Maggie, ah Maggie

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In questo blog alcuni di noi hanno apertamente sognato la Thatcher al posto di Prodi. Ci diverte ricordare il rifiuto da parte degli economisti accademici di Gran Bretagna alle politiche della Thatcher.

L'occasione ci e' data da Econ Journal Watch che contiene tutte le firme contro la politica macroeconomica della Thatcher nel 1981 e che contiene una interessante discussione delle posizioni teoriche dell'epoca.

Ancora piu' interessante sarebbe conoscere le posizione dell'accademia nei confronti delle liberalizzazioni del governo Thatcher. Ma non so dove trovarle.

 

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Commenti

Ci sono 16 commenti

Beh, l`idea di liberalizzazioni in Italia e` quella di Soru: vi dico io quando dovete aprire o chiudere.

E

dire che io qui, torno a casa dall`ufficio a mezzanotte e trovo il

supermercato aperto, 24/7. E siamo in mezzo ai campi di mais... piu` o

meno come in sardegna, se sostituisci il mais con i carciofi, pero` i

supermercati chiudono alle 7 pm.

 

 

 

 

Posso anche capire che nell'81 ci fossero economisti anche famosi, benche socialisteggianti per cultura e per carriera accademica, che osteggiassero la Maggie. Quelllo che mi turba e' che continuino ad esserci nel 2006. In fondo nell'81 Prescott e company dovevano ancora scaldare i motori. Lucas era visto come uno psicopatico che voleva trasformare l'economia in fisica quantistica. E problemi come credibility e repeated games, beh, erano ancora in nascere. Mi turba davvero che nel 2006 ancora non si vedano queste cose, soprattutto dopo che la storia ha dato ragione a Maggie. 

 

sarebbero, questi economisti anti liberalizzazioni nel 2006?

 

nickell e dasgupta sono inglesi. io parlo di italiani. Dovresti farti un giro nelle universita' italiane pubbliche per renderti conto che l'economia e' ferma agli anni 60, per essere generosi. Salvo rare eccezioni.

 

dasgupta e' indiano. comunque, quello che dicevo e' che se vuoi fare un paragone con il 1981, mi devi produrre nomi di quel calibro, altrimenti la tua e' una considerazione priva di contenuto, diciamo molto ideologica (ce l'hanno tutti con noi: ma tutti chi? and do we care?). Non mi pare che le universita' pubbliche italiane (a parte eccezioni, ovviamente) siano ricche di studiosi paragonabili a nickell o dasgupta.

Ma scusa, se io oggi, 22 agosto 2006, vado da Nickell e gli chiedo: "sei favorevole alla privatizzazione degli ospedali?" secondo te cosa mi risponde?

 

1. poco sopra hai detto che si parlava di ricercatori ITALIANI, e non inglesi. quindi quello che pensa nickell sulla privatizzazione degli ospedali è del tutto irrilevante

2. ti ho chiesto di elencarmi gli studiosi italiani, nel 2006, contrari alle liberalizzazioni. te ne sei uscito con un certo tafazzi o come si chiama. N=1, e non esattamente un highly influential scholar.

3. privatizzazioni e liberalizzazioni sono due cose ben diverse, sai? quindi, anche da questo punto di vista il parere di nickell sulle privatizzazioni e' del tutto ininfluente.

4. Per farla breve, cerca di non andare fuori tema. il punto è che hai fatto una affermazine avventata e propagandistica e non sei riuscito a sostanzarla. succede.

5. comunque sono ancora curioso di sapere chi e cosa ha detto contro le liberalizzazioni

 

faccio un favore al mio amico rabbì. Ripresi da Phastidio (phastidio.net), una settantina di nomi:)

www.appellodeglieconomisti.com 

 

 

 

e come il tuo amico rabbi, finisci fuori tema.

li' si parla di gestione del debito pubblico e non di liberalizzazioni. solo un breve cenno al fatto che l'abbattimento del debito comporterebbe piu' privatizzazioni (di nuovo, da non confondere con le liberalizzazioni) ma, per far contento rabbi, non un aparola contro ulteriori privatizzazioni nei loro argomenti.

regola numero uno: FOCUS! no digressions! :-)

 

questo è un articolo del primo firmatario di quell'appello sulle privatizzazioni delle banche, in cui si auspica un ritorno ad un maggior intervento pubblico

www.larivistadelmanifesto.it/archivio/48/48A20040306.html

questo è l'appello per il referendum del 2003 sull'articolo 18

www.ilmanifesto.it/articolo18/interventi/3ee766d9445c0.html

devo continuare?  (nell'ultimo ci sono anche nomi di rilievo, magari non paragonabili a dasgupta)

nicola, vuoi negare che tra gli economisti  dell'accademia italica esista una corrente (fino all'altro ieri largamente maggioritaria, ora in lieve declino) per cui lo studio dell'economia (come scienza) è fermo agli anni 60? Tra quei firmatari, c'è un long standing presidente della soc. degli economisti.

Giusto per intendersi, io credo sia scandaloso, ma non perchè ci sono stati gli anni 70 di kidland e prescott , ma piuttosto per gli anni 80 e 90 della teoria degli incentivi e dello stato regolatore (questo visto da una prospettiva di sinistra, senza pretendere di portare la verità god-sent) 

 

 

 

Forse il punto e' proprio questo, luigi: nicola forse non riconosce tali persone come economisti ;-) potrei persino trovarmi d'accordo. Io pero' ho fatto un discorso piu' generale, e ti dico che la stragrande maggioranza degli economisti italiani ritiene le liberalizzazioni un argomento da usare con cautela: bene in alcuni casi, male in altri. Per intenderci: bene per i conti correnti bancari, male per la gestione del TFR da parte delle assicurazioni o delle SGR.