Il giro di poltrone della stampa italiana

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Un articolo di El País di pochi giorni fa anticipa e rivela la narrativa sottostante il giro di poltrone in atto nella stampa italiana, che non sembra ancora concluso. A dire di El País, con la scusa della crisi, il regime tremontian-berlusconiano oramai sta soffocando ogni voce anche solo suggestivamente critica all'operato del governo. Una traduzione dell'articolo è disponibile in questo video.

I balletti e trasferimenti rispondono alla precisa logica di piazzare nei posti che contano le persone preferite. Dopo gli avvicendamenti al Sole e al Corriere, Anselmi dalla Stampa passerà, secondo l'articolo, all'Ansa, dove certamente tanti danni non potrà fare. Sarà interessante vedere chi andrà al TG1.

Il giornalista spagnolo non le azzecca proprio tutte, ma la logica è chiara e conta poco chi finisca esattamente dove. Che occorra leggere la stampa straniera per capire cosa stia succedendo in Italia probabilmente stupirà pochi dei nostri lettori. Che i direttori dei giornali siano costantemente sotto pressione da parte della casta stupisce anche meno. Se anche un direttore del tutto allineato come Mieli viene deposto, gli altri come si devono sentire? In un altro thread, il nostro collaboratore Marco Boninu sostiene che spostare "De Bortoli al Corriere è l'equivalente di Baudo a Sanremo, di Bongiorno a Sky". Certo, sembra così, ma anche la sola dimostrazione di poter giocare nella stanza dei bottoni serve a mantenere docile il cagnolino.

Mi verrebbe da sottolineare la giustezza di tante battaglie, ripreseancheda noi, sulla necessità  di eliminare il cordone ombelicale che lega gli editori alla politica, il finanziamento pubblico all'editoria, e sulla urgenza di privatizzare la Rai. Ho purtroppo seri dubbi che questo possa bastare. La commistione di interessi fra le grandi imprese e la politica è tale che questa scellerata situazione è perpetuabile anche senza finanziamento pubblico e con la Rai privatizzata.

Cosa sperare? Negli Stati Uniti oramai si parla sempre più frequentemente del declino e prossima fine della notizia distribuita su carta stampata. Molti quotidiani locali stanno fallendo o sono falliti, anche in città con mercati di dimensione consistente (negli USA esiste solo un quotidiano nazionale, USA Today, che non fa opinione: serve ai viaggiatori per leggersi le previsioni del tempo e i risultati delle partite negli aeroporti). Se ne parla parecchio, perché anche se Internet può sopperire efficacemente alla fornitura di informazioni, molti sostengono che solo la carta stampata può permettersi gli investimenti e i rischi sottostanti alle operazioni di giornalismo investigativo tanto care all'opinione pubblica americana.

Non so se questa ultima affermazione sia vera. Comunque sui quotidiani italiani di giornalismo investigativo ne leggo poco. Forza Inter(net), allora.

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Commenti

Ci sono 55 commenti

non esiste libertà senza il libero mercato delle parole scritte e dette! non so più cosa pensare della stampa italiana, in realtà non ho più aggettivi (negativi ovviamente) per definirla!

Ancora con le voci senza mai portare fatti. Ma non era lo stesso debortoli per cui la democrazia era in pericolo quando fu estromesso dalla guida del corriere (altro governo Berlusconi)? Ora che ce lo rimettono è diventato persona più malleabile o cosa? Riotta è stato messo al tg1 da prodi. Lo mandano al sole 24 ore per fare un favore a berlusconi? Traducete queste mosse tattiche con dei razionali plausibili, non con le solite voci. Che la stampa italiana soffra di grossi problemi e che sia completamente al servizio dei potenti (gruppi economico industriali) di turno è cosa nota. Che questi giri di direzione vengano eseguiti per fare un favore ai politici di turno credo sia una balla colossale. L'alternativa è che si si sono dette un sacco di stupidaggini durante il giro di poltrone precedenti.

 

Se Anselmi va all'ANSA non sara' il solito giro di poltrone. Vedremo, ma le poltrone le fanno girare periodicamente, solo che chi fa le marachelle si trova senza sedia. E chi resta manco si sogna di alzare un dito, confronta il corriere di ora con quello di 2 anni fa. 

il fatto che ci sia stato un giro di poltrone concomitante su piu' testate fa sembrare (ma ovviamente e' solo una apparenza che inganna) che tutto sia concertato in un unico disegno e da una unica mente, e che le varie testate siano filiali di una unica organizzazione. Mah?

In ogni caso ridurre il finanziamennto pubblico dei giornali (o della tv pubblica) per se aggraverebbe la situazione e non la migliorerebbe (ok il ns sistema e' particolarmente contorto e inefficace che tanto vale ...). Avremmo dei giornali il cui unico obiettivo sarebbe quello di vendere pubblicita', e per vendere pubblicita' vanno le 3S, cioe' Soldi, Sesso e Sangue. Quindi niente giornalismo investigativo, che onestamente negli States e' venuto a mancare da un bel pezzo (come regola, ammetto eccezioni).

Secondo le mie teorie personali sulla stampa confindustriale mi sembra che El Pais non abbia fatto altro che raccogliere qualche pettegolezzo senza capire quanto realmente e' successo.

Fiat e Confindustria erano e rimangono contrari a Berlusconi e alla Lega che considerano i partiti piu' avversi a loro riguardo i sussidi statali e in generale i molteplici canali aperti di collusione con lo Stato.  Rispetto a questi due partiti, come chiarito dal noto editoriale di Mieli, i campioni delle grandi imprese italiane sono in primo luogo il PD, partito statalista per eccellenza, e in secondo luogo i partiti piu' statalisti del CD, cioe' AN e UDC.

Allo stesso tempo, come e' successo anche col Fascismo, la dipendenza dai sussidi statali spinge con forza e convince Confindustria a cercare ad ogni costo un rapporto di qualche tipo col governo, qualunque esso sia. La spinta e' oltremodo esasperata dalla crisi, che rende i sussidi per il settore auto e la cassa integrazione straordinaria praticamente vitali.  Prodi aveva speditamente elargito generosi incentivi alla rottamazione nonostante governasse in una evidente fase di crescita economica. Ora l'avversione agli aiuti ed incentivi di Stato all'auto della maggioranza di CD e specificamente di Lega e Berlusconi si sta combinando con una crisi economica mondiale micidiale. Berlusconi ha colto la debolezza della controparte e presumo abbia raggiunto un qualche forma di accordo con la famiglia Agnelli, in seguito al quale sono stati approvati aiuti e incentivi per l'auto (segnalati tempo fa anche da Enzo Michelangeli)  ottenendo in cambio, ad esempio, la presenza di un economista filo-Tremontiano come editorialista stabile del Corriere della Sera (Quadrio Curzio).

L'avvicendamento di Mieli e' il secondo passo dell'arrocco di Confindustria. Il "sinistro" Mieli era ormai troppo esposto con il suo noto esplicito editoriale di endorsment a favore di Prodi e chirurgicament5e contrario proprio a Berlusconi. Ma non arriva a dirigere il Corriere nessun dipendente di Berlusconi, ritorna De Bortoli che e' uomo fidato di Confindustria ma meno esposto di Mieli. Allo stesso tempo, mentre la maggioranza si appresta a sostituire Riotta al Tg1 con qualche personaggio di fiducia, Confindustria conferma l'asse col PD (responsabile della nomina di Riotta al Tg1) e trasborda il silurando al Sole 24 Ore.

Concludendo, Confindustria e Berlusconi hanno fatto secondo me un accordo limitato di riduzione della belligeranza, con mutuo vantaggio, ma le posizioni rimangono quelle di sempre e le variazioni degli assetti consolidati sono modeste. Per il momento il consenso alla maggioranza di Berlusconi e' inattaccabile.  Ma a meno di miracoli lo Stato italiano e' destinato comunque ad un futuro gramo, e il controllo delle TV come si e' visto nel 2006 non e' sufficiente a stravolgere la grama realta' del suddito - contribuente medio italiano sottoposto ad elevata tosatura fiscale e compensato con servizi statali miserabili, mentre nani e ballerine della politica navigano nell'oro grazie ai compensi piu' elevati del mondo.  Inoltre tra 5 anni e' improbabile che Berlusconi sara' ancora alla testa del CD. C'e' n'e' a sufficienza per resuscitare un morto (il PD) e per far sperare in eterni contributi statali alle grandi imprese, senza dimenticare i contributi statali alla Stampa.

 

Alberto, non sono d'accordo con la tua visione della questione. La tua ipotesi prima e' che Riotta, DeBortoli, e Mieli sinistrorsi erano e cosi' rimangono a vita. Non vedo il Tg1, ma a me pare che ultimamente Mieli e DeBortoli fossero sdraiati su posizioni PdL. Il primo per salvarsi il posto e il secondo per rubarglielo - secondo me. Questa cosa della Lega e della PdL anti-sussidi e' stata forse vera ma oggi e' una panzana. Corriere e Sole stanno col governo di turno e basta. 

 

Ora l'avversione agli aiuti ed incentivi di Stato all'auto della maggioranza di CD e specificamente di Lega e Berlusconi

 

Non sono proprio sicuro, credo che CAI Alitalia sia li a dimostrarlo, connivenze tra Confindustria e Governo comprese. In ogni caso Sacconi come lo inquadreresti? Poi cè sempre il dubbio legittimo che si tratti di un gioco delle parti, però mi pare che manco AN sia così monolitica nella posizione statalista, almeno per quel poco che ho letto del discorso di Fini al congresso.

Mah, anche io leggo di noi tramite la stampa (online) estera, oramai guardare un Tg o leggere un quotidiano in Italia è un esercizio poco interessante e  (per i TG) molto legato agli orari, cosa per me molto difficile.

Invece, fossi in voi, analizzerei i flussi pubblicitari e i bilanci dei tre quotidiani di maggiore diffusione (Repubblica, Corriere, Sole24ore) e li comparerei con le TV, perchè è lì il vero tallone d'Achille di BS, ed è lì che si giocano i veri "favori sporchi" fra aiuti di stato e raccolta pubblicitaria.

Sul giro di Valzer delle poltrone concordo con chi ha scritto che poi, alla fine, cambia poco.

E non credo che Riotta finirà al Sole24ore: non capisce niente di economia, ed anche di altro.

 

E non credo che Riotta finirà al Sole24ore: non capisce niente di economia, ed anche di altro.

 

dal Sole 24 ore del 30 marzo 2009:

 

Gianni Riotta nominato direttore del Sole 24 Ore

Il consiglio di amministrazione del Gruppo 24 Ore, riunitosi oggi pomeriggio sotto la presidenza di Giancarlo Cerutti, ha preso atto delle dimissioni del direttore Ferruccio de Bortoli (che lascia dopo 4 anni la direzione del Sole 24 Ore per andare a dirigere il Corriere della Sera) e lo ha ringraziato per l'importante lavoro svolto.
Il consiglio ha quindi nominato quale nuovo direttore del quotidiano Gianni Riotta, esprimendogli il più affettuoso benvenuto e i più fervidi auguri di buon lavoro.

 

 

Se anche un direttore del tutto allineato come Mieli viene deposto, ...

 

Come "del tutto allineato"? Ma se nel 2006 si schiero' apertamente per l'Unione di Prodi (un vero azzardo giornalistico, per un giornale che dice di essere indipendente) come possiamo definirlo allineato (implicitamente a Berlusconi)? Caso mai viene deposto un direttore scomodo che non aveva fatto mistero di preferire Prodi a Berlusconi in piena campagna elettorale.

Francesco

 

 

Come "del tutto allineato"? Ma se nel 2006 si schiero' apertamente per l'Unione di Prodi (un vero azzardo giornalistico, per un giornale che dice di essere indipendente) come possiamo definirlo allineato (implicitamente a Berlusconi)?

 

Concordo e mi fa piacere di non essere il solo a notarlo. In ogni caso, non e' una deposizione di un direttore scomodo con uno gradito a Berlusconi. De Bortoli e' uomo fidato di Confindustria e vicino al PD, l'unica differenza e che non si e' esposto come Mieli con il noto edtoriale di endorsment a Prodi e contro Berlusconi. Si tratta di concessioni temporanee di Confindustria a Berlusconi in cambio dei limitati aiuti di Stato concessi al settore auto, secondo il mio parere personale.

Chiedo lumi:

vorrei sapere se sono troppo naivè io oppure troppo preoccupati voi.

Cioè: io, veramente, non riesco a capire dove sia il problema per la libertà di stampa quando si sostituisce un giornalista "messo lì" da confindustria o dall'opposizione con uno messo lì dal governo ?

L'arbitro di calcio è imparziale quando non prende soldi per arbitrare se li prende da Moratti invece che da Moggi ci sono certo dei cambiamenti ma non nel senso dell'imparzialità***.

Veramente qualcuno considera certi giornalisti alfieri dell'anti Berlusconismo o comunque dell'indipendenza della stampa?

Mentana: è stato sostituito dal TG5 (perchè gli ascolti erano in calo) ha strepitato di "essere scomodo".Infatti, gli hanno affidato un programma in prima serata dal cui non è stato cacciato se ne è andato LUI perchè non gli hanno consentito di andare in onda quando voleva LUI cioè al posto del programma di maggior successo della tv generalista (se in US vi chiedete quale sia è il Grande Fratello).Badate bene non con un servizio sulle tangenti, sulla crisi o che, ma sull'omicidio di Garlasco!!!

Mieli: ammetto che possa essere più maverick di altri (vedi la famosa presa di posizione per Prodi) ma si trattò di un articolo nel contesto di un giornale che de facto sposava nel resto della linea editoriale (negli articoli di economia, di politica, persino di cronaca nera) le teorie del centro destra (FI e Lega) tanto che io ho persino creduto l'articolo pro-Prodi fosse una "foglia di fico". Qui molti non saranno d'accordo e magari sono troppo drastico nel giudizio però... 

De Bortoli: qualche tempo fa non era lui lo "scomodo"per Berlusconi?

Sono naivè io a pensare che ci sono poche poltrone per pochi baroni, che oltretutto non vendono (Mieli) o non fanno ascolti (Mentana).

Che gli esclusi si beccano la patente di "scomodi, contro il regime" mentre in realtà sono al servizio del paron come gli altri solo ad un livello inferiore.O  magari sono solo meno "bravi"?

Se gli alfieri della libertà di informazione in Italia sono Mentana e Mieli siamo messi male...bhe in effetti lo siamo.

***Sine iniura verbis.E' solo un esempio come un altro, non so proprio come mi sia venuto in mente :-)

 

Sinceramente leggere quest'articolo fa pensare. E non mi riferisco solo al capolavoro di El Pais, la gazzetta iberica ultragovernativa in casa sua - non ancora al livello della leggendaria Granma cubana - che oramai per un'inveterata compulsione non passa giorno senza sparare a palle incatenate contro il nuovo Mussolini. A me risulta che il sottoscritto abbia vissuto gli utlimi due decenni in Italia, ma a questo punto ho qualche dubbio. Forse sognavo. A me risulta che dall'anno della "scesa in campo" di Berlusconi, 1993, tutti i giornali che contano - Repubblica, Corriere, Stampa, Sole 24 Ore - hanno mostrato almeno una continua, sorda ostilità verso il nuovo Duce venuto dalla Brianza. Ma in realtà quest'ostilità è stata il più delle volte aperta. Fino alle ultime elezioni, quando almeno i tre giornali del Nord hanno tenuto un atteggiamento più prudente - per calcolo - non è passata tornata elettorale senza che sistematicamente i magnifici quattro non si schierassero con la coalizione di sinistra. L'establishment gran-confindustriale ha sempre visto in Berlusconi e nella formazione politica da lui creata un'anomalia. Un'anomalia che inconsciamente o meno si è sempre sperato un giorno potesse essere espulsa dal corpo della nazione. Ci si è già dimenticati della performance da descamisado di Berlusconi a Vicenza alla vigilia delle penultime elezioni davanti al Gotha esterefatto della stampa e del potere economico italiano, che non a caso aveva affidato a De Bortoli il compito di officiare una messa prevedibilmente tranquilla tranquilla? Ci si è già dimenticati di quando i tre grandi banchieri, come i Re Magi di una volta, si presentarono alle primarie dell'Ulivo per eleggere l'Unto Prodi?

Tale era la "solitudine" berlusconiana dai poteri consolidati che proprio dalla pagine del Corrierone nel dicembre 2006 questa gli veniva rimproverata dall'ineffabile Ernesto Galli della Loggia in questi termini:

Sabato, infatti, nella piazza romana c’era il popolo della destra così come naturalmente c’erano i suoi capi. Ma tra l’uno e gli altri sembrava esserci il nulla. Sul palco o nelle sue vicinanze era assente qualunque rappresentanza significativa di questo o quel pezzo di società italiana. Non solo non c’erano gli attori e i cantanti o gli intellettuali, ma neppure esponenti dell’industria e della finanza, dell’alta burocrazia, del mondo del lavoro, dell’universo delle professioni: nulla, nessun nome. Erano assenti perché la destra riesce sì a portare alle urne e a mobilitare il «popolo», cioè una massa variegata di cittadini, ma tuttora ha una grandissima difficoltà a organizzare la società, nel senso di integrarsi stabilmente con questo o quello dei suoi settori, dei suoi «ambienti», fino ad assumerne un’organica rappresentatività. [...] Per governare, infatti, è necessario anche ascoltare i «salotti», in certo senso perfino rappresentarli. Vantarsi del contrario manifesta un disprezzo per le élite che andrà bene per il Venezuela, forse, ma non per l’Italia.

Divertente vero?

Con le ultime elezioni semplicemente lorsignori si sono arresi. Berlusconi è una realtà, e pure il partito di plastica. E sono venuti a patti. Io l'avevo previsto. E' un po' da cafone dirlo, ma è vero. Questo lo scrissi prima delle elezioni:

"Bisogna assolutamente votare per il PDL, perché la vittoria di Berlusconi in questa sorta di guerra civile a bassa intensità, artatamente protratta per quindici anni dagli eredi del comunismo, muterà definitivamente gli equilibri del potere reale in Italia. Il popolo di sinistra trova ormai sempre più faticoso ostentare la maschera della purezza democratica da opporre all’avversario di turno. E’ importante che Berlusconi vinca bene: quindi turiamoci il naso, resistiamo allo scoramento, e facciamo il nostro dovere. Sarà la fine di un’epoca: la fine - solo ora - dell’egemonia culturale comunista in tutte le sue varie incarnazioni; la fine dell’ostracismo del parterre di banchieri e industriali comme il faut verso il parvenu di Arcore, con il quale dovranno venire a patti. Non è bello né romantico, ma di qui passa anche la via per dar voce a quell’Italia non assistita che affronta da sola le sfide della globalizzazione, e per dar voce pure agli happy few del liberalismo senza se e senza ma che troppo spesso cedono alla tentazione di rinchiudersi in un’autogratificante quanto impotente torre eburnea." [non mi riesce il blockquote]

Gli è che purtroppo le società nella realtà si evolvono in maniera più libera non solo per cambiamenti culturali di lunga durata, e men che mai per l'azione di fantomatiche élites (sono d'accordo con quanto dice Lusiani, ma non su questo), ma anche per lo sgretolamento dei poteri consolidati. In questo Berlusconi ha sbloccato la situazione in Italia. Senza questo slocco preliminare l'evoluzione liberale è una pura chimera. La vicenda Alitalia, per quanto poco onorevole, è stata la cartina al tornasole di questo cambiamento: Re Silvio ha chiamato alla sua corte banchieri e industriali che prima non avrebbero mai pensato di sporcarsi le mani con lui, e stavolta gli hanno risposto positivamente. Ma leggere i giri di valzer sulle sedie dei grandi giornali come un tentativo di addomesticare la stampa è ridicolo. I nomi sono gli stessi di sempre. I giri quelli di sempre. E' il clima che è mutato, per tutti.

 

Caro Zamax,

il nostro Berlusconi ti fa vibrare di passione....lo capisco dallo slancio della tua prosa :-) .

Però, dai, adesso dire che Berlusconi è anti-establishment, dai ne convieni, non sarà troppo? Davvero con tutto il potere che ha lui è anti-establishment? Lui E' l'establishment ora, e la sua condotta sarà da giudicare proprio in ragione del fatto che dispone di un potere politico ed economico notevole.

E aggiungo che anche quando non era nella stanza dei bottoni, è sempre stato uno molto ansioso di averci entrature giuste, nella stanza dei bottoni. Do you remember l'amico Craxi? E l'iscrizione alla P2?

Ma poi, dimmi dove sarebbero cambiati, gli equilibri di potere fondamentale in Italia, con l'avvento di Berlusconi? Si è imbarcato tutti i rimasugli degli anni 80 e se li è messi ai piedi. Non mi sembra che da quando c'è lui, la Chiesa e le Banche contino meno, anzi.

 

a fine dell’ostracismo del parterre di banchieri e industriali comme il faut verso il parvenu di Arcore [...] per dar voce a quell’Italia non assistita che affronta da sola le sfide della globalizzazione

 

giusta la prima. ma la seconda frase non la riesco proprio a capire. Il signor Silvio Berlusconi è quanto di più paraculato politicamente esista al mondo. Non vorrai mica farci credere che sia un uomo che si è fatto davvero da solo?? oggi è vero che crea ed alimenta da solo la propria fortuna, ma semplicemente perchè può permettersi di farsi scrivere le leggi da suoi dipendenti, avvocati, commercialisti. è anche vero che sta dalla parte diciamo del capitale, scusa il mio veterocomunismo, ma a dirla tutta non di quello buono, semmai della rendita.  cos'è questa italia che affronta da sola le sfide della globalizzazione? i corporativi di AN? i leghisti? i teo-con dentro al pdl? confindustria? stai scherzando vero?

è vero, all'interno del pdl sono ospitati un pugno di veri liberisti, ma questi votano regolarmente col gruppo e la loro voce è nulla. è vero anche che spesso gli argomenti liberisti sono utilizzati, ma solo per contrapporsi al presunto comunismo della parte avversa. hanno preso quello che già c'era senza stare ad inventare nulla. guarda caso infatti la logica liberista è utilizzata ma solo per quei settori della società saldamenti ancorati alla sinistra. la scuola ad esempio. non certo per tutti. ecco perchè il liberismo nelle loro mani è semplicemente un  manganello per fracassare la testa all'avversario o al blocco sociale avversario. non certo per ristrutturare interamente il paese secondo una logica organica e precisa.

 Vi state dimenticando il pezzo più pregiato - la direzione del TG1. Tutti prevedevano che Riotta sarebbe stato sostituito con un fedele di Berlusconi (l'ultimo nome che ho sentito è Belpietro, attuale direttore del "Giornale", alla faccia dell'imparzialità). Riotta ha resistito finora appiattendosi servilmente (ma, sinceramente, cosa avremmo fatto NOI al suo posto?) e grazie ad una serie di circostanze eccezionali, come l'incredibile vicenda del presidente RAI. Il valzer di poltrone permette una liquidazione soft invece che un brutale licenziamento. Per il resto, da assiduo lettore del Corriere e (un po' meno) del Sole, non vedo queste grandi differenze fra Mieli, De Bortoli e Riotta. Sono tutti cautissimi modernizzatori, che forse personalmente amerebbero vivere in un paese "moderno" - ma sanno benissimo che riforme serie danneggerebbero in primis (molti dei) loro padroni e comunque susciterebbero una rivolta popolare. E' vero che le elites non ama(va)no BS, ma ormai si sono rassegnate a conviverci fino a morte o impedimento fisico del suddetto (non spererete mica che il PD o l'UDC lo sloggino?)

 

Il valzer di poltrone permette una liquidazione soft invece che un brutale licenziamento. Per il resto, da assiduo lettore del Corriere e (un po' meno) del Sole, non vedo queste grandi differenze fra Mieli, De Bortoli e Riotta. Sono tutti cautissimi modernizzatori, che forse personalmente amerebbero vivere in un paese "moderno" - ma sanno benissimo che riforme serie danneggerebbero in primis (molti dei) loro padroni e comunque susciterebbero una rivolta popolare

 

In altre parole :

sarebbero tanto bravi ma tengono famiglia?

PS

Poi paesi moderni i giornalisti, a volte, devono fare domande, inchieste ed ascolti/tirature.

Belpietro ora sta a Panorama. Al Giornale ci sta M. Giordano (quello che aveva iniziato in bicicletta da Santoro), il Capezzone del giornalismo. Concordo perfettamente sul fatto che l'interesse vero di BS è per la direzione del TG1, che ha molti più telespettatori dei lettori di Corriere e Sole 24 Ore messi assieme. Inoltre, fatto non trascurabile, il telespettatore medio è assai più facilmente influenzabile del lettore dei giornali di cui sopra: a) perchè di livello culturale più basso e b) perchè il mezzo televisivo, attraverso la selezione delle immagini da trasmettere, riesce ad essere molto più "convincente" (gli scettici possono chiedere conferma ai pubblicitari, ovvero farsi spiegare dove questi ultimi mettono i loro denari).

A riprova che Riotta si sia appiattito servilmente sono anche le recenti interviste a Tg1 economia rilasciate dall'editorialista di fiducia di G. Tremonti (definizione di Michele B.), Alberto Quadrio Curzio. Anche su Il Riformista, sovrastimato nelle Rassegne Stampa che contano rispetto alla sua tiratura, si prospettano scenari simili sulle nomine dei direttori.   

http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=L8QVV

A me pare appiattita su Berlusconi (e soprattutto su Tremonti). A Zamax appare tutta a sinistra pregiudizialmente anti-berlusconiana. Ad Alberto (Lusiani) appare controllata dalla Confindustria e quindi lessicograficamente pro grande industria e sussidi statali...... :) 

Zamax non è proprio così monomaniaco, pur avendo votato per il Cavaliere. Sicuramente La Repubblica è ideologicamente contro Berlusconi e continuerà ad esserlo. Gli altri tre casi sono diversi, anche se ripeto che in questi ultimi quindici anni tutta la grande stampa è stata sicuramente antiberlusconiana, ma per motivi diversi. Infatti dal Corriere & C. Berlusconi è sempre stato percepito, e giustamente, come un outsider su cui scommettere era rischioso, essendo il suo potere mai stato veramente saldo, almeno fino alle ultime elezioni, e avendo troppi nemici contro. Questi e le inchieste giudiziarie a raffica potevano condurre ad un nuovo caso Craxi. E la prudenza diceva di tenersi alla larga. Cosicché al dunque - anche se non solo per queste ragioni - prendevano invariabilmente le parti della sinistra. Certamente il giornale che ha sofferto di più da questa situazione è stato il Corriere, storicamente il quotidiano dell'elettorato cosiddetto "moderato". La vittoria "definitiva" di Berlusconi - quand'anche il cavaliere dovesse sparire dalla politica il mese prossimo - ha sparigliato le carte. I grandi giornali fanno fatica ad uscire dalla grigia prudenza cui erano abituati, ma a me pare che in realtà qualcosa stia cambiando. A parte la Repubblica, e stante l'incertezza della situazione economica mondiale, è difficile scorgere una linea editoriale definita. Sia sui temi economici, sia sui temi "etici" si sentono voci discordanti all'interno degli stessi giornali. Mai avrei pensato di leggere gli articoli pro-Ratzinger di Baget Bozzo su La Stampa, ad esempio, dove di solito lo bastonano per bene il pastore tedesco. Quanto a Tremonti distinguerei tra la politica economica del governo, nient'affato incensata, e i fumi delle filosofie antimercatiste, quelli sì ben accolti, perché in fondo vanno bene pure alla sinistra, e non solo in Italia.

P.S. E' curioso che nel panorama della stampa italiana il gruppetto carbonaro più consistente di "mercatisti" si trovi proprio nel Giornale di Berlusconi.

 

A me pare che il centro del discorso stia più che altro nel fatto che il TG1 deve andate al PdL, e bisognava spostare Riotta (mi pare di avere letto solo Giovanni Federico chiaro sull'argomento).

Poi, che sia tutta un'allegra famigliola che organizza i posti di lavoro lo sapevamo già. Si tengono sempre tutti in contatto. Siamo in Italia. Ricordate le 418 telefonate giornaliere (in media) di Luciano Moggi?

RR

Cesare Cases, uomo di spessore notevole, basterebbe ricordare cosa disse a proposito del libro di maggior successo di Alberoni

« L'innamoramento di Alberoni non si vede, appena uno lo tenta in macchina viene subito rapinato o ucciso»

più di trenta anni fa qui scriveva (pag. 30) in modo definitivo sulla questionedell'attendibilità della carta stampata italica

« ...a leggere in controluce le menzogne della Stampa si intuisce la verità, mentre leggendo il Corriere a furia di verità parziali si perde il senso della menzogna totale».

Nessuno cita "Dagospia" che essendo un sito può essere letto comodamente anche in America. Ha subito una mutazione genetica simile a Striscia, da sito di gossip a gola profonda molto ben informata e con notizie di prima mano sia economiche che politiche; ha sviscerato i retroscena del valzer dei direttori, e della Rai, da molto tempo con annessi e connessi.

Non mi pare invece che a "El pais" si possa riconoscere una particolare autorevolezza almeno sulle cose italiane.

Il problema non è se il direttore di turno è più o meno inginocchiato ai piedi di re silvio, o se il tal imprenditore è più vicino al Pd o al Pdl. Vi lancio un paio di considerazioni sparse:

1) Non esistono editori puri. Tutti i principali giornali italiani sono controllati da singoli o società che non hanno l'editoria nel core business. C'è chi ha una compagnia di assicurazioni da mandare avanti, chi una banca, chi le cliniche, chi la propria attività di palazzinaro. Il risultato è che i giornali parlano al potere e non al lettore. Quelle dieci pagine inutili di chiacchiericcio politico, con annessi e connessi di interviste e pareri di nani e ballerine, che trovate tutti i giorni su corriere e repubblica, e che in qualunque paese del mondo sarebbero sintetizzate in mezza pagina (e non in primo piano), sono un riflesso della totale subordinazione dei giornali al sistema politico e istituzionale. Interi settori della vita quotidiana di persone che hanno la cultura per desiderare di acquistare un giornale - e il denaro per permetterselo - sono ignorati. Il nyt è zeppo di articoli interessanti sulla tecnologia, la scienza, il lifestyle, i viaggi, l'architettura, le automobili, lo spettacolo, etc.. etc.. Sezioni su sezioni che lo rendono un giornale piacevole da leggere e sfogliare. Si vede che è un giornale fatto per vendere, non per permettere al politico A di mandare un messaggio al politico B e a quest'ultimo per rispondere e compiacersi del virgolettato del giorno.
Aprite il corriere: dopo un'overdose di politica, c'è qualche pagina di cronaca, c'è la sezione economia, che è un marchettificio, e poi la cultura, che di solito apre su una bella polemica tra storici su lettere inedite di togliatti o gramsci, con la solita battaglia di pareri fuffardoni sull'argomento. Guardate le pagine dei motori e chiedetevi che dignità hanno i giornalisti che scrivono quegli articoli o quei titoli..

2) Il mestiere di chi confeziona i giornali (la maggior parte dei redattori, e tutti gli altri dal caposervizio in su) è logorante. Si entra in ufficio alle dieci del mattino e si esce dopo le 10-11 di sera: non vai al cinema, non guardi la televisione, non vai a cena con gli amici, non leggi libri. Il risultato è che dopo dieci anni di questo regime, il giornalista medio ha esaurito qualsiasi slancio o curiosità intellettuale, non ha alcun contato col mondo in cui vive, e campa di riflessi condizionati: berlusconi dice una cazzata? un bel titolo virgolettato. E di spalla mettiamo la replica di uno del pdl che dissente. Di taglio, un bel retroscena. Il piede? Due nani e/o ballerine che dicono la loro da versanti opposti. Stop. Anche oggi ho fatto il mio lavoro..

3) L'ordine dei giornalisti, una corporazione di stampo borbonico, andrebbe raso al suolo. Tutto il mercato del lavoro giornalistico è ingabbiato in regole bizantine e in un dualismo feroce tra precari e garantiti, tra insider e outsider. E questo steccato premia, come al solito, i raccomandati e coloro che sono disposti a chinare la schiena, strisciare per terra e fare proprie le regole e i clichè imposti dall'alto. Il contratto nazionale dei giornalisti ha anche la funzione di tenere alla larga qualsiasi imprenditore pensi di poter trasformare la pubblicazione di un quotidiano in un business vero. Cioè la forbice tra netto in busta e costo del lavoro, già alta di per sè in italia, nel caso del contratto giornalistico è un'assoluta follia, rendendo di fatto antieconomica qualsiasi impresa editoriale.
Vi faccio notare incidentalmente che nessuno ha battuto ciglio per gli oltre 4000 esuberi annunciati da telecom l'anno scorso, mentre per i 25 giornalisti de La7 (telecom italia media), assunti da un'azienda pesantemente indebitata che perde decine di milioni l'anno, si è scomodato persino il presidente della repubblica, sciacquandosi la bocca con frasi di rito sul pluralismo e la libertà d'informazione.

4) I direttori sono figli di questo sistema. C'è chi è un po' più indipendente, chi lo è molto meno, ma tutti, proprio tutti, hanno fatto carriera baciando la pantofola del politico o dell'industriale di turno. E hanno fatto scuola. Questa sudditanza (che tanto per inciso nei telegiornali è si gran lunga peggiore, sino a sfiorare punte di surrealismo inimmaginabili per un outsider) impregna tutta la gerarchia dei giornali italiani, fino all'ultimo ragazzino che combatte con i colleghi per reggere il registratore più vicino alla bocca del potente di turno e riportarne fedelmente il verbo. Fin da giovani, le reclute dei giornali imparano che quello è il loro mestiere, raccogliere la dichiarazione, passare ore al telefono con politici e portavoce per interpretarla, trovare un altro pirla che risponda, confrontare il proprio pezzo con l'ansa, e fine della storia. Andare in giro lontano dai palazzi? Macché. Capire che succede nella società italiana? Mannò...

Perdonatemi la sconnessione di tutto ciò.. ma è un tema che mi è vicino e mi fa imbufalire...

 

 

Piu' o meno sono d'accordo con il quadro che fai della situazione. Questo e' quanto scrive I.Montanelli sul CDS del 20/11/1996 (specialmente rilevante e' il secondo paragrafo):

 

[parlando della cultura "laica" italiana]

E' invece proprio nella cultura, assumendo questa parola nel suo senso piu' lato, e cioe' come mentalita' e costume, che il suo cattolicesimo scappa fuori, anche nei comportamenti e discorsi dei piu' arrabbiati mangiapreti. Per portarne un esempio minuscolo, ma concreto, citero' quello di un mio nonno che, sindaco liberale del nostro paese, e massone per amore di "progresso" un giorno fu avvicinato da due sudditi (e' il caso di dirlo) i quali gli proposero d' istituire una biblioteca circolante. Lui li guardo' sorpreso e con tanti saluti al "progresso" rispose: "O che bisogno avete di leggere? A leggere ci si pensa noi", in quel "noi" comprendendo il gruppetto dei "notabili" locali di cui lui era il capo, e senza rendersi conto che quello era il linguaggio di una Chiesa che il compito di leggere e di capire lo ha sempre riservato a se' , cioe' ai suoi preti, alla cui parola i fedeli dovevano rimettersi. Questo fu, secondo me, il motivo di fondo della Riforma protestante, di cui vengo considerato una specie di "compagno di strada". Non per il suo modo d' intendere la Trascendenza, sul quale non mi pronuncio e che poco m' interessa; ma per le sue conseguenze culturali. Dicendo al fedele: "Tu sei direttamente responsabile di fronte a Dio del tuo modo d' intendere e di praticare il suo Verbo: il "pastore" (cioe' il prete) puo' darti qualche consiglio, ma nulla piu", fece obbligo al fedele d' imparare a leggere. L' effetto fu sconvolgente.

Mentre l' intellettuale cattolico - specie nei Paesi di rigorosa osservanza controriformistica come l' Italia e la Spagna - doveva mettersi al servizio del Potente perche' altro lettore ne' committente ne' sponsor non aveva, l' intellettuale protestante poteva mettersi al servizio di un "pubblico" ormai alfabetizzato. Lei mi dira' che tutto questo e' lontano. Tre secoli, non di piu' . Quanti pero' ne sono bastati per radicare nel nostro sangue il gene di una cultura di Palazzo, e quindi per pochi eletti, chiusi nelle loro conventicole e Accademie mantenute dal Potere (politico o economico, non importa). Questo e' il sigillo cattolico della nostra cultura anche quando sproloquia contro la Chiesa cattolica.

 

Sono sempre gli stessi temi, l'Italia ha una popolazione che ancora nel 2000 patisce un ritardo secolare di alfabetizzazione, e ha elites culturali al servizio di chi ha il potere (straniero o cialtronesca casta locale che sia) e scollate dai ceti popolari.