Giustizia penale - seconda puntata bis della telenovela: la parola alla difesa

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Ormai un anno fa Axel Bisignano ha commentato su questo sito diverse disfunzioni della procedura penale italiana. Intervengo per offrire alla discussione la prospettiva di un avvocato appartenente all'Unione delle Camere Penali Italiane.

Inizio chiarendo che l'Unione delle Camere Penali è un'associazione priva di scopo di lucro che riunisce su base volontaria 122 Camere territoriali rappresentative di oltre 9.000 avvocati italiani dediti all'esercizio della difesa nel processo penale. L'Unione delle Camere Penali promuove i valori fondamentali del diritto penale e del giusto ed equo processo penale ed è impegnata nella tutela del prestigio dell'avvocatura e della funzione del difensore nel processo: l'attività dell'Unione, da sempre caratterizzata da assoluta indipendenza e da un'ampia trasversalità politica, si articola nell'elaborazione di proposte di riforma legislativa, nella promozione di studi ed iniziative culturali e politiche volti a migliorare la giustizia penale, nel sostegno a riforme dell'ordinamento giudiziario e forense aderenti alle esigenze della collettività e coerenti con i principi del giusto processo.

L'occasione per questo primo intervento è un post del dott. Axel Bisignano sulle farraginosità del processo penale italiano laddove, tra l'altro, si definisce l'Italia il ''paradiso delle notifiche''.

Non è questa la sede per una puntuale disamina delle ragioni dello stato di collasso della giustizia penale italiana (il recente Magistrati. L'ultracasta di Stefano Livadiotti ne offre un quadro critico assai documentato), ma credo sia necessario evidenziare come non siano né il rito accusatorio, né il regime prescrizionale, né il sistema delle notifiche ad essere i determinanti causali delle disfunzioni del nostro sistema.

Nel dibattito sulla giustizia penale tutto sembra ormai ruotare attorno all'eccessiva durata dei processi: fenomeno senz’altro drammaticamente reale, ma le cui cause non sempre sono bene illustrate ai non addetti ai lavori.

Nella vulgata, la lunghezza del processo sarebbe dovuta all'eccesso di garanzie grazie al quale gli avvocati, con cavilli e rinvii, porterebbero il processo sino alla prescrizione del reato. Per risolvere questo ''malvezzo'' degli avvocati, secondo quanto è mainstream, occorre modificare il sistema allungando il termine di prescrizione e riducendo le garanzie inutili e formali. La colpa è, dunque, degli imputati e degli avvocati (che si prestano a difendere questo sudiciume perché prezzolati).

Sembra tutto logico e consequenziale. Via le formalità, viva l'efficienza. Rendiamo impossibile la prescrizione e vedrete che nessuno chiederà rinvii e nessuno farà alcun ostruzionismo. Magari togliamo un grado di giudizio, che è un'inutile duplicazione, restringiamo il ricorso per cassazione, arriviamo subito alla condanna e buttiamo via la chiave.

Sulla stampa e le televisioni italiane imperversano i fautori di questa lettura del problema che fanno ovviamente audience, vellicando la pancia della ''gente'' e la voglia di sicurezza che i media stessi alimentano. In questa campagna trovano spesso una sponda nell'Associazione Nazionale Magistrati (che non rappresenta affatto la sintesi del pensiero dei singoli magistrati), che si è conquistata sui media – per molteplici ragioni – un esposizione tale da farla apparire l'unico soggetto in grado di tracciare una diagnosi e di individuare una terapia alla malattia del processo penale.

Ma è davvero così semplice la soluzione? No, ovviamente. Salvo voler gettare alle ortiche lo stato di diritto e la Costituzione.

Il problema è che è la anamnesi del processo su cui si fondano queste posizioni ad essere superficiale se non addirittura mistificatoria. Che vi sia un problema di efficienza è fuori di dubbio: tuttavia, il problema non è il processo, ma i suoi tempi morti.

L'imputato ed il difensore non hanno alcuna responsabilità e nessun potere di intervento sul fatto che la stragrande maggioranza dei fascicoli rimane immobile per anni negli uffici delle Procure. Si fanno le indagini (per sei mesi, di regola). Si notifica all'indagato l'avviso che le indagini sono terminate e che gli atti sono depositati per l'esame della difesa (diciamo due mesi tra invio alla notifica, ritorno degli atti notificati e termine per esame degli atti). Poi il nulla. Il fascicolo rimane immobile per mesi ovvero per anni, in attesa che venga fissata l'udienza per l'avvio del processo. Poi arriva lo spettro della prescrizione e si corre a fare il processo. E si pretende, a quel punto, che la difesa corra anch'essa.

Cosa che – peraltro – di regola avviene, come documentato da una recente ricerca che le Camere Penali hanno commissionato e condotto assieme ad Eurispes (estratto di sintesi della ricerca è scaricabile dal sito delle Camere Penali qui): quando anche un fascicolo riesce ad arrivare al processo di primo grado (ossia la fase dell'istruttoria in cui si sentono i testimoni) prima della prescrizione, le difficoltà di arrivare ad una sentenza sono dovute – nella maggior parte dei casi – a errori ed omissioni degli uffici pubblici, non a tattiche ostruzionistiche delle difese.

In ogni caso, l'approssimarsi della prescrizione è l'unico strumento acceleratorio del processo: se i termini venissero allungati, le date di celebrazione dei processi verrebbero solo spostate in avanti con ulteriore allungamento dei tempi morti. Il fatto che tra una udienza e la successiva ci siano rinvii di sei-otto mesi non è colpa degli avvocati, ma del carico di lavoro dei Tribunali.

In ogni caso, il tempo che serve per ultimare tutta l'attività giudiziaria (indagini preliminari, notifiche e giudizio) sarebbe del tutto marginale rispetto al termine di prescrizione ed alla ragionevole durata del processo se non ci fossero i tempi morti cui accennavo.

L'inefficienza si annida, dunque, tutta nella parte pubblica. Le ragioni vere della eccessiva durata dei processi sono il malgoverno delle risorse (peraltro sempre più limitate), il numero non adeguato (e comunque eccessivamente ''disperso'') dei magistrati e del personale di cancelleria, il ritardo nell'uso dell'informatica. Sulla mancanza di risorse, sia i governi di centro-destra che i governi di centro-sinistra, hanno operato ulteriori tagli ai finanziamenti. Di questo gli operatori non hanno colpa.

Occorre, in siffatte ristrettezze, ottimizzare i processi produttivi, affidando a figure di formazione ed esperienza manageriale la gestione amministrativa dei Tribunali, attualmente attribuita ai magistrati preposti agli uffici giudiziari: tuttavia, una riforma in tal senso, quando pure è stata proposta, è stata avversata dalla magistratura associata sul presupposto – invero tutto da dimostrare – che vi sarebbero dei rischi per l'indipendenza della magistratura. In ogni caso, invito tutti i frequentatori del blog a studiare l'ultimo articolatissimo rapporto del Consiglio d'Europa sull'efficienza e la qualità della giustizia (Cepej scaricabile a questo indirizzo) che dimostra come vi sia molto da fare sulla strada della efficienza in Italia, anche solo a "fattori di produzione" immutati.

Quanto al numero dei magistrati, l'esigenza di un allargamento degli organici (dimostrata dall'enorme numero di magistrati onorari – generalmente avvocati “prestati” alla magistratura anche attraverso forme di precariato – cui è necessario ricorrere per evitare di raschiare ulteriormente il barile), è contestata dall'Associazione Nazionale Magistrati per motivi che si possono comprendere solo conoscendo la natura corporativa e conservatrice dell'ANM (come bene illustrata dal libro del dott. Livadiotti).

Occorre ridisegnare la geografia giudiziaria italiana. Ricordava il Presidente di Eurispes Gian Maria Fara, a margine dello studio svolto sul processo penale: "Abbiamo pochi magistrati dove occorrerebbero e sovrabbondanza dove servono meno". Anche qui, tuttavia, vi sono spinte fortemente conservatrici che uniscono politici, magistrati ed avvocatura e che impediscono anche solo di intavolare una seria discussione.

L'ANM, peraltro, ha dimostrato nei fatti di non considerare un lusso scandaloso, nell'attuale situazione di sofferenza degli organici, il fatto che oltre duecento magistrati (assunti per fare i giudici ovvero il pubblici ministeri) facciano tutt'altro: sono i c.d. fuori ruolo, che si occupano di politica, di fare i membri di gabinetto di vari ministeri, di aiutare le nostre relazioni internazionali, di vigilare sull'impunità in Guatemala. Mentre costoro svolgono compiti diversi da quelli per cui concorsero in magistratura, le udienze delle cause civili in appello vengono rinviate di sei anni e le udienze dei processi penali sono tenute dai loro ''colleghi'' sino alle sette di sera...

Sul ritardo nell'uso dell'informatica, infine, pare che qualcosa si muova. Gli avvocati penalisti hanno sollecitato interventi radicali sull'informatica giudiziaria che – senza scadere nel c.d. processo virtuale – consentano un significativo alleggerimento della massa di adempimenti burocratici attraverso l'uso regolato e sicuro delle reti telematiche. E ciò anche e soprattutto in relazione alle notifiche.

Affronto da ultimo il tema delle notifiche che mi aveva sollecitato l'intervento. Gli avvocati penalisti sono da tempo disponibili ad un alleggerimento del sistema delle notifiche (vi sono duplicazioni che possono essere superate, si può tranquillamente introdurre il sistema della notifica al difensore mediante posta elettronica certificata).

Vi è, tuttavia, un elemento fondamentale ed un limite invalicabile allo snellimento del sistema notificatorio: uno stato di diritto che davvero voglia dirsi tale non può consentire che i processi si celebrino senza che l'imputato ne sia effettivamente informato.

Gli avvocati penalisti sono pronti a ricevere le notifiche a mezzo posta elettronica certificata ed a attenuare il carico delle notifiche (si veda, da ultimo, il documento del Centro Studi Marongiu delle Camere Penali), ma ritengono doveroso, per tutto il consesso dei giuristi italiani, pretendere che la notifica della citazione a giudizio sia una cosa seria, ben diversa da quella che oggi ci regala il poco onorevole lusso di primeggiare tra i partner europei per le condanne della Corte Europea dei diritti dell'uomo per violazione del diritto dell'imputato a partecipare (e difendersi effettivamente) al processo.

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Commenti

Ci sono 20 commenti

Io vorrei farle alcune domande.

1) Affermazioni come la seguente:

 

L'inefficienza si annida, dunque, tutta nella parte pubblica.

 

Mi sembrano di tenore uguale e contrario a quelli che dicono che "tutti i problemi sono causati dalla classe degli avvocati", un'asserzione che lei giustamente cerca di valutare criticamente. Adesso mi aspetto un post di un...cancelliere di un tribunale che spieghi che no, la colpa è di un'altra sotto-classe amministrativa.

2) Lei non dice una parola che una sulle responsabilità degli avvocati. Io sono sicuro, che anche loro "hanno fame e sete di Giustizia", però il post sarebbe stato, a mio avviso, più equilibrato se ci fosse stato un po' di whistle blowing sugli avvocati.

3) Secondo lei la lunghezza dei processi non avvantaggia obbiettivamente chi fornisce servizi collegati al processo stesso, in ragione appunto del tempo e della professionalità erogata in quello?

4) Infatti, da quello che so, la professione di avvocato rimane molto ambita e numerosi sono quelli che la praticano, tutte situazioni che mi fanno come pensare che la situazione attuale non sia così insostenibile per gli avvocati stessi.

5) Ci sono dei punti dell'articolo di Axel, ai quali non risponde, forse perchè crede che siano imputabili ad un difetto di correttezza deontologica ascrivibile a singoli avvocati e non all'Ordine per intero? Se è così, c'è da chiedersi quali funzioni di vaglio di correttezza deontologica mostri di avere, l'Ordine stesso. A proposito.

6) Com'è che in tema di efficienza, non ci dice se è pro o contro l'abolizione dell'Ordine?

 

AGGIUNTA

Mi ricordo di aver letto che in Uk se l'avvocato è scoperto a utilizzare pratiche dilatorie allo scopo di ritardare il giudizio ostacolando la legge, è condannato dal giudice seduta stante....e deve pagare  in solido. Non ricordo davvero dove ho letto questa cosa è se è proprio come la sto descrivendo.

 

 

Trovo molti dei concetti espressi di una rara disonestà intellettuale cominciando da questa frase.

Per risolvere questo ''malvezzo'' degli avvocati, secondo quanto è mainstream, occorre modificare il sistema allungando il termine di prescrizione e riducendo le garanzie inutili e formali. La colpa è, dunque, degli imputati e degli avvocati (che si prestano a difendere questo sudiciume perché prezzolati).

Prima domanda: c'è una parte che si avvantaggia dall'allungare a dismisura i tempi del processo? Sì, la difesa.
Seconda domanda: gli avvocati sono pagati (prezzolati?) per difendere gli imputati? Sì
Quindi è evidente che come la si giri, qualunque parole vogliamo usare ci sono attori in una partita che si avvantaggiano a fare melina.
Oppure cosa vogliamo affermare con frasi simili? Che gli avvocati italiani, potendo far "assolvere" il proprio cliente con la prescrizione fanno di tutto per evitarla? Spero (non si sa mai un domani possa essere sottoposto a processo penale) che non sia così.

Sulla stampa e le televisioni italiane imperversano i fautori di questa lettura del problema che fanno ovviamente audience, vellicando la pancia della ''gente'' e la voglia di sicurezza che i media stessi alimentano.

Qui siamo arrivati al massimo livello di disonestà: si predica il falso spudoratamente. La casa crolla e si dice che è solida.
Stiamo assistendo da anni ad una campagna di demonizzazione dei giudici, in parlamento sono gli avvocati a dettare legge (letteralmente) e uno se ne esce con frasi del genere: il ridicolo non ha limiti.

Ma è davvero così semplice la soluzione? No, ovviamente.

Ecco la prima frase che riesco a condividere; peccato che il paragrafo continui così:

Salvo voler gettare alle ortiche lo stato di diritto e la Costituzione.

Ok, visto che si mette in mezzo la Costituzione, si indichi per favore gli articoli che vieterebbero l'abrogazione del processo di appello, la revisione della prescrizione (per esempio: il termine prescrizione vale fino al rinvio al giudizio; da allora in poi non si può fare un gioco al rinvio) e dei sistemi di notifica.

E si pretende, a quel punto, che la difesa corra anch'essa

Qui manifesto la mia ignoranza: se "gli atti sono depositati per l'esame della difesa" e "il fascicolo rimane immobile per mesi ovvero per anni", perché quella della difesa dovrebbe essere una corsa? Immagino perché potrebbe non essere preparata ad un rinvio a giudizio?

L'inefficienza si annida, dunque, tutta nella parte pubblica.

Ok, qui si potrebbe chiudere qualsiasi ragionamento. Frasi del genere classificano in toto un post, un articolo, un intero libro: scaricare tutto su una sola parte.
Si parte da una premessa che secondo me è sbagliata ("tutti accusano la difesa di essere la causa della lentezza dei processi": tutti chi?) e si arriva ad una conclusione che, seppur contiene molti elementi giusti ed interessanti viene invalidata da simili qualunquistiche frasi.
Qualche esempio: le risorse sono limitate? Vero. I magistrati sono pochi e "dispersi": verissimo (meglio chiudere qualche tribunale lillipuziano, ad esempio). Manager come responsabili amministrativi dei tribunali? Magari, e non solo nei tribunali. Buona anche l'idea di snellire i sistemi di notifica (che mi sembra sia la più "ridicola" causa della lentezza dei processi), per quanto al sentire la parola PEC mi venga l'orticaria. Ma descrivere i magistrati come una casta che lotta contro la modernità, non depone certo a favore di chi scrive. E lo stesso varrebbe al contrario, ovviamente.

La ciliegina sulla torta sta nel fatto che, rispetto al post cui si dice esplicitamente di voler dar risposta, si saltino volutamente ampie parti, rimaste senza risposta. Tipico esercizio di disonestà intellettuale.

Mi sembra che lei cada nello stesso errore che denuncia.

Sicuramente i problemi della giustizia non dipendono soltanto dalla notifica, dalla prescrizione o dall'ostruzionismo degli avvocati. Ma non dipendono nemmeno interamente dalla pubblica amministrazione e dalla magistratura.

La lunghezza francamente indecente dei nostri processi (peraltro anche quelli civili) dipende da tanti elementi, ognuno dei quali (per una piccola parte) produce un ritardo, che sommato a tutti gli altri ci porta a tempi della giustizia veramente biblica.

Sulla prescrizione vorrei dire che secondo me questa non deve essere nè lunga nè corta, ma deve essere il tempo giusto a produrre il risultato che si prefigge, cioè la certezza del diritto. Pertanto una seria discussione tra i magistrati, le camere penali e i nostri politici (all'interno di una riforma complessiva della giustizia) potrebbe facilmente trovare un soluzione giusta al problema.

Per quanto riguarda ciò che viene detto in televisione o su altri media dei mali della giustizia, mi dispiace, ma io non sento mai parlare o scrivere di questo (almeno non quanto si dovrebbe).

Per concludere vorrei sottolineare che tutte le leggi che sono state fatte negli ultimi 8 o 9 anni sulla giustizia hanno avuto l'effetto (cercato probabilmente) di allungare i tempi e non di ridurli (le camere penali sono state parecchio in silenzio in questi casi). A qualcuno (forse tanti!) conviene che la giustizia non funzioni.

 

 

Sulla prescrizione vorrei dire che secondo me questa non deve essere nè lunga nè corta, ma deve essere il tempo giusto a produrre il risultato che si prefigge, cioè la certezza del diritto.

 

Non puo' essere solo l'esigenza della certezza della pena a determinare la prescrizione che sulla base di questo solo principio dovrebbe essere eterna o se vogliamo avvenire solo con la morte dell'imputato.

La prescrizione va in realta' contro il traguardo della certezza della pena per il singolo imputato di procedimento giudiziario e si giustifica invece con l'esigenza che la giustizia venga applicata prima di tutto in maniera equa e poi in maniera efficiente. In assenza di prescrizione, magistrati "deviati" potrebbero piu' facilmente accanirsi selettivamente contro specifici individui o specifici reati, trascurandone altri.  La presenza di prescrizioni veloci per reati di minore importanza limita l'abuso di quei magistrati che volessero accanirsi su reati di minori importanza trascurando quelli maggiori. La presenza di prescrizione legata al singolo procedimento limita il possibile accanimento della magistratura su uno specifico imputato. D'altro canto prescrizioni troppo brevi specie per reati complessi possono alzare troppo la probabilita' di non venire puiniti.

In definitiva, la prescrizione limita accanimento e inefficienza, va conto la certezza della pena per il singolo imputato anche se va a favore di una certezza della pena che sia piu' equamente distribuita e sulla base di questi effetti contrapposti va decisa, reato per reato.

Mi pare che il concetto di EFFICIENZA sia abbastanza lontano dalla gestione della cosa pubblica in generale, e molto lontano dalla gestione della Giustizia.

Se ogni Tribunale avesse un DIRETTORE GENERALE (e scusate la deformazione professionale, privilegierei quelli di estrazione "contabile") che cominciasse a mettere in fila i costi (per processo, o per tipo di processo) il numero di pratiche gestite da ciascun magistrato (un pò di "tempi e metodi", come si usa fare in fabbrica per calcolare la "distinta base" di un prodotto), si avvalesse di qualche esperto di sistemi informativi,  se ci fosse un sistema retributivo e di incentivazione legato alle performance (con tutte le cautele "costituzionali" del caso), insomma, se ci fosse un pò di CONTROLLO DI GESTIONE,  le cose andrebbero mooooooolto meglio.

Non scendo di molto nella discussione (Marco Boninu ha proposto delle questioni ragionevoli, e anche le obiezioni di chi mi precede sono fondate), ma vorrei che fosse svolto meglio il tema della prescrizione.

Ricordo che la "prescrizione" si introduce perchè a una certa distanza da un reato lo Stato potrebbe non avere interesse a perseguire quel reato, non perchè ci sia un "traguardo".

Invece, in  Italia, a causa di una classe politica inefficiente (formata sostanzialmente da avvocati..), di una giustizia amministrata con interessi corporativi, e di una corporazione, quella degli avvocati, più potente di tutte, la prescrizione è diventata un traguardo.

Lei a questo proposito nulla dice. I tempi (lunghi, morti, passivi, faccia lei) sono accorciabili, le soluzioni proposte (inclusa la notifica elettronica, che costerebbe decisamente meno) voi dite sono attuabili ?

Bene, dite come volete sia fatta la notifica , ed anche a questo proposito noto il suo silenzio, salvo affermare genericamente:

 

ritengono doveroso, per tutto il consesso dei giuristi italiani, pretendere che la notifica della citazione a giudizio sia una cosa seria, ben diversa da quella che oggi ci regala il poco onorevole lusso di primeggiare tra i partner europei per le condanne della Corte Europea dei diritti dell'uomo per violazione del diritto dell'imputato a partecipare

 

Nel documento linkato c'è solo l'affermazione tautologica, che la notifica deve essere inviata (almeno la prima, poi c'è dibattito sul resto) all'indagato o imputato, oltre una generica affermazione riguardo la necessità di "notificare anche a chi si rende irripeperibile", ovvero latitante, perchè la "contumacia" è una barbarie.

Non sfugge che c'è un piccolo particolare: Bernardo Provenzano e Totò Riina non hanno ricevuto la notifica per il processo a loro carico, e sono stati condannati all'ergastolo in "contumacia".

Errore di diritto ?

Fino a quando la prescrizione è un traguardo, è solo interesse della difesa arrivare al traguardo, diciamo che lo si potrebbe contemperare con un "obbligo di tempi certi" da parte dell'accusa, a cui far seguire non la prescrizione, ma penalizzazioni per il giudice, anche economiche, con incentivi per chi invece riesce a portare il processo nei tempi giusti. Scommetto che ci saranno le corse...

 

 

È passato più di un anno da quando scrissi l’articolo sulla procedura. Ne parlai subito ad uno dei più noti penalisti di Bolzano che, all’epoca, era anche uno dei membri della giunta nazionale delle camere penali. Promise che avrebbe scritto una replica, ma, nonostante le mie petulanti insistenze, non trovava mai il tempo. Prima di pasqua, nella mia disperazione, pensai di rivolgermi, direttamente ai vertici delle camere penali. E così, andai sul loro sito presi gli indirizzi email indicati e scrissi loro chiedendo di prendere posizione. Nessuna risposta. Pensai che, forse, l’email non fosse arrivata, ed allora la riscrissi, inserendo la conferma di lettura. La mail arrivò a tutti e, difatti, alcuni giorni dopo, l’Avv. Zancani rispose che lui avrebbe provato a replicare.

Gli mandai la seguente email

 

 

Egregio Avvocato,  La ringrazio per la Sua cortese disponibilità. Come Le dicevo, credo che sia importante informare correttamente l'opinione  pubblica, dando tutte le versioni anche quelle opposte alla mia.  Come Lei avrà potuto verificare nel blog, gli autori e, nemmeno io, non sono teneri con la magistratura e le sue rivendicazioni coroporative e sono favorevoli alla separazione delle carriere, purchè sia garantita l'indipendenza del PM. Non avendo un'idea chiara sul funzionamento dei nostri meccanismi, chiedono di capire e per capire hanno bisogno delle differenti visuali da parte degli operatori della giustizia. Dunque Le spiego come intervenire. Se vuole, può registrarsi e mettere un commento al mio articolo, ma, secondo me non è consigliabile, in quanto la cosa non avrebbe il necessario risalto. Lei dovrebbe scrivere un articolo, limitato agli aspetti puramente  procedurali, compresa la problematica delle notifiche, sulla quale sono intervenuto qui

http://www.noisefromamerika.org/index.php/articles/La_Giustizia_II%3A_

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se vuoel scrivere un articolo contro la magistratura, è autorizzato fin d'ora e glielo sottoscrivo a scatola chiusa :-). Tuttavia, sarebbe un articolo diverso e ulteriore. Allo stato limitiamoci a quello strettamente procedurale.

 

 

  

Il risultato lo avete potuto leggere. Inutile dire che l’articolo mi ha tremendamente deluso. Alcuni dei lettori hanno già evidenziato come si tratti di vuota propaganda.

La cosa che più mi sconcerta è la scarsa considerazione che l’autore del post dimostra per la capacità di discernimento dei lettori. Del resto, questo è lo stesso atteggiamento della nostra classe politica, incarnata perfettamente dall’attuale presidente del consiglio. Il popolo bue non deve capire, deve credere e, possibilmente, obbedire e combattere. Altri pensano per lui, perché “sanno” cosa è bene per il popolo.

Non c’è, in tutto il post, un solo argomento con il quale si provi a spiegare ai lettori perché io sbaglio nella descrizione degli istituti ovvero perché quegli istituti sono giusti. Si dice solo che l’ANM (come se io fossi o rappresentassi l’ANM) vuole abolire le “garanzie”.

L’ultima cosa che io voglia fare, è abolire le garanzie. Dico solamente che esse devono essere sensate ed essere coerenti con il sistema.

Mi spiego con alcuni esempi. Nello scorso autunno ho passato un istruttivo periodo di scambio nella Procura di Norimberga. Non ho trovato il loro sistema condivisibile sotto molti profili. Ho visto delle scene per me estremamente sgradevoli come processi con imputati mandati a scontare delle pene detentive, pur non particolarmente elevate, senza che fossero assistiti da un difensore. Nel mio articolo sulla procedura ho spiegato che cos’è e come funziona il principio di immediatezza. Questo principio ce l’hanno anche in Germania. La fondamentale differenza sta nella, assoluta, coerenza del sistema. Difatti, nei processi, chiamiamoli banali, è previsto che il testimone venga risentito anche nel secondo grado di giudizio che si svolge nel merito. Nel contempo, nei processi complessi che possono arrivare a condanne come l’ergastolo, la deposizione del testimone non viene verbalizzata e non è previsto alcun appello nel merito. In sostanza, dopo la condanna in primo grado rimane la sola istanza di legittimità. Questo sistema a me non piace, ma è una logica e coerente applicazione del principio di immediatezza. In Italia gli avvocati vogliono l’applicazione del principio in primo grado e l’appello inquisitorio in secondo grado, come dire, la botte piena e la moglie ubriaca. La cosa è talmente evidente ed illogica che non provano ad argomentare in difesa del nostro sistema. Deve essere così, punto e basta, in nome delle “garanzie”. La coerenza logica, prima ancora che sistematica, è un optional. Senonché le condanne dalla Corte europea per i diritti dell´uomo che le becchiamo noi, mica i tedeschi...

Un altro esempio, le notifiche, sempre in confronto con la Germania. In Germania l’imputato deve essere presente al processo, sempre. Se non può intervenire, deve mandare una giustificazione. Trovo la cosa assolutamente sensata per due motivi. Da un lato l’aspetto rieducativo: la partecipazione al processo costringe l’imputato a confrontarsi con il fatto a lui contestato e con le conseguenze di esso, laddove lo abbia commesso. Inoltre, anche qui, si ha una logica e coerente applicazione del principio di immediatezza. Non si capisce, infatti, perché il giudice debba farsi un’idea del testimone vedendolo, mentre non ha il diritto di farsi un’idea dell’imputato. In Italia, l’imputato può, liberamente rimanere lontano dal processo. Bene, facciamo finta che sia giusto così. La cosa grottesca, tuttavia, è che gli dobbiamo continuamente correre dietro con le notifiche. Un esempio? Processo che passa attraverso l’udienza preliminare. All’imputato viene notificata la data dell’udienza. Il giorno del processo, l’imputato non compare. Bisogna notificargli la data dell’udienza dibattimentale. Nel processo il PM contesta un’aggravante. Imputato non presente, nuova notifica, e via di questo passo. Alla fine bisogna notificargli anche la sentenza. Posso pretendere che, se l’imputato per sua libera scelta, decide di non presentarsi al processo, dopo la prima udienza la cui data deve, giustamente e necessariamente, essergli notificata, poi si informi per conto suo sul successivo andamento del processo?

Il vero motivo per cui il nostro processo non funziona, lo dicono gli stessi avvocati nello studio Eurispes linkato dall’Avvocato Zancani (pag 3) in alto

 

Riti alternativi? Non funzionano. La percentuale di processi dibattimentali che si celebrano con rito ordinario copre il 90,6% dei casi monitorati (a Roma l’80,7%), mentre il 9,4% si svolgono con riti alternativi: 5,4% con rito abbreviato, 4% con patteggiamento.

 

Affinchè il processo accusatorio potesse funzionare, il rapporto avrebbe dovuto essere inverso 80%-90% riti alternativi e, massimo 20% riti ordinari. Questa è la causa del male perché essa alimenta ulteriormente il circolo vizioso, dibattimenti, prescrizioni, ancora più dibattimenti, ancora piú prescrizioni, da me descritto nell’articolo sulla procedura. E´ appena il caso di aggiungere che i magistrati sulla scelta del rito non hanno nessuna influenza. Si tratta di scelte che fanno i difensori con i loro clienti. E quali sono gli incentivi ad andare a dibattimento anziché scgliere un rito alternativo é altrettanto evidente.

I lettori hanno capito, leggendo il post dell’Avvocato Zancani, cosa sono le Camere penali, c’è ben poco da aggiungere sul punto.

Se volete sapere che cosa gli avvocati intellettualmente onesti pensano veramente del codice di procedura penale italiano, guardatevi questo video e capirete molte cose.

 

 

 

 

Inutile dire che l’articolo mi ha tremendamente deluso.

 

 

Non so se ti ricordi, ma io avevo replicato al tuo articolo quando è stato pubblicato e ho cercato nel mio piccolo di rispondere nel merito... ne era nata una discussione interessante, a mio parere, e quindi mi devi permettere una battuta: il problema è che io sono un giovane avvocato e non ricopro nessuna carica in nessun Consiglio dell'Ordine nè presso le Camere Penali (alle quali non ho rinnovato l'iscrizione quest'anno!), pertanto giustamente hai cercato interlocutori più autorevoli... il collega che ha risposto alla tua chiamata è sicuramente più autorevole e preparato di me, ma forse non ha trovato il tempo per entrare nel merito... spero che lo faccia nei prossimi giorni.

Io ribadisco tutto quello che avevo scritto l'anno scorso, rispondendo, se la memoria non mi inganna, ad ognuno dei punti che tu avevi trattato.


Sottolineo ancora una volta che, se il problema della giustizia è la sua lentezza, allora gli avvocati non hanno nessuna responsabilità, perchè non hanno alcun controllo sui tempi del processo. Anche il legittimo impedimento (unica "vicenda" esclusivamente attribuibile al solo avvocato), tengo a precisare, è un istituto che si basa su presupposti precisi... cioè sulla legittimità dello stesso, appunto! Chiariamo: non è che l'avvocato manda il fax in cancelleria "chiedo rinviarsi, perchè oggi voglio starmene sotto le lenzuola al calduccio"... rinvii di questo tipo si chiedono per motivi legittimi (malattia, lutto, emergenze di vario tipo...) e documentabili. In ogni caso, è il giudice che concede il rinvio, limitandosi l'avvocato alla semplice richiesta... pertanto, nel caso di rinvio per legittimo impedimento che non doveva essere concesso, non vedo perchè mai la colpa debba essere dell'avvocato e non del giudice!

Ah, ci tengo a precisare che il discorso sui riti alternativi è sacrosanto ed io ne avevo parlato proprio commentando l'articolo di Axel dell'anno scorso.

Saluti.

Non intendo sottrarmi al contraddittorio, ma mi rendo conto che occorre del tempo per rispondere compiutamente a tutte le Vostre sollecitazioni. Purtroppo i miei processi non si chiudono (mai) in cinque minuti: in questi giorni sono, oltretutto, sotto una eccezionale pressione lavorativa. Nel weekend spero di riuscire a dare una articolata risposta alle Vostre gentili osservazioni.

Ovviamente sarà mera propaganda frutto della mia evidente e marcata disonestà intellettuale.

 

 

 

Non credo sia in dubbio l'onestà intellettuale di alcuno. Per quanto riguarda invece la propaganda (intesa come propensione a sottolineare gli aspetti della questione che sono favorevoli alla propria parte o al proprio punto di vista) credo vi sia qualche dubbio in più. Il problema è che ci sono alcuni dati di fatto incontrovertibili (difese che spesso puntano alla prescrizione come soluzione del problema, riti alternativi pressochè inutilizzati e, last but not least il fatto che gli avvocati sono sempre assai ben rapppresentati in parlamento e nei ministeri, ecc.), che richiederebbero almeno qualche "concessione". Le sue argomentazioni diventerebbero più interessanti se fossero accompagnate da qualche proposta in cui viene riconosciuta qualche ragione alla controparte. In altri termini dovrebbe accettare di fare in parte anche l'avvocato del diavolo...

 

Gentile Avvocato,

non finirò mai di stupirmi...

Ho pubblicato la mail che Le mandai per dirLe quale sarebbe stato l'argomento del Suo intervento.

La mail è quella o no?

Può smentirmi sul punto?

Spieghi ai lettori se il Suo post corrisponde al tema delineato.

Non comprendo la Sua meraviglia di fronte alla reazione dei lettori. Lo ha scritto Lei quel post?

Al di là di questo, Le sarei veramente grato se volesse finalmente entrare nel merito delle questioni, anzichè fingersi offeso e fare dell'ironia.

Dica, finalmente perchè quegli istituti sono giusti, spieghi perché i riti alternativi non funzionano, prenda posizione su ciò che dice il Suo collega, mica un magistrato, in quella trasmissione televisiva. È vero o no quello che dice quel legale? Può veramente smentirlo? Come?

Quanto ai magistrati, guardi, gliel’ho detto e lo dissi anche al Suo collega che tentò, anche lui, di uscire dal tema polemizzando sui magistrati, con me sfonda una porta aperta. Sono il primo a dire che difendono i propri interessi corporativi a partire dalla sciocca carriera automatica, confermo anche che le risorse del personale sono distribuite in maniera inefficiente. Confermo anche che ci sono ben 200 (pari, peraltro, al solo 2% della forza lavoro) magistrati che svolgono incarichi al di fuori della magistratura. Quest’ultimo aspetto, Le garantisco, dà un grandissimo fastidio ai tanti peones interni alla magistratura come me, visto che questi incarichi vengono distribuiti con criteri assolutamente clientelari e poco trasparenti.

Scopro dal Suo post che Liviadotti è un raffinato processualpenalista. Certo come esperto di procedura penale è meglio che come giornalista. Basta ascoltare un gustosissimo siparietto tra lui ed il presidente ANM, Luca Palamara. Durante una trasmissione radiofonica il buon Liviadotti dichiara ripetutamente che l’ordinamento giudiziario riformato “non è ancora entrato in vigore”. La riforma è entrata in vigore nel 2006… Complimenti al giornalista, non c’è che dire. E così non sapendo Liviadotti di che cosa si stia parlando, Palamara ha buon gioco nel dire che grazie alla riforma sarebbe cambiato tutto, quando, nella realtà, è cambiato ben poco. Io il libro non l’ho ancora letto, ma stando alle anticipazioni contiene una serie di informazioni assolutamente mistificatorie e che potranno essere smontate con fin troppa facilità da chi è addetto ai lavori.

Dunque, Avvocato, La prego, arrivi al sodo. Finalmente. Le saremmo, tutti, veramente grati. È più di un anno che aspettiamo…

 

 

Ovviamente sarà mera propaganda frutto della mia evidente e marcata disonestà intellettuale.

Ah, davvero? Allora non ci interessa :-)

 

Nel weekend spero di riuscire a dare una articolata risposta alle Vostre gentili osservazioni.

Ovviamente sarà mera propaganda frutto della mia evidente e marcata disonestà intellettuale.

 

Non penso che quello che scriverà sarà frutto di "evidente e marcata disonestà intelletuale", ma di strabismo. Fra la teoria di chi comunque studia e applica il "diritto" e la pratica che vede l'avvocato "parte" nel processo, e quindi desiderosa solo di "vincere" . La talloneremo fino all'ultimo su questo punto, non si preoccupi.

Piuttosto non vorrei pensasse che qui abbiamo la "prescrizione": fra un anno potremmo ripescare quello che ha detto (o non detto) e rinfacciarglielo, soprattutto la "latitanza" dal contradditorio non depone bene. Buon week-end e a lunedì.

forse può interessare a qualcuno.

c'è anche il video

http://www.report.rai.it/R2_popup_articolofoglia/0,7246,243%255E1072244,00.html

 

In effetti, l'articolo è debole, molto debole. Ma forse l'estensore non aveva letto con attenzione gli altri articoli che qui si pubblicano ed il livello a cui si discutono le cose. Non tutti i blogs sono uguali, e quando ci si abitua ai dibattiti stile Ballarò, si pensa che il resto del mondo dibatta allo stesso basso livello.

Ritengo il caso di concedere a Zancani il beneficio dell'inventario e chiedergli, come dire, di attrezzarsi per il dibattimento. Per una volta la dilazione sembra legittima per dare alla difesa il tempo di studiarsi gli argomenti, cosa che sino ad ora non sembra aver fatto.

Son certo che la settimana prossima avremmo degli argomenti degni di quel nome, con fatti, dati, tacchi, dadi e datteri. E magari anche la coerenza logica come sovrappiù, che la coerenza logica non guasta mai.

Nel frattempo, vorrei fare una domanda all'avvocato, o agli avvocati penalisti che ci leggano o che ci possano leggere. Sono altamente curioso di sapere:

che ne pensino gli avvocati penalisti italiani della recente legislazione (disegno di legge n. 1415) approvata dalla maggioranza su intercettazioni da un lato e diffusione a mezzo dei media degli atti giudiziari non secretati.

Chiedo scusa se "riapro" questo thread con molto ritardo, purtroppo non riesco a leggere con tempestività tutto quello che NFA pubblica.

Premetto di non essere un esperto del settore Giustizia, però sia da questa discussione, sia dal filmato di Exit linkato nei commenti, sia da un paio di capitoli di Toghe Rotte che ho letto recentemente, sembra che le "notifiche" siano un problema che genera parecchi ritardi.

Per cui mi chiedo se si avrebbe un beneficio se si imponesse che le notifiche fossero recapitate sempre presso l'avvocato difensore (nel filmato di Exit l'avvocato scoraggia la cosa, quindi ad oggi è permessa ma non obbligatoria). Vedo difficile che un avvocato trasferisca lo studio ogni mese.

Se sorgessero questioni sulla garanzia e riservatezza della cosa (che mi sembrerebbero questioni di lana caprina, in fondo ho delegato un professionista a difendermi, mi pare corretto che sia informato quanto me e con tempestività del procedere della causa) si potrebbe sempre pensare ad un sistema informatico per il recapito delle comunicazioni (semplifico dicendo webmail per comunicazioni giudiziarie). Oltretutto (e qui le parlo da ingegnere informatico - lo ammetto, sono in palese conflitto di interessi) un sistema del genere sarebbe costruibile in tempi rapidi (mal contato dico un anno) con buoni livelli di sicurezza e con costi contenuti. Con un milione di euro di budget si può già pensare di realizzare un sistema decisamente solido valido per l'intero ambito nazionale.