Letture per il fine settimana, 18-2-2012

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Questa settimana: Stefano Feltri sull'ultimo libro di Latouche; lo stato dei conti greci; sul fare impresa in Italia; un argomento libertario per imporre licenze per essere genitori; le primarie di Genova; caccia all'errore.

Buona lettura e buon fine settimana.

  • Su Il Fatto, Stefano Feltri recensisce l'ultimo libro di Latouche, risparmiando ad altri di farlo (e di leggere il libro).  Son cose che costan fatica, per cui ringraziamo molto Stefano per il suo contributo. Le ragioni del successo di Latouche a me continuano a restare incomprensibili. Ricordo anche la recensione di Andrea al libro precedente qui su nfa.
  • Mario Seminerio descrive l'andamento delle finanze pubbliche greche, che sono passate da un deficit primario del 10,6% del Pil nel 2009 al 2,4% nel 2011. Ho l'impressione che questi numeri possono funzionare un po' come test di Rorschach, in cui ognuno vede un po' quello che vuole vedere. Per esempio, per me che non conosco bene la realtà greca, la prima reazione è stata ''ma allora la cura sta funzionando''. Miglioramento dei conti pubblici e della competitività è esattamente quello di cui il paese sembra aver bisogno, per cui è poco sensato interrompere il programma di risanamento ora che inizia a funzionare. Inoltre, i timori che le manovre di austerità potessero condurre a una recessione così grave da impedire il miglioramento del bilancio sembrano non essersi materializzati. La recessione, e anche brutta, c'è ma i conti sono nettamente migliorati lo stesso. Senza dubbio altri leggeranno i dati e penseranno ''i greci hanno già fatto tanto, meritano una pausa''. Sono genuinamente interessato ai pensieri dei lettori su questo punto, particolarmente quelli che conoscono bene la situazione greca.
  • Massimo Famularo, nel suo blog su Linkiesta, mette in fila un po' di dati sulla facilità (o mancanza di) fare impresa in Italia. Niente che sorprenderà i lettori abituali di questo blog, ma sono fatti che è bene ricordare spesso.
  • Le discussioni recenti su questo sito su dignità umana e transazioni volontarie mi hanno fatto tornare in mente un articolo letto un po' di tempo fa. Non è esattamente sullo stesso tema, perché il diventare genitore implica mettere al mondo qualcuno che non sceglie di essere tuo figlio e non ha senso parlare di volontarietà quando dei minori sono coinvolti, ma l'argomento di Andrew Cohen a favore di un sistema di licenze per diventare genitori mi ha fatto pensare. Non che sia giunto ad alcuna conclusione. Anche qui mi piacerebbe sentire le opinioni dei lettori, particolarmente i filosofi.
  • Su Repubblica si spiega chi è il vincitore delle primarie di Genova. È un marchese, consigliere della Compagnia di San Paolo, fondazione che controlla la banca Intesa-San Paolo, nonché professore di storia economica. Non posso fare a meno di nascondere una certa diffidenza, ma questo è quello che passa per rinnovamento a sinistra. Spero mi sorprenda. Su un tema similare, non so se qualcuno ha notato che la tesi di Marta Vincenzi di aver perso perché vittima di pregiudizio antifemminile (si è addirittura paragonata a Ipazia) risulta abbastanza bizzarro un una elezione in cui il 51% dei voti è andato a delle donne. Per non parlare dell'ignoranza della Vincenzi sui meccanismi delle primarie in Amerika. La tesi che un sindaco, o comunque detentore di carica elettiva, dovrebbe essere sottratto alle primarie ed essere automaticamente candidato è veramente strana
  • Compito per il fine settimana. Spiegare in meno di cento parole a chi ha messo il titolo (spero non sia il giornalista)  a questo servizio di Repubblica perché il risparmio è cosa diversa dai nuovi depositi. Al giornalista invece chiedere: ma non è che nel 2011 è successo qualcosa in campo fiscale che può aver scoraggiato i depositi? E chje forse valeva la pena menzionare?
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Commenti

Ci sono 101 commenti

 Spiegare in meno di cento parole a chi ha messo il titolo (spero non sia il giornalista)  a questo servizio di Repubblica perché il risparmio è cosa diversa dai nuovi depositi.

Visto e strabuzzato gli occhi anch'io stamattina.  Leggendo il pezzo si ha l'impressione che non sappiano dire (loro) se i depositi si sono ridotti perche' la gente si e' mangiata parte della ricchezza durante la crisi (nel qual caso il titolo e' corretto, a parita' di altri stock) o perche' la ricchezza depositata presso le banche sia ora detenuta sotto altra forma (nel qual caso il titolo e' malamente fuorviante), o una combinazione delle due (nel qual caso la correttezza del titolo dipende dalla differenza tra la ricchezza mangiata e quella trasformata, sempre a parita' di altri stock). [spiegato in 98 parole, va bene?]

Insomma, su tre possibili scenari il titolista ha scelto il piu' sensazionale, anche se probabilmente falso.

E' noto che il PIL (prodotto interno  lordo) della pubblica amministrazione è pari agli stipendi più una stima dei redditi del capitale (in pratica gli edifici).  Quindi, se la spesa per stipendi alla PA è il 30% del PIl, raddoppiando gli stipendi   si aumenta il PIL del 15%, se i prezzi non aumentano.  E viceversa, un calo del 25% degli stipendi fa calare il PIL del 7.5%.  Nei paesi "normali" (che si finanziano con le tasse e hanno autonomia monetaria), gli effetti sono ridotti. Ma in Grecia l'aumento della spesa era finanziato con import di capitale la moneta non si svalutava ed i prezzi di molte merci erano determinati dal mercato internazionale.  Quindi le variazioni della spesa pubblica in stipendi (non in pensioni, che sono trasferimenti) si riflettono in misura maggiore che nei paesi normali sul PIL aggregato.  In altre parole, la Grecia è un drogato all'inizio di un processo di disintossicazione.   Sarebbe interessante controllare le variazioni del PIL al netto della PA.

In altre parole, la Grecia è un drogato all'inizio di un processo di disintossicazione.

Concordo. E' la stessa cosa analogia che vado narrando in altri ambiti di discussione.

Tuttavia il drogato va aiutato durente le crisi di astinenza. Magari con un succedaneo  palliativo (es:  metadone).  Nel caso in cui l'enalogia sia valida, esiste in economia un equivalente del metadone?

Le ragioni del successo di Latouche a me continuano a restare incomprensibili.

E invece devi fartene una ragione Sandro. Bisogna prendere atto del fatto che Latouche affascina perche' la ricetta "+ felicita' con  - sforzo", senza penosi tradeoffs, senza scervellarsi su problemi di incentive compatibility delle istituzioni, con il warm glow derivante dal sentirsi buoni e in armonia con la natura, e' una ricetta infinitamente piu' accattivante di un'analisi economica a naso duro.

E' un esempio ideale per ricollegarmi al post di David Levine: coloro che si cullano nei vaneggiamenti di Latouche sono gli stessi agenti economici il cui comportamento Levine dice che bisogna modellare attribuendogli aspettative razionali, o almeno la capacita' di adattare le proprie regole di comportamento in maniera scattante.

Levine sostiene che i passeggeri di 9/11 hanno impiegato solo un'ora per raggiungere il comportamento ottimale. Bene, allora chiedo: si ritiene che gli ammiratori di Latouche abbiano aspettative razionali sulle conseguenze, chesso', delle politche economiche per la crescita? E se non le hanno, in che periodo di tempo si stima che ci arrivino?

tu quanti seguaci di Latouche vedi in Italia? Io vedo  gente con iphones e jeans firmati da 300 euro. "Si stava meglio quando si stava peggio" e' al piu'  una battuta, revealed preferences rulez. 

Tra i mille problemi del fare impresa in Italia, mi sembra il meno della cavagna.

La richiesta del canone RAI a chi usa PC o altri dispositivi connessi alla rete non è tanto assurda e mi risulta sia portatata avanti anche in altre nazioni in cui c'è un servizio pubblico finanziato dal canone.

Ci piace la convergenza? Eccoci serviti con il rovescio "statale" della medaglia.

In alternativa dovrebbe esserci un equivalente della piombatura del televisore (che qui diventerebbe una particolare programmazione del firewall, pero' la vedo dura da "blindare")  e che lascia il tempo che trova perché il vero problema è il canone RAI.

Il referendum del 1995 dice chiaramente che RAI va privatizzata, perché viene meno il carattere pubblico.  Quindi o RAI si finanzia con la pubblicità oppure utilizza sistemi digitali crittografati come chiunque voglia essere pagato per ciò che diffonde.

Tener fuori la gente che non ha pagato il canone è facilissimo. Basta usare username/password.

Il problema qui è che NON vogliono tener fuori chi non paga. Vogliono far pagare anche chi non vede quelle schifezze che producono (nei giorni di san remo schifezze è un eufemismo).

A proposito della Grecia e delle "terribili ricette tedesche", avete mia letto il blog di tal Alberto Bagnai, che mi pare che si stia diffondendo velocemente sul web? Porta avanti la tesi che la Crisi del debito attuale è responsabilità della Germania e del suo avanzo commeciale, come si può vedere qui e qui. Se la prende anche con la povera Lucrezia Reichlin. Non pensate che queste tesi stiano avendo fin troppo seguito?

Leggere di Latouche mi ha fatto tornare in mente la sua critica del PIL come indicatore di ricchezza e con essa una domanda che ho in mente da un po' ( essendo assolutamente ignorante di economia ) e cui forse qualcuno qui può rispondere.

È corretto confrontare PIL di paesi con efficienza dei mercati molto diversa per valutarne la ricchezza?

Ha senso confontare il PIL dello stato x che ha metà dell' economia che dipende dall' azienda statale scava & tappa buche e in cui le professioni non sono liberalizzate etc, con lo stato y  regno della concorrenza per confontare il benessere dei due paesi?

Il primo non ha un PIL "gonfiato"? È anche per questo che si usa il metodo della parità a potere di acquisto per alcuni confonti?

Capisco che potrebbero esserci ovunque errori che rendono mal posta o totalmente insensata la domanda, dati i miei limiti di conoscenza e comprensione dell' argomento.

Il problema può esistere, perché la spesa pubblica nel PIL viene misurata a prezzo di costo.  La critica di fondo è che lo scopo del PIL è quello di misurare il reddito della popolazione, e il benessere complessivo non si identifica con il reddito, neanche considerando la parità di potere d'acquisto (PPP) che pure corregge una distorsione esistente. È più appropriato usare il PIL come indicatore di breve periodo del ciclo economico.

Mi fa piacere che il link al post su BHL sia stato menzionato. Mi é capitato di leggerlo appena pubblicato e l'ho trovato thought-provoking. Alcuni aspetti che erano emersi nella discussione con un mio amico (filosofo) :


(1) Fattibilita': esiste un test che soddisfi le caratteristiche imposte da Cohen? Sembra essere questione empirica.

(2) Se anche un test simile esistesse, l'argomento di Cohen sembrerebbe dipendere da come spieghiamo i danni inflitti dai genitori.

Se non ho capito male, Cohen assume che la causa sia l'incapaicta' di sopportare lo stress e/o la (non) conoscenza di principi base di comportamento; questi due fattori condurrebbero ad atti contro i figli.

Non mi sembra convincente. E' possibile ipotizzare che i genitori danneggino i propri figli in modo cosciente. Oppure cadendo in una  fallacia miopica (tipo "mi occupero' del problema settimana prossima, ora faccio altro".

Senza considerare il fatto che la resistenza allo stress potrebbe essere sostanzialmente modificata da eventi successivi alla nascita di un figlio, come imprevedibili problemi di tipo medico o psichiatrico, i quali potrebbero anch'essi essere considerati cause plausibili delle violenze o dei comportamenti dannosi.

(3) Inoltre l'argomento sembra essere molto scivoloso. Prendiamo la verifica dei mezzi materiali. Come verrebbe fissata la soglia? Livelli minimi di sussistenza?

Ipotizziamo che una famiglia risieda in un quartiere industriale i cui danni ambientali sulla prole cresciuta li' nei primi 5 anni di vita siano epidemiologicamente comprovati. Niente licenza per chi non si puo' permettere un trasloco?

Nemmeno io saprei trarre una conclusione. Se una parte della violenza sui figli potesse  essere predetta da un test attitudinale, l'adozione di un sistema di "certificazione" potrebbe ridurre i casi di violenza. Rimarrebbe il problema di tipo diagnositco. Saremmo disposti a privare i falsi negativi (i candidati genitori classificati impreparati ma che in realta' lo sono) del diritto di mettere al mondo un figlio?

Vedi sopra.  È sufficiente che chi vuole essere genitore stipuli una polizza assicurativa a copertura del danno eventualmente causato ai propri figli e alla collettività (ferma restando l'applicazione della legge penale come deterrente ex post).  Saranno poi le società di assicurazione a valutare nel modo più opportuno i rischi di ciascun aspirante genitore.   Questa politica ovviamente può porre problemi di equità in quanto non tutti hanno la stessa disponibilità economica, ma a ciò si può ovviare con un intervento redistributivo.

Con lo stesso sistema si potrebbe liberalizzare la patente di guida, che diventerebbe una versione seppur molto ampliata della RC auto.  Un conducente che infrangesse più volte il codice della strada e causasse sinistri sarebbe ben presto malvisto dalle società di assicurazione e si troverebbe a pagare cifre proibitive, a meno di non adottare precauzioni concordate con le società come la "scatola nera" o il passaggio a un mezzo più sicuro, ad esempio un motociclo.

Citando (fuori contesto) la Corte Suprema USA (Crain v Commissioner, 1984):

We perceive no need to refute these arguments with somber reasoning and copious citation of precedent; to do so might suggest that these arguments have some colorable merit.

In altre parole, vado a giocare con mio figlio invece che passare mezz'ora a scrivere perche' penso che l'idea di licenze per i genitori sia un'idea veramente malvagia.

l'anticazzate?

Beh funziona perche'  non riesco a mettere commenti! (funziona solo la funzione 'inizia nuova discussione').

Volevo solo dire, in risposta ad Andrea piu' sopra, che onestamente non saprei dire quanti rivelino una preferenza per Latouche: ammetto di non avere fatto indagini scientifiche in proposito e andavo per sentito dire dei successi del tipo di cui parla Ernesto, e lo stesso Sandro nel suo post. Peraltro, non sono sicuro che le preferenze rivelate si applichino in maniera diretta in situazioni di questo tipo, che hanno aspetti di gioco di coordinazione (cioe' e possibile che anche quelli che in pratica adottano un modello di crescita nella perversa societa' attuale sarebbero disposti ad adottare un modello di decrescita SE lo facessero tutti gli altri).

Non riesco neanche a comprendere l'argomento.

Facciamo finta che tutti quelli che dicono di essere d'accordo con Latouche lo siano per davvero. Vorrebbe dire che X% delle persone hanno preferenze di un certo tipo, ossia preferiscono poca crescita o decrescita e la vita agreste. 

Oltre alla precedente, quale altra implicazione vi sarebbe?  

Chi non vede la possibilità di rispondere ad un messaggio, lo chiuda e lo riapra.

Stamattina mi sono alzato e ho trovato una serie di avvilentissimi titoli sulla recessione nel 2012. E leggevo le dichiarazioni degli imprenditori che lamentano il fatto che la domanda non ne vuole sapere di ripartire.

Ho letto l'articolo e per quel che ne posso capire l'ho trovato molto interessante, ma volevo aggiungere i miei due cents proprio in relazione alla mancata domanda: è possibile che a rendere ancora più difficile la ripresa dei consumi contribuisca anche il fatto che i 4/5 dei nuovi contratti di lavoro siano a t.d.?

Uno che non sa se sta lavorando tra un anno, mette tutto da parte, mica si va a comprare un cappotto nuovo con cappello abbinato.

A me sembra di dire una banalità solare, però ci tenevo a comunicarvela.

Dipende.  Se il lavoratore a t.d. per mettere soldi da parte usa il materasso di casa, ovvero se deposita i soldi in banca e la banca li deposita alla BCE, allora il problema esiste.  In caso contrario, i suoi risparmi stanno generando domanda da qualche parte esattamente come se li spendesse.  Non necessariamente in Italia, s'intende; però i modi per far giungere più investimenti in Italia sono ben noti.

Interessante articolo su LInkiesta sulla diffusione di monete locali in USA: http://www.linkiesta.it/come-funzionano-monete-locali

Tra l'altro, guardando la mappa delle città che le usano, si vede come siano concentrate sulle coste dove, se non ricordo male, sono in maggioranza gli elettori democratici: sarà un caso?

(A me la funzione 'rispondi' continua a non funzionare)

Se e' solo un fatto di preferenze, fine, obviosuly.

L'assunzione implicita era che gli argomenti di Latouche difettassero di comprensione di come funziona il sistema economico.

In generale, mi colpisce il fatto che tu ed altri come DKL attribuiate grande flessibilita' cognitiva (secondo me in modo non giustificato) agli agenti dei modelli, ma grande rigidita' mentale agli agenti nel mondo reale.

Cioe' non ho mai capito come si possa dare del cretino ad un premio Nobel e simultaneamente assumere che gli agenti dei modelli arrivano rapidamente a comprendere il modello.

Ma e' solo una mia curiosita' personale e non voglio assolutamente aprire un dibattito, che fra l'altro non sarei in grado di seguire.

Ci sono due punti che vorrei fare:

uno e' che la critica non e' al premio nobel come persona, ma a quello che dice. Nel privato delle loro scelte poi magari si comportano piu' razionalmente di quanto uno pensi.

Il secondo e' che alla fine conta non tanto che il modello rappresenti esattamente la realta', ma che la rappresenti con un'approssimazione sufficientemente adeguata per farci un'analisi. 

Perche' devono capire solo il modello, non l'intero e complicatissimo mondo. 

E siccome il modello va "chiuso", assumere che gli agenti che in esso agiscono capiscano il modello in cui agiscono e' l'ovvio punto di partenza. L'alternativa (che sono stupidi e non capiscono il mondo dove vivono quindi agiscono a caso) apre una notte nera in cui puo' succedere assolutamente tutto ed il contrario di tutto. 

In particolare, tutti i modelli di RE sono consistenti con processi dinamici di learning, ed il dibattito scientifico proprio a quello serve, a learning. 

Il titolo, oltre ad assumere che il risparmio sia costituito  solo da depositi e obbligazioni bancarie, commettte anche l'errore di confondere la variabile con la sua derivata: infatti la raccolta non è diminuita  bensì aumentata meno che nel 2010 (24 miliardi contro 130). Le novità fiscali 2011 erano favorevoli ai depositi: aliquota fiscale ridotta dal 27% al 20%. Le nuove tasse non hanno ancora morso nel 2011 ma sicuramente ha avuto effetto la crisi in generale. Inoltre, considerata l'identità dei soggetti depositanti ed acquirenti di bot, i rendimenti netti di questi ultimi, nel secondo semestre, sono andati ben oltre i tassi dei depositi e delle obbligazioni bancarie (ISP se ne è accorta ed a novembre ha lanciato una obbligazione a due anni al 5,2%)

Ma si sa: stiamo parlando di giornalisti "economici" specializzati in disinformazione. (se del Sole24ore non per ignoranza ma pro domo Confindustria)

Ne parla Antonio Pascale in un articolo intitolato "Gli egoisti della decrescita".

sono d'accordo 100% sul secondo punto.

Quella che viene applicata non e- una ssurdita' calata dal cielo o imposta da un invasore, ma semplicemente la legge italiana che ha trasformato il "canone" RAI in una tassa sul possesso di apparati atti o adattabili a ricevere trasmissioni radiotelevisive. Ci fu un po' di bagarre, qualche anno fa, quando venne approvata dal parlamento questa legge. Anche perche' non solo rientrano nella legge i computer ed i cellulari di ultima generazione, ma anche i videocitofoni e, visto che parla anche di apparecchi adattabili, tutto quello a cui si puo' attaccare un monitor ed un ricevitore, dalle auto alle caffettiere, dalle biciclette ai tostapane.

Quello che mi disturba e- la levata di scudi dei politici di tutti i partiti. Se non gli piace questa legge (ma a nessuno, tranne alla RAI piace), basta che si trovino in parlamento, ne facciano una nuova che specifichi chiaramente per cosa si deve pagare la tassa di possesso e finisce li'. Mi pare, invece, che a parte un gran clamore, non si stia facendo nulla di concreto per modificare la situazione esistente. E comunque, grazie al fatto che si paga la tassa una volta sola, chi gia' la paga per la propria abitazione principale, non e' tenuto a pagarla per altre abitazioni. Non so se gli uffici possano essere "coperti" dalla tassa pagata per l'abitazione. Diverso e' il caso della televisione nei bar e nei luoghi pubblici: una volta credo ci volesse pure una licenza per poterla avere, ma c'e' sempre stato un canone "commerciale" per i bar ed i ristoranti. Rendere obbligatorio l'uso di una username ed una password comporta il cambio di buona parte dei decoder digitali appena comperati. In molti hanno acquistato decoder solo per i canali non a pagamento e proprio non c'el lo slot per inserire una card e non sono in grado di gestire una sistema di autenticazione. Quindi non e' proponibile in tempi brevi. (io dovrei comperare un paio di decoder nuovi con la smartcard e mi darebbe molto fastidio, visto che costano il doppio degli altri).

ps oh, le ho provate tutte, ho chiuso e riaperto i messaggi, ho disattivato e riattivato l'html editor, ho acceso un po' di candele sotto al ritratto di Padre Pio, ho sgozzato un gallo nero sullo schermo (antico rito voodoo infallibile con i problemi che da' windows), ma niente da fare, il bottoncino "rispondi" non sono riuscito a farlo saltare fuori. Sto usando windows xp e firefox 10.0.1. Non e' che si puo' mettere su un template meno bello, ma piu' efficace? A me va bene anche una cosa solo testo monospazio, senza alcun fronzolo, basta che funzioni come si deve.

segnalo anche un bell'articolo di Antonio Pascale sul Corriere, che mi sembra aver ben centrato il punto fondamentale della questione:

In realtà decrescere è facilissimo: basta autoridursi lo stipendio. Produzione e reddito sono infatti la stessa cosa. Meno reddito, minor produzione, consumi più bassi. Ci toccherà fare un gesto coraggioso: andare dal nostro editore e chiedere di meno

L'articolo è lo stesso segnalato da ste.floris più sopra.  La parte migliore è quella da lei citata, ma essendo scritto da un non economista l'articolo confonde ad esempio tra recessione (che come noto è un fenomeno nominale di breve periodo) e tutto il resto.  Si può dire che fa il paio con le opere di Latouche o di Pallante.

Non avevo notato il commento di ste.floris più sopra. E' vero, Pascale non è un economista (neanch'io, peraltro, quindi ho sempre un certo timore ad inerpicarmi per certi sentieri), ma a me sembra che nell'articolo la recessione neanche la nomini. 

Ma ciò per cui mi sembra che l'articolo di Pascale centri il punto è nel pretendere (correttamente a mio avviso) che siano i sostenitori della decrescita a fornire le evidenze, su base scientifica, di quanto asseriscono, cominciando a riempire di numeri le loro suggestive teorie. Altrimenti siamo alla solita storia: chiunque sia dotato di un briciolo di fantasia e di appeal spara una minchiata, e poi l'onere della prova (contraria) ricade sugli altri.

L'eterno dibattito sull'elettore razionale (i.e. perche' le persone "perdono tempo a votare" coscienti che, di per se, il loro voto individuale non fara' alcuna differenza nel risultato finale) ha fatto far carriera a tanti bravi matematici scarsamente interessati nei comportamenti concreti della gente, gli elettori in questo caso. Mi sembra un classico caso di tempo perso, tipo la prova della esistenza (or alck of it thereof) del signor dio.

L'intero casotto pluridecennale si fonda su uno straordinario e generalizzato caso di "cognitive dissonance", che mi appresto ad illustrare. Mi son divertito, nel tempo, a chiedere ad un grande numero dei colleghi impegnati in questo annoso dibattito se votano o hanno votato qualche volta in vita loro. Quasi tutti, come me, quando possono votano o hanno votato, molti non votano perche' vivono in un paese in cui non sono cittadini ma nel loro paese han votato o voterebbero. Ho anche sempre loro chiesto perche', nel caso loro o dei loro genitori, abbiano ritenuto valesse la pena votare.

Le risposte sono, regolarmente, quelle ovvie. Tutte classificabili sotto la categoria generale di "senso civico" che, in economichese, si traduce in "perche' farlo mi da' UTILITA' DIRETTA", sia perche' odio l'opponente o perche' mi sembra un'elezione importante o perche' mi sembra di poter partecipare, o perche' il tal candidato ha due o tre idee che io apprezzo e voglio segnalare il mio supporto (vi siete mai chiesti perche' la gente voti per partiti di minoranza garantita? Sono tutti e solo fuori di testa quelli che votano per il partito comunista?), oppure perche' l'alternativa e' Santorum che davvero mi irrita e non vorrei mai che, eccetera, eccetera, eccetera.

Tutte risposte perfettamente consistenti sia con la mia personale introspezione sia con il comportamento altamente razionale di tutti coloro che conosco e che, da sempre, danno le stesse motivazioni. Non a caso, credo, esiste una letteratura empirica sull'argomento (che non ho voglia di andare a cercare) ma basta casual observation per rendersi conto che cosi' deve essere! Nei paesi, regioni, citta' dove svariate misure di "senso civico", "senso d'appartenenza politica" e cosi' via sono particolarmente forti si tende a votare piu' che altrove. D'altro canto, quando gli stakes sono alti e vi e' molta incertezza sul risultato finale la partecipazione e' piu' alta, segno che gli elettori marginali che agiscono solo se credono possibile essere pivotal esistono anche quelli. 

Qualcuno e' in grado di spiegarmi cosa c'entra tutto questo con la supposta "follia" dell'elettore medio o mediano? 

Sottoscrivo. Anche a me molta di quella letteratura sembra consistere di graziose capriole matematiche con scarso interesse per le motivazioni reali delle persone.

Stai dando un'interpretazione sbagliata di quella letteratura.  Il punto non e'  spiegare perche' si vota. E' ovvio che in un'elezione  con milioni di votanti la probabilita' di essere pivotal e' cosi' prossima allo zero che conta molto di piu' non il beneficio del risultato, ma il senso civico, quello di partecipazione etc... Di teorie che lo incorporano anche in modo non-naive ce ne sono (Sandroni e Pesendorfer, per esempio, hanno un modello "kantiano" rule-utilitarian). Anche quelle possono essere interpretate come "capriole matematiche", ma il punto,  in quel caso,  e' capire quale sia il miglior modo di incorporare considerazioni diverse, come  il senso civico. 

Io darei un'interpretazione diversa: si vuole cercare di vedere fino a dove la teoria puo' arrivare se spinta all'estremo e presa veramente sul serio. David e Palfrey hanno fatto esperimenti con al massimo 51 votanti e trovano che in quei casi, essendo poi la probabilita' di essere pivotal non cosi' bassa come uno su due  piedi penserebbe, in effetti la teoria prevede i risultati che trovano. Si tratta ovviamente di un risultato che non si puo' ignorare, non vedo perche' si dovrebbe ignorarlo. 

Cosa c'entri questo con la "follia" dell'elettore mediano non ho idea neanch'io. 

di Filippo Zuliani sul Post

http://www.ilpost.it/filippozuliani/2012/02/24/sulla-decrescita/

 

ottima, imho questa osservazione:

 

 

 

Ma soprattutto, chi decide cosa è sostenibile e cosa non lo è? Nel momento in cui l’allocazione di beni e risorse è decisa da un ente centralizzato, dal potere enorme per definizione, chi lo compone? Lo eleggiamo con libere elezioni? Se alle elezioni si presentassero due coalizioni facenti capo, ad esempio, a D’Alema e Berlusconi, quale dei due preferireste decida quanto, per cosa e quando siete autorizzati a consumare? Oppure aboliamo le libere elezioni? Non lo dico per essere antipatico, quanto proprio perchè non mi è chiaro il meccanismo decisionale di allocazione delle risorse proposto per la decrescita. Questo è da sempre il grande limite dei decrescisti: tranne qualche banalità volontaristica (e i contrari in galera, probabilmente) nessuno va oltre la critica al sistema economico attuale ed è in grado di costruire un programma serio – ho detto serio – e credibile – ho detto credibile – di politiche economiche, sociali ed energetiche che consenta di governare un mondo in decrescita. Certo, risolvere problemi settoriali come quello ambientale o energetico è importante, ma siamo ben lontano dal risolvere il problema di governo nella complessità delle società moderne.