Una ricostruzione del caso Madia

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Questo articolo cerca di ricostruire i fatti nella vicenda della tesi di dottorato della ministra Marianna Madia. La ricostruzione è avvenuta parlando con molte persone coinvolte a vario titolo; alcune non erano state precedentemente sentite dai giornali che si sono occupati della vicenda, o avevano scelto di non parlare con loro. Emergono molte inesattezze  nelle ricostruzioni fin qui avvenute; ma permangono alcune domande ancora senza risposta. 

Credo siamo tutti  d’accordo che una parte non trascurabile della tesi di dottorato di Marianna Madia è fatta di copia e incolla. L’unico che non sembra ritenerlo un problema è apparentemente  il suo supervisor Giorgio Rodano, le cui  riflessioni al riguardo  sono destinate a diventare un classico  della letteratura umoristica mondiale del ventunesimo secolo, con alcune vere e proprie perle come questa: “Comunque è indiscutibile che [ …] il pensiero degli studiosi che la dottoranda stava esponendo non è stato assolutamente travisato, che è appunto quel che veniva richiesto.”

Non ho niente da aggiungere di fattuale sul copia e incolla. Sul resto, che sta diventando il centro del dibattito, penso che sia utile cercare di ricostruire i fatti. Per la mia ricostruzione ho parlato a lungo o scambiato email con persone direttamente coinvolte che ritengo attendibili, a partire dalle due compagne di corso di MM, Caterina Giannetti (CG) e Maria Bigoni (MB).  Non ne ho mai parlato con MM, con cui non ho contatti da quando mi sono dimesso da consigliere economico di Renzi, nel dicembre 2015. Come ulteriore elemento di trasparenza, ho espresso il mio giudizio politico su MM in un articolo su Repubblcia del 2 aprile, in cui dicevo tra l’altro “Non credo sia una brava ministra, e credo che il governo e il paese avrebbero tutto da guadagnare da un ministro più competente.”  L’articolo presente è esclusivamente sulla storia della tesi.

Ecco le principali affermazioni che circolano sui capitoli coautorati, e la opinione che mi sono fatto in proposito.

L’esperimento della tesi non è mai stato fatto. Falso. Scrive  Laura Margottini sul Fatto Quotidiano del 7 aprile che secondo la portavoce dell’università olandese “gli esperimenti a Tilburg della Bigoni non hanno nulla a che vedere con quello che compare nel capitolo 3 della tesi del ministro”; inoltre Hans Degreyse, a quell’epoca a Tilburg insieme a CG e a MB, e più tardi commissario nell’esame di dottorato di CG, ha dichiarato sempre a Laura Margottini che “non mi pare di ricordare che CG avesse condotto esperimenti a Tilburg”.

Secondo le informazioni  da me raccolte, l’esperimento si è svolto, e in tre sessioni: a tutte e tre era presente CG, ad una era presente MB.  Che non risulti un esperimento di questo tipo a loro nome è quasi sicuramente dovuto al fatto che per accedere al laboratorio si è usato l’account di un ricercatore locale. Questa è prassi comune e motivata da ragioni di sicurezza e comodità. Anche in una università italiana da me consultata, quando un visiting researcher vuole fare un esperimento, si usa l’account di una persona locale già abilitata.

MM non ha avuto alcun ruolo nell’esperimento. Falso. L’idea originale dell’esperimento, di studiare l’effetto delle tutele crescenti, è dovuta a MM. La stessa ha anche partecipato attivamente alla stesura del protocollo dell’esperimento, con interazioni a distanza più che giornaliere con CG nelle settimane precedenti alla effettuazione dell’esperimento. 

Il motivo per cui CG e, in misura minore, MB sono state coinvolte nell’esperimento è probabilmente il seguente. Una prima versione del capitolo 3 fu sottoposta al giudizio di almeno due referee esterni (cioè ad uno stadio precedente la discussione formale della tesi in sede di commissione). Entrambe le relazioni dei referee furono critiche ma costruttive. I suggerimenti in essi contenuti furono largamente ignorati, ma fu consigliato a MM di approfondire il capitolo, preferibilmente con una parte empirica o sperimentale. MM decise di fare un esperimento. Non avendo competenze in fatto di economia sperimentale, chiese aiuto a CG che a sua volta fu aiutata per alcuni aspetti da MB. Entrambe avevano già completato la tesi di dottorato da diversi mesi; MB  si occupava da tempo  di economia sperimentale e se ne occupa tuttora. Sia CG che MB si trovavano a Tilburg. Queste collaborazioni tra studenti non sono inusuali, e anzi sono spesso incoraggiate.

MM non è mai stata a Tilburg.  Falso. Scrive Laura Margottini “Marianna Madia non è mai stata nell’università olandese di Tilburg”. Secondo le testimonianze da me raccolte, MM è stata a Tilburg fra settembre e novembre  2008, per un periodo probabilmente di una settimana circa. È quasi certo che non vi è stata come “visiting student” ufficiale (vd. sotto).

Non c’è mai stata una presentazione dei risultati dell’esperimento. Falso. Scrive Laura Margottini che la portavoce dell’università di Tilburg  ha dichiarato: “non troviamo alcuna presentazione o seminario dal titolo: Flexicurity Pathways for Italy: Learning from Denmark”. Questo non è sorprendente. Secondo le testimonianze da me raccolte, era una presentazione informale, come ne avvengono tante tra studenti di dottorato e anche tra docenti, per pochi compagni di corso o colleghi interessati, per presentare i risultati preliminari e ricevere commenti. Credo che vi siano testimoni della presentazione.  

L’esperimento è stato copiato quasi integralmente da un esperimento di Steffen Altmann, Armin Falk, e David Huffman.Falso.  Stefano Feltri e Laura Margottini sul Fatto Quotidiano scrivono che  “le variazioni sono minime”; “La Madia introduce piccole variazioni, nell’originale se due lavoratori vengono assunti dalla stessa impresa ogni unità aggiuntiva aumenta i profitti dell’impresa di 7 punti, in quello della Madia di 8. La ministra aggiunge alcune varianti considerando i “periodi” in cui è suddiviso l’esperimento in modo da simulare un “periodo di prova” (embrione delle future “tutele crescenti”) e alcune variabili di controllo (sesso, titolo di studio).”  

Feltri e Margottini sono stati tratti in inganno dal fatto che si sono basati sul breve riassunto delle istruzioni nell’appendice della tesi di MM. Qui  e qui troverete  le procedure dell’esperimento nella tesi di MM; qui  le procedure dell’esperimento di Altmann, Falk e Huffman. Come si vede, i due esperimenti sono sostanzialmente differenti. Risulta chiaro che l’esperimento nella tesi di MM introduce le tutele crescenti (una domanda interessante) in un esperimento in cui non esistevano. Inoltre, anche se passare da 7 a 8 euro può sembrare un trucchetto per gettare fumo negli occhi, in realtà serve per dare la possibilità anche all’impresa che assume due lavoratori di dividere equamente  il surplus con questi ultimi. E dall’esame delle intere istruzioni (non dal breve riassunto fatto nella appendice del capitolo 3 della tesi di MM) si capisce che le differenze sono molto più profonde. 

È anche vero che alcune parti, soprattutto all’inizio (quelle riportate nell’appendice del capitolo 3 della tesi di MM) sono identiche a quelle di Altmann, Falk e Huffman, ma questo non è inusuale: la maggior parte degli esperimenti sono variazioni su esperimenti esistenti, e utilizzano parti dei protocolli di esperimenti esistenti. Questo è sotto certi aspetti auspicabile, perché consente di comprendere meglio le ragioni delle differenze nei risultati.  

Gli autori dell’esperimento da cui l’esperimento di MM è derivato sono debitamente citati. Falso. L’articolo di  Altmann, Falk e Huffman è citato nel testo solo una volta, e dopo che l’esperimento è stato presentato. Non vi è alcuna possibilità per il lettore di comprendere il debito dell’esperimento della tesi al lavoro di Altmann, Falk e Huffman.

MM non è mai stata visiting student a Tilburg.Probabilmente vero. Nel suo brevissimo “Vita” a pagina x della tesi, MM scrive di essere stata “short visiting student”  all’università di Tilburg nel 2008. Mentre con ogni probabilità è stata a Tilburg per un brevissimo periodo, quasi certamente non vi è stata con la qualifica formale di “visiting student”, che presuppone una procedura complessa e che normalmente viene attribuita per periodi ben superiori, solitamente per almeno un trimestre intero. Personalmente, ho difficoltà a ritenere questa affermazione un peccato più che veniale.

 I capitoli 2 e 3 della tesi di MM sono coautorati, ma nella tesi non c’è menzione di questo. Vero. Anzi, in un certo senso è peggio di così. A pagina 21 del capitolo 3 della tesi MM scrive: “I conducted my experiment for two labour market environments…”, e in una nota a pie’ di pagina “I wish to thank Caterina Giannetti and Maria Bigoni for their help in conducting this experiment”. Nel complesso, una affermazione profondamente errata e fuorviante. La reazione più istintiva credo sia di ritenere questa affermazione ingrata e ingiusta almeno nei confronti della coautrice CG. Per completezza, CG non è affatto risentita o offesa, e non vi intravvede alcuna malafede. E, aggiungo io, questa posizione di CG non può essere ascritta ad un interesse di quest’ultima a coprire eventuali  giochi in cui era anche lei coinvolta, perché i capitoli coautorati fanno parte della tesi di MM ma non di quella di CG, e circolavano già in forma di working paper a firma di entrambi.    

Il regolamento dell’IMT di allora non consentiva tesi coautorate.Falso. Ho letto il regolamento dell’IMT di allora, e non vi è menzione di tesi coautorate. Ne desumo che non fossero proibite. Altre testimonianze confermano che tesi coautorate erano consentite. Del resto, la tesi di dottorato di MB all’IMT conteneva due capitoli coautorati, e i coautori venivano  esplicitamente menzionati come tali.

È vero che la tesi di MM non riconosce la presenza di una coautrice, ma questo è un peccato veniale perché i capitoli coautorati circolavano già come working paper a firma di entrambe, quindi la presenza di una coautrice era già nota a tutti. Falso. Almeno un membro della commissione di tesi non era a conoscenza del fatto che due capitoli  fossero coautorati. Ha quindi espresso la sua opinione senza essere messo al corrente di un fatto rilevante.

I vertici stessi di IMT non sapevano che la tesi fosse coautorata.Falso. Almeno un referee, a cui fu chiesta una valutazione preliminare della tesi scrisse un rapporto in cui metteva in risalto che un capitolo era coautorato.       

Restano due misteri: (i) perché MM ha omesso di dichiarare  che i due capitoli erano coautorati, quando non c’erano ostacoli regolamentari o legali o di altro tipo; (ii) perché le  è  stato consentito di farlo. Non credo che avremo mai una risposta definitiva  a queste domande.

Più in generale, c’è chi sostiene che MM sia stata mal consigliata; che non sia stata sufficientemente seguita all’IMT; che non le sia stato insegnato come si fa un lavoro scientifico, nella forma prima ancora nella sostanza. Più di un ex studente  ha riferito di essersi sentito un po’ abbandonato a quei tempi. (Parlo malvolentieri di tutti questi aspetti perché sono sicuro che salteranno fuori quelli de “le solite beghe tra accademici” o  peggio “i soliti bocconiani che usano i media per fare fuori i concorrenti”; ma è un argomento che va affrontato).

Detto  francamente, lascia perplessi  che il  supervisor della tesi di dottorato sia lo stesso relatore della tesi di laurea, il che praticamente vanifica parte dello scopo di un dottorato. È  probabile che la tesi sia stata finita in modo affrettato, anche perché MM era già stata eletta deputata nell’aprile 2008; il che ovviamente solleva il problema del perché le sia stato consentito di prendere delle scorciatoie.  

Sembra molto probabile che le sia stato chiesto di aggiungere la parte sperimentale al terzo capitolo dopo che i due referee esterni si espressero in termini critici. Anche questo solleva dubbi sulla qualità della supervisione, perché la prima parte del terzo capitolo, quella senza esperimento, è dove si concentra la gran parte dei copia e incolla, per di più da articoli non accademici ma da pubblicazioni divulgative dell’OCSE e della Commissione Europea. Indipendentemente dai copia e incolla, era poco più di un contributo giornalistico, che i suoi supervisori avrebbero dovuto cogliere come tale senza bisogno di referee esterni e senza bisogno di software antiplagio.

Anche in questo caso, però, è facile dare giudizi taglienti e affrettati. È inutile negare che l’IMT ha tanti nemici; altri invece lo vedono come il tentativo, di rompere il monopolio di piccole università statali e di darsi regole più appropriate ai tempi. Personalmente,  non conosco abbastanza quella realtà per formarmi una opinione precisa, e quindi mi fermo qui.

 

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Commenti

Ci sono 18 commenti

Ringrazio per il serio lavoro di ricostruzione della vicenda.

grazie a lei

Direi che ogni punto è un atto di fede che il lettore deve fare : non un fatto certo , incontestabile.

Lasciamo pure il dottorato,prestigiosamente ottenuto a Lucca (mica bruscolini ehh), alla signora Madia : rimarrà ciò che è, io ciò che sono.

 

"Anche in una università italiana da me consultata, quando un visiting researcher vuole fare un esperimento, si usa l’account di una persona locale già abilitata."

 

Mi vengono i brividi al solo pensiero.

ISO 27002 vi fa un baffo.

Mi ricorda di quando 20+ anni fa un mio collega azzeccò al primo colpo la password dell'ordinario, vedendogliela digitare di striscio: "supercazzo". Tutto minuscolo, però.

Posso assicurare che in ogni posto decente si rischia il posto a fare una cosa del genere. Magari è consuetudine fare una cosa del genere in Italia, ma permettere di usare un laboratorio per effettuare esperimenti su individui non è come lasciar usare il computer aziendale per controllare l'email. 

Non posso parlare per le pratiche a Tilburg, che è un posto decente e quindi suppongo faccia le cose per bene, ma negli USA prima di effettuare esperimenti su umani o animali occorre superare molti filtri. Ogni università ha un ufficio a questo dedicato. 

Confermo che in un posto italiano (che non èla Bocconi) "decente" o "rispettabile" , per  gli esterni non vengomo creati account sul sistema di reclutamento. Questo esattamente per motivi  di sicurezza e di tutela della privacy (sulla cui policy in Italia, si può discutere ovviamente) ,Ssolo gli interni hanno accesso diretto alle informazioni personali contenute nel database dei potenziali partecipanti agli esperimenti. Gli esterni chiedono prima l'autorizzazione al professore responsabile del laboratorio, e poi effettuano le prenotazioni tramite il tecnico di laboratorio.

Come di vede, niente a che fare con "lasciare usare il computer dellpufficio per contrllare l'email". 

Comunque tutto questo è irrilevante perché nel frattempo  Ho potuto visionare le mail dalla responsabile di Tilburg che confermano: a) la presenza di una domanda per l’esperimento, con le date del 6 (due sessioni, una al mattino e una al pomeriggio) e 13 ottobre,  a firma di CG; b) l’avvenuta effettuazione  della sessione  del 13 ottobre. Al momento di scrivere queste righe l’amministratrice non ha spedito le conferme delle sessioni del 6 ottobre,  che però è possibile ricostruire perché sono stati ritrovati i file  dell’esperimento, che segnano automaticamente la data e il minuto. 

 

La ricostruzione è interessante.

 

Alcune domande: I fogli di risposta degli intervistati sono stati conservati? In tal caso basterebbe mostrare quelli, per dimostrare definitivamente che l'esperimento è avvenuto.

Se tali dati non sono stati conservati, vi è una ulteriore grave mancanza, indipendentemente dallo svolgimento o meno. I dati vanno conservati, per poter dimostrare a posteriori che l'esperimento è avvenuto e che i risultati combaciano con quelli riportati nell'articolo. Nel campo di ricerca medica molta gente ha avuto serie ripercussioni sulla carriera per non aver conservato adeguatamente i dati degli esperimenti effettuati.

 

Inoltre, non riesco a capire come si possa intervistare, un numero significativo di studenti, senza riempire pile e pile di liberatorie e moduli simili. Quindi come sia stato possibile condurre tale esperimento senza che uno strutturato di Tilburg ne sia stato a conoscenza.

Saluti,

Giuseppe.

Suppongo che anche nel 2008 tutto funzionasse senza cartaceo. Sugli altri dubbi sono completamente d'accordo. 

1) non capisco. dove sia stato detto che nessuno trutturatodi Tilburg è stato coinvolto

2) Non capisco da cosa si possa inferire che non sono state seguite le procedure normali di un posto "decente", per usare i termin qui usati, comprese liberatrie e moduli.  

3) non capisco da cosa si possa evincere che i dati non sono stati conservati.

In realtà i dati ci sono, sono stati conservati, così come c'è la conferam di tutte le procedure seguite, dall'uso del sistema di reclutamento all'esecuzione dell'esperimento, come ho scirtto nel mio commento precedente.

D'altronde basta vedere la fauna che popola lo staff della Madia ........... eheheheheh .... uhuhuhu

quindi la Madia è sicuramente colpevole di tutti gli omicidi insoluti avvenuti a Roma da quando è ministra