittadini garanzia di un lavoro minimo e perfino un reddito da cittadinanza tra un'assegnazione e la successiva.

Noto inoltre che una simile PA non avrebbe problema alcuno relativamente a giuste esigenze di efficienza, professionalità e competizione dei suoi prodotti e servizi. Infatti il progetto prevede che i lavoratori si spostino essenzialmente in due modi: essi potrebbero muoversi in uno stesso ambito di competenza come pure in un diverso ambito. Muovendosi le persone all'interno di una stessa branca specialistica, verrebbe permesso l'apporto di un più nutrito ruolo di contributori e si preverrebbe la corruzione. Muovendosi esse in ambiti diversi, si otterrebbe la condivisione dei saperi e l'avanzamento diffuso. Entrambi i movimenti favoriscono l'apertura mentale e la capacità di comunicare, nonché il sorgere di un forte sentimento d'interesse collettivo.


Gentilissimi Presenti, perseguire un obiettivo alla volta, senza disporre di una visione chiara della situazione attuale e soprattutto di un rinnovato progetto sociale, complessivamente e precisamente individuato, è un approccio fallimentare. Se davvero aneliamo un nuovo mondo, se davvero vogliamo raggiungerlo e pure nell'arco della nostra stessa vita, sarà bene passare dal tradizionale approccio focalizzato, settoriale, specialistico, ad un più proficuo approccio sistemico, organico, olistico.

Una volta individuato il vero problema a livello globale (le PA antidemocratiche) e relativa soluzione:

Pubblica-Amministrazione-Democratica.hyperlinker.org

ci si rende conto immediatamente che potremo vedere realizzati i nostri migliori sogni nell'arco di tempo della nostra stessa vita.


Gentilmente: vi andrebbe di far parte di questa memorabile e quieta rivoluzione planetaria?


Danilo D'Antonio

Laboratorio Eudemonia
Piazza del Municipio
64010 Rocca S. M.
TE - Abruzzo

tel. 339 5014947
tel. 328 0472332




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Purtroppo, come già osservato da un lettore su lavoce.info, il problema non va posto nel modo indicato in questo post. Siccome nel referendum contano anche (e soprattutto) le astensioni, risulta di valenza politica sia la scelta di separare la votazione sul referendum, sia la scelta di unirlo ad altre consultazioni politiche concomitanti. In linea generale la scelta di tenere separata la votazione per il referendum è compatibile con l'idea che i promotori di esso sono chiamati a convincere gli elettori che vale la pena scomodarsi per andare a votare. L'intera macchinetta, come viene giustamente fatto notare, è costosa ma fa parte dei lussi della democrazia. Del resto anche permettere a soli 500.000 (grosso modo un quarantesimo dell'elettorato attivo italiano) cittadini firmatari di mettere in piedi un simile meccanismo (con in più tutti i limiti del referendum solamente abrogativo) è un bel lusso che la nostra Costituzione si permette.

Che poi le varie parti politiche fissino la data dei referendum in base ai propri sordidi calcoli politici è fuor di dubbio, ma l'elettore, se va a votare, ha sempre il coltello dalla parte del manico.

L'istanza avanzata dall'autore del post si può concretizzare in una modifica costituzionale che obblighi a fissare la data del referendum in concomitanza con altre consultazioni elettorali, quando esse ricadano nell'intervallo indicato per i referendum. Una simile innovazione, che toglie potere discrezionale ai partiti, ha poche speranze di trovarne il favore. Più facilmente i partiti potrebbero accordarsi su una modifica costituzionale che abolisca l'istituto del referendum, proprio con la scusa che è troppo costoso e che ormai la gente non va più a votarlo, anche su tematiche di "notevole" rilevanza sociale.

 

 

 

L'istanza avanzata dall'autore del post si può concretizzare in una modifica costituzionale che obblighi a fissare la data del referendum in concomitanza con altre consultazioni elettorali, quando esse ricadano nell'intervallo indicato per i referendum. Una simile innovazione, che toglie potere discrezionale ai partiti, ha poche speranze di trovarne il favore.

 

Sono d'accordo sul fatto che anche scegliere di abbinare il referendum alle altre consultazioni sia una scelta politica, esattamente come scegliere di non abbinarlo, tuttavia siccome l'opzione dell'abbinamento fa risparmiare risorse pubbliche e tempo dei votanti ritengo preferibile concordare una prescrizione costituzionale che imponga l'abbinamento. In questo caso l'arbitrarieta' del governo nel fissare le date non puo' essere considerato un lusso della democrazia ma semmai un abuso di potere che non ha giustificazione ne' utilita'.  Io eliminerei anche il quorum, per non incoraggiare come ora l'astensionismo di comodo. Per quanto capisco, una volta che il referendum abolisce una legge, nulla vieta che la maggioranza al governo la approvi nuovamente con lo stesso testo, anche per decreto se lo ritiene opportuno, oppure italianamente la modifichi senza cambiare la sostanza come avvenuto per il ministero dell'Agricoltura. Non mi sembra che le maggioranze responsabili di queste azioni siano mai state punite dagli elettori, anzi mi sembra che chi ha avuto il potere abbia saputo scegliere bene quando incassare e accettare il responso del referendum (divorzio, aborto) e quando farsene beffa.

Da Repubblica. Da quel che mi è dato capire questa non non è ancora la posizione ufficiale del partito. Non capisco perché i dirigenti PD siano così cauti, sembrano quasi in preda a una sindrome da moscezza. O forse stanno facendo calcoli furbissimi che io non capisco.

la seconda che hai detto

comunque la proposta del giorno è di abbinare il referendum ai ballottaggi, il che mi pare un gran bell'esempio di ipocrisia efficientista

 

Outing di Franceschini, in favore dell'accorpamento.

RR

Franceschini nell'intervento segnalato da Renzino propone di:

 

Votare per elezioni e referendum nella stessa data in modo da risparmiare 400 milioni da destinare alla sicurezza e assumere 5000 uomini nelle forze dell'ordine.

 

Con questa affermazione Franceschini mostra di ignorare una regola basilare dell'economia e dell'amministrazione non dico di uno Stato ma anche di un'azienda individuale o di una famiglia: non si possono finanziare spese correnti di lungo periodo (ad es. per pagare gli stipendi di 5000 nuovi poliziotti per 20-30 anni almeno) con entrate (o presunti risparmi, in questo caso) che sono eccezionali e temporanee.

Mi domando se nella famiglia di Franceschini si usi accendere un mutuo trentennale per comperare una casa in centro di Roma se per caso vincono al Lotto una cifra sufficiente a pagare la prima mensilita' o il primo anno. Presumo che non siano cosi' irresponsabili. Ho l'impressione invece che Franceschini non abbia timore di fare proposte economicamente irresponsabili quando a pagare sono i contribuenti italiani, attraverso lo Stato, e/o quando al governo c'e' l'opposizione, per fare pura demagogia alla ricerca di facile consenso. Poi e' probabilmente segno dei tempi che la sinistra si riduca a invocare maggiore spesa statale per assumere poliziotti quando imperversa una crisi economica formidabile che suggerirebbe ben altro genere di intervento statale.

Curiosamente, Franceschini sembra molto convinto della serieta' della sua proposta, tanto da affermare:

 

Sono certo che la maggioranza ci accuserà di demagogia come fanno per tutte le nostre proposte, ma noi presentiamo numeri precisi.

 

 

Ho l'impressione invece che Franceschini non abbia timore di fare proposte economicamente irresponsabili quando a pagare sono i contribuenti italiani, attraverso lo Stato, e/o quando al governo c'e' l'opposizione, per fare pura demagogia alla ricerca di facile consenso.

Alberto, stai descrivendo una caratteristica generale della politica itagliana, mica un'uscita estemporanea di Franceschini.

Se non fosse così, non avremmo un debito pubblico al 110% del PIL (e perdippiù servizi/beni pubblici così mosci, aggiungiamo).

RR

quoto integralmente Renzino. Ben detto. La demagogia paga elettoralmente in modo incredibile (sarebbe fisiologico in tempi di crisi, ma da noi il problema è endemico). Mi sa che su NFa non c'è tanta gente che vincerà le elezioni, almeno in Italia.

Fino a metà anni 90, non ci si poneva mai il problema di far fallire il referendum, persino Berlusconi mise in campo tutta la sua forza di fuoco per arginare il referendum che avrebbe limitato l'uso della pubblicità nel prime time, non per parlo fallire, ma per convincere gli italiani che era bello guardare un film con le interruzioni pubblicitarie. E quello se volete si poteva davvero interpretare come il primo vero segnale di una resa senza condizioni del sistema paese al mago di Arcore. Quanto al discorso sul quorum, una bella riforma sarebbe quella di legare il quorum all'affluenza delle ultime politiche. Ovvero nel corso di una legislarura X, ciascun referendum abrogativo, per essere valido, deve ottenere deve registrare un'affluenza del 50% dei votanti delle ultime politiche. In questo modo chi si chiama fuori dalla discussione politica con l'astensione, ne rimane sempre fuori per tutta la durata legislativa. E' quanto per esempio vige in Toscana per i referendum regionali. Altrimenti i referendum rimarranno sempre una presa per i fondelli, uno spreco di energie e risorse, fisiche e nervose.

Non riesco a capire perché le soluzioni proposte debbano essere per forza tali da complicare il problema. Il 50% dei votanti alle ultime elezioni? Ma perché? E allora perché no il 50% degli abbonati RAI, o il 50% dei cittadini con l'uno o l'altro titolo di studio, o il 50% dei residenti nei centri storici?

Per il referendum confermativo delle modifiche costituzionali non è previsto nessun quorum. Se un quorum non è necessario per modifiche costituzionali perché deve esserlo per leggi ordinarie?

Non vedo perché non puntare ad una soluzione semplice semplice: chi non vota per i referendum non è interessato all'argomento, quindi delega gli interessati, siano essi tanti o pochi, e ne rispetta le decisioni.

Adesso che la frittata referendaria è cotta quasi a puntino, è apparso su Italia Oggiun articolo a firma del direttore Franco Bechis che contesta i numeri de lavoce.info, sostenendo che in realtà i maggiori costi dovuti all'accorpamento dei referendum con i turni di ballottaggio delle amministrative anziché con le europee ammontano ad appena 100 milioni di euro.

Le sue argomentazioni mi hanno lasciato molto perplesso, ma forse sono io che sbaglio a prestare tanta attenzione ai sunk costs. Che idea ve ne siete fatta?

Franco Bechis ha in parte ragione in parte torto. Ha ragione nel sostenere che gli amici della Voce abbiano probabilmente sovrastimato i costi indiretti. Una cosa che mi ha dato fastidio per esempiò è l'ipotesi che il numero di elettori nel referendum sia lo stesso del numero degli elettori alle politiche. Gli altri calcoli (la produttività persa degli scrutatori e presidenti di seggio, il costo di dover trovare una sistemazione ai bambini che non possono frequentare le scuole occupate dai seggi) sono un po' estratti dal cappello ma non completamente irragionevoli. 

Bechis ha torto nell'affermare che i costi indiretti dovuti alla perdita di tempo dovuta dal recarsi al seggio non siano costi, così come nel fatto che il "costo privato" di trovare una sistemazione ai bambini sia meno meritevole di considerazione dei costi pubblici diretti, e così via. Un ottimo esempio della scarsa cultura economica del nostro giornalismo. Infine, Bechis sostiene che i costi diretti si limitino a 100 milioni, senza indicare precisamente la fonte del suo calcolo, al contrario della Voce. In mancanza di ulteriori precisazione, do per buona la stima della Voce, che sostiene peraltro si tratti di una sottostima. 

In sintesi, direi che vanno contati sicuramente i 200 milioni di costi diretti, ai quali andrebbero aggiunti costi indiretti in misura considerevole che, anche se fosse la metà dei costi stimati dalla Voce, sarebbe di notevole e non ignorabile importanza. 

 

 

L'argomento che svolge e' tutto in negativo e non propone un'alternativa al referendum, questo e' vero. Pero' l'argomento mi sembra corretto. Mi sbaglio?

 

Se qualcuno fosse stato indotto a pensare che il referendum sulla legge elettorale del 21 giugno dà più potere ai cittadini e meno ai partiti, si sbaglierebbe di grosso. Il risultato del referendum, qualora raggiungesse il quorum e vincessero i Sì, esproprierebbe ancor più i cittadini del diritto di eleggere i propri rappresentanti.
Se qualche altro ritenesse che, dopo il referendum, il Parlamento dovesse intervenire per cambiare la legge elettorale, prenderebbe un altro abbaglio, perché il risultato della prova referendaria è, come si dice, “auto-applicativo”, in quanto la legge che ne scaturirà sarebbe del tutto funzionante.
Se una terza persona sperasse con il referendum di avviare l’Italia al bipartitismo perfetto, si ingannerebbe ancor più perché con i marchingegni elettorali non si cambia il sistema politico. La vicenda del Popolo della Libertà, in positivo, e quella del Partito Democratico, in negativo, lo provano a sufficienza.
La verità è che questo referendum è un imbroglio. Perché oggi, in Italia, la cosa più importante in materia elettorale è di restituire ai cittadini il potere di eleggere i propri rappresentanti, come in ogni decente democrazia, facendola finita con le liste bloccate preparate da pochi cacicchi di partito.
Quel che propone il referendum è, invece, l’opposto: da una pessima legge, definita “porcellum”, si passerebbe a un “superporcellum”, ancora più sprezzante degli elettori. Oggi il premio di maggioranza è attribuito alla coalizioni di liste che ottengono più voti. Domani, se il referendum passasse, lo stesso premio sarebbe attribuito all’unica lista che ottiene più voti, indipendentemente dalla percentuale.
Oggi, con il sistema attuale, il Parlamento è nominato da una decina di capipartito che compilano le proprie liste elettorali scegliendo i loro amici e affini. Con la vittoria del Sì al referendum il capo dell’unico partito vincente, leggi Berlusconi, nominerebbe la maggioranza assoluta della Camera, ovvero 346 deputati su 630 (55%), acquisendo legittimamente il potere di fare il bello e il cattivo tempo senza contrappesi.
E’ ovvio che il leader del Popolo della Libertà abbia dichiarato che andrà a votare secondo il proprio interesse per il Sì. E’ più difficile comprendere perché mai Dario Franceschini voglia mobilitare il Partito democratico nella stessa direzione al punto da suscitare molteplici e vigorose reazioni.
Da parte mia mi asterrò per fare fallire questo referendum, inutile o dannoso. Sono consapevole che l’astensione è un’arma impropria che non bisognerebbe mai usare in democrazia. Ma questa volta è proprio nel nome della democrazia che non voglio contribuire a peggiorare ancor più un pessimo sistema elettorale.

Massimo Teodori, Editoriale “Il Tempo”, 13 maggio 2009

 

Lo è solo parzialmente. Il referendum, è vero, non produrrà una buona legge. In questo senso è già fallito, indipendentemente da come andrà il voto, visto che l'intento principale era quello di stimolare una riforma in senso maggioritario da farsi in Parlamento. Questa riforma non si è fatta e non si farà. Non è però vero che la legge che ne uscirà sarà particolarmente peggio di quella attuale, anche se lo scomposto agitarsi di Lega e nanetti vari potrebbe indurre a crederlo. Prometto un pezzo a breve sulla questione, nel frattempo consiglio la lettura di Donato de Sena su Giornalettismo.

 

L'argomento che svolge e' tutto in negativo e non propone un'alternativa al referendum, questo e' vero. Pero' l'argomento mi sembra corretto.

 

Premessa: il referendum include diversi quesiti, Teodori come praticamente tutti discute un unico quesito, quello del premio di maggioranza al partito con piu' voti invece che alla coalizion.

Riguardo quel quesito, sono d'accordo con Teodori che e' corretto o disertarlo o votare no, perche' la modifica proposta alla legge elettorale e' stupida e nociva. Considerato il comportamento e il noto acume degli elettori italiani, l'opzione piu' efficace e' probabilmente disertarlo.

Sono meno d'accordo con il ragionamento di Teodori, che presume che in presenza della nuova legge elettorale tutto rimanga come ora e non nascano pochi gg. prima dell'ultimo termine utile "partiti" fittizi in tutto e per tutto analoghi alle coalizioni che si sono presentate ultimamente, e che quindi non cambi sostanzialmente nulla rispetto al passato.  L'esempio del PDL e' illuminante: un partito creato poco prima delle elezioni con un accordo di vertice e candidature decise in base a quote sempre decise dai vertici, un partito che ha fatto il suo primo congresso dopo le elezioni ma avrebbe anche potuto sciogliersi appena proclamati gli eletti, senza alcuna conseguenza.

I proponenti e chi appoggia il referendum sono sicuro stanno sperimentando qualche piccola angoscia dopo che Berlusconi e Fini hanno invitato ad andare a votare e a votare si', e dopo che Berlusconi ha chiarito che in caso di vittoria del quesito referendario non ci sara' alcuna modifica alla legge elettorale risultalte (che conviene al PDL).  L'obiettivo referendario dei proponenti era quello di abolire la legge elettorale proporzionale con premio di coalizione e possibilmemente arrivare ad una legge con seggi uninominali e bipartitismo.  Non essendo cio' possibile con un referendum abrogativo hanno proposto alcuni tagli chirurgici allo scopo di raccogliere il fronte piu' vasto di oppositori alla legge elettorale vigente: uno di tali tagli, quello del premio al partito invece che alla coalizione vincente, e' a mio avviso assolutamente stupido e nocivo e depone sfavorevolmente sull'intelligenza dei proponenti.

Sarebbe molto piu' utile piuttosto parlare degli altri quesiti referendari. Se non sbaglio, c'e' la proposta di vietare le candidature multiple, che e' una proposta estremamente valida. Scommetto pero' che ne' SB ne Fini la appoggiano, e probabilmente neanche Di Pietro (che si presenta in tutte le circoscrizioni europee).