Guantanamo, il Giudice e la Legge

/ Articolo / Guantanamo, il Giudice e la Legge
  • Condividi

Dove ci divertiamo a fare qualche considerazione su Guantanamo e i giudici che tollerano ciò che vi avviene...

Questo non vuole essere un post giuridico o troppo tecnico, ma fatalmente un po’ di gergo legale potrebbe scapparci. Se a un certo punto vi sentite smarriti (per nostra colpa) o siete scoraggiati dal gergo legale, vi invitiamo a tornare all'inizio del post per rileggere le seguenti parole.

 

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.

 

E’ l’articolo 5 della la convenzione universale sui diritti dell’uomo, alla quale la maggior parte delle nazioni ha deciso di vincolarsi. Il senso di  quello che andremo raccontando è tutto lì. E visto che parleremo di Stati Uniti, ricordate che la frase sulle punizioni crudeli, inumane e degradanti è praticamente presa di peso dall'ottavo emendamento della costituzione americana (''Excessive bail shall not be required, nor excessive fines imposed, nor cruel and unusual punishments inflicted'').

Il 10 agosto, il noto autore di romanzi gialli e avvocato John Grisham, ha pubblicato sul New York Times un articolo  in cui narra la vicenda di un detenuto a Guantanamo, imprigionato fin dal 2001, senza accusa e senza processo e mai liberato, nonostante vi siano stati due inviti in tal senso da parte delle stessa autorità statunitensi. L’articolo è stato tradotto in italiano e pubblicato su Repubblica, il 15 di agosto. Purtroppo abbiamo solo il link alla versione in inglese, comunque, non troppo difficile (dopo aver letto la versione italiana, l’abbiamo capita perfino noi…).

Questa storia, pubblicata su uno dei principali quotidiani italiani, non sul giornalino della bocciofila di Vattelapesca, è passata nella generale indifferenza. Ok, d’accordo era ferragosto, ma, in generale, non si può dire che Guantanamo appassioni particolarmente l’opinione pubblica e anche i politici italiani ed europei. Basti pensare alla, ben più vigorosa, reazione avuta quando scoppiò lo scandalo dello spionaggio sistematico svelato da Snowden. La verità è che la questione non ci interessa. Non ci interessa forse perché tocca, in prevalenza, cittadini mediorientali di religione musulmana che, per definizione, sono brutti, sporchi e cattivi.

Se questa è l’amara conclusione a noi torna in mente un famoso aforisma che pare sia di Brecht secondo cui

 

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare.”

 

Ci potremmo fermare qui, ma la vicenda raccontata da Grisham, ci ha fatto tornare in mente un’intervista al giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Antonin Scalia, pubblicata poche settimane prima dove si prova a giustificare i metodi amerikani di lotta al terrorismo. Scalia, invitato dall’Istituto Bruno Leoni per tenere una relazione, parlò con un giornalista del Corriere della Sera, tentando di giustificare, sotto il profilo giuridico, il comportamento del suo paese. Questa intervista ci ha spinto  a qualche riflessione – da filosofi di quart’ordine – sulla natura della legge e dei diritti da essa tutelati.

La storia di Guantanamo ha infatti strettamente a che fare con la procedura penale, ossia l’insieme di regole attraverso il quale una persona può essere giudicata colpevole di un reato. I maestri della procedura sono gli anglosassoni. Sono loro ad avere inventato l’habeas corpus, sono loro ad aver previsto la necessità di un giudice non prevenuto che deve vedere e sentire personalmente i testimoni dell’accusa e della difesa, i quali devono poter essere controinterrogati dalla rispettiva controparte. Anche il nostro codice di procedura penale, pur con i suoi aspetti ideologici e deleteri di cui abbiamo discusso alcuni anni fa, si ispira a questi principi ed è un bene che sia così. In fondo, questi diritti non sono che una manifestazione di un principio evangelico, comune anche a molte altre religioni: non fare ad altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.

Ciascuno di noi, se sottoposto a processo vorrebbe:

- non essere sottoposto a carcerazione preventiva o esserlo per il tempo minimo possibile;
- conoscere tempestivamente l’accusa per la quale  subisce il processo;
- avere in tempi rapidi un giudizio, di fronte ad un giudice neutrale rispetto all’accusa;

Sono principi elementari, patrimonio comune di solo una parte dell’umanità, di cui però gli Stati Uniti sono i maestri ispiratori.

A maggior ragione stupisce quanto sta avvenendo laggiù dal 2001 a questa parte. Nel nome della santa lotta al terrorismo, dei civili, considerati appartenenti o vicini ad organizzazioni estremistiche di matrice islamica, vengono sequestrati, sottoposti a tortura, deportati e detenuti a Guantanamo, e lì trattenuti per anni, senza una formale contestazione, un processo, una data entro la quale la custodia debba, in assenza di una condanna definitiva, avere termine. Si tratta di uno stravolgimento di principi di diritto elementari, principi di cui proprio gli anglosassoni, come detto, sono stati dei maestri. Proprio per l’abnormità dell’intera vicenda, è interessante capire come un giudice costituzione quale Scalia giustifichi il tutto.

L’intervista inizia facendo riferimento ad un discorso di Obama, in occasione del quale lo stesso Presidente americano ammetteva che gli Stati Uniti avevano violato i principi del proprio ordinamento giuridico e, quindi, l’intervistatore chiede se i metodi di lotta utilizzati siano compatibili con la costituzione degli USA. Scalia risponde:

 

“La nostra Costituzione protegge i non-americani quando sono in America, ma non limita le attività del governo all'estero, eccezion fatta quando si tratta di cittadini americani. Questa è la legge.”

 

Da questa risposta traiamo due conclusioni. Sul territorio degli Stati Uniti, il Governo deve rispettare l’habeas corpus, non sequestrare le persone, non torturare. Tale obbligo vale per tutti, siano essi cittadini americani o stranieri. Diverso è il caso in cui il Governo operi all’estero. Nel qual caso è necessario distinguere tra cittadini americani (tutelati dalle norme) e tutti gli altri (privi di qualsiasi tutela giuridica).

Il principio, di per sé, è assolutamente ovvio. Una Costituzione regola i rapporti tra lo Stato ed i suoi cittadini, nonché le regola applicabili sul suo territorio. Non avrebbe alcun senso prevedere delle regole per fatti che avvengono in altri stati. Per i rapporti con gli altri stati vi sono i trattati internazionali. Qualora gli USA dovessero aver previsto per legge la possibilità che propri funzionari possano sequestrare persone e torturarle, purché siano al di fuori degli Stati Uniti e ciò avvenga solo nei confronti di cittadini stranieri, commetterebbe una plateale violazione della sovranità degli Stati ove tali fatti dovessero avvenire.

In ogni caso, al di là delle “sottigliezze” giuridiche cui si aggrappa Scalia, egli dimentica un piccolo particolare: anche a Guantanamo pare sia stata applicata, sistematicamente, la tortura, e Guantanamo dovrebbe essere territorio sottoposto alla giurisdizione degli Stati Uniti, ma su questo ci torniamo dopo.

Il giornalista cerca di fare notare l’obbligo di rispettare principi universalmente accettati da tutti gli ordinamenti democratici, ma Scalia non accetta l’obiezione. Egli risponde che gli Stati Uniti sono tenuti solamente a rispettare i trattati che hanno sottoscritto e che gli USA non avrebbero sottoscritto convenzioni che vietano la tortura. Così ribatte Scalia: 

 

«Certo. E nella misura in cui le abbiamo sottoscritte, sono diventate leggi americane che vincolano l'esecutivo. Ma non ne conosco una, in tema di guerra al terrorismo, che limiti le azioni degli Stati Uniti contro i nemici che ci attaccano…».

 

Scalia però dimentica un trattato che gli Stati Uniti dovrebbero aver sottoscritto e che, anzi, fu scritto proprio su loro impulso, vale a dire proprio la convenzione universale sui diritti dell’uomo, dalla quale siamo partiti 

 

“Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.”

 

Non c’è, riteniamo, molto da aggiungere sul punto.

Nei due passaggi successivi dell’intervista Scalia supera veramente sé stesso. Dapprima egli fa presente che i “terroristi” non possono invocare la convenzione di Ginevra in quanto essi non sono

 

 “… un esercito, soggetto al comando di qualcuno, che indossa un'uniforme. I terroristi non indossano uniformi, giusto? Ginevra si applica nel caso di una guerra e non si applica a chiunque decida di far esplodere una scuola o un grattacielo.”

 

La motivazione ricorda molto da vicino quella in forza della quale la Wehrmacht impiccava i partigiani a pali del telefono con al collo il cartello “achtung banditen”: non erano soldati in uniforme, ma solo terroristi e quindi per loro niente convenzione di Ginevra.Ma senza farci prendere dalla emotività della lotta partigiana, la tesi di Scalia è anche logicamente fallace.Se i “terroristi” non sono soldati perché non c’è una guerra, ne deriva che sono dei civili ai quali si applicano o, meglio, si dovrebbero applicare, le regole dello stato di diritto in tempo di pace. Poiché essi sono detenuti a Guantanamo, un territorio sotto l'amministrazione e il controllo degli Stati Uniti, si applica, o, meglio, si dovrebbe applicare, l’habeas corpus e non possono essere torturati.

Se siete giunti a questa conclusione non avete però fatto i conti con l’ineffabile giudice. Messo davanti alla questione Guantanamo, egli risponde così

 

 “Il tema non è se uno possa essere detenuto laggiù, ma se vi possa rimanere senza un processo civile. I detenuti a Guantánamo sono stati giudicati da commissioni militari, cosa normale in guerra. Nessuno delle centinaia di migliaia di tedeschi catturati nella Seconda guerra mondiale ebbe un processo civile negli Usa, furono giudicati da tribunali militari.”

 

Adesso non capiamo più niente...

In pratica, secondo Scalia, il sistema è questo. Finchè quelli che dei funzionari governativi amerikani ritengono essere dei “terroristi islamici” si trovano all’estero, sono solo degli stranieri civili nei confronti dei quali gli USA possono fare qualsiasi cosa, sequestrarli, torturarli e poi deportarli in territori sotto giurisdizione americana, perché, non essendo in guerra, non si applica la convenzione di Ginevra. Dopodiché, una volta atterrati sul territorio di loro giurisdizione, i “terroristi”, per mutazione genetica, si trasformano in soldati di uno stato fantomatico, che solo Scalia pare conoscere ed ai quali non si possono applicare le regole previste per i civili.Questo è ciò che dice uno dei custodi della Costituzione americana.

Lo strumento grazie al quale si riesce a produrre questa mutazione genetica, è proprio Guantanamo stessa. Pare che la  base americana a Cuba abbia l’invidiabile caratteristica di avere uno status giuridico del tutto peculiare ed unico, tale da consentire l’interpretazione per la quale essa – detto con elegante terminologia giuridica - non sarebbe né carne e né pesce.

Guantanamo è formalmente territorio cubano, ma in base ad un contratto di affitto (senza scadenza) sottoscritto nel lontano 1903, “la Repubblica di Cuba consente che durante il periodo dell’occupazione da parte degli Stati Uniti  di tali aree, gli stati Uniti eserciteranno completa giurisdizione controllo”. Per il leguleio che è in noi, “giurisdizione” significa competenza dei giudici USA secondo le regole procedurali e sostanziali USA, dato che l'alternativa sarebbe, per assurdo, giurisdizione cubana, secondo le regole procedurali e sostanziali di quel paese o, alternativa ancora più assurda, Guantanamo sarebbe un luogo senza diritto e senza giudici, cosa che, sulla terra, non esiste, o, meglio, non dovrebbe esistere. 

In realtà, sembra che le cose stiano molto vicine alla nostra terza ipotesi. L’interpretazione prevalente che viene data da numerose sentenze della corti federali e della Corte  Suprema USA è che l’area è soggetta alla formale sovranità cubana, ma il governo USA può gestire il territorio come gli pare, senza essere vincolato dalle norme che si applicano automaticamente sul territorio nazionale. Diretta conseguenza di questa interpretazione e che Guantanamo diventa la prigione ideale e chi viene detenuto colà, si trova in un limbo giuridico, nel quale, sostanzialmente, tutto è permesso. Come furbata da legulei dovete ammettere che è di classe. 

Il dibattito sul punto è molto acceso e, come detto, questo non vuole essere un post giuridico, tuttavia se avete voglia di approfondire, andate su google, inserite come ricerca “guantanamo legal status” e ne leggerete delle belle (qui e soprattutto qui per un assaggio).

Ma torniamo a Scalia. Egli, con le sue contorsioni logiche prima che giuridiche, arriva stracciare secoli di civiltà per una mera questione ideologica. Durante la sua permanenza in Italia, tra il tripudio dei garantisti a senso unico di italico suolo, pare abbia fatto un discorso contro “l'attivismo giudiziario” che sarebbe

 

“un abuso di potere e distrugge la pretesa dei magistrati di essere il legittimo arbitro finale del significato della legge”.

 

Chiara l’allusione alle c.d. “toghe rosse” italiane. Senonchè, nessuna toga rossa italiana si sognerebbe mai di anteporre le proprie opinioni ideologiche ai principi sunnominati... La parola chiave di questa storia (che ci spinge alle considerazioni di quart’ordine) è proprio “interpretare”.

Il concetto di interpretazione, ci dice che non si può fare esclusivo affidamento sulla astratta “Legge” (con la L maiuscola) per la tutale dei propri diritti. Una famosa battuta in voga tra i legulei, recita che la legge “si interpreta per gli amici e si applica per i nemici”: Ci sarà sempre un’interpretazione, un parere pro-veritate, un precedente, un’eccezione, un’esigenza superiore a disposizione di chi vuole calpestare un diritto.

Bisogna prendere atto che anche la migliore delle costituzioni, da sola, non è sufficiente a garantire tutela piena ai diritti. Essa necessita di un ambiente di contorno, dato dalle giuste condizioni economiche, politiche  e sociali perché i principi in essa espressi possano trovare piena applicazione. Ci sono voluti quasi cento anni (e una guerra civile incredibilmente violenta e sanguinosa) perché la schiavitù venisse abrogata in negli Stati Uniti d’America, nonostante la sua costituzione liberale, e altri cento anni e un movimento di massa tra i più estesi nella storia del paese perché i diritti dei neri trovassero piena attuazione e garanzia.

Un altro paese, di tradizione e costituzione democratica come la Francia, si servì della tortura e si sporcò abbondantemente le mani di sangue durante la guerra d’Algeria. La Gran Bretagna, patria dell’habeas corpus, in piena decolonizzazione, non esitò a pratiche di tortura e coercizione collettiva per stroncare la rivolta dei Mau Mau in Kenia. E così via…

E allora ? Le costituzioni sono carta straccia ? Vuote enunciazioni di principio e contano solo i contesti economici e sociali di contorno a indirizzarne la reale portata ? Si e no. Il fatto semplice è che la costituzione da sola non basta. Per esempio, la costituzione sovietica del 1936 era, sulla carta, una delle più democratiche della storia, ma tutto ciò non impedì il terrore staliniano.

Perché una costituzione liberale o democratica funzioni, occorrono anche altre cose: una magistratura indipendente, la libertà dei commerci, l’assenza di monopoli e così via. Ma anche così, di fronte ad eventi traumatici, come una guerra o atti di terrorismo eclatanti, ci saranno leggi la cui costituzionalità verrà “interpretata” in maniera utile a chi ha emanato quelle leggi, esattamente come fa Scalia.

Ma allora a che serve una “Carta dei Diritti”, se tutto si interpreta? Serve, perché è proprio l’esistenza di una costituzione  a consentire alle minoranze alle quali i diritti non vengono riconosciuti, di ottenere, in futuro, il riconoscimento di quegli stessi diritti. E questo riconoscimento non potrà avvenire che attraverso strumenti giuridici.

Citando Nanni Moretti in “Caro Diario”, ci potremmo giocare una palla -  non due, ma una si -  che tra dieci anni i diritti oggi calpestati a Guantanamo, verranno riconosciuti e le corti statunitensi inizieranno a condannare il governo USA per l’ingiusta detenzione fatta subire ai prigionieri. E’ solo questione di tempo, ma certo tutto ciò non allevia la condizione di chi, oggi, si ritrova detenuto senza che le procedure normali di difesa dei diritti degli imputati vengano rese operative.

Indietro

Commenti

Ci sono 45 commenti

Senza dubbio è irrilevante in merito all'argomento del post, ma la frase in questione risulta non sia di Brecht:

http://www.webnews.it/2008/05/29/parole-virali-come-un-video-di-youtube/

per la segnalazione, era parso strano anche a noi.

Bell'articolo che mi ha fatto sorgere alcune curiosità che spero qualcuno, più dentro le cose ammerigane, possa soddisfare:

1.Qualcuno sa l'americano "medio" in che misura sia a conoscenza di quel che succede a Guantanamo?

Lo chiedo perchè (da quelli con cui parlo io e da film/serie televisive) ho l'impressione siano convinti che la loro sicurezza/giustizia sia limitata dal loro ipergarantismo, unici in un mondo malvagio e prevenuto (vedi isterismi collettivi per Amanda Knox, giudicata in un paese straniero!). Sanno di Guantanamo ? Se sì, qual è la reazione? Indifferenza, critica o accettazione ("noi siamo i buoni, noi possiamo") ?

2. A me sembra che nei confronti di Obama ci sia una tolleranza da parte della sinistra americana notevole, impensabile per Bush. Penso a Guantanamo, ma anche ai bombardamenti con i Droni. Perchè? Quanto pesa la sua immagine di presidente politically correct, bello, buono, democratico e moderno? Immagine che esiste ed è fortissima, ricordo il Nobel per la pace dato sulla fiducia e immotivatamente. Questa sua immagine incomincia a mostrare crepe? 

Infine: bravissimi. Attualmente gli unici discorsi di politica estera in Italia riguardano la Siria. Argomento di cui tutti siamo espertissimi. Due mesi fa eravamo esperti di Kazzakesi o come si dice, popolo di cui non si hanno più notizie da allora.

Mi piace come NfA porti avanti discorsi approfonditi, distinguendosi dall'approfondimento salottiero (salotto da barbiere peraltro) che imperversa.

PS

Ringrazio Puricelli per aver fatto la figura del precisino al posto mio :-)

Sarò malpensante, ma la ragione per la quale del Kazakistan non si parla più è tutta in questa notizia:

www.repubblica.it/economia/finanza/2013/09/11/news/al_via_la_produzione_nel_giacimento_di_kashagan_eni_e_le_major_brindano_di_andrea_greco-66312689/

perché Obama non é riuscito a chiuder Guantanamo come aveva promesso giá nel 2008?

Una volta ho letto o sentito, non ricordo esattamente che il motivo era dovuto al fatto che non sapeva dove mandare i detenuti. Mi sembra un motivo assurdo, tant´é vero che Grisham scrive che il detenuto di cui ha narrato la storia verrá, semplicemente, rispedito nel proprio paese di origine.

che il signor Lady ha chiesto via lettera la grazia a Napolitano perche' gli atroci atti di cui si e' macchiato sul suolo italiano furono perpetrati con l'assenso e consenso del nostro governo. Nel suo caso il fantomatico "arabo" fu consegnato ai suoi aguzzini Egiziani. Italianisenza macchia?

Il fantomatico arabo, al secolo Hassan Mustafa Osama Nasr era un membro influente di Al-Gama'a al-Islamiyya, un organizzazione considerata terrorista tanto in USA che nella UE, responsabile di numerosi ed efferati crimini. Il simpaticone è stato consegnato al suo paese di origine, all'epoca governato da un presidente regolarmente eletto e pure membro influente dell'Internazionale Socialista, alla quel cessò di appartenere solo nel 2011. In pratica sarebbe stato come consegnarlo a D'Alema & Fassino, all'epoca pure membri influenti di IS, che avrebbero potuto in più occasioni sollevare il problema nell'ambito delle periodiche "riunioni di famiglia", ma non risulta che lo abbiano mai fatto.

Insomma certamente non si tratta di una vicenda edificante, e numerosi reati sono stati commessi, tuttavia io preferisco che questo signore se ne stia in Egitto (o in qualsiasi altro posto) piuttosto che in Italia.

ma c´é una differenza secondo me fondamentale.

In Italia tali comportamenti integrano reato e se vieni beccato ne subisci le conseguenze come é successo a Pollari. In USA c´é un giudice della Corte Suprema che ti dice "bravo, hai fatto bene, tanto questi non sono mica amerikani, sono gente di serie B"

L'origine della tesi di Scalia va ritrovata in parte nella storia stessa degli USA e in parte nel diritto "coloniale", e si basa sull'articolo 4 della Costituzione americana:

"The Congress shall have power to dispose of and make all needful Rules and Regulations respecting the Territory or other Property belonging to the United States; and nothing in this Constitution shall be so construed as to Prejudice any Claims of the United States, or of any particular State."

L'articolo 4 dice che il Congresso ha pieni poteri su tutti i territori e le proprietà appartenenti all'Unione, fatti salvi i diritti dell'Unione stessa o degli Stati dell'Unione.

Per capire l'articolo bisogna considerare che gli USA si sono sviluppati attraverso un'espansione territoriale continua verso ovest con uno schema che prevedeva dapprima l'acquisizione di una regione (dagli amerindi o da potenze europee o euro-americane), quindi la sua organizzazione da parte del Congresso in territorio, ed infine il riconoscimento ai vari territori dello status di "stati federati".

Durante il periodo "territoriale", le leggi dei territori venivano stabiliti dal Congresso federale secondo questo articolo 4, che li organizzava a proprio piacimento (cioè riconosceva poteri locali, a volte più estesi di quelli riconosciuti agli stati federati, oppure non li organizzava per nulla lasciando ogni potere all'esecutivo federale).
Ovviamente i cittadini statunitensi presenti in questi territori godevano della protezione dei diritti personali della Costituzione americana, ma i territori di per se, invece no, poichè non erano Stati dell'Unione, ma proprietà dell'Unione. Questi territori erano a disposizione unicamente del Congresso federale, e così i non-statunitensi ivi presenti (principalmente gli amerindi).

Un passo successsivo (ma non necessario per la creazione di un nuovo stato) è quello che in seguito verrà chiamato "incorporazione" negli stati uniti, cioè una legge federale che ricosceva a tali territori, e ai loro abitanti, i diritti costituzionali.

Ho sottolineato "in seguito" perchè in realtà tutti i territori acquisiti nel Sette-Ottocento erano considerati territori incorporati, in cui cioè la Costituzione si applicava in pieno (unica eccezione: le funzioni degli stati federati venivano esercitate direttamente dal congresso o da organismi da esso delegati).

La definizione di territori non-incorporati avvenne con le prime conquiste coloniali degli Stati Uniti, quando gli USA acquisirono dalla Spagna: Cuba, Guam, le Filippine, Porto Rico...
In questi casi era sconveniente per gli USA estendere la piena cittadinanza americana agli abitanti di queste isole, sia perchè significava ammettere negli USA tantissimi neo-cittadini di cultura notevolmente diversa, sia perché il Congresso poteva così avere mano libera nel disporre dei territori e nel cederli a piacimento, senza le complicanze di doversi prendere cura di milioni di statunitensi che si sarebbero ritrovati ad abitare in territorio straniero da un giorno all'altro.
L'unico vantaggio per gli abitanti di un territorio non incorporato è quello che è giuridicamente più facile ottenere l'indipendenza dagli stati uniti.

Attualmente esistono ancora territori non incorporati degli Stati Uniti, in cui la Costituzione viene applicata per grazia del Congresso (o dell'Esecutivo), e non per forza propria: Porto Rico, Guam, le isole Marianne, le Isole Vergini, le Isole Samoa e varie isole disabitate nel Pacifico.
Questi territori sono considerati appartenenti all'Unione (intesi proprio come proprietà dell'Unione), ma non facenti parte dell'Unione.

Lo status legale della base di Guantanamo deriva da quello di questi territori i, con l'unica differenza che appartiene all'Unione non in proprietà, ma in affitto da Cuba (4 085 dollari l'anno).
I non-americani ivi presenti godono della protezione della Costituzione se e solo se, e nei limiti in cui, il Congresso glielo concede.
Questo secondo il diritto interno americano, a cui poi va aggiunto il diritto che nasce dal trattato americo-cubano, per cui la sovranità dell'area rimane cubana, ma gli stati uniti non possono disporre dell'area se non per quanto previsto nel trattato: cioè come base navale.
Questo giustifica l'utilizzo di tribunali militari in loco invece di tribunali civili.

che la vicenda di Guantanamo possa richiamare quella di Standing Bear, il Ponca deportato nel territorio indiano subito dopo il massacro del Little Big Horn in quanto nemico combattente. Standing Bear venne poi liberato nel 1879, dopo che i suoi avvocati ottennero un habeas corpus writ e un processo presso la Corte di Omaha, sostenendo che Standing Bear non aveva partecipato alla battaglia e quindi era da considerare cittadino americano e non nemico combattente. Negli Stati Uniti, la questione dura da tempo e la tesi consolidata sembra appunto basarsi sui concetti di territorio domestico e cittadinanza. Dove sbaglio?

 

“la Repubblica di Cuba consente che durante il periodo dell’occupazione da parte degli Stati Uniti  di tali aree, gli stati Uniti eserciteranno completa giurisdizione controllo”. Per il leguleio che è in noi, “giurisdizione” significa competenza dei giudici USA secondo le regole procedurali e sostanziali USA, dato che l'alternativa sarebbe, per assurdo, giurisdizione cubana

 

La frase del trattato è:

"the Republic of Cuba consents that during the period of the occupation by the United States of said areas under the terms of this agreement the United States shall exercise complete jurisdiction and control"

"Jurisdiction" non significa "giurisdizione" nella normale accezione che ne danno i giuristi continentali, ma significa "sovranità". Wikipedia sintetizza così:

Jurisdiction (from the Latin ius, iuris meaning "law" and dicere meaning "to speak") is the practical authority granted to a formally constituted legal body or to a political leader to deal with and make pronouncements on legal matters and, by implication, to administer justice within a defined area of responsibility. The term is also used to denote the geographical area or subject-matter to which such authority applies.

Non è esattamente così.

Come si legge in uno degli articoli linkati,

"Their reasoning (l'attuale interpetazione prevalente n.d.r.) is based on a restrictive interpretation of the application of the U.S.Constitution,excluding its protection

except in territories where the United States exercises not only jurisdiction but also full sovereignty."

 

In generale, il grimaldello giuridico che, sino ad oggi, ha consentito di  giustificare la disapplicazione dei diritti costituzionali a Guantanamo è il fatto che di Guantanamo gli USA hanno "possession" ma su di essa non hanno "sovereignity", che invece appartiene a Cuba, anche se non la può esercitare.

 

Ciò tuttavia non ha impedito in passato l'applicazione delle leggi federali sul lavoro.

Per esempio, nel caso Vermilia Brown v. Cornell (nel 1948) la Cosrte Suprema USA  ha stabilito che "agli Stati Uniti sono stati grantiti dall'affitto cubano essenzialmente gli stessi diritti che ha nell'affitto delle Bermuda", considerando di conseguenza sia Guantanamo che Bermuda come "possessions"  per l'applicazione del "Fair Labor Standards Act".

 

Per usare termini giuridici a noi congeniali, potremmo dire che, come in tutti i contratti di affitto, gli USA hanno il diritto di detenere il bene (Guantanamo), mentra la proprietà spetta a Cuba.

 

 

 

A mio parere il punto è che l'attività di applicazione di una norma al caso o ad una classe di casi concreti è spesso (e purtroppo) politica in senso lato.

Nella sua essenza, la situazione descritta nell'articolo è identica a quella che si verifica in Italia quando la Cass. forza le interpretazioni per evitare, per esempio, che migliaia di cartelle esattoriali o migliaia di multe diventino inesigibili dall'oggi al domani. Gli esempi che potrebbero farsi sono tanti.

Un giudice che dichiara illegittima guantanamo sa che la sua decisione potrebbe mettere a rischio (a torto o a ragione) la sicurezza del proprio paese, come la Cass. sa che annullare migliaia di multe potrebbe creare buchi nel bilancio dei comuni.

E' evidente che un giudice dovrebbe solo applicare la legge, senza preoccuparsi delle conseguenze dell'applicazione, perchè fare altrimenti significherebbe applicare la legge solo quando questa produca effetti desiderati dal giuidice.

Tuttavia, è anche comprensibile che quando le conseguenze di una applicazione della legge sono macroscopiche, diventa necessario avere una buona dose di palle per far finta di niente.

Io credo che questo meccanismo sia assolutamente deleterio, ma sinceramente non ho idea di come si possa evitare. Criteri di selezione dei giudici? Formazione? Attendere che i computers siano in grado di emettere sentenze (ci tengo a precisare che non è una battuta)?

"... non dimentichiamo mai che il nostro modello di esistenza, la nostra visione del mondo e tutto ciò che speriamo di realizzare è garantito non dalla giustezza della nostra causa, ma dalla forza della nostra difesa" (M. H. Thatcher)
Forse questo principio vale anche se dobbiamo difenderci dal nostro stesso Stato o da uno Stato che consideriamo amico e "fair".  

Ben lieto di essere smentito, non sono un esperto, ma credo che anche le basi Usa in Italia siano sottoposte alla stessa giurisdizione (i carabinieri e la legge italiana non ci entrano). Va da sè che questo non è un grosso problema se si considera che l'alternativa poteva essere avere in Friuli i croati titini.

Quanto alle arrampicate dialettiche sugli specchi di Scalia non sono molto diverse dalle argomentazioni della nostra Corte Costituzionale sul taglio dei loro stipendi  http://noisefromamerika.org/articolo/sentenza-sul-taglio-stipendi-ai-magistrati-leconomia

Sul fatto che le costituzioni siano spesso pezzi di carta, visto che non sono un ragazzino non mi sorprende affatto, fu la prima nozione del corso di diritto pubblico del primo anno di università. Come diceva Cicerone "summa ius, summa iniuria"

il caso delle basi alleate in italia è completamente diverso.

 

la giurisdizione è pienamente italiana, con l'eccezione di parziale immunità diplomatica per gli ufficiali generali alleati.

solo nei seguenti casi, si applica in via prioritaria la legge dello stato ospitato (che può rununciare alla priorità):

- se un soldato alleato (o un civile alleato collegato alle attività della base) commette un reato previsto dalla legge dello stato alleato, ma non dall'italia

-un soldato alleato (o un civile alleato collegato alle attività delle base) commette nell'esercizio delle proprie funzioni un atto che è reato in entrambe le giurisdizioni (caso del Cermis)

- chi commette il reato e la vittima del reato, sono entrambi membri del personale alleato

 

negli altri casi si applica pienamente la giurisdizione italiana anche al personale alleato.

 

l'arrampicata sugli specchi di scalia, non è un'arrampicata sugli specchi, riflette solo un ragionamento nato dalle decisioni prese dalla corte suprema americana circa 100 anni fa in seguito alle prime acquisizioni coloniali. anche i paesi europei prevedevano protezioni diverse per la metropoli e le colonie, per i coloni e per i colonizzati.

è un modo di ragionare un vecchio, ma in linea con l'interpretazione di un pezzo di carta di più di 200 anni fa.

 

l'argomentazione della corte costituzionale sul taglio degli stipendi ha invece una logica giuridica a mio parere ineccepibile. è il legislatore che non sa legiferare.

il vocabolo è neutro.

 

Scalia però dimentica un trattato che gli Stati Uniti dovrebbero aver sottoscritto e che, anzi, fu scritto proprio su loro impulso, vale a dire proprio la convenzione universale sui diritti dell’uomo, dalla quale siamo partiti

 

Per quanto condivida la vostra filosofia, non ho capito se state criticando Scalia in quanto giudice della corte suprema oppure in quanto filosofo, politico e giurista.

Il punto di Scalia, in quanto Justice, è che gli americani lì non avrebbero violato la costituzione americana in quanto la costituzione non segue la bandiera. E lui doveva applicare solo la costituzione.

Critichiamo lui. 

Dice che non esistono trattati sottoscritti dagli USA che vietano la tortura ed, in generale, trattamenti inumani. L'affermazione non corrisponde a verita'.

Scalia non e' un politico e neanche un filosofo, e' un giudice che dovrebbe garantire il rispetto della costituzione e, di riflesso, dei trattati sottoscritti  dagli USA. Invece cerca, maldestramente, di difendere i politici. Fa il politico anche lui, dopodiche' viene in Italia a dire che le toghe rosse non dovrebbero fare politica...

Sia l'articolo che i commenti mi hanno riportato alla mente alcune frasi di James Madison, che potete trovare sul sito della Constitution Society.

Le prime due sono sugli uomini di potere, a cui appartengono ovviamente tanto Obama che Scalia:

  • All men having power ought to be mistrusted.
  • The essence of Government is power; and power, lodged as it must be in human hands, will ever be liable to abuse.

E sull'interpretazione della Costitutione poi, questa affermazione, per quanto non verificata, mi pare cadere a fagiolo:

  • Do not separate text from historical background. If you do, you will have perverted and subverted the Constitution, which can only end in a distorted, bastardized form of illegitimate government. [unverified]

Per altro a proposito degli arrampicamenti di Scalia, e dei complessi tentativi di interpretazione delle norme viste anche nei commenti qui:

  • It will be of little avail to the people that the laws are made by men of their own choice if the laws be so voluminous that they cannot be read, or so incoherent that they cannot be understood.

A questo punto dovrebbe intervenire un qualche bilanciamento di poteri. In particolare i cittadini americani dovrebbero ricordare che:

  • We are right to take alarm at the first experiment upon our liberties.

Tralascierò a questo punto di citare la dichiarazione di indipendenza, dove cita il diritto dei governati a rovesciare i governi, ma anche la tendenza dei governati a soffrire la perdita dei diritti, soprattutto, aggiungo io, quando questi riguardano una minoranza (e si veda appunto la poesia citata a inizio articolo).

La chiosa a questo punto va nuovamente a Madison:

  • I believe there are more instances of the abridgement of freedom of the people by gradual and silent encroachments by those in power than by violent and sudden usurpations.
  • If Tyranny and Oppression come to this land, it will be in the guise of fighting a foreign enemy.
  • It is a universal truth that the loss of liberty at home is to be charged to the provisions against danger, real or pretended, from abroad.

E forse chi ha lanciato la "war on terror" non si rendeva conto (o forse si) che:

  • No nation could preserve its freedom in the midst of continual warfare.
  • Of all the enemies of public liberty, war is perhaps the most to be dreaded, because it comprises and develops the germ of every other.

Per finire con una battuta, potrei dire che queste si che sono previsioni, non quelle di Nostradamus :-).

  • I believe there are more instances of the abridgement of freedom of the people by gradual and silent encroachments by those in power than by violent and sudden usurpations.

Letta che di fronte ad un 25.6% di votanti che hanno scelto di dare la maggioranza relativa di voti ad un movimento che propone democrazia diretta e decentralizzazione, che non mi stupirei fossero auspicate da una trasversale maggioranza di cittadini, vorrebbe mettere fine al bicameralismo perfetto, incrementando quindi la centralizzazione nonché la fragilità del sistema.