FARE, un partito territoriale

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I risultati elettorali evidenziano un particolare che già trapelava dai sondaggi: FARE ha una forte connotazione territoriale. Si suggerisce che questo sia dovuto al programma. 

 Dalle percentuali di voto di Fare per Fermare il Declino risaltano delle forti divergenze regionali. Questa la mappa e la tabella (con voti e percentuale) dei risultati regionali in ordine decrescente:

 

La differenza tra Calabria e Veneto è considerevole, e sarebbe un errore amalgamare questi risultati regionali come pressapoco tutti uguali al di sotto del 2%. FARE si è rivelato un partito lombardo-veneto, se consideriamo i risultati al di sopra dell’1,5%, o per essere più cattivi un partito padano, se guardiamo ai risultati al di sopra dell’1%. Le regioni dell’arco appenninico hanno dato risultati al di sotto dell’1%, e in calo più si abbassava la latitudine.

FARE non ha avuto il risalto televisivo di altre forze politiche, ma in ogni caso ha avuto una certa esposizione mediatica sulla stampa e sulle televisioni nazionali in maniera omogenea per tutto il territorio italiano. Anche gli altri fattori avversi dell’ultima settimana di campagna hanno avuto un impatto uniforme su tutto il bacino elettorale. Come spiegare quindi il risultato cosi' eterogeneo sul territorio nazionale? 

Non credo proprio che la colpa sia dell’accento veneto di Michele Boldrin.  La distribuzione territoriale di voti puo' senz'altro essere dovuta più ad una elevata concentrazione di iscritti e di attività (come serate di presentazione, gazebo, ecc..) su alcune regioni. Anche se questa attività è probabilmente in buona parte determinata a sua volta dagli effetti che essa genera: i Fondatori parlavano dove erano chiamati a farlo, cioè dove piu' fertile era il loro messaggio. 

Ma la principale ragione per cui FARE ha ottenuto risultati con così elevata divergenza regionale è, a mio avviso, il programma elettorale, che è appetibile per l’elettore mediano di alcune regioni e avverso per quello di altre. I punti principali del programma di FARE consistono nel diminuire la pressione fiscale e la spesa pubblica, che è l’unica politica fiscale ragionevole per uno stato sull’orlo del collasso come quello italiano. Non si tratta di una politica di destra o di sinistra, ma dell’unica ricetta per garantire uno spiraglio di crescita (tramite la diminuzione di tasse) finanziandolo nell’unica maniera possibile (dato che siamo arrivati al capolinea dell’indebitamento). Casomai, l’attuazione di questa politica fiscale vincente poteva prendere una connotazione ideologica o redistributiva a seconda di che spesa pubblica e che tasse si tagliavano. Per quanto sia l’unica ricetta seria, questa si infrange inevitabilmente su uno scoglio elettorale.

Promettere meno tasse e meno spesa pubblica è appetibile per gli elettori che vedono la propria attività soffocata dalla pressione fiscale più elevata al mondo, e che non percepiscono abbastanza vantaggi dalla spesa pubblica. Viceversa, gli elettori che ricevono più vantaggi dalla spesa pubblica, e che sono indifferenti alla pressione fiscale, possono percepire il programma di FARE come un pericolo al loro benessere.

Ogni regione ha naturalmente un mix di persone che danno più di quanto ricevono e viceversa, ma la distribuzione è eterogenea regione per regione. Da quanto trapela dai residui fiscali regionali, la politica fiscale di FARE dovrebbe essere più appetibile per una maggioranza di elettori nelle regioni con residuo fiscale positivo, dove l’elettore mediano paga allo stato più di quanto riceve come servizio pubblico. Grossomodo, facendo uno scatter plot delle percentuali prese da FARE e il residuo fiscale pro capite, non sorprende notare la presenza di una certa correlazione.

 

Residuo Fiscale pro capite calcolato da Entrate e Spese dei CPT
http://www.dps.tesoro.it/cpt/cpt.asp

 

Ora, una volta scavalcati gli ostacoli organizzativi e mediatici, che prospettive ha un partito italiano con un programma come quello di FARE? A mio avviso rimarrà lo scoglio territoriale che ha trovato la Lega. I contenuti saranno anche più studiati e presentabili, ma permane il problema di fondo dovuto alla situazione eterogenea dell’elettorato. Al massimo FARE potrà ambire a rappresentare una maggioranza degli elettori del lombardo-veneto, ma con questo programma sarà sempre una minoranza nel contesto parlamentare romano, rendendo l’esecuzione del proprio programma difficilmente realizzabile.


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Commenti

Ci sono 130 commenti

Quindi ci stai dicendo che abbiamo superato il punto in cui i "beneficiati" superano i "benefattori". Ossia chi lavora nel privato e paga imposte vere e non figurative è orami una minoranza che viene e verrà comunque schiacciata da una maggioranza di elettori. E' altamente probabile che non sia poi tanto lontano dal vero. And so? Esiste ancora una prospettiva di uscire da questa trappola?

Secondo me si.

L'attuale programma è spiegato in modo troppo tecnico e senza una vera spiegazione degli intenti.

Spesso le persone si chiedono: "Con queste cose, io ci guadagno o ci perdo?"


Servirebbe almeno un'introduzione dove si spiega che l'obiettivo non è "fare gli interessi di qualcuno", ma lavorare tutti insieme sul lungo periodo.
A quel punto diventa più facile capire che ognuno deve mollare il suo piccolo osso per poter acchiappare la gallina.
;)

 

Abbiamo superato il punto in cui i "beneficiati" superano i "benefattori".

 

Di gran lunga. Dal punto di vista della percezione individuale il numero dei "beneficiati" lo stimo al 80-90%.

Bisogna tener conto che nel circo mediatico italiano si cerca di raccontare agli elettori favole come quella che sanita' e pensioni sono "regali" dello Stato ai suoi sudditi, e non sono per nulla servizi statali pagati mediamente da loro stessi, dove l'intermediazione dello Stato comporta. in sostanza, grandi sprechi  per consulenze, politici incompetenti strapagati, corruzione, tangenti, e ad un servizio razionato e di scadente qualita'. L'elettore italiano medio non ha l'alfabetizzazione economica sufficiente a non essere influenzato da queste favole.

Se consideriamo invece la realta' economica, secondo me solo il 25% circa dell'economia italiana opera in regime di effettiva concorrenza internazionele, e soffre senza sconti l'enorme pressione fiscale imposta, il restante 75% dell'economia e' composto da statali, dipendenti di grandi industrie statali o private ma assistite e protette dallo Stato, e una pletora di impiegati e professionisti "tutelati" dallo Stato contro la concorrenza sia internazionale sia interna italiana.

Con una riforma decente dello Stato ci sarebbero vantaggi per l'80-90% dei cittadini, anche la netta maggioranza dei "tutelati" e assistiti, e svantaggi sostanzialmente per l'alta dirigenza dello Stato, politici, e grandi industriali privati assistiti. Ma mentre il 25% degli italiani direttamente esposti alla concorrenza e al mercato puo' fare i conti facilmente e capire quanto nocivo e fallimentare sia lo Stato italiano per la loro attivita', specie nel confronto col nord-Europa, il  ~10% di italiani che naviga nell'oro del bilancio pubblico ha comunque invischiato una solida maggioranza di elettori italiani nella sua ragnatela di corruzione, pensioni di invalidita' false, evasione fiscale tollerata, posti statali con bassi stipendi ma possibilita' di andare a fare la spesa in orario d'ufficio, spazzini e portantini di ambulanza assunti per non far nulla perche' mancano perfino le ambulanze e i camion per farli lavorare, e mille altri sprechi statali. Questo ~65% di "invischiati" si aggiunge al 10% di quelli che grazie allo Stato navigano nell'oro facendo un 75% di contrari ad ogni riforma seria. Per riformare il sistema prima dell'inevitabile fallimento ci vuole un mezzo miracolo.

 

Al massimo FARE potrà ambire a rappresentare una maggioranza degli elettori del lombardo-veneto, ma con questo programma sarà sempre una minoranza nel contesto parlamentare romano, rendendo l’esecuzione del proprio programma difficilmente realizzabile.

 

Concordo.

La mia esperienza personale, seppur aneddotica, mi porta a fare riflessioni diverse.

Tutti i Siciliani e Calabresi che conosco che avevano deciso o erano inclini a votare Fare hanno cambiato idea dopo l'affaire Giannino, ed hanno compattamente votato per il M5S. Molti tra questi erano ex Berlusconiani pentiti, tutti laureati, per i quali il discorso sulla meritocrazia risuonava parecchio. Una nota importante: non ho ancora discusso con alcun diplomato, o con titolo di studio più basso, che abbia avuto in qualsiasi momento intenzione di votare per Fare.

in effetti secondo me oltre all'aspetto del residuo fiscale non vanno trascurati altri fattori:

 

- il programma di FID è articolato e complesso, e la sua appetibilità è condizionata alla comprensione di alcuni concetti economici di base; i risultati ottenuti potrebbero riflettere (anche) una maggiore o minore alfabetizzazione media (mi vengono in mente i dati che spesso ha riportato alberto lusiani)

 

- la campagna elettorale di FID, almeno a questo giro, si è svolta principalemente usando il web come catalizzatore: sarebbe interessante confrontare i risultati con dei dati (se ne esistono) sull'alfabetizzazione informatica, o sull'uso del web come mezzo di informazione rispetto ai media tradizionali

 

- se queste ipotesi hanno un senso, una maggiore presenza "fisica" di FID sul territorio (gazebo, comizi ecc) nelle regioni meno "raggiungibili" dal programma, avrebbe potuto mitigarne l'effetto

 

my two cents..

per favore, a fare distinzioni territoriali seppur basate su dati oggettivi. Quasi sicuramente queste idee hanno più terreno fertile in Lombardia e Veneto, in primis, ciò, non esclude che le si possa esportare anche in altre zone con più tempo e maggior impegno. Come non mi sognerei di aderire alla Lega Nord cosi credo di non avere valide alternative al manifesto di FilD al quale ho aderito, dal Sud, da subito.

Essendo io uno dei coordinatori di FARE in Campania, per di più l'unico napoletano, sono il responsabile del disastro campano, ma ancor più napoletano.

Sono giorni che mi interrogo sui motivi del disastro, su quei 1.500 voti presi a Napoli città. Un dato mi ha lasciato perplesso: abbiamo su Napoli città 700 aderenti, vuol dire che abbiamo preso il voto dell'aderente e del compagno/compagna al massimo, mentre le indicazioni che avevo erano diverse. Non so quanto abbia pesato l'affaire Giannino, sta di fatto che il sabato e il venerdì precedente avevavamo fatto due gazebo in città con risultati più che soddisfacenti, rispetto ai gazebo per le firme, dove non ci filava letteralmente nessuno. Ho sicuramente la colpa di non aver saputo gestire il contraccolpo psicologico sugli aderenti (molti incavolati neri con mail di fuoco), poi il fatto di essere sostanzialmente solo nella gestione del territorio, con compiti anche in DN, che non ha aiutato, visto che ho passato il mercoledì prima del voto a Roma, e il giovedì e il venerdì al telefono con le persone che "volevano sapere". Ma sono scuse: la realtà dei fatti è che l'operazione culturale di FARE è sicuramente più veloce nei territori dove esiste una sensibilità sull'argomento "tasse", e richiede più sforzi altrove, ma un programma complesso andava reso intellegibile con pochi slogan ripetuti ovunque, la strategia comunicativa si è invece incentrata sulla figura di Oscar Giannino portato in tournee come la Madonna Pellegrina. Da qui poi il crollo dei consensi generati dall'errore comunicazionale (che rimaneva, Oscar è venuto una sola volta a Napoli).

Non parlerei di "partito territoriale", ma di un partito che ha bisogno di slogani chiari e convincenti.

Non capisco la delusione post elettorale. Che cosa vi aspettavate, considerando i tre mesi di vita e il devastante effetto Giannino?

Nelle sue prime elezioni regionali, il m5s nel 2010 fa in Lombardia 2.33%, Piemonte 3.67%, Veneto 2.58%, Campania 1.33%, Emilia Romagna 6%, Molise(2011) 2.27%. Credo che Fare possa arrivare tranquillamente all'8-10% in due-tre anni e risultare decisivo.

Non discuto i dati e l'analisi, interessanti ed utili, ma credo che se nell'immediato l'interesse per fare si è concentrato nelle aree più produttive del paese, questo non toglie ce i 10 punti costituiscono anche una piattaforma essenziale per disegnare potenzialità di sviluppo nel resto d'Italia. I 10 punti sono una sintesi estrema presentata nei tempi e nei modi che la ristrettezza dei tempi e delle risorse ha consentito al netto di disavventure. Ricominciando a fare sul serio, è ovvio che dai sintetici 10 punti si potrà passare ad argomentazioni più analitiche ed articolate impostando appropriatamente il messaggio e veicolandolo con i corretti camali.

 L'analisi mi sembra del tutto corretta. Al di là di una correlazione del voto con il reddito pro capite, si può immginare: una correlazione con il livello di istruzione, oppure con il tipo di economia dominante nella regione. Se si tratta di economia a base imprenditoriale, e quindi competitiva, oppure burocratico-clientelare. Forse, si può invocare un aspetto squisitamente culturale: nel sud-Europa si è portati a considerare sempre lo stato come dispensatore di benefici e di lavoro: mentre nella cultura del nord europa è l'individuo l'artefice del proprio destino.  Ritorna sempre la "questione meridionale", che si specchia in una "questione settentrionale". 

Non concordo completamente con il post. Escludo che - per esempio - in tutta la Puglia non ci siano più di 8.000 persone attratte dal programma di FARE. E' sbagliato pensare che al centro-sud vivano esclusivamente di Stato. La gente però è più sensisbile alle parole di un leader che non alle analisi economiche o ai tweet di @fare2013. Occorre un leader: uno solo, a tempo pieno, popolare. E ci vuole tempo per creare consensi sul territorio.

Vorrei solo fare presente che quanto è emerso dall'approfondito studio di Pizzati era evidente anche prima dell'allontanamento di Giannino. Sul sito di Fare, avevo già posto il quesito di come mai Fare non era affatto presente in alcune (molte) regioni del sud dell'Italia, o almeno non se ne parlava proprio! A mio giudizio, c'é da aggiungere all'attenta analisi economica e fiscale fatta, anche e soprattutto la completa assenza di un obiettivo strategico da raggiungere. Un qualcosa di facilmente identificabile che possa essere di stimolo anche ai meno interessati. Per esempio: Grillo si è concentrato sulla ricostruzione di un'Italia più "umana, solidale e ecocompatibile". Io, per Fare, avevo suggerito, visti i deludenti risultati riscontrati oltre che nella politica economica, di guardare a un''Europa Federata" (Costituzione già bocciata dai referendum nel 2009, interamente da riscrivere), come modello da riformare per avere un'unica immediata politica economica, estera e di Sicurezza Nazionale, unitamente a un unico modello di welfare, fiscale, ecc ecc da perseguire. Nella sostanza, agli italiani non basta fornire solo gli obiettivi economici. Giustamente, per la maggioranza di noi c'è bisogno di qualcosa di più tangibile. FG

 

 i Fondatori parlavano dove erano chiamati a farlo, cioè dove piu' fertile era il loro messaggio.

 

un accidente, pardon my French: i leaders dovevano impegnarsi a dare visibilità alla vostra proposta dove era più debole, perché anche dove eravate più forti la percezione di votare per un partito conosciuto a livello nazionale (il principio per cui nella pubblicità dei libri mettono "nationwide bestseller") avrebbe favorito le intenzioni di voto. (per dire, io alla regione Lazio avrei pure potuto votarvi facendo un voto disgiunto per Zingaretti presidente, ma non sarebbe servito a niente e non c'erano indicazioni vostre in proposito. )

 

 

 Promettere meno tasse e meno spesa pubblica è appetibile per gli elettori che vedono la propria attività soffocata dalla pressione fiscale più elevata al mondo, e che non percepiscono abbastanza vantaggi dalla spesa pubblica. Viceversa, gli elettori che ricevono più vantaggi dalla spesa pubblica, e che sono indifferenti alla pressione fiscale, possono percepire il programma di FARE come un pericolo al loro benessere.

 

mi sa che il marxismo, anzi l'economicismo volgare, cacciato dalla porta ritorna dalla finestra. La correlazione tra posizione/ status socioeconomico e voto è troppo rigida.

Gli elettori che ricevono più vantaggi dalla spesa pubblica, e che sono indifferenti alla pressione fiscale  : quale potrebbe essere l'identikit? Un dipendente pubblico di livello medio-basso senza proprietà immobiliari e possibilmente single? Cioè uno che dell'aliquota marginale dell'IRPEF se ne frega perché tanto il suo reddito non ci arriva, non paga l'IMU, che non ha magari una moglie che perde il lavoro nel settore privato o un figlio disoccupato che non può avviarsi una attività in proprio? E per di più, anche stupido, perché comunque se lo stato fa default, perde il reddito.  Lo so, è una caricatura.




" La distribuzione territoriale di voti puo' senz'altro essere dovuta più ad una elevata concentrazione di iscritti e di attività (come serate di presentazione, gazebo, ecc..) su alcune regioni. Anche se questa attività è probabilmente in buona parte determinata a sua volta dagli effetti che essa genera: i Fondatori parlavano dove erano chiamati a farlo, cioè dove piu' fertile era il loro messaggio."

 

 

Mi permetto di dissentire in parte.

La distribuzione dei voti rispecchia (decimale più - decimale meno) il numero degli aderenti per milione di abitanti.

C'è da dire che i fondatori si sono spesi enormemente in alcune aree (Lombardia, Veneto e, in parte Emilia) e molto meno in altre.

Io posso parlare per le Marche, qui da noi i fondatori  non sono venuti non perchè non c'era richiesta dai comitati o disponibilità a organizzare eventi, ma, banalmente, perchè considerati, a torto o a ragione, periferici.

In pratica abbiamo avuto solo Giannino e Stagnaro il 21 dicembre e Boldrin un'altra giornata, oltre Sandro Brusco a frittata ormai fatta ossia, il 22 febbraio.

Con questa minima copertura di "pezzi grossi" siamo riusciti comunque a portare a casa l'1,05%.

Probabilmente con almeno un fondatore a settimana, come avveniva in Veneto o Lombardia anche noi avremmo ottenuto di più.

Senza pretese di chiamarlo studio, ma mi pare che anche considerando sia il tipo di cultura dominante nei paesi europei, sia il tipo di immigrazione italiana ivi presente, l'ipotesi di Lodovico continui a reggere, con alcuni caveat, primo fra i quali l'immagine che ha Monti all'estero, ovvero quella del liberale riformista che scriveva ottimi editoriali sul Corriere, completamente diversa da quella che si è guadagnata sul campo in un anno di premierato italiano. L'idea dello statalista, completamente allineato al tassa-e-spendi tradizionale italiano, è assente dai giornali, sia italiani, sia esteri.

 

La dicotomia "business oriented" vs. "state oriented" è, a mio avviso molto ben esemplificata dalla distribuzione di voti nel Benelux, e in particolare con il confronto Belgio/Olanda, mentre l'aspetto brutalmente fiscale è illustrato dal nostro record a Monaco, che, tristemente, è anche il luogo dove fa il record il Pdl.

 

LUOGOFAREM5SPDMONTIPDLSEL%TOTVOTANTI
MONACO5,99%11,29%9,90%27,30%42,32%0,80%54,54%3035
SAN MARINO3,75%36,38%26,72%11,73%16,49%2,19%75,21%6426
LUSSEMBURGO3,26%11,31%36,45%28,88%13,24%3,09%40,10%7624
REGNO UNITO3,09%16,96%25,59%25,04%17,48%3,81%28,30%48928
DANIMARCA2,86%29,40%28,88%18,28%7,80%5,85%40,94%1635
PAESI BASSI2,47%20,14%28,27%26,74%10,33%4,86%31,40%8846
AUSTRIA2,23%17,57%30,55%31,02%8,88%6,28%43,32%6742
SVEZIA2,21%20,00%29,31%25,33%7,16%6,87%41,29%3312
SPAGNA1,83%21,79%22,81%25,33%12,72%7,58%24,32%23286
SVIZZERA1,71%13,71%34,18%26,09%17,32%2,25%36,66%162250
FRANCIA1,29%8,91%29,56%34,37%13,24%4,48%26,92%82545
BELGIO1,03%7,84%34,87%27,20%18,65%3,58%22,63%47662
        
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         
         

 

 

 

mentre l'aspetto brutalmente fiscale è illustrato dal nostro record a Monaco, che, tristemente, è anche il luogo dove fa il record il Pdl.

 

Capisco il "tristemente", ma l'elettorato cui Fare può puntare, subito dopo quello di Monti, è quello del PDL.

Certo si possono prendere voti anche al PD ma, tendenzialmente, le soluzioni proposte da Fare

dovrebbero avere molto più appeal per l'elettorato di riferimento del PDL, intendo la parte meno becera, perchè il pensionato che va in posta per riavere l'IMU e l'imprenditorino disperato perchè hanno messo il limite del contante a 1000 euro, non sono alla portata.

Manca la Russia, dove di sfuggita ho notato piu' del 4%.

Che dire? non c'è interesse fiscale diretto, niente RAI e Mediaset a dire e non dire, niente gazebo, e comizi moscoviti, eppure all'estero le % sono decisamente piu' alte, anche se non ouvunque. Sarà veramente un effetto Giannino? All'estero praticamente tutti avevano già votato, chiuso e spedito le buste quando è scoppiato cio' che sappiamo.

Ma torniamo a voto italiano. Una forte connotazione territoriale in Italia è un fatto comune a tutti i partiti. Il gradiente Nord-Sud per esempio era caratteristica anche del PDS e di Rifondazione Comunista. Quasi identico a quello di FARE e reciproco rispetto a quello dell'allora Casa delle Libertà (qui qui e qui alcune mie mappe a granularità provinciale fatte una decina di anni fa).  C'erano motivi fiscali? Non lo so. Vedo solamente che tutti i partiti hanno una sorta di impronta digitale territoriale, visibile soprattutto con una granularità fine.  Non mi meraviglia che anche FARE abbia la sua impronta ed essa ci dice dove abbiamo conquistato consenso.

Mi pare che questo voti siano stati espressi prima dell'affaire Giannino. Quindi direi che in realta' non abbiamo mai avuto speranze di raggiungere il 4%, neanche se non fosse successo nulla.

Bella figuraccia.

Cari maschietti, ma vi siete dimenticati che esistiamo anche noi AIRE? non siamo mica italiani di serie B siamo cittadini uguali uguali. 

Se prendete la briga di andare sul nostro portale di riferimento vedrete che la circoscrizione nord americana ha portato a casa la stessa percentuale del primo della vostra classifica, se non maggiore come mi riferisce il mio candidato Giorgio Mosconi. La teoria di questo articolo quindi viene smontata avendo noi meno risorse oggettive (150 firme raccolte su due continenti non due regioni) per poter arrivare ad avere il simbolo sulla cartella elettorale. A mia conoscenza so che siamo riusciti a raccogliere soldi solo a DC, Washingotn DC nella somma di 1,700USD con la presenza in una casa privata di Alessandro De Nicola e che a casa di Zingales si sono riuniti in 100 ma non mi risulta siano stati raccolti soldi. Tutti i fattivi che io conosco sono rappresentanti di regioni italiane cosi' distribuite: Campania, Molise, Friuli,Lombardia, Liguria, Lazio,Veneto come vedete fisicamente siamo quattro gatti e non abbiamo nemmeno una mostruosa lista di e-mail perche' nessun consolato ci ha dato data base utilizzabili via web. Quindi il risultato e' stato ottenuto sulla base della forza dei dieci punti del manifesto. Si potrebbe  convenire che siamo "istruiti" o come qui si vuol sugarcoated dire siamo alfabetizzati e informaticamente alfabetizzati...si, la generazione di emigrati moderni dell'epoca 2.0 e' provvista piu' di laurea che di valigie di cartone, ma quello che distingue il contingente AIRE nordamericano non e' tano la maggior scolarizzazione quanto la maggior offerta sul territorio di wifi e non sto scherzando. Avete mai provato, che so, fuori Roma o in campania fuori Napoli a capire quanto la telecom non offra ai cittadini la vera liberta' informatica? Questo vale anche per il veneto: avete mai chiesto fuori Vicenza in che modo sono messe le linee adsl? Non e' che la gente non e'  internet alfabetizzata: mancano le infrastrutture di base. Non e' che c'e' gente che non sa smanettare: non ci sono le line connesse. Marco esposito mi puo' aiutare in questo descrivendovi come viaggia internet  nel sud. Detto questo non vorrei che ora ci impelagassimo sul fatto che FARE e' una roba che va bene al nord perche' il sud..bla bala bla. Non abbiamo fatto bene perche' abbiamo fatto una cattiva stategia. PUNTO . Non abbiamo fatto bene perche' predicavamo la trasparenza e l'onesta' e poi fino a cinque giorni dal voto abbiamo , sapendo o non sapendo, coperto una bugia..VI RICORDO che fu tolto dalle liste uno della sicilia mica uno del nord. E chi vi parla e' friulana. percio' non facciamo dire ai numeri quello che non dicono 

Sono d'accordo con Marino Panzanelli e le megliori performans il partito le ha avute dove è stato più presente, dove è riuscito a far capire il messaggio.

Non è stato un problema di numeri ma di chiarezza di messaggio.

 

Avete pensato a quanti abbiano detto: "un altro partito... tanto ce ne sono pochi!!" e con questo si sono anche rifiutati di informarsi?

Entrare nella mente di chi ha abbandonato anche la possibilità o la voglia di andare a votare non è semplice. Solo la costanza ed il continuo insistere.

 

Grillo è riuscito perchè a "costretto" anche chi non ne voleva sapere ad ascoltarlo, a dedicargli anche solo un attimo, ma ha iniziato ad esistere ed è riuscito nel suo intento.

Premetto che storicamente in Italia i partiti "liberali" non hanno mai avuto dei grandi successi in termini di %, cionostante l'attuale situazione italiana e la scarsità di proposte concrete sul panorama politico avrebbero dovuto o potuto avvantaggiare i partiti più "seri".
Sarebbe interessante comparare i risultati del partito repubblicano o del partito liberale nei loro momenti migliori con i risultati odierni di FARE, sarei curioso di vedere cosa "viene fuori".

L'analisi su dati oggettivi è perfetta e molto interessante, tuttavia credo esistano dei fattori "umani" che in una esperienza così breve come FARE abbiano delle forti implicazioni purtroppo scarsamente misurabili. Cioè lo storico di FARE non posside dati sufficienti affinchè l'analisi possa ritenersi "completa" e "definitiva" e l'elemento "uomo" ha avuto localmente effetti molto diveri.

 

Ad esempio i risultati di FARE nelle province di PD, VI e TV risultano "migliori" rispetto a quella della provincia di Milano (cuore pulsante di FARE) e di molte altre province lombarde. Quindi perchè? È probabile gli uomini locali di FARE siano stati capaci di veicolare il messaggio meglio intercettando e soddisfando le necessità/dubbi dei potenziali elettori?

 

Sarebbe altresì interessante studiare e comparare i risultati della lista "SCELTA CIVICA CON MONTI PER L'ITALIA" (da sola non come allleanza -senza FLI e UDC) perchè in ogni caso era, tra tutti, la lista più vicina a FARE. Quindi perchè ha preso molti più voti? Forse perchè Monti ha avuto, nel bene e/o nel male, una visibilità superiore di FARE, perchè comunque era un personaggio diventato noto e perchè molti sanno egli abbia fatto quasi solo esclusivamente ciò che gli hanno permesso di fare altrimenti non avrebbe avuto l'appoggio della camera e del senato?

 

Last but not least c'è sempre da ricordare la psicologia dell'italiano medio: istintivamente gregario di "appartenenza" -più tifoso che critico ispirato-, tendenzialmente conservatore e un po' reazionario, che preferisce essere informato piuttosto che informarsi, pigro e demotivato, con scarsa fiducia nelle istituzioni e diffidenza per chi parla troppo "difficile" e/o ha troppi titoli.

Il percorso di FARE dovrebbe essere elaborato come una complessa strategia di marketing con un THINK GLOBALLY BUT ACT & FIT LOCALLY.

Cioè mantenedo fermi i capisaldi della proposta di FARE, la value proposition deve essere elaborata a seconda delle "necessità" del cliente (o della regione..) "snocciolandola" in termini e concetti di più facile assimilazione per gli interlocutori. Una specie di SOCIAL MARKETING LOCALE (non mi riferisco a social media ma proprio al sociale) dove l'informazione non deve essere solo "imposta" dall'alto in una unica direzione alto-basso ma anche, al contrario, ascoltando le necessità ed aspirazioni delle persone/interlocutori e rielaborando "l'offerta" (purchè all'interno della visione e proposte di FARE) in modo che essa divenga percepita come una loro proposta e che si identifichino in essa.

Solo allora certe evidenti differenze territoriali (e sociali) potrebbero essere superate perchè si è fatto leva sul naturale istinto di "appartenenza".

Cordialmente

 

Non ci avevo mai pensato a paragonare qualche partito da prima repubblica. Li pensavo tutti omogenei e statici elezione dopo elezione. Ho preso un anno a caso, il 1983, prima che Gianfranco d'Angelo imitasse Spadolini a Drive In, e con mia sorpresa esiste una distribuzione territoriale (con Valdaosta e Sicilia che fanno da eccezione). Ho dato un'occhiata al PLI e mi sembrava molto meno accentuata.

 

Note: 

 

(1) Toscana e Abruzzo, meta' della % presa dalla coalizione PRI-PLI; 

 

(2) Valdaosta, Calabria e Sardegna, un terzo della % presa dalla 

 

coalizione PRI-PLI-PSDI

Ragazzi stiamo facendo le pulci ad una compagine che ha raggiunto l'1% ma cosa vogliamo spremere! la realtà con cui mi confronto ogni giorno è molto più semplice:

1) prima delle elezioni Partito invisibile e nelle poche volte si è visto praticamente solo Giannino

2) Sputtanamento mediatico di Giannino

3) il giorno delle elezioni erano in bella vista i manifesti di FARE con il suddetto Giannino....

Non ci si deve aspettare che l'elettore medio si vada a leggere tutti i programmi, al massimo si limita a cavalcare qualche slogan ben congegnato.

Vi stupirà ma Il mio vicino di casa ha votato per Riavere l'IMU nonostante il farabutto che lo propone senza preoccuparsi del liberismo o quant'altro!

Il nostro bacino di utenza naturale è a destra e il signor B ha sfruttato alla perfezione i ns punti deboli.

Si potrebbe parafrasare .... questa è la campagna politica bellezza!

Rimbocchiamoci le maniche partendo dal basso, facciamoci vedere ovunque però mi spiace dirlo nonostante la competenza, fin quando ci sarà e si vedrà Giannino siamo e saremo deboli!

 

 

 Il perché delle differenze territoriali e' molto semplice: al Sud si e' instaurato una regime di stampo malavitoso non solo nelle regioni controllate dalla criminalità organizzata (da cui discende ad esempio il risultato della Calabria) ma anche nelle altre. 

E' solidamente impiantato un controllo sociale molto capillare per cui appena ti esponi pubblicamente (soprattutto in politica) diventi un bersaglio per le ritorsioni di cacicchi, sindacalisti, sindaci, politicanti vari e anche imprenditori che fanno comunque parte del sistema (o ne sono assoggettati).

Infine, le poche occasioni di relativa sopravvivenza economica sono legate ai contratti pubblici o ad un impiego pubblico. L'economia privata non esiste, come nella Yugoslavia titina. Quindi mettersi al di fuori del sistema e' un suicidio anche per un professionista. 

In sintesi un elettorato ricattato o complice (a seconda delle visioni) con un altissima tolleranza per l'illegalità (anzi direi una altissima propensione) convive e si specchia in un regime di stampo centro africano (degli anni 70) con una classe politica di qualità mediocrissima che passa da destra a sinistra a seconda degli interessi di chi deve appropriarsi dei soldi pubblici.

Se così fosse, da dove verrebbe il 30% di Grillo in Sicilia?

Secondo me, nessuno dei partiti alle lezioni è riuscito neanche a comprendere i macroproblemi del sistema Italia.
Forse perché sono così grossi che è più facile distinguerli a distanza.
O forse proprio perché è l'essenza stessa del "partito" che oscura la vista ai suoi componenti.

Provo ad elencarli:

- PARLAMENTARISMO (prevalenza del potere legislativo su quello esecutivo-leggere Maranini, Montesquieu, le costituzioni angolsassoni etc.): vedi attuale impasse.

- PARTITICRAZIA (derivante sia dal parlamentarismo, che dalla legge elettorale senza preferenze, che dalla legge sul finanziamento pubblico, che dalle modalità remunerative delle cariche elettive);

- INCOMPETENZA di chi esplica i tre poteri:
   - Legislativo: guardarsi un pò "striscia"
   - Esecutivo: nessun ministo ha mai avuto la minima idea di come funzioni il suo ministero.
   - Giudiziario: la maggiorparte dei giudici non prova neanche ad applicare "il diritto", bensì solo quella parte che gli viene indicata dagli avvocati - la parte con avvocato incapace è semplicemente fritta.

- INUTIILITA' DELLA COSTITUZIONE, non difesa né da sanzioni né da un presidente eletto in modo diretto né da distemi di democrazia diretta per gestirla, anzi violentata continuamente da una corte succube dei partiti, specialmente da uno.

- SOCIALISMO. Attività economiche pubbliche e monopoli di stato: lo stato "dottore" lo stato "insegnante", gli enti locali "banchieri" (per mezzo delle fondazioni), partecipanti (per lo più con maggioranza relativa o assoluta) in società le più disparate, finanziatori a pioggia di attività ad libitum (non ultima la stampa).

Mi sembra abbastanza, eh? Ma come mai nessun partito, in una campagna elettorale così accesa e variegata, li ha manco citati? Solo accenni vaghi e confusi a singoli fenomeni privi di contesto?

Forse perché ci manca un "movimento liberale senza sconti" che li descriva?

Allora, lasciamo che gli elettori arrabbiati continuino a menare colpi a vanvera (voto a Grillo) o proviamo a togliergli la benda?

"Dottore, dottore sto male, che medicina devo prendere...?"

Dott.: "Guardi, faccia così: faccia prendere al SUO VICINO DI CASA questo sciroppo disgustosissimo e questa suppostona gigante, vedrà che poi lei starà meglio.. " (il suo vicino, non so, ndr.)

"grazie grazie, dottore, lei è proprio un luminare" e il tizio se ne torno' a casa sua tutto contento.

A essere "onesti" c'è il rischio di dire a molti della PA, <<guarda non c'è un euro, da domani stai a casa.>>. Ecco, trovare qualcuno che ti voti perchè cosi' poi lo puoi licenziare è oggettivamente difficile, al di là di tutti i programmi elettorali.

Molto piu' efficace proporre la lozione per la calvizia a base di colla e peli..."vede, è ricomparsa la peluria, vedrà domani !"

 

dove si può raccogliere qualcosa anche con tempistiche ridicole e pessima organizzazione, non iniziamo a farci i soliti pipponi.

I Grillini hanno dimostrato che anche in Sicilia si può raccogliere tanto, perchè nonostante le percentuali più elevate di statalismo, c'è tanta imprenditoria che non ha più appalti di scambio perchè ci sono meno soldi da elargire.

In Sardegna abbiamo infatti anche un forte movimento spontaneo delle partite IVA e tra breve la piccola impresa sarà falcidiata in ogni regione.

 

Non è vero che non si possono raccogliere numeri in altre regioni del centro sud, è solo più difficile, anzi impossibile se non riesci fare internamente quello che professi venga fatto fuori, devi essere un esempio, come un  prototipo che applica internamente quello che vuoi industrializzare fuori.

 

E basta stare a inseguire qualsiasi elezione se non si raggiunge un livello minimo di decenza nella organizzazione, gestione del movimento e infrastruttura tecnologica di supporto (es. sistema di comunicazione multicanale inizialmente ad uso interno), e aggiungo più regole e loro applicazione e meno menate di codici etici e altri pipponi sulla comunicazione esterna, che tanto poi di comunicazione ne arriva a gogo, ma dalla direzione opposta appena fai le cose a ......

Credo che alcune ricette date da fare siano forse l'unica soluzione possibile per i problemi dell'Italia. Bisogna modulare il programma su base territoriale ed è questo il motivo per cui bisogna partire dal basso, perchè le persone sappiano proporre temi vicine all'elettore della zona, senza dimenticare il programma unitario del movimento. Dire che non si potrà avere accesso ad alcune zone vuol dire che per una parte d'Italia non c'è più speranza e bisognerà continuare a raccontare frottole per avere i voti. Io a questo non sono disponibile, costi di restare una minoranza.

Questa e' una considerazione che ho fatto con i miei colleghi il giorno dopo le elezioni. Dopo uno sguardo globale dei voti divisi per regione, risulta piuttosto netto la differenza di percentuali dei vari partiti nelle varie regioni. 

Sarei curioso (ma putroppo non ho tempo fisico per farlo) di vedere due cose: 

1) un grafico simile a quello presentato in questo articolo per ogni singolo partito

2) una time-series di una misura di dispersione del voto regione per regione nelle ultime 4-5 elezioni.

 

La mia idea (che al momento e' solo un'ipotesi, dato che non ho tempo di analizzare i dati) e' che, come suggerito in questo articolo, l'elettore mediano sia molto diverso da zona e zona. Questo e'  piuttosto scontato, direte voi, in quanto la struttura economica delle singole regioni e' molto variegata se si va dal nord fino al sud.  Nel mio piccolo, quindi, credo che sia giustissimo attribuire la variabilita' delle percentuali di FARE al programma.

 

Ora, guardando al futuro, spero che chiunque prendera' le decisioni di fare, o si prendera' la briga di portare avanti il suo programma, non si lasci ammaliare dal "voglio il massimo ovunque". Sarebbe un errore madornale, che si allineerebbe alla bieche politiche dei partiti dell'ultimo ventennio (almeno), e che farebbe solo "annacquare" il programma per prendere piu' voti un po' dappertutto.

 

No! Che sia chiaro quale tipo di Italia si vuole. Quale tipo di riforme si vuole. Quale tipo di strutture economiche si vuole. 

 

Il resto andra' da se...

 

Ora, guardando al futuro, spero che chiunque prendera' le decisioni di fare, o si prendera' la briga di portare avanti il suo programma, non si lasci ammaliare dal "voglio il massimo ovunque". Sarebbe un errore madornale, che si allineerebbe alla bieche politiche dei partiti dell'ultimo ventennio

Siamo sicuri che proporre una perequazione leggermente più spinta tra regioni del Nord e del Sud sia "annacquare" il programma di FiD? -- Mi riferisco, ad esempio, alla possibilità di sgravi fiscali mirati e/o sperimentazione di agevolazioni per lo sviluppo economico in quelle regioni che altrimenti sarebbero svantaggiate dall'attuazione del programma. Non che intenda particolarmente favorire alcune regioni piuttosto che altre, ma il residuo fiscale è una variabile di una certa importanza anche economica, ed ogni cambiamento in esso dovrebbe avvenire con opportuna gradualità.

1. il voto per m5s al sud è chiaro: prima insieme ai politici si mangiava (quasi) tutti e andava bene, ora mangiano (quasi) solo i politici e allora sono tutti cornuti e viva grillo.

2. Fare ha deciso deliberatamente di non dire nulla sul sud, e io alla fine non sono veramente sicuro su come i fondatori la pensassero, quindi se mai ci sarà una ripartenza di qualcosa vorrò essere sicuro che si pensa in termini di sviluppo dell'italia tutta.

3. in questi termini, e anche perché i voti non si raccolgono senza dare a qualcuno una speranza, al sud non si può solo dire "meno questo e meno quello". ci vuole un "più" di qualche cosa, e secondo me è "più qualità dei servizi essenziali, in primo luogo istruzione". questo ha senso economico e sociale, e almeno i giovani lo capiscono.

Io direi di colmare prima il deficit infrastrutturale. L'altro giorno con una delle mie sorelle ci siamo visti un paio di puntate del Trieste-Trapani di Severgnini, e mia sorella, che si è fatta in treno la Reggio Calabria-Trapani un'infinità di volte, pensava che Trenitalia avesse messo apposta il treno nuovo e pulito e veloce per il giornalista.

Io so che nel frattempo Trenitalia ha messo un discreto numero di Minuetto sia tra Messina e Palermo che tra Palermo e Trapani (ma se il giornalista avesse preso il treno in altri orari, altro che Minuetto!), ma nel frattempo ha drasticamente ridotto le corse, rendendo ad esempio impossibile il pendolarismo via treno tra Trapani e Palermo.

Per fare 2 casi esemplari: all'aeroporto di Punta Raisi c'è la stazione ferroviaria, una delle pochissime del paese, eppure, in tanti anni, non sono mai riuscito a prendere un treno né per Palermo né soprattutto per Trapani, perché i treni sono troppo radi e comunque lenti, e quella volta che sono andato a dare uno sguardo, c'era il capennello di turisti intorno alle macchinette per i biglietti che erano chiaramente fuori servizio.

L'altro esempio sono le ferrovie che passano a due passi sia da Birgi che da Fontanarossa, che ci vuole a fare una deviazione (nel caso di Birgi di 2km, nel caso di Fontanarossa nemmeno quella perché la ferrovia passa proprio accanto, basterebbe un people mover) e costruire una stazione in aeroporto?

L'altro giorno sentivo parlare di Beppe Grillo che parlava di un futuro a 200km/h e non a 300km/h per le ferrovie. Onestamente, se riuscissi a fare un Trapani-Messina o un Trapani-Ragusa a 200km/h, ci metterei la firma in 2 microsecondi.

Dal mio punto di vista, almeno in Sicilia si è investito poco e male in infrastrutture, e varrebbe la pena investire molto di più.

Buongiorno

Mi permetto di dissentire dall'analisi fatta riguardo le motivazioni della diversa distribuzione del voto e le giustificazioni adotte.

In primo luogo io penso che sia normale una maggiore presenza di elettori di Fare al Nord, avendo a mio avviso il programma di Fare diversi punti in comune con quello della Lega degli inizi, si è riusciti quindi a raccogliere molti più consensi soprattutto in quell'elettorato deluso della Lega, elettorato che invece in maggioranza ha ritrovato in Grillo quella rabbia, indignazione e protesta che una volta era il motivo trainante della Lega.

In secondo luogo è sbagliato e pressapochista considerare il voto al Sud condizionato soprattutto da logiche di assistenzialismo statalista o malavitoso, e quindi per questo in naturale antitesi con il programma di fare; a queste rispondo ricordando le recenti vittorie elettorali di De Magistris, Orlando e Crocetta, oltre agli ottimi risultati registrati da M5S al Sud in quest'ultime elezioni.

Piuttosto definirei il voto al Sud  come contraddistinto da una forte componente "umorale", e perciò soggetto a forti oscillazioni dovute più a logiche e accadimenti locali che nazionali, e dove per attecchire non basta avere un buon programma.

Il voto del Sud in queste elezioni ha premiato maggiormente quelle componenti politiche che hanno attuato una campagna elettorale molto aggressiva, come M5S e PDL e hanno perso PD e Monti che invece hanno preferito una campagna elettorale più moderata e misurata, e purtroppo anche Fare non è stato percepito al Sud ne come movimento di protesta ne come novità nel panorama politico.

A tutto ciò, si aggiunge il fatto che i leader di Fare hann0 preferito concentrare la campagna elettorale in quelle regioni del Nord dove sia per affinità sia perchè era maggiore la presenza di aderenti e le probabilità di ottenere dei significativi risultati elettorali; e questo a mio avviso ha contribuito ulteriormente ad aumentare il divario dei risultati ottenuti nelle varie regioni.

Per cui concluderei che diagrammare il risultato elettorale di Fare in base al Residuo Fiscale Pro Capite non solo è sbagliato ma non ha alcun senso, perchè nelle regioni a residuo fiscale negativo il messaggio e il programma di Fare non è propio arrivato.

 

 

 

 

 

Non posso fare a meno di notare che la zona a piu' basso successo di FID coincide sostanzialmente con i confini del Regno delle Due Sicilie. Lo scrivo senza alcun intento polemico, lo sottolineo visto che ormai l'aggettivo borbonico e' divenuto dispregiativo. In prospettiva storica il rapporto che lega le genti meridionali al potere ed alla politica deriva fortemente dall'eredita' monarchica. In Campania, dove sono nato, la condizione dei contadini fino alla fine degli anni '60 era incredibilmente vicina a quella nelle campagne borboniche. Ricordo distintamente alcuni elementi d'arredo che richiamavano i letti di pagliericcio e le monete di Francesco I che ancora trovano nel terreno appena arato. Ancora oggi il sentire comune nel Meridione e' che lo Stato deve provvedere ai bisogni del cittadino/suddito. Nessuno sorpresa per i risultati. P.s. scrivene con l'ipad e' scomodissimo.

Certamente l'analisi e' giusta, ma o creiamo uno slogan della portata "IMU indietro a tutti" o i voti ce li dobbiamo andare a prendere 1 ad 1, facendo mille di queste analisi, sempre piu' a granularita' fine, perche' solo cosi possiamo raggiungere il cuore dei tanti elettori potenziali.

Dobbiamo calibrare il messaggio per ogni singolo indirizzo civico, cosi come ha fatto Obama. Questo richiede, tanto per usare paroloni di moda, big data. Gli strumenti ci sono, ma dobbiamo iniziare ora per arrivare preparati allora.

In USA, dove ho seguito personalmente la parte IT (anche se non sono un esperto), siamo riusciti a portare a casa oltre il 3% con punte del 12% per esempio alle Barbados. E' vero pochi elettori possono fare la differenza sulle isole, quindi non e' un dato affidabile, ma e' un indicatore che le campagne targettizzate sulle isole (terre di nessuno per i grandi candidati) hanno funzionato.

Per puro caso o meno (propendo piu' per la seconda ipotesi) i nostri likes su FB sono stati quasi pari al numero di voti presi in Nord-Centro America.

Il nostro elettorato ha bisogno di una relazione 1 ad 1. E ogni elettore puo' trovare un punto che gli piaccia del nostro programma. Sta a noi creare il match indirizzo civico-messaggio.

Per una lettura in chiave di cultura politica territoriale Esaminando la distribuzione del voto a Fare c’é indubbiamente una componente territoriale. Tuttavia le ragioni mi sembrano in parte diverse da quelle fin qui chiamate in causa, come pure le conclusioni. Ho dato solo uno sguardo alla distribuzione del voto nelle regioni e nelle province ma pare che sia in buona parte caratterizzato dalle tre differenti culture politiche territoriali che hanno marcato la cartina elettorale d’Italia del dopoguerra. Senza voler negare che abbia una sua logica e che meriterebbe delle analisi piu‘ approfondite, il tentativo di correlare reddito e voti, pur interessante, é probabilmente solo una parte della spiegazione. I colori della cartina ricalcano infatti la piu‘ alta concentrazione di voti a Fare nell’area della cultura bianca, la stessa che in seguito ha espresso la maggior parte dei consensi a Lega e Pdl. Se si vuole esaminare con piu‘ attenzione quest’area si vede anche si vede anche che i voti esprimono le percentuali piu‘ alte negli ex territori della Repubblica di Venezia che dal Veneto si estendeva fino alle attuali provincie di Brescia e Bergamo. Infatti, Milano a parte, le altre province lombarde ottengono voti percentualmente inferiori. Zona questa tipica di una insofferenza per lo stato centrale, massonico e gabelliere, espressasi con un forte consenso alla DC, poi alla Lega e al PDL. Ed ora pur in modesta misura anche a Fare. E non puo‘ essere che cosí per un partito che vuole uno smagrimento dello stato centrale. Nelle altre zone del nord, non caratterizzate da questa cultura, fare ha ottenuto risultati minori. Nella zona a cultura rossa dove la gente sente tuttora lo stato e le sue emanazioni locali indispensabili piu‘ che altrove e dove il PD detiene tuttora gran parte del consenso , Fare ha pescato in un bacino piu‘ ristretto come era logico attendersi. Ma Fare non é confrontabile con la Lega, dato che si rivolge a tutti e non principalmente al nord, ed infatti i voti diminuiscono ma relativamente molto meno che per la Lega. Infine abbiamo la cultura clientelare del sud. Qui ovviamente il bacino di utenza é molto piuˇristretto che altrove. Inoltre Fare non é organizzata territorialmente come le altre forze politiche presenti nel territorio almeno da anni. Quindi un ulteriore calo delle percentuali di consenso sono facilmente giustificabili. Ě da tenere anche presente che lo sbarramento della legge elettorale e il richiamo al voto utile puó aver penalizzato Fare ovunque, ma probabilmente in maniera piu‘ significatamente lá dove aveva meno probabilitá di raggiungere il quorum. Anche questa puó essere una chiave di lettura del consenso minore al centro e specialmente al sud. Un sistema elettorale differente, non necessariamente proporzionale, avrebbe potuto dare risultati in parte diversi. E questo é un altro aspetto sul quale bisognerebbe discutere. Per capire meglio il potenziale di Fare ci vorrebbe anche una analisi dei flussi elettorali e della tipologia degli elettori. Ě ipotizzabile che una buona parte dei voti sia venuta da ex elettori del Pdl e, al nord, dalla Lega. Bisognerebbe avere almeno degli input dalle varie province per capirlo. Questo potrebbe essere di grande aiuto per decidere comprendere l’effetto della proposta fin qui formulata.

Remo Zanella

Sono d'accordo sia nella disaggregazione tra aree d i subcultura bianca, rossa e clientelare sia nell'esposizione dei dati.

Secondo me tuttavia sia la subcultura territoriale sia il residuo fiscale sono correlati in misura significativa al voto a FARE.

Prevedo che se fai un grafico del voto a FARE separatamente per aree bianche, rosse e clientelari, possibilmente a livello provinciale, troverai la stessa correlazione tra voto a FARE e bilancio dare-avere in perdita con lo Stato centrale. Un singolo esempio aneddotico, la percentuale di FARE e' maggiore in Emilia Romagna rispetto a Toscana, entrambe rosse, in accordo col maggiore credito dell' ER verso lo Stato centrale. L'effetto di subcultura rossa (piu' statalista di quella bianca) riduce il voto a FARE ceteribus paribus, ma dentro la subcultura rossa e' importante il residuo fiscale.

E' possibile anche fare un grafico complessivo con  tutte le province ma introducendo tre "dummies" (termine tecnico di questo tipo di analisi) bianca, rossa e clientelare, per vedere se, una volta rimosso un effetto comune di subcultura, il voto a FARE e' correlato col residuo.

Quando ti presenti a qualcuno per un tipo di "scambio" (e quello elettorale è uno scambio: la promessa di FARE qualcosa in cambio del tuo voto) da sempre si ubbidisce a una regola quasi cretina:
Chi sono - Cosa Faccio - Cosa voglio da te.
Il programma è complesso, sarebbe stato compito dell'agenzia di Comunicazione svolgere questo lavoro per rendere intellegibile il programma e rispondere alla regola (che rimane cretina, nota a chiunque).
L'Agenzia, per massimizzare il profitto, o incompetenza, o errore ha scelto le risposte:
Chi sono: Oscar Giannino
Cosa faccio: sono sceso in campo per far perdere Berlusconi, Stato ladro!
Cosa voglio da te: Il voto, leggiti il programma.

Chi sono è letteralmente morto per fattori esterni, potremmo dire sfiga o incompetenza non lo so, nè mi riguarda.

Cosa faccio: messaggio poco chiaro, la diatriba con Berlusconi non ha aiutato, ci siamo messi sul binario pro/contro e referendum, quelli contro BS avevano vasta scelta, dire "stato ladro" o "lo stato paghi la patrimoniale"  era un tema complesso, più semplice dire: "aboliamo l'IMU" o aboliamo l'IRAP o aboliamo le tasse sulla benzina, tutti messaggi più semplici. O mettersi sul generico e dire "aboliamo tutte le tasse che ci stanno ammazzando" senza specificare quali. (this is my idea, ma non sono un consulente di comunicazione super pagato).


Cosa voglio da te: venendo a mancare i primi due punti la richiesta cade nel vuoto, come è stato.

Comunque partire in tre mesi, subire lo smacco della perdita di credibilità del leader a tre giorni dalle elezioni, e fare l'1'12% è un pessimo risultato, ma dipende dai punti di vista.

@Massimo Mereu: il coordinatore sardo è caduto dall'alto, come me, con tutti i limiti delle cadute dall'alto, a questo punto evidenti

Come non considero prioritario più stato o meno stato, ma "se" e "come" si applicano i modelli di erogazione dei servizi, allo stesso modo non considero proritario se il movimento parte dal basso o dall'alto .. o dagli strati intermedi :-).

Ambedue le modalità hanno pregi e difetti, e i difetti possono scaturire e venire a galla in ambedue i casi, se il movimento parte dal basso e la maggioranza non percepisce certe necessità organizzative e di gestione, voterà democraticamente delle persone e/o delle organizzazioni poco propense al Fare le cose con le modalità più idonee.

Caro Marco, è come se stessi indicando che lo spoil system è un male perchè parte dall'alto, non è così, è normale che uno si circondi di persone di cui sente maggiore attinenza, confidenza e fiducia, il problema non sta sul fatto che sei stato indicato dall'alto, ma nel caso sardo è semplicemente dovuto al fatto che la scelta non è stata accompagnata da criteri oggettivi di selezione effettuati da strutture indipendenti che definiscono delle regole/criteri e il controllo della loro applicazione, nel caso tuo serviva sicuramente più tempo perchè c'è maggiore complessità, magari più risorse economiche e umane, e altre attività più attinenti con il territorio .

L'attività di verifica che ho fatto sul nostro personaggio sardo è utile ma è accessoria, l'attività di segnalazione da parte dei partecipanti al movimento, come è stato suggerito da Vincenzo è utile ma è accessoria, è evidente che per esempio manca una componente fondamentale di una organizzazione di un movimento che vuole cambiare le modalità di come FARE le cose in Italia, ma attenzione al "come".

In Italia troppe cose si FANNO e si calano dall'alto, funzionano male e allora pensiamo di risolvere il problema se lo facciamo dal basso, non è così, io proporrei di trovare i soldi e farsi fare qualche consulenza superpartes :-) .... a fianco.

Qualcuno si stupisce di queste differenze territoriali? Qualcuno crede veramente che ci sia una sola "Italia" con una sola economia, mentalità, aspettativa e che quindi possa esprimere, di fronte a messaggi concreti (e non a generiche promesse di benessere elettorali) una accettazione univoca? Io ho la fortuna di conoscere bene la realtà del nordest e quella del sulcis, e vi garantisco che neanche il più becero illuso del risorgimento potrebbe considerarle come esperienze assimilabili. Credetemi: l'unitarismo tout-court è, dall'unità, una iattura per questo paese. A casa mia il comune mi impone come attrezzare la facciata di casa, nel sud ci sono innumerevoli immobili neanche denunciati al catasto. Basterebbe questo per cominciare a ragionare. 

aggiungerei che il vecchio Regno duosiciliano rimane sospeso tra la fedelta' al Re (Berlusconi) e l'appoggio a Masaniello (Grillo)

Il deludente risultato elettorale di FARE, come è stato detto, ricalca solo in parte i territori di voto della Lega, se non per una marcata ma non specifica prevalenza nordista.

Non mi sembra corretto, inoltre, affermare che il programma di FARE, che si caratterizza per una forte connotazione economica, si avvicini a quello della Lega delle origini, se non per l'aspetto del federalismo, concetto per altro declinato in maniera del tutto diversa nei due movimenti.

Invece quello che ha avvicinato FARE ai territori di caccia della Lega (senza identificarcisi), è una componente assolutamente emotiva e non politica, cioè la forte insofferenza di alcune fasce sociali (senz'altro molto sensibili ai residui fiscali positivi) verso l'organizzazione pubblica in genere, peggio se lontana geograficamente dai cittadini.

Questa insofferenza, dovuta principalmente all'eccessivo prelievo effettuato e alla scarsa qualità dei servizi resi, è evidentemente più forte nel Lombardo-Veneto e quindi l'analisi di Lodovico Pizzati mi sembra centrata. Ne possiamo concludere che nel Nord del paese e particolarmente in Lombardia e nel Veneto siamo riusciti meglio perchè abbiamo parlato non solo alla mente, ma anche al cuore e alla pancia dell'elettorato.

Questo dovrebbe spingere ad un'analisi attenta sulle caratteristiche e la calibratura dei 10 punti che, certo, sono basati più su componenti economiche che sociali. Aspetti che possono parlare alla mente di tutto il paese ma al cuore e ala pancia solo del Nord.

Qui sorge il primo problema. Non si può considerare il Meridione d'Italia (per semplicità parlo in generale, ma in realtà andrebbero considerate importanti differenze) come un'area pronta "sic et simpliciter" ad accettare le regole del libero mercato, poiche queste regole richiedono la presenza di uno Stato eticamente forte ed eguali condizioni di sviluppo rispetto al Nord del paese.

Imagino che leggendo, qualcuno corrucci la fronte e commenti: ci risiamo, ecco uno che ora chiede gli aiuti di Stato... . Ovviamante la Storia, prima ancora della teoria economica, ci insegna che quella non è la soluzione.

Quando parlo di Stato eticamente forte (utilizzando, mi rendo conto, una terminologia non amata dal mondo liberale), mi riferisco ai fondamenti di "vita, libertà e proprietà" che non sono garantiti in vaste aree del meridione d'Italia, dove la criminalità organizzata impedisce lo sviluppo di un libero mercato e minaccia la sopravvivenza delle comunità di cittadini.

Credo che questo aspetto, cioè quello dell'incidenza della criminalità organizzata nel tessuto politico, sociale ed economico del Meridione e (in parte) dell'intero paese, sia stata largamente sottovalutata dei fondatori; tutti originari del Nord Italia e in larga parte residenti all'estero.

Non si considera che l'Italia è l'unico paese occidentale ad avere la caratteristica che aree importanti del territorio sono controllate dalla malavita organizzata con organizzazioni di tipo militare (si veda l'ultima relazione dei servizi sul tema dei casalesi).

Il punto 6 sulla Giustizia, da questo punto di vista, costituisce una risposta classica e, a mio modo di vedere, non sufficiente a questa situazione. Nella Piramide dei bisogni, infatti, la Giustiza può essere collocata al quarto o al quinto livello, la sicurezza al secondo.

C'è poi un secondo aspetto. Si continua a ritenere che l'elettorato di riferimento di FARE fosse quello di centro-destra e magari della Lega. Credo che questo assunto sia sbagliato.

Non riesco rapidamente a documentare le mie affermazioni (chiedo scusa se salto una delle regole auree del confronto scientifico), ma mi sembra evidente che soprattutto il centro-destra di Berlusconi rappresenti largamente interessi corporativi e non produttivi (IMU "restituita" docet).

La realtà è che nel nostro paese destra e sinistra sono due categorie spurie, spalmate entrambe su una serie di interessi corporativi, per le quali non è affatto detto che l'elettorato più sensibile ai nostri richiami sia a destra. Prova ne sono i grafici di Francesco C..

Infine un terzo aspetto. Vogliamo essere un autentico partito popolare o una elite di pensatori? Il tema non è scontato e i paragoni con il Partito Liberale o Repubblicano dell'epoca mi fanno venire i brividi. Io sono per una ispirazione popolare, proprio per parlare a quelle fasce di popolazione che avrebbero tutto da guadagnare dal lancio del processo produttivo, anche se mi rendo conto di quanto questo sia complesso. Ma ancora una volta, risulta necessario valorizzare meglio i punti del programma che si rivolgono al welfare, ai giovani e alle donne.

Cosa FARE

Solo qualche spunto.

FARE non sarà mai competitiva se cercherà di penetrare il centro-destra, ma solo se cercherà di imporre all'agenda politica del paese i principi dei 10 punti, indipendentemente dal quadro politico, rompendo sia a destra che a sinistra le consorterie che impediscono lo sviluppo.

FARE deve imporre un nuovo concetto di politica per il paese. Non è impossibile, ancora oggi l'attenzione dell'opinione pubblica verso di noi è ampia, superiore al nostro magro 1,2 percento elettorale.

FARE deve rivedere in piccola parte i 10 punti del Manifesto, centrando una offerta politica autenticamente coerente con i suoi principi ma applicabile a tutto il paese e non solo a una parte di esso. Per il Sud debbono essere affrontati i temi della lotta alla criminalità e di uno sviluppo possibile e sostenibile. In questo modo diventeremo un autentico partito nazionale anche se è probabile che i voti continueranno a pervenire più al Nord che al Sud del paese.

FARE deve saper parlare anche al cuore (che ha perso, dopo la vicenda Giannino) e alla pancia del paese, sviluppando temi oggetto di grande sensibilità quali le tasse, al Nord, e la lotta alla malavita, al Sud.

Se Fare si presentasse al Sud mettendo al primo posto tra le proposte elettorali la lotta alla malavita al massimo potrebbe arrivare al 2,4% come rivoluzione civile.

Se si vuole attecchire al Sud, si deve essere in grado di fornire principalmente risposte adeguate e immediate alle problematiche inerenti la drammatica crisi del lavoro che sta attanagliando il meridione d'Italia, con un programma preciso e di facile attuazione; ad esempio con politiche di defiscalizzazione alle imprese, legate non al semplice insediamento delle stesse  ma bensì ancorate a parametri  quali la continuità e la produttività.

Queste agevolazioni dovrebbero essere di lungo periodo, dando in questa maniera una certezza e quindi maggiore attrattiva agli investitori soprattutto esteri.

 

Sono completamente d'accordo sul fatto che la lotta alla malavita al Sud (e non solo) sia solo uno dei punti da affrontare, credo di averlo anche evidenziato.

Invece non concordo con i dati elettorali, posto che la posizione di Ingroia non si sposa con una vera legalità ma con una "professione" della legalità (o dell'antimafia) che non appartiene all'idea di uno Stato al servizio del cittadino ma, al contrario, a uno Stato burocratico. Invece il problema del controllo del territorio è senz'altro un punto nodale e unanimemente richiesto dai cittadini.

In ogni caso il 2,4%, cioè più di quanto abbiamo preso in Veneto, per cominciare non mi dispiacerebbe affatto... .

Un altro tema, praticamente non affrontato dal programma, è quello dello sviluppo del turismo, sicuramente una risorsa fondamentale per il Sud (e che richiede anch'esso lotta alla criminalità) ma che da anni vede ridurre i numeri e il fatturato.

Mi stupisce, però, questa sottovalutazione del tema della lotta alla criminalità. Non si tratta di recuperare una manciata di voti al Sud, ma di una grande questione nazionale, strettamente correlata con lo stato di dissesto delle nostre finanze.

L'articolo evidenzia a mio avviso una delle lacune del progetto FARE, ossia pensare che l'Italia sia un paese omogeneo, nel quale esistano soluzioni valide (e recepibili) da nord a sud, ignorando una realtà sociale, politica, economica e culturale ormai evidente a tutti da decenni, che vede un nord prevalentemente produttivo e "virtuoso" convivere e mantenere un centro sud prevalentemente assistito e corrotto.  E' l'errore che ha commesso la Lega negli anni '90: pensare che una ricetta considerata buona possa essere applicabile ed essere apprezzata ovunque, sostituendo le battaglie per l'autodeterminazione con quelle per un illusorio federalismo nell'interesse di tutti, nella speranza (o presunzione) di esportare un modello funzionale solo in certe latitudini del paese. Sono discorsi politicamente scorretti ma supportati da decenni di dati, numeri e grafici come quello qui riportato. FARE, o quello che sarà di questo movimento, non può prescindere da questa analisi: la ricetta liberista e liberale proposta è valida e comprensibile in tutta la penisola? Meno Stato è un sistema ottimale per tutti o non lo è per chi di Stato vive ed ha sempre vussuto? O perlomeno: meno Stato significa solo più mercato o anche meno stato centrale e più autonomia?

 

L'articolo evidenzia a mio avviso una delle lacune del progetto FARE, ossia pensare che l'Italia sia un paese omogeneo

 

Considerando la "classe dirigente" di FARE, non mi stupisco affatto. Troppo dilettantismo e troppa inadeguatezza. Basta leggere cosa scrivono i vari Boldrin, Moro, ecc. Andrebbero pensionati immediatamente, e senza sconto sui calci in culo!

RR

Veramente molto bello questo lavoro congratulazioni, mi piace questo modo di procedere. Dalla mia credo che, il fatto l'affermazione che "FARE ha una forte connotazione territoriale" (indubitabile, dai dati) dia qualche informazione in più sul fatto che "ciò sia dovuto al programma" sia in parte discutibile. L'elevata concentrazione di iscritti e di attività (come serate di presentazione, gazebo, ecc..) su alcune regioni, come detto non è indifferente e, la non secondaria "i fondatori parlavano dove erano chiamati a farlo, cioè dove piu' fertile era il loro messaggio" non giustifica la teoria, anzi potrebbe essere un interessante caso di Self-fulfilling prophecy. I risultati di una campagna elettorale non certificano "la qualità del prodotto" venduto, in questo caso il programma, ma solo la qualità della campagna fatta con il candidato. Per farla più semplice, proprio dove "non chiamano" c'è da confezionare una corretta formula per declinare il messaggio. e' proprio lì che ci si deve concentrare per offrire una alternativa semantica agli elettori per portarli fuori dal guado. Se non si inquadra il tema della comunicazione politica del messaggio e ci si concentra solo sul contenuto (tipica trappola di noi pensatori tecnici), allora nella trappola ci si cade. Non bisogna dire "perchè non hanno capito", ma "cosa non ho fatto per farmi intendere". La questione è bene espressa in un semplice, buon saggio divulgativo di Drew Westen, Political Brain, dove risiede anche una buona parte degli strumenti che consentono di leggere la sconfitta dei DS nonostante questo testo risalga a qualche mese prima la prima campagna di Obama. Berlusconi ha "customizzato" la sua campagna con messaggi diversi per aree diverse, Grillo lavora di twitter e piazze, scientificamente, dal 2008, ovunque, non è un fenomeno semplice e spontaneo, come la narrazione comune ama pensare. Mi congratulo ancora del lavoro svolto.

Mi associo ai complimenti per l'analisi e vorrei suggerire altri spunti.

La mia esperienza diretta di diversi anni passati nei seggi come scrutatore/segretario/presidente mi porta ad affermare che, per quello che ho potuto constatare in questa tornata, ho osservato due fenomeni:

  • - aumento di schede bianche e nulle (quasi raddoppiate)
  • - diminuzione dell'affluenza di giovani e soprattutto giovani donne.

 

Secondo voi esistono dei dati per confutare queste mie "sensazioni"?

 

Marketing Politico

Il "prodotto FARE" è un bene sofisticato con diverse caratteristiche "tecniche" che lo fanno apprezzare da una ristretta cerchia di esperti che probabilmente gli restano fedeli nel tempo, ma che difficilmente viene apprezzato immediatamente da una fascia più ampia di “consumatori”.

La strategia di comunicazione in questo caso è centrale per il successo.

Per pubblicizzare l'iPhone, Apple non si dilunga a spiegare che tipo di processore monta o altre caratteristiche tecniche, si concentra su cosa è in grado di fare e cosa l'utente può farci quando ne avrà in mano un esemplare.

 

Scusate la gretta concisione, spero di essermi spiegato.

 

i risultati delle isole barbados

pero' voi che siete bravi con i numeri e le tabelle

si potrebbe dire che i risultati AIRE sono un buon indice di come ha pesato l'affare OG visto che chi votava per posta doveva spedire prima del 25 e possiamo considerare le percentuali piu' alte perche' piu' vicine al consenso reale e non perso da chi ha perso poi fiducia in FARE a cinque giorni dal voto?

Si, GIuliana, li ho postati io i numeri delle Barbados, e concordo col fatto che la vicenda Giannino potrebbe aver inciso per un 2%, visti i voti pre e post.

Come hanno votato i giovani?

Pochi numeri, con ipotesi molto semplificative (non ammettendo il voto disgiunto tra le due camere), per capire in breve dove vanno i voti degli under 25 (= Camera-Senato).

 

In sintesi: M5S primo partito, ALTRI secondo, Monti terzo, distaccati PD e PDL, Ingroia in parlamento, FARE no.

 

CoalizioneCameraSenato18/25 anni
 

Italia Bene Comune

 
29.6%10'353'07031.6%9'961'0429.3%392'028
Centrodestra
28.3%9'917'16130.3%9'534'8379.1%382'324
 

Movimento 5 Stelle

 
25.1%8'784'20923.4%7'374'96633.5%1'409'243
 

Con Monti per l'Italia

 
10.8%3'772'3039.4%2'974'67919.0%797'624
Rivoluzione Civile2.2%781'0821.8%564'0965.2%216'986
FARE1.1%391'0970.9%286'4612.5%104'636
Altri2.8%985'9282.6%81'56721.5%904'361
TOTALE 34'984'850 30'777'648 4'207'202

 

Strano! A giudicare dai filmati di cene e comizi che ho visto mi sarei aspettato una presenza maggiore di giovani tra gli elettori di Fare.

Da notare come i due principali partiti abbiano un tracollo tra i giovani.

Buona cosa, a mio avviso, mentre sono stupito dal relativo successo di Ingroia (veramente tutto di Ingoria mi stupisce)

non votano solo alla camera? (avevo letto velocemente, ho visto dopo che sono stati calcolati come differenza)

Il messaggio di Fare si è dimostrato calibrato per rispondere alle esigenze fiscali del tessuto imprenditoriale industriale del Nord-Est (e dei professionisti legati a questo sistema, quali avvocati, commercialisti, architetto, bancari ecc.). In questo Fare è avvicinabile alla Lega ed altri movimenti indipendentisti.

DOMANDA: Come estendere non solo nel territorio, ma anche a tutte le categorie sociali, il nuovo modello sociale capitalistico, meritocratico, liberale e libertario, di matrice sostanzialmente anglossassone, proposto da Fare?

Alcune risposte che mi sono dato

-1) Occorre spiegare in termini comprensibili, sintetici e convincenti la possibilità un cambiamento nell’intera società, senza che ne venga percepita la sola tematica fiscale a vantaggio di una categoria pur ampiamente meritevole.

-2) Occorre spiegare, nei medesimi termini, come rendere il Sud un terreno fertile al nuovo sistema, cioè come infondere nel Sud libertà imprenditoriale senza la quale ogni proposta è vana.

-3) In ogni caso occorre spiegare come demolire il vecchio sistema, ormai radicato nel tessuto economico.

Il M5S lo ha fatto, almeno sulla carta. In particolare con lo slogan “una testa un voto”, cioè con la promessa di una utopistica (almeno oggi) democrazia diretta del cittadino. Il movimento 5S è diventato protesta e speranza in ogni regione italiana, per ogni categoria sociale e per ogni persona aspirante ad una società ed economia libera.

CP

  Lasciando stare l'approfondimento sugli aspetti territoriali dei voti raccolti da FARE, mi sembra utile una analisi sul tipo di propaganda elettorale svolta da FARE. Pur non essendo un esperto in comunicazione, penso che la razionalità dei progetti, la coerenza e sostenibilità delle proposte sono valori nei dibattiti che si svolgono in ambienti selezionati, e nelle tavole rotonde. Nelle piazze ed alla televisione contano molto di più i messaggi semplici, che vanno incontro ai desideri collettivi, e poco importa che questi siano compatibili o meno con la situazione reale. Per entrare nel concreto, io penso che alcune proposte di FARE, trattate un po' come marginali, fossero in realtà molto più comprensibili delle inappuntabili discussioni sulle fondazioni bancarie. Ad esempio, la proposta di tagliare drasticamente stipendi, bonus ed emolumenti a manager di stato o di aziende quotate (cose proposte da FARE, ma non sufficientemente valorizzate), sono suscettibili di essere semplificate ed utilizzate nella propaganda.  Lo stesso può dirsi del tagli delle "pensioni d'oro": una quantificazione di queste vere storture del nostro sistema economico e la proposta di ridistribuire gli importi relativi potrebbe raggiungere la "pancia" degli elettori. Ripeto: non sono un esperto, e quello che ho scritto rappresenta una modesta esemplificazione.  Credo che si debba fare molta strada per arrivare a "comunicare" con i cittadini, portandoli sulle idee di FARE. 

Anch'io credevo, come quasi tutti noi, che ci fossero milioni di italiani "produttivi" pronti a sposare il nostro programma. Purtroppo pare proprio che non sia così, abbiamo sopravvalutato di molto le capacità di comprensione degli italiani.

Allora che fare? Provo ad articolare una risposta.

1. Scegliere poche cose, come quelle indicate da Rosario, più facilmente comprensibili. Non è necessario "vendere" il programma nella sua interezza. Questo è un bisogno di una ristretta élite di intellettuali, ma la gente comune ha bisogno di poche proposte semplici, che facciano capire in che direzione vogliamo andare. Poche proposte chiare, concrete, facilmente comprensibili e credibilmente realizzabili, che diano il senso del cambiamento radicale che vogliamo. Il programma completo interessa a pochi, è bene che ci sia, ma va lasciato sullo sfondo. Ad esempio, non "dismissione degli asset mobiliari e immobiliari", ma "vendere le caserme inutilizzate", o qualcosa del genere. Pochissime cose che simboleggino efficacemente il tutto. Da battere e ribattere (come fa Berlusconi, che a livello di comunicazione è efficace -- con la differenza, a nostro vantaggio, che noi non dobbiamo raccontare balle).

2. I nostri leader devono imparare a parlare in modo semplice, comprensibile a tutti. Ad esempio, rinunciare a dire PIL come se la gente fosse tenuta a sapere cos'è. Tanto meno "un punto di PIL".  Boldrin, ad esempio, sebbene sia stato bravissimo nelle apparizioni in TV, non parlava a tutti, parlava a chi un po' di economia la sa già. Cioè a pochissimi, quelli che poi ci hanno votati.  Bisogna invece mettersi su di un piano di divulgazione estrema, stile Piero Angela.

3. Non meno importante, abbandonare ogni atteggiamento di impazienza nei confronti di chi si ostina a non capire -- penso ancora a Boldrin, che pure personalmente mi entusiasma, ma io so di essere atipico, parte di una minoranza infima. E' un'impazienza intellettuale e morale, quella di Boldrin come pure la mia, che molto facilmente si colora di ostilità, nelle due varianti "dite cazzate = siete ignoranti e/o cretini" e/o "siete in malafede".

Io stesso, dolorosa confessione personale, ci casco continuamente, perfino nelle discussioni con le persone a me più care, a rischio di divorzio. ;-) E' difficilissimo, ma necessario, se si vuole andare oltre l'1%, e salvare qualche matrimonio. :-)

Grande pazienza, pacatezza, rispetto per gli interlocutori, rinunciare persino a pensare "cretini" o "disonesti". Ciò non impedisce di parlare con estrema franchezza e forza, anzi.

Imparare da Grillo, che tratta il suo pubblico, quale che sia, con una trascinante e contagiosa empatia. Non occorre raggiungere i suoi livelli istrioneschi, ma il principio è quello, e spiega parte del suo successo.  Obama è un altro possibile modello, mi riferisco allo stile comunicativo, non ai contenuti.

Connotare positivamente, sempre, sempre, sempre. Includere, includere, includere. :-)

4. Affiancare a nfa un sito divulgativo, come palestra per la comunicazione politica di massa, sulla linea sopra indicata.

My two cents

   Mi trovo completamente d'accordo con Fabrizio, ed in particolare quando cita Obama, come modello di efficienza nella comunicazione. L'esposizione mediatica necessaria per disseminare delle idee ha determinato - a mio avviso - un profondo cambiamento nelle caratteristiche indispensabili per essere un leader politico, e più in generale un uomo politico. Il focus non è più la bontà delle idee e delle azioni conseguenti, quanto la capacità di farsi ascoltare. Tornando a noi, se ci sta a cuore il programma di FARE (forse l'unico in grado di fermare il declino) dobbiamo cercare un leader che sia capace di tradurre un insieme di idee coerenti in slogans semplici e comprensibili.  Ed infine una nota sgradevole: qualcuno conosce il motivo per il quale il sito di FARE non è più aggiornato? C'è stato un 8 Settembre?

Nell'incertezza sul da farsi il sito e' stato bloccato per qualche giorno. In realta' mancano le notizie da dare  per ora. Meglio fare con calma questa volta, non c'e' nessuna urgenza, suggerisco di pazientare. Vedo che alcuni comitati locali si stanno muovendo e delineando procedure. Bene cosi'. 

...anche una squadra. Un leader impara a farsi ascoltare dalla gente comune vivendo in mezzo ad altri che pure sanno farsi ascoltare dalla gente comune. E' un apprendimento di gruppo.

Aggiungo che nfa è un esempio straordinario di una comunità, con poche eccezioni, in cui i membri sanno farsi ascoltare l'uno dall'altro e sanno dialogare costruttivamente. Ma è una comunità sostanzialmente di ricercatori o comunque di persone che si ispirano alle regole della discussione scientifica, dove le regole per farsi ascoltare sono molto diverse da quelle valide nella vita sociale ordinaria, politica inclusa.

Controesempio negativo: la direzione nazionale del PD vista ieri in streaming: decine e decine di dirigenti, da Franceschini a D'Alema a Bindi, ore o ore a parlarsi addosso senza dire nulla di comprensibilmente rilevante.

Più o meno come l'ultima direzione nazionale di Fare. :-(

Il sito di FARE è abbandonato a sè stesso.

Su nFA si fanno analisi interessanti, ma parziali, mentre mancano sia una riflessione sul quadro politico, sia sulla sorte del movimento. Intanto Mannheimer rileva un preoccupante calo di consensi, in marcia verso l'azzeramento.

La Pasqua non è lontana, ma non intravedo segni di un'imminente resurrezione del FARE.

 

Il sito di FARE è abbandonato a sè stesso.

 

I politici di FARE sono dei dilettanti abbandonati a se stessi. Il poveraccio Boldrin sta cercando di mantenere un'OPA sul Movimento, allo sbando.

Che sia certificato da Mannheimer o da un altro guru, la gente non ne può più di questi sbandati.

RR

Per quanto mi riguarda, la diversa distribuzione delle percentuali dei voti nelle regioni è dovuta ad una diversa intensità di propaganda fatta da FID, ben più forte nel nord rispetto a quanto lo sia stata nel meridione. Sono nato e cresciuto in Sicilia e tornando lì per votare mi sono reso conto del fatto che un enorme numero di persone (anche con alti gradi di istruzione) non aveva minimamente idea dell'esistenza di FID oppure non conosceva affatto il suo programma (poiché in tanti se ne erano disinteressati, considerando FID un partito minuscolo).
Riguardo l'abbozzo di regressione lineare (mi riferisco allo scatter plot), vorrei far notare all'autore che così per come è stato inserito nell'articolo è inconcludente e poco indicativo. In primo luogo, le variabili dovrebbero trovarsi per logica sugli assi opposti: è la percentuale di voti di FID, semmai, a dipendere dal RF pro capite e non viceversa. In secondo luogo, non basta una alta correlazione lineare (ed un alto R^2)  per concludere che i voti sono influenzati dal regressore in questione, servirebbe un test delle ipotesi (qui mancante).

L'ho imparato a mie spese, perché in questi anni anche a me è capitato di osservare determinate correlazioni e far scaturire da li' ipotesi di causa effetto.
Poi mi ha convinto l'umorismo dei pastafariani

Di fatto anche se fosse, il gradiente nord-sud è una realtà cosi' come il fatto che tutti i partiti, non solo Lega e/o FARE, hanno una diversa impronta territoriale nord-sud.  Un partito che avesse come obbiettivo cambiare la realtà sarebbe vittima e prigioniero della stessa realtà che vuole cambiare?
Il problema vero allora è come passare da un partito dell1% (con impronte territoriale) ad un partito del 15-20% .... ma anche 40% (con impronta territoriale). 

Qui youtrend.it/m/mappa-elettorale/

E anche i comuni cliccando sui tab in alto.

E si vede bene che è proprio la pedemontana veneta e lombarda dove va meglio.