Letture per il fine settimana, 8-1-2011

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Questa settimana: il New York Times sulla condizione dei giovani In Italia; il 2011 visto dal 1931; la diffida de Il Giornale a Tremonti; cosa sta succedendo in Costa d'Avorio?; Economists' Voice sulla riforma sanitaria in Amerika; Galli della Loggia ci spiega che è tutta colpa nostra.

Buona lettura e buon fine settimana.

  • Un articolo nell'edizione domenicale del New York Times racconta della mancanza di prospettive dei giovani in Italia e più in generale nel Sud Europa. Anche The Economist dà il suo contributo. Nel leggere l'articolo del NYT, non mancate di cliccare sul link al Corriere con l'intervista di Giuliano Amato, che ci eravamo persi. La sua ricetta è che il debito pubblico si risolve con più tasse. Grassie dotor sotile.
  • Sempre il New York Times, nel 1931 compiva 80 anni. Nell'occasione si divertì a chiedere a un gruppo di luminari (che includeva il signor Ford della casa automobilistica) di fare previsioni su come sarebbe stato il mondo dopo altri 80 anni. Ossia, nel 2011. Ora quel pezzo è commentato sul blog di uno studio legale del South Carolina (non chiedeteci come ci siam finiti). Pezzo lungo ma divertente e istruttivo.
  • Un articolo di Mario Giordano su Il Giornale mette ufficialmente sotto osservazione Voltremont, che i più fidi scherani del padrone sospettano intento a complottare per occupare scranni che spettano per diritto all'Unto. L'articolo lascia abbastanza sbigottiti per la tecnica del dire e non dire e dei messaggi obliqui, a cominciare dalle ridicole e sperticate lodi iniziali per l'obiettivo dell'ira, ma poi uno si ricorda che non è un quotidiano vero quello che si sta leggendo e che Il Giornale ha fatto anche assai peggio. Un solo appunto a Giordano. A un certo punto afferma ''Del resto, ormai ne abbiamo viste di tutti i colori. Ci manca solo Cassano docente al corso di bon ton per educande, Tonino Di Pietro all’Accademia della Crusca e Tremonti voltagabbana, poi abbiamo fatto l’en plein.'' Ecco, Cassano e Di Pietro certamente non raggiungeranno mai le posizioni descritte, però a dir la verità il buon Tremonti, alle elezioni del 1994 venne eletto in un partito e passò appena eletto a un altro. Il Tremonti voltagabbana non manca proprio. Infine, sempre sullo stesso tema, segnaliamo il sempre ottimo Phastidio.
  • Su indicazione di Massimo Famularo, segnaliamo la continua tensione in Costa d'Avorio (altre informazioni, in inglese, qui e qui; per background vedere qui). I continui problemi che troppo spesso si verificano negli stati africani ogni volta che un givernante deve abbandonare lo scranno restano purtroppo un importante impedimento allo sviluppo economico del continente.
  • Una serie di articoli su Economists' Voice discute la riforma sanitaria di Obama; quello di David Cutler, in particolare, discute i pro (l'autore era il principale consulente dell'amministrazione sulla politica sanitaria). Il link richiede registrazione, ma per un solo articolo è gratuita.
  • Il rifiuto da parte del Brasile di consegnare all'Italia un criminale di nome Battisti è stato da più parti interpretato come un segnale della nostra debolezza diplomatica. Ma perché siamo così diplomaticamente deboli? Marco Boninu ci segnala un articolo in cui Galli della Loggia va alla radice del problema e ci spiega che la colpa è tutta dagli intellettuali italiani che vanno all'estero e che, per compiacere i propri interlocutori stranieri, provano un irresistibile impulso a parlar male del proprio paese. Ci aggiunge per soprannumero gli intellettuali italiani che restano in Italia e che si permettono di tradurre opere non sufficientemente deferenziali di storici foresti. La soluzione del buon GdL è semplice. Più soldi agli Istituti Italiani di Cultura e maggiore controllo governativo dei corrispondenti esteri in Italia. Manca inspiegabilmente la proposta di sussidiare la sagra del tortellino in tutte le capitali mondiali, metodo sicuro per aumentare il prestigio del paese. E noi che pensavamo che la nostra debolezza derivasse dal fatto di essere governati da una manica di ridicoli cialtroni. Ooops, l'abbiamo fatto ancora. Abbiamo parlato male del paese. Meno male che i nostri colleghi non leggono l'italiano.
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Commenti

Ci sono 35 commenti

che miracolo avrebbe fatto il nostro se le banche italiane , da lui tanto odiate , avessero avuto i problemi di quelle tedescho od inglesi?

Mai nessuno che glielo ricordi! 

Grazie delle segnalazioni !

Una nota: lungi da me difendere l'articolo di GdL (anzi concordo pienamente con voi su tutto e soprattutto sulla "manica di ridicoli cialtroni") però nelle mie frequentazioni professionali e private con stranieri direi che noi italiani, intellettuali o common people che sia, abbiamo una chiamiamola "tendenza all'autocritica" che le altre nazioni si sognano (bulgari esclusi, mai trovato uno che parlasse bene del suo paese). Di per sè mi sembra una caratteristica positiva, a meno di non interpretarla come un' amica di famiglia (basca, trasferitasi a Milano per amore) "voi italiani siete cabrones, state sempre a lamentarvi di tutto e di tutti, ma non vi ribellate mai e non fate mai niente per cambiar le cose".

Corrado questa cosa si sente dire spesso: in Italia, i cittadini si lamentano più che altrove. Io non so se sia davvero così, ma a parte questo disponiamo di indicatori anche più obbiettivi per poter comprendere la nostra situazione in maniera comparativa rispetto agli altri. Quindi direi che a parte le propensioni soggettive al lamento abbiamo di che lamentarci. 

Ma poi dai autocritica? C'è l'autocritica del miglioramento, del non sentirsi mai soddisfatti, ma da noi prevale quella populista, ciarliera e demagogica da bar...e poi sei vai a vedere le cose per bene scopri elettorati graniticamente legati a liste politiche e simboli di appartenenza per decenni.

Comunque io ho notato che per il livello di critica che si esprime nella quotidianità ci dovrebbe essere un cambiamento reale delle cose, che invece non arriva mai...alla fine mi sono convinto che le lamentazioni sulla politica in Italia altro non siano che: a) un metodo di socializzazione, vista la pervasività della politica italiana (i politici debordano da mane a sera in qualunque spazio televisivo o di giornale) e visto il nostro affrontarla con metodi da stadio e da ultras; b) un meccanismo (psicologico) di rimozione ed esautoramento delle proprie responsabilità personali che, i residenti almeno, a livello di voto, scarsa o nulla informazione o transazioni clientelari con i politici, devono avere. Insomma, lamentandoci passiamo il tempo e crediamo mediamente di essere migliori di quelli che hanno reso il paese un cesso...altrimenti non so spiegarmi perché a ogni crocicchio c'è gente che protesta e poi le cose sono sempre immutabili.

Ps: io non so chi va ancora alla posta o in banca fisicamente, ma io ogni volta che ci capito ho sempre queste impressioni di imminente sollevazione popolare a giudicare dal tenore e dal tono delle conversazioni...fino ovviamente ad arrivare dalla sportellista capra che ci tratta poi tipo buoi.

Amato.....ma c'è ancora uno così???? bah....

nel suo articolo gdl osserva

 

Anche per gli stranieri colti, troppo spesso l'immagine attuale dell'Italia è schiacciata sotto il peso di tre stereotipi: Berlusconi (vissuto come un mistero orripilante, premessa di ogni male), l'onnipotenza della mafia e della camorra, il pervadente oscurantismo del Cattolicesimo. Per il resto: approssimazione, inefficienza, arbitrio.

 

Saranno stereotipi ma non è che danno un'idea così distorta del bel paese. E poi come riassumono gli italiani colti la Francia, la Germania, etc...?

 

Mi sbaglio ma neanche Oprah Winfrey mette in onda le corbellerie di Bruno Vespa sui miracoli, le vergini in lacrime, i bambini che risorgono.

Sul fenomeno di un bizzarro oscurantismo cattolico in Italia non vi e' nesuno stereotipo: in paesi altrettanto religiosi emettono meno scemenze.

Beh, ragazzi,  ieri ho comperato anch´io il Corriere ed oltre all´approfondita analisi di EGL ho trovato anche quest´altro pezzo interessantissimo di un tale Fidel (ma non quello che pensate voi…)

Finalmente ho capito tante cose...

E poi vi segnalo questa grottesca vicenda tutta interna al giornalismo di destra.

Seguo anche la stampa tedesca ed austriaca ma solo in Italy ho visto cose del genere.

 

e alla tv austriaca o tedesca trasmettono siparietti come questo?

Poche chiacchiere, Amato ha ragione. L'affermazione:

 

Come diceva giustamente Tommaso Padoa-Schioppa, noi siamo vittime della vista corta, e con la vista corta non possiamo vedere e preparare il futuro: come Gurdulù, il personaggio di Calvino immerso in un piatto di minestra, siamo immersi nel nostro presente.

 

fotografa perfettamente la condizione di chi non vede, guardando la storia di questo disgraziato Paese, le responsabilità proprie e della consorteria d'appartenenza, per aver praticato quella politica di folle e criminale spesa pubblica che ci ha condotti dove siamo. E che, ora, non solo non ammette colpe ed errori, ma propone che a pagare siano le vittime anziché i carnefici. A gente così io - che son cattivo e non possiedo la virtù (?) del perdono - confischerei anche le mutande, ed imporrei lavori forzati a parzialissima riparazione del male fatto.

Non più Dottor Sottile, dunque, meglio - e son cortese - Dottor Miope .....

scrive nyt

 

Giuliano Amato, an economist and former Italian prime minister

 

economist? professore di diritto costituzionale sapevo... Comunque almeno per lui il silete di Voltremont è appropriato

Chissà se è il giornalista del NYT ad essere impreciso/ignorante, oppure se qualcun altro - lo stesso Dottor Miope o qualcuno della sua gang? - ha fornito la cazzata notizia al riguardo ....

Un paese infestato da economisti e commissari tecnici della nazionale di calcio...

Scusate l'ot, ma nel leggere di voltremont e del suo piano eversivo contro Colui che solo ci salverà dal sempre strisciante pericolo bolscevico, mi son ricordato che Boldrin aveva promesso per la Befana la seconda edizione riveduta e ampliata del libro. Ho cercato accuratamente nel carbone della calza, ma senza risultati apprezzabili.. quando avremo il piacere di sfogliare il nuovo libello?

 

Abbi pazienza Eugenio. Noi abbiamo mandato la nostra roba all'editore, a questo punto ci sono i tempi di stampa. Non te lo posso dire con sicurezza ma credo che per la fine del mese la nuova edizione dovrebbe uscire.

Un articolo nell'edizione domenicale del New York Times racconta della mancanza di prospettive dei giovani in Italia e più in generale nel Sud Europa. Anche The Economist dà il suo contributo.

Dagli articoli del NYT e dell'Economist, se li vuole considerare attendibili, risulta chiaramente non sa cosa fare dei suoi laureati. Se è cosí perchè non chiudere le università, o almeno parte di esse?

Più che dei laureati sembra che l'Italia non sappia cosa fare dei suoi giovani. I dati sulla disoccupazione giovanile sono un esempio, ma non il solo. Tieni conto che queti dati si riferiscono a chi cerca lavoro e ha una età compresa tra 15 e 24 anni, ossia tipicamente i giovani che decidono di smettere di studiare (gli studenti a tempo pieno non fanno parte della forza lavoro e quindi non entrano nel computo del tasso di disoccupazione). In verità credo non sia difficile dimostrare che, tenendo conto di quanto varia la probabilità di trovare impiego e il salario che si riesce a ottenere, la laurea in Italia resta un buon investimento.

Il problema dei giovani italiani non è che studiano troppo. Il problema dei giovani italiani è che vivono in una gerontocrazia.

Per far (s)contenti quelli che pensano che noi qui si passi il tempo a tessere le lodi di Francesco Giavazzi, in chiusura di domenica un grazioso (si fa per dire) lettore mi ha segnalato questo.

Nel medesimo appare la seguente

 

Il surplus cinese (oltre 200 miliardi di euro) è in gran parte il riflesso della pirateria informatica. Il valore delle esportazioni supera quello delle importazioni anche perché i cinesi copiano la maggior parte del software che usano. Se acquistassero le licenze, il saldo sarebbe molto più vicino al pareggio. La tutela dei diritti di proprietà è la prima cosa da chiedere a Pechino.

 

Ed allora pensi che dire "100" quanto sono 95 (o 89, o anche due di meno, non formalizzatevi ...) le università italiche è una cosa niente, una quisquiglia, una pinzillacchera in confronto a questa dei 200 miliardi di euro dovuti alla "pirateria informatica" ...

Se solo il WTO facesse il suo dovere forzando i cinesi a "pagare il dovuto" il famoso saving glut scomparirebbe. E' semplice semplice la politica economica globale, no?

Sono le 3.50 AM e dovrei studiare, indi non mi dilungo sul perche' io ritenga quell'estratto abbastanza controverso. Despite my  lack of  interest, qualche dato.

La tabella e' parte di un report piu' corposo commissionato dall'International Intellectual Property Alliance. Lo trovate qui.

Vi precedo, lo studio affronta il problema da un punto di vista strettamente amerikano.

Uno studio BSA giunge alla conclusione che una riduzione della pirateria in Cina nei margini del 10% comporterebbe:

<< IT sector’s contribution to the Chinese economy could be even bigger if China’s PC software piracy rate were to be lowered 10 percentage points over the next four years, creating an additional 355,000 jobs, $20.5 billion in local industry revenues and $1.6 billion in additional tax revenues for federal, regional, and local governments...>>

Ed ancora:

<< Therefore, a 10 percentage point drop in PC piracy not only impacts the performance and economic contributions of the overall software industry, but also ripples outward into the IT services and distribution sectors, each of which is larger than the software industry itself>>.

Suppongo Giavazzi non abbia che moltiplicato per 10, peccato che nel suo  pezzo non si parli ne' della differenza tra perdita virtuale e reale ne' del rapporto esistente tra il risparmio delle imprese private e l'eventuale surplus statale.

Scontato il rinnovato impegno delle autorita' cinesi nella lotta  ad ogni forma di copyright infringement, e' proprio quelll'equazione ad essere poco chiara:

200 miliardi software pirata =  200 billion surplus

Non potrebbero in Cina optare per l'open source e comunque risparmiarli quei 200 (ipotizziamo sia la cifra giusta) miliardi? 

Ancora, come si fa a dire che siano proprio quei 200 miliardi a rinfoltire il borsino cinese. Insomma, il pezzo di Giavazzi mi pare surreale. Forse sarebbe stato onesto evitare di cercare scuse e dire che i cinesi e' probabile ci sappiano fare a prescindere.