La legge e B

/ Articolo / La legge e B
  • Condividi

Una tantum, "B" non si riferisce al Sig. Berlusconi

Se vedete Le Monde, troverete l'interessante rapporto dei servizi di sicurezza interna che ritengono il fenomeno B(urqa) talmente marginale da coinvolgere una donna su 90.000. M.me France ha leggermente più di 65 milioni di abitanti, con una composizione stimata nel 52/48 tra femmine e maschi.

La ragione per cui cito il dato è che, ciò nondimeno, sessanta e passa dirigenti politici, di destra o di sinistra o di quel che pare a voi come termine di nomenclatura, sia nella maggioranza progovernativa che nell'opposizione, han ben pensato di avviare un processo di riflessione (i politici italiani direbbero "aprire un tavolo") sul problema scottante (riguarda, per l'appunto, 367 persone sul territorio esagonale) di interdire di vestirsi in quel modo (la proposta sul tappeto copre, absit iniuria verbis, sia njihab che burkqa) a chiunque sia in France.

Mi domandavo che cosa ne pensiate. Per due ragioni: una, così vi stravio dal dibattito sulla lingua e, due, perché la cosa mi interessa. Discussioni con colleghi francesi hanno sollevato l'accusa (frequente, se rivolta a me) di tener sempre per i beduini, gli afghani (e mai per La Russa?)

Il problema non è banale. Si noti che la Francia -- assieme a Messico e Turchia -- è uno dei pochissimi posti dove per legge e per costituzione la repubblica deve essere laica e molti pensano che il burqa sia un precetto dell'Islam (non lo è).

Io sono assolutamente contrario a una legge del genere, mentre ho una notevole simpatia per la precedente legislazione (vigente) che interdisce tutte le manifestazioni religiose in ogni luogo pubblico (ergo chi insegna diritto biblico, se lo fa in un'università pubblca, si toglie kippah dal capo.)

What do my learned colleagues think? Is there a fundamental right to protect (e.g. women from oppression) and prohibit dress codes that are deemed demeaning for women? Just in passing, nobody noticed that the same argument does not run, say, for Franciscan monks who are dressed as they are precisely to demean *them*, to show humility.

(Trad: Che cosa pensano gli istruiti colleghi di questo consesso? Esiste un diritto fondamentale di proteggere (in questo caso, le donne dall'oppressione) proibendo un tipo di vestuario che viene (da chi protegge) considerato umiliante per le donne? Questo è quanto gli anti-B sostengono, in soldoni. Tanto per dire, nessuno sembra essersi reso conto che il medesimo argomento funziona perfettamente per, una setta a caso, i frati Francescani i quali vanno vestiti per il mondo con saio e sandali esattamente per dimunire *se stessi*, per mostrare umiltà. [NdR])

 

Indietro

Commenti

Ci sono 21 commenti

Pur s'io non sono - strettamente - ciò che tu definisci "istruito collega", la mia propensione istintiva assomiglia molto a quella che tu esprimi, in particolare quando dichiari una decisa antipatia per ogni forma di pubblica manifestazione della propria appartenenza religiosa (se interpreto correttamente il significato di "tutte le manifestazioni religiose in ogni luogo pubblico", altrimenti si tratterebbe di vietare un numero enorme di attività pubbliche caratterizzate anche da un aspetto religioso, cosa che mi appare del tutto velleitaria .....).

Epperò io sono, notoriamente, quel che si definisce un "mangiapreti". Il che significa che la mia disistima per religioni e religiosi mi spingerebbe a limitarne, il più possibile, l'attività. Il problema nasce, allora, dal fatto che ciò fa decisamente a pugni con il concetto di libertà.bene.supremo che considero la mia stella polare.

Del resto, il dibattito su tali temi non è nuovo né concluso e la ricerca di un ipotetico equilibrio assume, per forza di cose, un carattere alquanto soggettivo. Usualmente, si sente dire - da parte di chi mi pare vicino alle mie stesse posizioni - che il discrimine potrebbe stare in una sorta di "legge del taglione", secondo la quale sarebbe lecito esser intollerante con chi mostra il medesimo approccio: talvolta anch'io ho fatto uso di questo stratagemma dialettico, più per tagliar corto che altro, ma si rimane sempre in un ambito di pura discrezionalità.

Altre posizioni si rifanno all'aspetto maggioritario, nel senso che considerano lecito ciò che gode di un'ampia accettazione - con le tragicomiche risultanze, ad esempio, di un concetto quale il "comune senso del pudore", che non si sa bene chi sia deputato a definire - ma ciò, ça va sans dire, confligge pesantemente proprio con la libertà individuale. Da questo punto di vista, peraltro, temo che le aspettative generali possano coincidere non poco con l'espressione del voto elettorale e la capacità di attrarlo.

Naturalmente, però, occorre tenere in debito conto altre riflessioni, relative alla percezione di sicurezza, alla diffidenza per la diversità, al senso d'appartenenza .......

Ok Adriano, I'm going now, che il pranzo attende ...... senza aver dato risposte definitive, ma avendo messo altra carne al fuoco ...... :-)

 

 

Non ho grandi simpatie per le religioni o le tradizioni oscurantiste, ma sono decisamente contrario a queste leggi (inclusa quella che piace a Palma): limitano la libertà individuale e non vedo con quale utilità.Anzi, sospetto che proibire certe manifestazioni possa favorire il radicamento delle religioni, specie negli immigrati.

Da che mi risulta fino a pochi anni fa in Italia abbiamo avuto molti casi di segregazione femminile senza nessun bisogno di veli. Credo che il fenomeno sia in ripresa a causa dell' immigrazione magrebina e pakistana, ma credo siano la mancata indipendenza economica e la scarsa istruzione a legare queste donne alla famiglia, non un pezzo di stoffa.

Concordo.

L'unico argomento che vedo seriamente utilizzabile a sfavore di burqa e njihab, dal punto di vista della liberta' individuale, e' che possono rendere piu' difficile l'identificazione di una persona - mi pare comunque che sia gia' stato sollevato in sede pubblica.

C'e' comunque una differenza con il codice di vestiario acquisito volontariamente, come per i francescani: l'alternativa e' possibile - non diventando francescano, pur restando culturalmente affine. Per nijhab e burqua non ci sono alternative all'interno della stessa cultura. 

 

Pur essendo un ateo convinto non trovo grossi problemi nell'ostentazione di siboli religiosi sulla propria persona. Se parlo con qualcuno e vedo che porta una collanina con una croce al collo non mi scandalizzo e, analogamente, non mi danno fastidio le persone con la kippah ecc. Non avrei nemmeno grossi problemi a vedere un professore universitario col turbante. Le libertà individuali sono libertà individuali. L'importante è che nessuno venga ad imporre a me le proprie convinzioni religiose (cosa che invece in Italia capita fin troppo spesso).

Il problema del Burqa, per il poco che ne capisco, è (almeno in Italia) che abbiamo una legge che prevede il divieto di andare a giro a volto coperto e/o mascherati in modo da non essere riconoscibili. Non conosco i dettagli ma mi sembra di ricordare che sia una cosa creata negli anni di piombo così che se un poliziotto vuole identificarti tu sia obbligato a toglierti l'eventuale passamontagna/sciarpa/velo ecc.

O decidiamo che la legge è inutile e la abroghiamo o la facciamo rispettare.

Concordo: il burqa (e abbigliamenti simili anche non religiosi) va permesso o vietato secondo scelte di pubblica sicurezza, come per centinaia di altre scelte (ad esempio il Patrioct Act contro la privacy, il TULPS contro la libertà di espressione, eccetera). Se il legislatore preferisce la libertà individuale alla sicurezza, permetterà il burqa, altrimenti lo vieterà.

Io ricordo che in Francia avrebbero vietato i simboli religiosi, e questo mi sembra avere un lato giusto e uno ingiusto, almeno secondo la mia opinione. Se io volessi indossare un crocifisso, finché non somiglia a un pugnale di 20 cm (possibile problema di sicurezza), dovrei essere libero di farlo; mi sembra invece giusto vietare l'ostensione del crocefisso sulla parete di un'aula di tribunale o di una scuola pubblica: lì non c'è alcun interesse pubblico da tutelare, se non l'eventuale pericolo che il crocefisso cada sulla testa del giudice o dell'insegnante o di qualcun altro.

Questa è l'unica discussione che si può intavolare in un Paese laico (quindi non in Italia). La religione sarebbe il cavolo a merenda.

La differenza coi francescani, palma, e' che e' ormai accettato che loro lo facciano di propria scelta; il burqa invece e' visto unanimamente come un simbolo di oppressione della liberta' femminile. Questo almeno e' cio' che pensano ad occidente.

Io non sono ateo ma non ho nessuna simpatia per le religioni e da liberale sono ovviamente contro le imposizioni religiose fisiche (tagliatevi il vostro di prepuzio, grazie), psicologiche (siamo timorati di dio?) o both (vedi burqa). Credo che se fossi la signora Francia, agirei verso tutte o verso nessuna.

Caspita, prima i dialetti e adesso il burqa!...in Sardegna (per stare sui localismi) c'era un gioco che consisteva nell'andare a cercare i nidi di vespe, staccarli via e portarli di corsa come trofeo agli amici...

Comunque si, condivido quanto avete detto, o alcuni hanno detto. Stabilità la volontarietà della decisione di indossare una certa cosa; e accertato che l'indumento non rende difficoltosa l'identificazione di colui che l'indossa...uno può indossare quello che vuole...per dare un altro calcio ai nidi di vespe, ricordo che le mie nonne indossavano SEMPRE un fazzoletto nero intorno al viso, che però rimaneva scoperto.

Comunque il burqa non supera il test che ho proposto: non è volontario (almeno in Afganistan) e non consente l'identificazione di chi l'indossa).

Perchè il velo si e il crocifisso no? Non perché io sia vittima di Eurabia, ma perchè mentre l'affissione del crocifisso alla parete qualifica in senso religioso l'aula, che è di tutti, il velo qualifica solamente chi lo indossa.

Personalmente non mi piace il velo...non nel senso che io non lo indossi :-), ma nel senso che preferirei vedere le donne...senza veli...

 

 

 

Curiosita' personale: che ci facevano gli amici con il trofeo? :)

Per inciso, anche per me il crocifisso in (scuola|tribunale|whatever) va eliminato. Uno Stato che include queste manifestazioni e' uno Stato etico, cosa che per me non dovrebbe essere (con buona pace dello Stivale).

marcoooooo, allora

1. non ci sono crocefissi in nessuna aula in Francia (e' appunto vietato dalla legge.)

2. che rilevanza ha cosa fanno (le donne) o son costrette a fare in Afghanistan?

3. la questione, ex post, mi sembra meno stupida di quel che pensavo

ammesso, e non concesso --dagli italiani, da me si'-- che nessuno va in giro con la croce nemmeno alal scuola elementare Pisacane di Benevento, ha diritto uno stato di legiferare su un abito che ha nulla a che fare con la propaganda religiosa.

Riepto, si supponga che alcuni siano offessi dalle comunita BDSM e vadano in giro con una donna al guinzaglio e/o con uomo al guinzaglio (si noti, non minorenni), puo' o deve un governo intervenire?

La domanda e' meno provocatoria di quel che sembra: nel cas di Bdsm non e' solo la rappresentazione della sottomissione, ma lo sottomissione An sich ...

ergo, tutto il resto e' irrilevante, se non fosse di origine religiosa, farebbe differenza? no, ripeto i simboli religiosi sono gia' vietati dove si *puo*, a casa mia mivesto quando ne ho voglia o da satanista o da hare khrishna adept, e leggo avidamente i volumi della scientologia....

Palmaaaaaaaaa, allora

 tu scrivi il post e noi scriviamo i commenti...ognuno con quel che sa :-); tu parlavi della francia, io parlavo più in generale di quali (possibili) criteri usare per sapere se uno stato deve legiferare su certe questioni....tutto qui.

Nessun dubbio che ognuno si può vestire come meglio ritiene opportuno. D'altronde il burqa non è un simbolo religioso sic et sempliciter, come ad esempio un crocefisso, ma è un simbolo soprattutto di professio fidei.

E' da questo punto di vista che io non accetteri il burqa (spero che si stia parlando del burqa che lascia scoperti gli occhi e non della sua variante detto burqa afghano, quello che ricopre interamente il volto della donna, difatti comunque il burqa dovrebbe lasciare scoperti gli occhi), inoltre il burqa e lo chador servono a "evitare che le spose e le figlie siano offese, rivelandosi agli altrui sguardi". Un simbolo di sottomissione della donna al "suo uomo".

Se vuoi seguire il Corano chiuditi in casa e butta la chiave, non venire a professare in pubblico la tua fede con un simbolo di inferiorità della donna sull'uomo, non almeno in un paese che non accetta questa sottomissione come data (da Dio..).

Come disse Feuerbach: "la religione è l'oppio dei popoli". Io aggiungerei "E i preti lo coltivano".

Come disse Feuerbach: "la religione è l'oppio dei popoli". Io aggiungerei "E i preti lo coltivano".

Il problema e' che poi se lo fumano pure.

non almeno in un Paese che non accetta questa sottomissione come data (da Dio..).

Complimenti per l'ottimismo...

 

ha diritto uno stato di legiferare su un abito che ha nulla a che fare con la propaganda religiosa.

 

Ovviamente no, ma lo stato non dovrebbe avere diritto di legiferazione neppure se l'abito avesse a che fare con la propaganda religiosa.

Per quale motivo lo stato dovrebbe mai vietare una propaganda religiosa che si manifesatsse attraverso un particolare modo di vestirsi ?

A meno che questa propaganda religiosa non incida sui diritti individuali delle altre persone, limitandoli in qualche modo, non vedo perchè vietarla: si tratterebbe di pubblicità lecita.

Sul burqua il preconcetto è che sia un'imposizione sulla donna, ma si tratta di una presunzione non necessariamente fondata, dato che - se liberamente attuata - è una scelta pienamente legittima, come lo è quella di una donna cattolica di farsi monaca di clausura, scegliendo di vestirsi con un saio ed autolimitando i propri diritti ad una vita sociale.

La questione, però, non è così semplice.

Il problema (tipico delle religioni) è capire cosa accade se una religione impone di fare pubblicità (i.e. proselitismo) sempre e comunque,  per esempio violando il diritto delle altre persone a non essere infastidite dalla propaganda medesima.

Oppure, molto più banalmente, ad un ateo può dar fastidio anche solo vedere un crocifisso al collo di un alunno in un'aula scolastica, ma dall'altra parte può esserci il legittimo desiderio di magnificare la gloria del Signore portando al collo il simbolo della sua morte: sin dove il diritto a non venire coinvolti dall'altrui religione limita il contrapposto diritto a esprime il propio pensiero religioso, anche attraverso l'esibizione di simboli ?

 

 

il diritto delle altre persone a non essere infastidite

 

mi sembra un diritto parecchio avanzato... forse troppo. sopratutto se il fastidio arriva dal vestiario delle persone osservate. in fin dei conti il corpo è del suo proprietario, non di chi lo guarda.

> Io sono assolutamente contrario a una legge del genere, mentre ho una notevole simpatia per la [...] legislazione [...] che interdisce tutte le manifestazioni religiose in ogni luogo pubblico

È davvero molto illiberale da parte tua simpatizzare per una legislazione che vieti la libera espressione con qualunque mezzo (incluso l’abbigliamento) della propria religiosità o di una qualunque propria convinzione politica o ideologica: ad esempio se simpatizzo per la rivoluzione francese non vedo perché uno dovrebbe vietarmi di andare in posta con il berretto frigio in testa; se simpatizzo per l’anarchia non vedo perché non posso andare in università vestito di rosso e nero in campi diagonali; se sono sikh non vedo perché proibirmi il turbante; se sono mussulmana non vedo che male faccio ad andare per strada o in metropolitana con i capelli coperti dal velo; e se sono pastafariano ho tutto il diritto di andare in giro vestito da uomo sandwich con cartelli che invitino alla conversione alla Church of the Flying Spaghetti Monster.
Invece è assolutamente giusto e necessario che il burqa venga proibito, ma per un’altra ragione (quella che hanno giustamente individuato, tra gli altri, JB e Tooby).

> proibendo un tipo di vestuario che viene [...] considerato umiliante per le donne? Questo è quanto gli anti-B sostengono, in soldoni.

No, non è questo che gli anti-B sostengono. E qui veniamo al secondo equivoco. La ratio della proibizione del burqa non è certo il fatto che esso sarebbe “umiliante” per le donne (se vogliono per me possono andare benissimo in giro anche con corsetto in latex, collare posturale e ballet boots).
Il problema è un ovvio problema di sicurezza pubblica: mi spieghi perché tutti sono obbligati ad andare in giro per le strade con la faccia riconoscibile mentre “367 persone sul territorio esagonale” sono dispensate da questo? Se uno vuole andare in giro a stuprare o a scippare o a sparare o a rapinare una banca o a bruciare la serranda di un colorificio che non ha pagato il pizzo, basta che si metta il burqa e può andare per strada senza che nessuno gli dica niente senza il timore di essere ripreso dalle telecamere?
Vorrei vedere se la Church of the Flying Spaghetti Monster imponesse ai suoi aderenti di andare in giro sempre con il passamontagna indossato, di non farsi perquisire e di non fermarsi ai posti di blocco...

Piccola storia, forse ignobile.

Da anni conosco due meravigliose sorelle, ragazze intelligentissime di religione islamica. Le conobbi da piccole, poi intorno ai 12-13 anni improvvisamente (al menarca, seppi poi) le vidi a capo coperto. Quando la maggiore si iscrisse all'università avemmo una lunga chiacchierata, che posso condensare così: Io non sono particolarmente convinta di girare col velo, però se non l'avessi messo non avrei avuto dai miei genitori il permesso di continuare ad andare a scuola. Mia sorella e io abbiamo acconsentito, nella speranza di poterci così costruire una vita nostra. Speriamo di poter evitare il velo alle nostre figlie.

Cosa replicare?

Direi nulla.E' una situazione antipatica, ma tutto sommato analoga a quella di tante ragazze italiane cui viene imposto il dress code dai genitori. Mettere i carabinieri a "svelare" ragazze a scuola mi sembra una pessima idea, mandarli dai genitori a multare o arrestare pure.

Alla fine mi sembra che le sue amiche accettino la situazione senza farne una tragedia, e siano intenzionate a lasciare la famiglia appena possibile, e credo che il velo sia solo la punta dell' iceberg.