Riflessioni natalizie su De Andrè, Welby e il Cardinale Ruini.

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Noiose riflessioni di un non credente sulla morte di Welby.

Gianluca ha scritto un articolo molto bello sui funerali religiosi negati a Welby, toccando questioni ben più importanti di quelle che trattiamo normalmente su questo sito. Ho deciso quindi di vincere la riluttanza a scrivere su materie che esulano decisamente dalla mia competenza; in fondo, questioni come l'eutanasia, il diritto a una vita e una morte dignitosa, e il ruolo delle religioni organizzate nella vita pubblica sono troppo importanti per mascherarsi dietro un 'non so, non capisco'. Riflettere su questi temi è doveroso, anche a costo di manifestare solo la propria inadeguatezza. Quelle che seguono sono appunto le inadeguate riflessioni di un non religioso sulle questioni anzidette.

Forse il periodo natalizio è particolarmente propizio alle rimembranze di De Andrè, sta di fatto che anche a me sono venuti in mente i versi di una sua canzone quando ho letto del rifiuto di celebrare funerali cattolici per Welby. I versi vengono dalla 'Ballata del Miché', la storia di un carcerato suicida:

Domani alle tre

nella fossa comune cadrà

senza il prete o la messa

perché di un suicida non hanno pietà.

Quello che lamentava Gianluca, se ho capito bene il suo intervento, è che la gerarchia cattolica ha manifestato scarsa pietà in questa vicenda, forse in disaccordo con tanti suoi fedeli.

Mi trovo sempre fortemente a disagio quando devo commentare posizioni prese dalla Chiesa. Il disagio deriva dal fatto che in molti casi non mi sembra di avere alcun diritto, in quanto non credente, di intervenire nel dibattito. Cerco di spiegarmi meglio.

La Chiesa ha tutto il diritto di affermare che l'eutanasia è un peccato e che coloro che la praticano, la facilitano o anche semplicemente la approvano si pongono al di fuori della comunità cattolica. Si noti che qui stiamo semplicemente parlando di prescrizioni che la Chiesa dà ai propri fedeli, non del fatto che tali prescrizioni debbano poi essere accolte nelle leggi dello stato. Su questo punto è giusto dibattere, ma sul diritto della Chiesa a mantenere e affermare le proprie opinioni direi di no. È legittimo discutere se in un caso come quello di Welby il medico che interrompe le cure a richiesta del malato debba essere perseguito penalmente. Io penso di no, la gerarchia cattolica sembra pensare di si. Questo è un tema di politica pubblica, e su di esso si dibatte, ci si scontra, e alla fine si decide con il voto.

La questione dei funerali religiosi è però diversa. La Chiesa ha tutto il diritto di ritenere che una persona che ha scelto di violare i propri precetti non debba essere onorata con funerali religiosi. Ritengo, in quanto non credente, di non avere alcun diritto di intervenire nella faccenda. Per questa ragione mi hanno dato fastidio i fischi rivolti al suono di campane e l'atteggiamento anticlericale che parte della folla partecipante ai funerali di Welby ha avuto. In mia opinione Welby aveva diritto a terminare la sua esistenza, se così desiderava, e i cittadini italiani hanno diritto a promulgare leggi che permettono il rifiuto delle cure da parte dei malati terminali, se così la pensano in maggioranza. Ma nessuno può pretendere che la scelta di Welby debba essere condivisa da tutti. La gerarchia cattolica ha dovuto scegliere tra la pietà e la condanna pubblica e chiara dell'eutanasia. Credo sia stata una scelta difficile. Ha scelto la seconda, e questo era interamente nel suo diritto.

Sarei però poco onesto se non confessassi una certa paura per il modo in cui la Chiesa interviene nel dibattito politico, e vicende come quella di Welby servono molto bene a illustrare il problema.

Il dibattito politico è molto spesso terreno su cui si scontrano interessi materiali, e l'argomentare razionale gioca un ruolo di secondo piano. Tanto per fare un esempio, per quanto eloquente possa essere la nostra difesa del libero mercato nei servizi di taxi, i taxisti continueranno a sostenere l'opportunità di restringere il numero di licenze. Ci sono però occasioni in cui il dibattito si svolge realmente su questioni di principio svincolate dagli interessi immediati, e la questione dell'eutanasia è chiaramente una di queste. Cosa mi preoccupa dell'atteggiamento della Chiesa in questi casi?

In breve, quello che mi preoccupa è l'apparente presunzione automatica che sia giusto imporre per legge a tutti i cittadini le regole morali che la Chiesa stabilisce per i propri fedeli. Come ho detto prima, considero assolutamente legittimo che la Chiesa condanni l'eutanasia in tutte le sue forme e manifestazioni. Quando però si chiede a uno stato di mettere in galera chi interrompe le cure di un malato terminale su richiesta del malato stesso occorre argomentare razionalmente che la società ha un chiaro interesse a impedire la libera scelta di tale malato a porre fine alle proprie sofferenze.

Sono assai ignorante di questioni mediche e morali, e per quel che capisco nel caso dell'eutanasia c'è una vasta zona grigia in cui non è ovvio come si dovrebbe intervenire. Per esempio, il caso di Terri Schiavo era molto più complicato, dato che era impossibile determinare la volontà del malato. Altri casi possono essere ugualmente complicati. Un malato può invocare la morte in un momento di sconforto, ma non per questo sarebbe giusto soddisfare istantaneamente il suo desiderio. Su queste situazioni mi sembra giusto discutere, preferibilmente con interventi più qualificati del mio, bilanciando l'interesse che la società ha nel preservare la vita dei suoi membri e l'interesse del malato a condurre una vita e ottenere una morte dignitosa.

Il caso Welby però, mi azzardo a dire, presentava ben poche ambiguità. La sua volontà era chiara, così come chiare erano le ragioni che lo hanno portato a preferire la morte alla vita. Qual è dunque l'interesse della comunità nel costringerlo a continuare a vivere? La Chiesa può dire a un fedele che anche in una situazione come quella di Welby non è giusto scegliere la morte, perché la vita è un dono di Dio e solo Egli può toglierla. Ma non può imporre a un non credente di operare la stessa scelta. Come ho già detto ritengo, in quanto non credente, di non avere alcun diritto di discutere le prescrizioni morali che la Chiesa stabilisce per il suo gregge. In quanto cittadino, non importa di quale convinzione religiosa o filosofica, ho però il diritto a un dibattito razionale sulle leggi che vengono promulgate e imposte a tutti, e questo mi sento di esigerlo anche agli uomini di fede.

In questo senso il caso Welby ha rappresentato una delle tante occasioni perse. C'è stata una certa tendenza a sfruttare il caso per dare bastonate al clero, probabilmente più per interessi politici contingenti che per vera convinzione. La Chiesa ha risposto ribadendo la propria posizione sulla santità della vita, che è pienamente legittima ma non risponde alla domanda cruciale di quale sia l'interesse pubblico nel costringere un malato terminale pienamente cosciente a continuare a vivere. Spero che credenti e non credenti sappiano discutere meglio la prossima volta.

 

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Commenti

Ci sono 7 commenti

Innanzitutto complimenti a Sandro per l'articolo. Fossero tutti su questi toni gli articoli di noncredenti che parlano della Chiesa....

Un paio di riflessioni, da credente, su questo articolo e su quello di Gianluca.

Per quanto riguarda la questione funerali si/funerali no, sono in linea di massima d'accordo con Gianluca sull'errore "di comunicazione" fatto da Ruini in questo caso (non è il primo, e non sarà l'ultimo....ahimè!). L'atto in se, però, secondo me è giusto. Innanzitutto perchè, come tu stesso ricordavi, negare il funerale religioso non equivale alla dannazione eterna: l'Amore di Dio è più grande perfino della Chiesa (!). E poi quante volte ci si lamenta di sacramenti elargiti con troppa generosità, troppo "per abitudine" (soprattutto il Matrimonio, ovviamente)? Insomma, mi piace vedere la scelta di negare il funerale nell'ottica proprio del nuovo "modello di Chiesa", più piccola ma più consapevole.

Passando all'articolo di Sandro, più rapidamente. Sul perchè la Chiesa "pretenda" che i suoi insegnamenti siano leggi dello Stato ti rispondi da solo: l'interesse pubblico. Se la Chiesa è convinta che l'imposizione di determinate norme di comportamento/culturali contribuisca al bene dell'uomo, è suo diritto e dovere fare lobby in tal senso. Stabilito il principio, ovviamente si può discutere sui casi singoli. Chi avrebbe qualcosa da ridire se la Chiesa facesse lobby per introdurre una legislazione contro il traffico di schiavi in qualche parte del mondo? Nel caso specifico: la risposta a "dove sta l'interesse pubblico" può essere rintracciata nel discorso del Papa per la giornata della pace, in cui afferma a grandi linee che una certa cultura che non considera la vita sacra e inviolabile (nel senso che ad esempio ammette l'eutanasia) è minaccia alla pace, nel senso che è terreno fertile e presupposto per ideologie secondo cui esistono persone e vite di serie A e di serie B.....insomma, piombando sul saddle path della pulizia etnica e del genocidio ;-)

 

Esordisco col dire che anche a me l'articolo di Sandro e' piaciuto molto e che condivido appieno le argomentazioni di Marco. Aggiungo un pensierino veloce veloce. Ritengo che non sempre le prescrizioni morali emanate dalla gerarchia ecclesiastica siano motivate dalla difesa e promozione di un interesse pubblico. Spesso tali prescrizioni sono da ritenersi un 'aiuto' al fedele affinche' quest'ultimo si comporti coerentemente con il disegno divino ed eventualmente raggiunga la salvezza eterna. Nel passato, alcuni aiuti si sono rivelati contro-producenti, ma tant'e'. Il fatto e' che, io credo, la Chiesa ha a cuore la salvezza di tutti noi, indipendentemente dal fatto che ci professiamo cattolici. Pertanto vorrebbe perlomeno riscuotere attenzione da un universo ben piu' grande di coloro che credono. Sono convinto che cio' dia enorme fastidio alla stragrande maggioranza dei non credenti. E credo di capire bene perche'. Da credente, io mi limito a dire che anche nella gerarchia della Chiesa e' ormai radicata la convinzione che, a differenza di quanto avveniva in passato, l'unico strumento che la stessa ha a disposizione per cercare di influenzare il sentire ed il comportamento dei non membri e' la comunicazione verbale. In altre parole, la salvaguardia delle liberta' individuali e' finalmente un given. Si riscontrano segni di questo 'nuovo' stile, per esempio, nell'azione di contrasto dell'aborto. Lo stesso Cardinale Ruini ha detto che l'abolizione tout court della legge 94 non e' tra gli obiettivi della CEI. Negli Stati Uniti, invece, mi pare di capire che nella Chiesa Cattolica ci sia una forte ala oltranzista, che si rifa' al movimento evangelico, che la pensa diversamente. Ecco, questi individui mi paiono molto pericolosi. Per credenti e non.

 

 

Marco, e' quantomeno curiosa la posizione di una lobby che vuole estendere dei doveri a tutti, appartenenti o meno, ma poi concede diritti (in questo caso il diritto a funerali religiosi, rivendicato dai famigliari di Welby) solo a chi s'inchina di fronte alla sua autorità.

Quanto alla relazione tra eutanasia e ideologie di discriminazione e morte, secondo me si tratta di uno spauracchio puramente strumentale a cui oramai non credono nemmeno più quelli che ne fanno uso.

 

 

Uhm.....perdonami, ma a me non sembra molto curiosa. A naso, direi che ogni Stato fa grosso modo lo stesso.

Quanto al discorso sull'eutanasia....beh, certamente la relazione fra le due cose è  tutt'altro che diretta e immediata, si parla di casi super-limite....probabilmente il Papa ha esagerato, come hanno esagerato e strumentalizzato quelli che hanno sbattuto in prima pagina i titoli del tipo "Per il Papa l'eutanasia è come il terrorismo". Strumentalizzazioni a destra e manca, as usual. Io ho citato il discorso solo per cercare di dare una risposta e spiegare meglio quella che mi sembra sia la posizione della Chiesa.