Letture per il fine settimana, 11-12-2010

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Questa settimana: John Cochrane su QE2; aggiornamento del rapporto Nens sulla finanza pubblica italiana; Carlo Stagnaro su Eni e Berlusconi; quanto costa un deputato?; debito pubblico, ricchezza privata e imposte patrimoniali.

Buona lettura e buon fine settimana.

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Commenti

Ci sono 52 commenti

Qui: www.ilfoglio.it/soloqui/7051

un punto di vista alquanto diverso, ma paradossalmente non del tutto incompatibile.

Io peró sono perplesso sul business case del gasdotto South Stream: costa un'enormità, chi dice 15, chi 20 miliardi di Euro, e tutto per portare gas russo in Europa, dove già arriva tranquillamente. In sostanza chi pagherà i costi di costruzione? Io finora non l'ho capito...

Per me il link a la "dettagliata analisi di Mario Seminerio" non funziona.

Forse si trattava di questo link

phastidio.net/2010/12/10/per-fortis-il-debito-pubblico-non-e-un-problema-possiamo-sempre-socializzare-la-ricchezza-privata/

giusto, grazie

fatevi quattro risate: ho postato il link all'articolo di Seminerio sul blog del "rottamatore"(sic!) Civati ed ecco come l'ha capito un troll berlusconiano:

questo era il mio link

a proposito di scenari futuri vorrei consigliare questo:

http://epistemes.org/2010/12/10/per-fortis-il-debito-pubblico-non-e-un-problema-possiamo-sempre-socializzare-la-ricchezza-privata/

e questa è stata la risposta

il vostro delirio neocomunista vi porta a sognare il pogrom finale della patrimoniale!
ecco cosa ci aspetterebbe se quelli come voi andassero al governo, nuove tasse su beni già tassati, colpevoli di averli! colpevoli di lavorare e di creare benessere! colpevoli di non essere iscritto a un sindacato mafioso!

io leggo solo belpietro e sallusti

 

altro che test PISA sulla comprensione del testo...

 

 

Grazie per Stagnaro, poche, chiare, parole

Eh già, un pezzo interessante e pieno di buon senso.

Non mi è chiaro se fare di ENI uno spezzatino sia una buona idea. Il business del petrolio è tosto e serve massa critica, alcuni campi petroliferi le compagnie sul mercato non ce la fanno nemmeno a coltivarli da sole e si consorziano per sfruttarli. Ci sono ragioni politiche ma anche tecniche, fare certi buchi comporta rischi pazzeschi e essere grossi è necessario.

Quindi seguo perfettamente Stagnaro sulla privatizzazione di ENI, che non può fare che del bene a tutti, ENI e stato. Ma sono incerto sullo spezzatino. Idee, voi che masticate di economia?

Leggo spesso Carlo Stagnaro su Chicago blog, ma per una volta devo dire di essere in completo disaccordo con lui e ne spiego il perchè.

Tutto il ragionamento dell'autore gioca sul fatto che non esiste legame tra la politica estera di un paese e le possibilità di una oil company di aggiudicarsi lo sfruttamento di un giacimento di gas o petrolio.

Questa tesi, a mio giudizio, si applica soltanto per i paesi democratici, trasparenti e con una economia di libero mercato. Peccato che, USA e Norvegia a parte, tutti i paesi produttori di gas e petrolio non hanno tali caratteristiche. Se ne possono fare a decine di esempi, io ne porto solo alcuni:

- circa un anno fa Frattini fece alcune visite di stato in Africa, l'ultima e la più lunga delle quali in Uganda. Dopo una settimana l'ENI vinse proprio in Uganda una gara per lo sfruttamento petrolifero, a danno di una compagnia inglese o americana (non ricordo) che veniva data per stra-favorita.

- tornando indietro nella storia, è interessante notare come l'Arabia Saudita non abbia mai offerto contratti di rilievo all'URSS.

- Oppure come la capacità di penetrazione delle aziende petrolifere occidentali in Irak e Iran abbia direttamente seguito l'andamento delle relazioni internazionali tra i paesi occidentali e questi due paesi. In presenza di meccanismi di libero mercato puri, non dovrebbe esserci correlazione tra la politica estera e le scelte economiche.

- Infine è altamente ingenuo negare le implicazioni politiche nelle scelte dei gasdotti (Nabucco, North e South Stream) e credere che la costruzione di questi 3 gasdotti, nonchè il loro percorso, sia dettato da una mera logica di convenienza economica.

Una considerazione, prima di arrivare al nocciolo del discorso. Esistono, nel settore dell'estrazione di gas e petrolio, dei limiti dimensionali per cui soltanto i grandissimi gruppi possono sostenere le spese necessarie per la ricerca e sviluppo di nuovi giacimenti e riescono a partecipare alle principali gare internazionali. Per tutti gli altri esistono opportunità di business, ma si tratta di briciole.

Ora in presenza di un mercato come quello americano, la torta è abbastanza grande perchè possano coesistere più di una grande multinazionale. Ma nei grandi paesi europei al più è possibile avere una singola azienda di queste dimensioni (non a caso ENI è la più grande azienda del paese), che inevitabilmente quindi opererà in un regime di monopolio e si troverà strettamente legata ed interdipendente alla politica estera del paese che la ospita. In queste condizioni, preferisco che sia il Tesoro a controllare l'ENI e ad incassarne i dividendi a piuttosto che dare a un privato questo che è, a mio giudizio in Italia, un monopolio naturale.

Monopolio naturale in Italia (mi riferisco al settore della produzione naturalmente, non a quello della vendita al consumo) perchè la competizione è tra grandi gruppi internazionali da un lato, e soggetti statali che agiscono con logiche politiche (intese come relazioni internazionali) dall'altra. E l'intervento dello stato, all'interno dei canali diplomatici, serve e spesso è determinante perchè l'ENI ottenga dei contratti. E se queste sono le premesse, come dicevo prima, preferisco di gran lunga che sia il Tesoro ad incassare i dividendi.

L'alternativa sarebbe fare spezzatino di ENI, cioè azzerarne le capacità di competere tra i grandi gruppi internazionali, lasciare lentamente morire il cane a sei zampe e comprare petrolio da aziende straniere con tutti i rischi e gli incerti del caso.

Ma io credo che, a parità di costo d'acquisto del petrolio, esista un bias a favore dell'acquisto di petrolio prodotto da una azienda italiana, cioè a parità di prezzo è strettamente preferibile comprare petrolio dall'ENI piuttosto che da una azienda estera, e questo per motivi che non sono economici ma strategici

2 caveat:

- che gli affari privati di B. nulla c'entrino con l'ENI è ovvio, questa è solo fuffa

- tale ragionamento si applica a due soli e particolarissimi mercati: gas e petrolio e difesa. Perchè? Perchè in entrambi i casi abbiamo, o dal lato dell'offerta o dal lato della domanda, uno stato. Nelle telecomunicazioni, per fare un esempio, il discorso non si applica perchè è perfettamente possibile avere un privato che vende questo servizio e un privato che lo acquista.

Nel petrolio è lo stato che vende il diritto di estrarlo, nella difesa invece è lo stato che le acquista.

 

Anche io non credo che ridurre le dimensioni dell'ENI spezzettandolo sia utile o anche solo produttivo, ma non si puo' non vedere che un qualsiasi concorrente italiano interessato a vendere gas agli italiani deve comperare il gas solo da paesi produttori che hanno accordi di ferro con l'ENI, perche' i gasdotti, che sono di proprieta' ENI, o meglio sono diventati di proprieta' dello stesso proprietario di ENI, partono da quei paesi e i rigassificatori sono insufficienti per dare una risposta decente alla richiesta di nuovi importatori. Quindi quello che sarebbe da fare e' rompere il monopolio ENI sull'acquisto, trasporto, stoccaggio e distribuzione di gas, affidandolo a imprese realmente differenti tra di loro e aperte alla concorrenza.

Al momento attuale un importatore di gas deve comperare il gas da un paese che "ascolta benevolmente" il parere dell'ENI (cioe' fa il prezzo che l'ENI gli suggerisce), poi lo trasporta nei gasdotti ENI, al costo che l'ENI decide e quando l'ENI ha voglia di lasciare passare questo GAS (i gasdotti, nei momenti di richiesta alta sono gia' pieni e non si puo' infilarci altro gas, quindi l'ENI da', giustamente, precedenza la suo gas), Dpodiche il gas arrovato in Itali ava stoccato e qui interviene di nuoo lì'ENI, con la STOGIS, che ha in pratica il monopolio dello stoccaggio del gas naturale e offre il servizio al prezzo che decide lei. Come si fa a parlare di "Liberaizzazione del mercato del gas" e di concorrenza in una situazione simile? Spazio per aprire realmente il mercato mi pare ci sia, senza andare a dintaccare le potenzialita' dela ricerca e dello sfruttamento dell'Olio in giro per il mondo (che poi un giorno vorrei capire cosa e' successo realmente in Kazakistan, che sono in ritardo di 10 anni sul programma di estrazione: sono stati i "biechi" Kazachi che si sono inventati norme ambientali piu' severe nel corso dei lavori, costringendo l'ENI/SAIPEM a cambiare tecnologia perche' improvvisamente l'ENI gli era diventata antipatica e gli si e' risvegliata un'anima ecologista o sono stati dei progettisti deficienti che non avevano calcolato che nel Caspio c'e' ghiaccio per qualche mese all'anno e le piattaforme in stile "alto adriatico" non si potevano usare, come era invece previsto inizialmente?).

 

 

 

 

Tutto il ragionamento dell'autore gioca sul fatto che non esiste legame tra la politica estera di un paese e le possibilità di una oil company di aggiudicarsi lo sfruttamento di un giacimento di gas o petrolio

Questa tesi, a mio giudizio, si applica soltanto per i paesi democratici, trasparenti e con una economia di libero mercato. Peccato che, USA e Norvegia a parte, tutti i paesi produttori di gas e petrolio non hanno tali caratteristiche

 

ti pare per esempio che HALLIBURTON non abbia od abbia avuto legami con la politica estera U.S.A. che è un paese democratico e trasparente?

Grazie, gli articoli segnalati in questa rubrica sono sempre interessantissimi.

Circa l'articolo del Prof. Fortis, letto insieme all'ottima e chiara analisi di Mario Seminerio, avrei una domanda. Quando un operatore di grandi dimensioni valuta se acquistare titoli del debito italiano, non sconta già nella sua decisione di acquisto lo stato economico del paese? Voglio dire: se il debito privato italiano fosse molto più alto, gli investitori acquisterebbero minori quanttà di titoli ovvero richiederebbero tassi più elevati?

 

L'intervento di Marco Fortis, giustamente demolito da Mario Seminerio, mi pare si possa riassumere nella vecchia cara tradizione italica della privatizzazione degli utili e della ridistribuzione al "popolo bue" delle perdite.

Ma una cosa che non ho mai capito, se qualcuno mi può togliere il dubbio, il sole 24 ore, si definisce quotidiano economico perché pubblicano gli indici di borsa e perché paralno sempre bene di società che operano nello stile Cirio e Parmalat, o per un vezzo dei dirigenti?

Ci voleva un live blogging anche stavolta, altrochè...

Qui c'è qualcosina...

 

 

Ad Heathrow ho preso una copia di La Repubblica e, in prima pagina, c'era questo articolo di Rampini. Io La Repubblica non la leggo se non in casi disperati come quello di oggi, ma il NYT invece sì. E, ovviamente, mi son ricordato subito del pezzo di due giorni fa.

Già altre volte questa cosa è stata menzionata in commenti del blog. La tecnica è sempre la stessa: prende un buon articolo del NYT di alcuni giorni prima, costruito con ottimo lavoro giornalistico e lo "plagia"riassumendolo in italiano. Non dichiara MAI che sta facendo questo, un riassuntino in italiano di un articolo già apparso sul NYT. Nemmeno fa lo sforzo di rielaborare i contenuti e la struttura: copia persino gli aneddoti, tipo la cena. Notate le citazioni virgolettate delle persone che il NYT ha intervistato e Rampini ha invece tradotto.

Cerco un volontario che passi qualche ora in rete per documentarlo. Secondo me TUTTI i servizi che Rampini pubblica su La Repubblica come "corrispondente" da NY sono costruiti in questa maniera. Io ne ho visti solo 3 o 4 ed erano tutti copiati. La firma la metto io, se c'è paura di essere querelati. Vediamo se lo fa, vediamo con che faccia spiega che lui il grande corrispondente economico da NY lo fa scrivendo i riassuntini del NYT!

Ma come si fa, dico io? Come si fa?

Ma questa gente proprio non ha più un briciolo residuo di dignità?

Si è però coperto il culo citando l'inchiesta del NYT, nel passato non si faceva nemmeno questo. Comunque resta assolutamente incredibile.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/finestrasullamerica/grubrica.asp?ID_blog=43&ID_articolo=1887&ID_sezione=58&sezione=

uhm...non vedo disclaimer...a parte un 'finito ieri sulla prima pagina del New York Times'

in effetti come valore aggiunto...

 

Veramente per variare copia qualche volta anche dall'Economist

In realtà oltre a copiare, modificano i dati in maniera da forzare il loro punto. Rampini cita costi di commissione su contratti di swaps di 25,000$, dimenticandosi pero' di copiare il valore della copertura, che è di 25,000,000$, presente nell'originale inglese, che da' almeno un'idea dei costi.

Inoltre Rampini parla di questo fantomatico accordo per far saltare l'euro che ha fatto schizzare ad oltre 54.000 i futures sull'euro, record storico. Peccato che non dice che significa questo numero, da dove si partiva, cosa è successo dopo etc... di tutto questo nell'originale inglese non ho trovato traccia.

Perchè non creare nel sito una sezione che documenta i plagi? senza farlo in maniera retroattiva, si potrebbe partire da adesso, tanto sono sicuro che tra rampini, farksas e caretto, si racimola subito tanto materiale.

Io La Repubblica non la leggo se non in casi disperati come quello di oggi, ma il NYT invece sì

io sono un fedele lettore di Repubblica (imho, in Italia o Repubblica o la Stampa. Il Corriere, stendiamo un burqa pietoso, il velo non basta. Ho ancora copie di una vecchissima rivista su cui Galli della Loggia scriveva insieme a Flores d'Arcais ben altre cose, e ricordo Pigi Battista in loden che allo scioglimento del PdUP mi diceva che la sua scelta di vita sarebbe stata "sempre dalla parte dei lavoratori". S'è visto... Il resto è silenzio) e però, plagio esplicito o quasi di  FR a parte, ho avuto spessissimo l'impressione di leggere il NYT che avevo letto online due o tre giorni prima. Subalternità, egemonia, soft power... chiamatelo come volete... 

A proposito di reportage dall'America invece, io apprezzo molto Marco d'Eramo, certe sue analisi sulla political machine di Chicago o sulla Southern strategy del GOP me le confermavano, paradossalmente, i miei net pals amerikani e repubblicani hard.

 

 

Quanto e' vero! Sono anni che sono abbonato al NYtimes e che puntualmente ne ritrovo gli articoli il giorno dopo, o due giorni dopo, su Repubblica. Tipicamente ne viene copiata (male) la prima parte, lasciando spesso resoconti incompleti, dimenticando conclusioni importanti, etc. A mia memoria saranno almeno 3-4 anni che succede, circa every fortnight. Quasi mai il NY times e' citato.

Non mi pare pero' un esclusivo "fenomeno Rampini", per quanto mi pare piu' frequente nel suo caso. L'ho sempre trovato un esempio del misero stato delle cose, soprattutto in relazione a quanto sia stimato il suddetto in terra italica. Un bel polverone sarebbe assai gradito.

 

.. le foto di questa galleria sugli incidenti, verificatisi a Roma, sono prese da FLICKR .. sicuramente le ultime due (14 e 15) sono state prese ed utilizzate senza il consenso del giovane e bravo fotografo Luca Farinelli (flickr - homepage) .. come da lui stesso denunciato sul forum di street photography SPC

 

Notare come sulle foto postate su Flickr appara chiara la scritta:

"Luca Farinelli 2010 © All rights reserved. Use without permission is illegal."

 

Facile fare gionalismo cosi ...

 

altro giornale (Corriere), alto giornalista (Massimo Gaggi), stessa pratica:

il Corriere del 21 dicembre 2010, "L'invincibile Google inciampa sulla TV"

http://www.corriere.it/economia/10_dicembre_21/gaggi_invincibile_google_fe65c586-0cd4-11e0-a1b6-00144f02aabc.shtml

 

il NYT del 20 dicembre 2010, "Google TV faces delays amid poor reviews"

http://www.nytimes.com/2010/12/20/technology/20google.html?_r=1&ref=technology

 

Cita le stesse fonti del nyt (analisti della forrester), e fornisce le stesse spiegazioni (Google non è brava a lavorare con terzi), oltre a ricopiare altri vari argomenti qua e la'. Indirettamente dice che il NYT ha scritto sull'argomento, ma non lo cita espressamente come fonte.

... e su Critica Liberale, che non conosco, ma da cui, visto il nome, non me lo sarei aspettato. Mah...... nulla di nuovo comunque. 

http://temi.repubblica.it/micromega-online/boldrin-co-cattivi-maestri/

 

Ma è un articolo vero o uno scherzo di carnevale fuori stagione? Incredibile, e incredibilmente deprimente...

Quando il prof. Pellizzetti viene attaccato sul blog "uomini liberi" risponde per le rime definendo coloro che l'hanno fatto "sciattoni della notizia". Quando lui scrive su Critica liberale fango gratuito o a pagamento per screditare una persona mi chiedo cosa faccia