La riforma anti bamboccioni

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Una riforma strutturale per l’istruzione: riduciamo le scuole superiori da 5 a 4 anni e aumentiamo il triennio universitario di un anno. Al contrario di un secolo fa, oggi all'università ci vanno quasi tutti. E' più economico e socialmente utile trasferire il tredicesimo anno didattico dalle superiori all'università. Così fa la maggior parte dei paesi occidentali.

Faccio parte di quella piccola percentuale della popolazione che, nel mio caso ormai 20 anni fa, ha avuto l’opportunità di frequentare un anno di superiori all’estero. Dopo tre anni di liceo a Valdagno ho completato il mio quarto anno di superiori in America. Tra gli exchange students sono uno di quei rari casi che ha poi optato per rimanere negli Stati Uniti iscrivendomi direttamente all’università. Rinunciavo ad un anno di comodità domestiche (lava, stira, colazione-pranzo-cena gratis) in cambio di mense universitarie, lavaggi automatici e camicie stropicciate… per fortuna era il periodo grunge. In compenso evitavo l’esame di maturità e il recupero di un anno perso di latino, per immergermi nella vita universitaria un anno prima dei miei coetanei valdagnesi. Ne è valsa decisamente la pena, ma come preparazione accademica non credo ci sia stata una gran differenza. Il college americano inizia con dei requirements generici (lettere, lingue, scienze, matematica) per tutte le discipline, e questo in qualche modo può essere paragonabile ad un quinto anno di liceo. Così 4 anni di high-school più 4 anni di college statunitensi possono essere equiparati con 5 anni di superiori più 3 anni di triennale italiani. Perlomeno come anni di studio i due sistemi si equivalgono, mentre per quanto riguarda la qualità non è l’obiettivo di questo articolo paragonare il curriculum didattico dei due paesi dato che esiste anche una grande varianza all’interno dei paesi stessi. In questo articolo estivo ci si domanda invece cosa cambierebbe se il sistema scolastico italico adottasse il 4+4 americano.  È una analisi back-of-the-envelope che si focalizza sulle implicazioni economiche per un paese con i conti pubblici in crisi, e dove l’istruzione è quasi totalmente a carico dello stato.

Non si tratta di un confronto tra sistema americano ed europeo, perché anche all’interno  dell’Europa esistono differenze sulla durata delle superiori. L’UNESCO offre un metro di paragone tra sistemi scolastici internazionali con l’International Standard Classification of Education (ISCED). La seguente tabella mette a confronto i paesi dell’Europa occidentale e del Nord America:

2008Eta' in primaEta' a fine superioriTotale anni scolasticiEta' inizio superioriDurata superiori
Andorra61812162
Austria61812144
Belgium61812144
Cyprus61812153
France61812153
Greece61812153
Israel61812153
Liechtenstein61812153
Monaco61812153
Netherlands61812153
Portugal61812153
Spain61812162
United States61812153
Denmark71912163
Finland71912163
Sweden71912163
Ireland41713152
Malta51813162
United Kingdom51813144
Canada61913154
Germany61913163
Italy61913145
Luxembourg61913154
Norway61913163
San Marino61913145
Switzerland72013164
Iceland62014164

Source: UNESCO Database (2008)

La tabella è in ordine crescente di anni scolastici totali tra scuola primaria e secondaria (medie e superiori). La maggior parte dei paesi occidentali offre solo 12 anni di scuola pre universitaria come negli Stati Uniti, anche se diversi ne hanno 13 come l’Italia (Canada, Germania, Regno Unito, Norvegia, Svizzera e Irlanda, per nominare i principali). Di questi solo l’Italia (e San Marino) spicca con 5 anni di superiori.

Le superiori italiane sono impostate per una società ormai di un secolo fa. Fornivano una solida educazione in un’epoca in cui la stragrande maggioranza dei diplomati non continuava con studi universitari. Un tredicesimo anno scolastico era comprensibilmente giustificato. Oggi la stragrande maggioranza di diplomati si iscrive all’università, e spostarsi da un sistema superiori-università di 5+3 a 4+4 non diminuirebbe gli anni di educazione per il grosso della popolazione.

2008superioriuniversita'
teachers229793103283
students28477852013856
student/teacher ratio12.419.5
new entrants314449
graduates381106

Source: Eurostat

Nel 2008, 381 mila studenti si sono diplomati dalle scuole superiori, e di questi 315 mila si sono iscritti all’università: l’83%. Anche se un passaggio da 5+3 a 4+4 sarebbe quasi indifferente per l’istruzione della popolazione, perché avventurarsi in tale riforma strutturale? Un vantaggio economico esiste sul semplice rapporto professore/studenti. I dati Eurostat indicano un rapporto di 12 studenti per professore alle superiori. Se in media una classe di superiori ha 24 studenti, ogni tre sezioni (72 studenti) ci sono 6 professori in rotazione (italiano/latino, matematica/scienze, inglese, storia/filosofia, educazione fisica, disegno tecnico). Trasformando il quinto anno di superiori in un primo anno universitario, si eliminerebbe la necessità di pressapoco un quinto del corpo docente delle superiori. Anche se eseguito in maniera graduale (basandosi sulle rate di pensionamento e assunzioni) si tratta comunque di una riduzione considerevole. Oggi, secondo Eurostat, sono impiegati pressapoco 230 mila docenti alle superiori, con un programma di quattro anni ne servirebbero a spanne solo 184 mila. Una riduzione di 46 mila posti spalmati per le 6719 scuole superiori (dati ISTAT) significa eliminare 7 docenti per istituto/liceo. Forse sarebbe uno shock impraticabile, ma assumendo una paga annuale di 25 mila euro, si tratterebbe di un risparmio per l’istruzione pubblica di 1 miliardo e 15 milioni di euro.

Dal lato universitario il triennio verrebbe esteso a quattro anni, aggiungendo requirements universitari (se si segue il modello americano) in lettere, inglese, matematica e scienze. Per accomodare i 315 mila studenti in più occorre assumere docenti in queste materie di base (forse anche i prof. di liceo per questi corsi di base?). Anche se i dati Eurostat indicano un rapporto professore/studenti di 1/20 all’università, credo sia più realistico, per i corsi di primo anno, assumere come minimo un rapporto di 1/50. Servirebbero così un 6000 ricercatori universitari in più per insegnare queste materie di base. Anche con uno stipendio annuo di 30000 euro per i neo docenti, il costo aggiuntivo sarebbe solo di 180 milioni. Tenendo conto della differenza netta tra tasse universitarie e delle superiori, quei 315 mila studenti pagherebbero una differenza netta di pressapoco 1000 euro a testa. Ricapitolando, il risparmio corrente di questa riforma sarebbe 1015 milioni (taglio alle superiori) – 180 milioni (nuovi docenti universitari) + 315 milioni (tasse didattiche nette in più) = 1 miliardo e 150 milioni di euro.

millioni di euro (2007)Italy
Spesa pubblica sull'istruzione65641.2
Spesa pubblica scuole primarie23686.6
Spesa pubblica scuole medie e superiori30350.7
Spesa pubblica universita'11603.9
Spesa pubblica istruzione in % al Pil4.29

Source: Eurostat

Esistono sicuramente ulteriori costi logistici che questo calcolo a spanne non considera, ma ci sarebbe perlomeno un miliardo risparmiato ogni anno per metterlo in atto. Si tratta solo di un 2% scarso del costo totale per la pubblica istruzione, una briciola del deficit pubblico, ma più che un risparmio economico esistono anche diversi vantaggi sociali:

1. Ogni anno 67 mila studenti che non hanno intenzione di proseguire con gli studi universitari potranno diplomarsi a 18 anni come la maggior parte dei loro coetanei europei.

2. Un rapporto basso tra insegnante e studenti è importante per le elementari e le medie, ma un diciannovenne dovrebbe già avere la maturità per applicarsi per conto proprio in un corso universitario numeroso.

3. Iscriversi all’università significa uscire dalla provincia, arrangiarsi, maturare e incominciare a pensare al proprio futuro scegliendo un indirizzo di studi. Restare un quinto anno alle superiori significa invece prolungare la protezione familiare e rimanere nel nido fino alla soglia dei 20 anni.

A parte i potenziali vantaggi economici e sociali, l'istruzione pubblica per 380 mila maggiorenni solleva un'altra domanda. E' comprensibile se uno stato sociale vuole offrire un'istruzione pubblica gratis ai propri bambini e ragazzi, ma è giusto intrattenere per mezza giornata a spese del resto della società 380 mila uomini e donne considerati abbastanza adulti per votare? Uno stato con il debito pubblico più alto d'Europa, e con i conti pubblici in crisi, non può permettersi mezza giornata di babysitting per i propri diciottenni. Dopo 4 anni di superiori, che si paghino la propria istruzione (con le tasse universitarie) o che vadano a lavorare.

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Commenti

Ci sono 146 commenti

La maggior parte dei paesi occidentali offre solo 12 anni di scuola pre universitaria come negli Stati Uniti, anche se diversi ne hanno 13 come l’Italia (Canada, Germania, Regno Unito, Norvegia, Svizzera e Irlanda, per nominare i principali). Di questi solo l’Italia (e San Marino) spicca con 5 anni di superiori.


Nonostante l’Unesco, il numero di anni di scuola preuniversitaria negli USA è di 13 anni e non di 12. Ai grades da 1 a 12 si deve aggiungere il kindergarten che negli USA è di fatto obbligatorio (in molti stati è obbligatorio o gratis, o entrambi). Il sistema di scuola formale negli USA è infatti definito K-12. Il kindergarten è dove si inizia a imparare a leggere e a scrivere. Ad esempio,  l’equivalenza tra  scuola britannica, misurata in Years che vanno da 1 a 13, e quella americana in Grades da 1 a 12 si basa su questa relazione: Y1=k, y2=G1…Y13=G12.  Per tutti gli effetti pratici e finanziari, gli anni sono 13.

Per quanto riguarda l’iniziativa di ridurre un anno di scuola, non è chiaro se l’obiettivo primario sia quello di liberare un anno prima gli adolescenti, con il bonus di un risparmio per le casse pubbliche, oppure se l’obiettivo primario sia invece il risparmio finanziario pubblico con il vantaggio accessorio di togliersi di mezzo una marea di scolari maggiorenni. Perché nel primo caso sarebbe più semplice iniziare la scuola un anno prima, mentre nel secondo caso è sufficiente fare come fanno tutti gli altri paesi (USA e UK inclusi): allungare le elementari di uno o due anni e ridurre il resto. Il risparmio netto sarebbe più forte (alla sesta elementare  per ogni 20-30 ragazzi sarebbe necessario un numero ridotto di insegnanti elementari anziché una plotoncino di professori).

Ai grades da 1 a 12 si deve aggiungere il kindergarten

E' vero, e per esperienza devo dire che il kindergarden americano e' molto piu' didattico dell'asilo italiano.

non è chiaro se l’obiettivo primario

L'obiettivo primario era il risparmio per le casse pubbliche, ma credo che allungare le elementari (avere una o due maestre invece del plotoncino di prof) diminuisca la qualita'. Invece mandandoli all'universita' prima (a 18 anni) oltre al risparmio la qualita' forse migliora.

L'idea di iniziare la scuola un anno prima e' un altro discorso, che comunque condivido. Esistono metodi didattici anche per i bambini dai 3 ai 5 anni (senza il rigore delle elementari) che non vedo applicati negli asili italiani.

 

Perché nel primo caso sarebbe più semplice iniziare la scuola un anno prima, mentre nel secondo caso è sufficiente fare come fanno tutti gli altri paesi (USA e UK inclusi): allungare le elementari di uno o due anni e ridurre il resto.

Se non sbaglio, l'attuale scuola media triennale era stata concepita, prendendo spunto dalla suddivisione degli insegnamenti adottata dalle superiori (tanto è vero che all'inizio prevedeva anche il latino...) per il prolungamento dell'obbligo scolastico a 14 anni. Potrebbe essere tranquillamente assorbita dalla scuola primaria (2 anni) e dalla superiore (1 anno), magari mantenendo l'attuale struttura 2+3 delle superiori e rendendo obbligatorio il primo biennio per tutti. A quel punto per gli ultimi anni delle primarie (almeno 3) dovrebbero essere utilizzati due insegnanti prevalenti (non più uno come vorrebbe MG) garantendo un minimo di specializzazione e magari ci starebbe anche un po' di spazio per allungare l'orario dei due anni aggiuntivi (oggi le medie infatti hanno un orario più breve delle primarie). Ovviamente non si farà mai con la scusa che non si saprebbe dove mettere gli attuali insegnanti delle medie, anche se penso che con uno studio accurato il progetto sarebbe tutt'altro che irrealizzabile.

Lodovico, non pensare che ce l'abbia con te, ma certe volte mi sembra che tu sia un po' utopistico, ne' piu' ne' meno di Carletto Marx :)

Non sui numeri, sia chiaro, ma su come li applichi. Per questo seguono appunti, spero tu abbia tempo e voglia di rispondermi: sei libero di pensare che sia il solito polemico del piffero :D

 

Servirebbero così un 6000 ricercatori universitari in più per insegnare queste materie di base.

 

Un ricercatore che insegna non e' detto che sia una buona idea - non sempre chi ricerca ha la capacita' di insegnare, non facciamo l'errore che gia' fanno adesso all'universita' italiana.

Oltretutto stai parlando di materie di base che un ricercatore, proprio per quello che fa, deve aver digerito talmente bene che potrebbe darle per scontate, e quindi essere non proprio adatto ad insegnarle. Un paio di docenti di mia conoscenza - che sono soprattutto ricercatori, ma devono insegnare per contratto - quando spiegano rimpinzano le frasi di "e' banale dimostrare che" e "ne consegue naturalmente che". E ti dico che sono persone disponibili e preparate, se gli studenti lo chiedono spiegano di nuovo in modo diverso e con piu' dettagli, ma per loro e' "banale" mentre se guardi l'aula si vede benissimo che non lo e' per gli studenti.

 

1. Ogni anno 67 mila studenti che non hanno intenzione di proseguire con gli studi universitari potranno diplomarsi a 18 anni come la maggior parte dei loro coetanei europei.

 

dalla tabella che hai pubblicato tu mi sembra che se andiamo per Paese la maggioranza si diplomi a 19 anni. Certo, molti partono da 7 anni e non da 6 come in Italia, e non so quanti studenti ci siano per Paese - pero' mi sembra un po' risicata come affermazione.

 

2. Un rapporto basso tra insegnante e studenti è importante per le elementari e le medie, ma un diciannovenne dovrebbe già avere la maturità per applicarsi per conto proprio in un corso universitario numeroso.

 

Su questo sarei d'accordo con te, ma stai trascurando il fatto che la "maturita'" degli studenti dipende dalla scuola (primaria e secondaria) e dai familiari. I secondi in genere scaricano sulla prima tutto quello che non riescono a fare, che e' diventato moltissimo nel corso del tempo per le modifiche sociali avvenute dalla WWII in poi. Entrambi NON formano gli studenti per essere maturi: la media e' che lo studente si lamenti con il docente perche' non passa l'esame pur avendolo studiato X volte, non che si chieda come mai il proprio metodo non ha funzionato. Cioe' gli studenti non si applicano "per conto proprio".

riguardo la scuola primaria e secondaria, IMHO la mancanza di maturita' in cui lascia gli studenti e' essenzialmente dovuta alla richiesta delle famiglie: se la scuola premiasse e punisse per quanto serve, i genitori dovrebbero prendersi la responsabilita' di aiutare i puniti a migliorare e dare strumenti ulteriori ai premiati, cosa che molte famiglie non possono o non vogliono fare.

 

3. Iscriversi all’università significa uscire dalla provincia, arrangiarsi, maturare e incominciare a pensare al proprio futuro scegliendo un indirizzo di studi. Restare un quinto anno alle superiori significa invece prolungare la protezione familiare e rimanere nel nido fino alla soglia dei 20 anni.

 

Anche questo sarebbe bello, ma e' irrealistico: la protezione familiare molto spesso si mantiene anche all'universita', solo pochi riescono a lasciare il nido - anche solo in maniera figurata, rinunciando al provincialismo. Non ci si arrangia correttamente, perche' arrangiarsi non vuol dire prepararsi la cena o lavarsi le mutande ma anche e soprattutto imparare a relazionarsi (con docenti e colleghi) e ad organizzarsi nello studio, mentre spesso si vede la cosa come fare un liceo da maggiorenni, quindi puoi tirar tardi, bere e far casino.

Per molte famiglie, iscrivere il figlio all'universita' oggi e' un dovere sociale (son tutti laureati, non importa in cosa) ma anche un modo per sfoggiare uno status (ti mando in Bocconi anziche' alla Bicocca), oppure un modo per tirare avanti con la irresponsabilizzazione dei ragazzi: cioe' si scarica sull'universita' la propria mancanza di tempo o volonta' cosi' come si e' scaricato su scuola primaria e secondaria.

Sono convinto di questo per osservazione empirica. Chi si iscrive all'universita' dovrebbe gia' essere maturato abbastanza da sapere cosa vuole almeno in termini macroscopici: giusto ieri ho visto uno studente che chiedeva come fare per passare da Ingegneria Informatica a Scienze Storiche di Lettere e Filosofia. Come dire dal giorno alla notte. Una persona del genere dovrebbe ricevere dai genitori (o comunque da chi gli paga gli studi) come minimo una reprimenda - son soldoni e tempo sprecato, per fortuna nel caso era poco visto che era al primo anno - e invece era solo un problema burocratico...

 

Chi si iscrive all'universita' dovrebbe gia' essere maturato abbastanza da sapere cosa vuole almeno in termini macroscopici

Io ho studenti che hanno double major in economia e spagnolo, o biologia ed economia. Oppure nei primi due anni teatro e storia, poi passano ad economia. Questi ragazzi si laureano a 21/22 anni e non avranno alcun problema, se svegli, a fare un PhD/Master in tutt'altro. L'eta' ideale della specializzazione non e' chiara, e non e' detto sia uguale per tutti. L'importante e' che il sistema sia flessibile in modo sufficiente. 

mi sembra che tu sia un po' utopistico

ok.

Un ricercatore che insegna non e' detto che sia una buona idea

Non consideri il fatto che chi insegna sta imparando. Credo sia fondamentale insegnare per un ricercatore, soprattutto i corsi di base.

se andiamo per Paese la maggioranza si diplomi a 19 anni

Nella tabella conto 15 paesi con diplomati diciottenni e 9 paesi con diplomati diciannovenni.

stai trascurando il fatto che la "maturita'"

La maturita' non puo' dipendere dalla scuola, o dalla mamma e il papa' come sostieni tu. In questo caso stiamo parlando di maturita' di studiare ed applicarsi indipendentemente, che vuol dire essere "indipendenti" e non aspettare che la scuola faccia qualcosa o che la mamma ti sgridi.

la protezione familiare molto spesso si mantiene anche all'universita'

Certo, ma meno.

Qualche appuntino

1) io mi sono diplomato a 17 anni, grazie alla famosa "primina", cioe' l'inizio anticipato delle elementari, che si puo' fare ad alcune condizioni

2) Avendo due figli alle elementari, ho potuto apprezzare come la scuola materna sia effettivamente buona e in grado di preparare tecnicamente per l'anticipo. Il problema piu' che altro, parlando con maestre e educatrici varie e' psicologico (in pratica non si riesce a tener fermi nei bachi i bambini a quell'eta')

3) In realta' la proposta non e' passare da un sistema 5+3 a uno 4+4 bensi' da uno 5+3+2 a uno 4+4+2. E forse 6 anni di universita' sono un po'tantini per giungere alla laurea vecchio stile

4) La proposta, sebbene sia basata solo su considerazioni razionali e non educativa, e andrebbe esplorata in quel senso, tuttavia gia' mi sembra migliore dei deliri gelminiani.

 

 

Logisticamente mi pare abbastazìnza complesso, moltissime università dovrebbero espandere notevolmente il numero di aule per fare posto alla massa di studenti - dunque è un passaggio che deve essere pianificato con almeno 4-5 anni di anticipo, per provvedere quantomeno all'adattamento (se non costruzione) degli edifici necessari. Le università italiane mancano anche di "campus", e questo è uno dei motivi principali per cui "non si esce di casa" - oltre a quello puramente monetario. Volendo eliminare i "bamboccioni" a livello universitario, sarebbe necessario istituire delle borse di studio vere (cioè sui 10'000 euro-anno) & eventualmente un sistema di prestiti (anche se penso sia molto meglio fare i "bamboccioni" piuttosto che passare da dipendere dai genitori, a dipendere da soldi erogati da un istituto di credito). Insomma, non sono sicuro che il nodo cruciale sia da ricercare nella durata delle scuole superiori. 

è un passaggio che deve essere pianificato con almeno 4-5 anni di anticipo

Sicuramente. Un passaggio intermedio potrebbe essere il seguente. Fai l'esame di maturita' dopo 4 anni di superiori. Quel 17% di studenti che ne ha avuto abbastanza va a lavorare. Gli altri possono iscriversi all'anno propedeutico pre universita', chiamiamolo il kindergarden universitario :-) che durante il periodo intermedio funzionerebbe cosi':

-le classi si svolgono nelle aule delle superiori con i prof. delle superiori

-i voti vengono integrati con il sistema universitario in modo che per accedere l'anno sucessivo all'universita' si deve avere tot crediti con una certa media dal kindergarden universitario.

-si paga una tassa universitaria, o perlomeno la meta' che comunque e' sei volte i 100 euro che si paga per le superiori. Lo scopo, se non si capiva, era tassare piu' studenti (e perche' non i maggiorenni del quinto anno delle superiori?). Sara' utopia, ma la situazione delle casse e' al momento disperata che non si sa mai. 600x315000= 189 milioni all'anno, che tanto la domanda e' inelastica.

Gradualmente diminuisci i prof universitari (andranno in pensione) e integri il tutto con le universita'.

 

ma te li immagini i sindacati italiani di fronte a un'idea del genere?

Ci sarebbero 67000 disoccupati in più. (mi immagino già i titoli dei giornali di opposizione, qualunque sia il colore del governo)

Si dovrebbero trasferire prof. dalle superiori all'univeristà, e i sindacati sarebbero in protesta fermando di fatto la scuola e la cosa finirebbe con aumenti di stipendio sicuramente esagerati, trasferimenti fatti in base al paraculazio e non in base al merito.

Senza entrare nel merito della riforma, probabilmente giusta, è pura utopia, nessun governo ne di dx ne di sin la approverebbe.

 

 

Per quanto riguarda il punto uno, penso che in effetti sia uno svantaggio competitivo per quegli italiani neolaureati o neodiplomati che vogliono offrirsi sul mercato del lavoro internazionale il fatto di concludere in ritardo i propri studi rispetto agli altri. Per inciso, faccio notare come questo sia solo un piccolo esempio della necessità di uniformare le regole dei diversi stati almeno a livello europeo: in generale le differenze generano svantaggi o vantaggi impropri, sia che parliamo di politica dell’educazione che di politica fiscale...

 

Daccordo anche col punto due... basta non esagerare. Andrebbero fissati sempre dei limiti superiori anche all’Università per ovvie ragioni.

 

In linea di principio sono completamente daccordo col punto 3 (Iscriversi all’università significa uscire dalla provincia, arrangiarsi, maturare e incominciare a pensare al proprio futuro).

Ma non si può ignorare che attualmente solo il 30% (circa) degli studenti universitari è effettivamente fuori sede, e che già così l’offerta di alloggi per questi studenti consiste in larga parte di stanze sovraffollate o inabitabili offerte in nero a prezzi da usura. Non parliamo poi dell’offerta di sale studio, mense e servizi vari.

Personalmente ritengo che le università dovrebbero essere obbligate a garantire, direttamente o tramite convenzione, alloggi e servizi adeguati ad una percentuale ragionevole di iscritti (tipo il 30% appunto). Ovviamente non sto dicendo che il servizio dovrebbe essere gratuito, semplicemente a prezzi parzialmente coperti dall’Università.

 

 

Qualche considerazione:

1) parlando di istruzione, come qualunque capo famiglia farebbe, penso che il discorso economico dovrebbe essere messo in secondo piano. Lo Stato dovrebbe garantire il miglior livello di istruzione possibile. Non mi pare che al momento l'Italia stia spendendo e spandendo soldi a profusione per l'istruzione. Forse per la Sanità, non per l'istruzione. Sarebbe auspicabile non ridurre i finanziamenti all'istruzione.

2) il livello culturale al quale arrivavano (e arrivano ancor oggi, ma forse per poco) i nostri laureati permette loro di fare un PhD in america in 4 anni anzichè in 5 come i colleghi americani (conosco la realtà chimica). Quindi mediamente ci invidiano i nostri laureati.

3) un mio dottorato è in Canada e il suo capo è super-contento delle capacità e autonomie nella ricerca acquisite. Anche nei post-doc non siamo messi male.

4) il livello al quale arrivano dalle superiori è minore di quello di una decina di anni fa. Non ho mai fatto una statistica, ma mediamente le carenze che si trascinano dalle superiori sono enormi rispetto al passato. Tant'è che si son dovuti introdurre i test di accertamento delle capacità. Forse è anche dovuto al maggior numero di matricole. O all'abbassamento del livello qualitativo delle superiori.

5) vi sono molti diplomati (vecchi) che hanno capacità e conoscenze tecniche di gran lunga superiori ai laureati triennali di oggi. Forse dovremmo, invece, dare maggior peso e importanza ad una scuola superiore ben fatta, piuttosto che trasferire e dilazionare sempre più in là la conoscenza.

6) vorrei evitare la liceizzazione dell'università. Forse vado controtendenza, ma l'esperienza del 3+2 non è stata positiva, e penso (vecchia scuola) che "mica tutti debbono per forza arrivare alla laurea". Così come la qualità di una università non si giudica dalla percentuale di laureati...

Ritengo ancora che compito dell'università non sia quello della scolarizzazione, ma piuttosto di una seria preparazione, chiamiamola "d'elite", non solo di tipo nozionistico, ma, soprattutto, di tipo "problem-solving".

Farei in modo che dalle superiori escano ragazzi maggiormente preparati di quanto non lo siano adesso, magari introducendo delle tasse ad-hoc per i "fuori corso" (delle superiori e delle università).

Condivido pienamente. Secondo me l'unica riforma sensata dovrebbe essere l'anticipo di un anno delle scuole elementari. Riguardo il degrado progressivo della scuola superiore, i disastri del 3+2 che non fa 5 e la licealizzazione delle Universita' a parte lo sconforto/rammanico per il continuo degrado del Paese non saprei che dire.

Caro Nervi C.

Non sono pienamente d'accordo con quello da lei scritto perchè:

1)  "miglior livello di istruzione possibile" come viene definito possibile se non possibile rispetto alle risorse economiche? Se tutti i paesi del mondo seguissero il suo consiglio, tutti i paesi del mondo avrebbero Il miglior sistema possibile. Non si può prescindere da risorse economiche. Inoltre l'articolo su lavoce.info "perchè nella ricerca non facciamo gli inglesi?" mostra come la mancanze di risorse non sia il problema principale delle università Italiane, bensì l'inefficienza.

2) Non so come si possa valutare "il livello culturale dei nostri laureati"; cultura generale, cultura scientifica, cultura nel proprio campo, numero di brevetti, start-ups? A parte questo, anche se quello che dice lei fosse vero i PhD italiani in America finirebbero comunque un anno dopo i propri colleghi americani infatti 12+4+5=21 per gli Statunitensi mentre 13+5+4=22 per gli Italiani (se si conta il K del sistema Americano, si parte da un anno prima e quindi l'età finale rimane la stessa). Comunque per esperienza personale ho molti dubbi sull'argomento. Infatti tra i vari studenti PhDs Italiani o Europei che conosco, non ce n'è uno che abbia finito in 4 anni, anzi molti in 6, 7 a seconda del campo di studi.

4) Sono d'accordissimo e i dati sul livello scadente delle superiori Italiane si possono trovare nel report PISA dell'OCSE.

 

Non mi pare che al momento l'Italia stia spendendo e spandendo soldi a profusione per l'istruzione.

 

Questo mito che il problema principale di qualunque fallimento italico dipenda da poca spesa pubblica andrebbe veramente destrutturato.  Secondo me ci vorrebbe qualche cosa di simile alle deportazione di massa nei Gulag per chi lo sostiene, specie per chi lo sostiene non citando dati o imbrogliando sui dati stessi.

Da Education at a glance 2008 risulta che la spesa dell'Italia per studente e' significativamente superiore alla media UE per le elementari (colpa delle compresenze e dei "moduli" demenziali elaborati per dare posti pubblici mentre diminuivano gli alunni, e difesi strenuamente dalla CGIL & Co. ancora oggi), la spesa per le medie e per le superiori e' in linea con la UE, e la spesa universitaria e' incasinata da confrontare, per via del numero abnorme dei fuori corso (35%) ma se dividiamo la spesa per laureato prodotto all'anno l'Italia svetta ai vertici mondiali. Se come R.Perotti si fa una stima di quanto i fuori-corso impegnano l'universita', ugualmente la spesa universitaria per studente e' ai vertici mondiali.

 

il livello culturale al quale arrivavano (e arrivano ancor oggi, ma forse per poco) i nostri laureati permette loro di fare un PhD in america in 4 anni anzichè in 5 come i colleghi americani (conosco la realtà chimica). Quindi mediamente ci invidiano i nostri laureati.

 

Questa e' effettivamente la mitologia diffusa in Italia.  Ci sono elementi di verita', che dipendono primariamente dal fatto che l'istruzione superiore in Italia e' tradizionalmente di elite e riservata ad una ristretta elite, per cui facciamo pochi diplomati / laureati, ma il loro livello medio e' buono.  Vorrei pero' sottolineare che questa mitologia non viene adeguatamente quantitativamente documentata, a parte singoli aneddoti personali.  Potrebbe essere solo mitologia, nelle medie statistiche.

 

il livello al quale arrivano dalle superiori è minore di quello di una decina di anni fa.

 

Anche questo andrebbe documentato.  La mia interpretazione personale e' che e' aumentata la frazione dei diplomati sul totale dei 18enni, mentre prima erano il 30% del totale e rappresentativi solo degli strati superiori, ora sono almeno il doppio percentualmente, e di provenienza sociale diversificata.  E' inevitabile che l'allargamento all'istruzione abbassi la qualita' media, ma sospetto che prendendo il 30% miglioredel totale dei 18enni la qualita' media rimanga simile al passato.  Cio' che e' vero comunque secondo me e' che il sistema di istruzione italiano e' stato un buon sistema per elites ristrette, e ha fallito l'evoluzione verso un dignitoso sistema di educazione superiore di massa, evoluzione invece che altri Paesi hanno fatto prima e meglio di noi.

 

6) vorrei evitare la liceizzazione dell'università. Forse vado controtendenza, ma l'esperienza del 3+2 non è stata positiva, e penso (vecchia scuola) che "mica tutti debbono per forza arrivare alla laurea". Così come la qualità di una università non si giudica dalla percentuale di laureati...

 

Ci sono diverse tendenze in giro per il mondo, personalmente preferisco la tendenza a dare istruzione di massa a tutti, anche se differenziata come qualita'.  Ci sono alcuni Paesi come Olanda o Svizzera dove solo una relativamente piccola minoranza di giovani fa l'universita'.  Peraltro almeno in Olanda mi hanno spiegato che chi non fa l'universita' fa molto spesso comunque istruzione superiore professionale. Questi Paesi hanno un livello ottimo sia di ricerca universitaria sia di avanzamento della societa'.  Altri Paesi, primariamente quelli scandinavi e anglosassoni invece favoriscono una ampia partecipazione all'universita'.  Questi Paesi hanno risultati simili a Olanda e Svizzera.  Sembra quindi che non ci sia una ricetta unica.  Secondo me le differenze tra i casi elencati comunque sono piu' formali che sostanziali.  La ricetta unica dovrebbe essere ampia partecipazione all'istruzione superiore, ma istruzione superiore differenziata come qualita', e tra accademica-ricerca di base, e piu' professionale.  Cio' che e' radicalmente sbagliato e' il modello italiano che prevede la decimazione degli studenti "sprecano" anni di vita in Universita' senza conseguire alcun titolo.

Non mi pare che al momento l'Italia stia spendendo e spandendo soldi a profusione per l'istruzione. Forse per la Sanità, non per l'istruzione.

Mi sembra utile precisare: per quel grande e gioioso carrozzone clientelare, quell'enorme greppia - o truogolo - che si chiama Servizio Sanitario Nazionale; non per la Sanità, almeno intesa come cura e prevenzione delle malattie. Purtroppo

2) il livello culturale al quale arrivavano (e arrivano ancor oggi, ma forse per poco) i nostri laureati permette loro di fare un PhD in america in 4 anni anzichè in 5 come i colleghi americani (conosco la realtà chimica). Quindi mediamente ci invidiano i nostri laureati.


Non vi è evidenza sul “mediamente ci invidiano i nostri laureati”, anzi secondo una indagine dell’Ocse, i ns laureati (tutti i laureati fino a 65 anni non solo i neolaureati) hanno capacità di numeracy, problem-solving e comprensione del testo inferiore ai laureati USA, canadesi, svizzeri, oltre ai soliti norvegesi. Anzi, non solo in media, ma i nostri sono inferiori sia se si confrontano tra loro i low performer di questi paesi, sia se si confronta la crema con la crema. Il confronto è ancora più deprimente se si tiene conto che, ad esempio, negli USA la laurea è molto più diffusa e popolare rispetto all’Italia dove essa è ancora limitata a una minoranza privilegiata. Nelle 3 R i ns sono scarsini, magari poi in chimica furoreggiano  (cfr tabb 3.1 e 3.2 pagg. 71-). In conclusione i nostri laureati non ce li invidiano ne' mediamente ne' al top.

Che ne dici di abolire l'ultimo anno di superiori e aggiustare i programmi senza aggiungere un anno in più di università?

Così si farebbe guadagnare un anno anche ai laureati e non solo ai diplomati. I laureati Italiani sono tra quelli che si mettono a lavorare più tardi rispetto a molti altri paesi, vuoi perché passano più anni a scuola e vuoi perché il sistema li incentiva ad andare fuori corso.

Edit: inoltre, se metti quattro anni di università, senza cambiare nient'altro, rischi di ritrovarti con gente che ci mette 6 anni in media a finirla, come succedeva prima del 3+2. Inoltre il 3+2, per alcune facoltà, ha già allungato la laurea di un anno (e.g. giurisprudenza, matematica, fisica, etc. prima erano di quattro anni per una laurea magistrale). Questo è un altro motivo per preferire non allungare il 3+2.

Inoltre, parlando di educazione, la mia impostazione sarebbe che il driver principale è la migliore educazione possibile per gli studenti e non vincoli di bilancio. In fondo, se uno cerca di migliorare l'educazione sta investendo sul futuro. Per cui, se una migliore impostazione consente anche risparmi, tanto meglio, ma non ne farei una priorità. Anzi, volendo si potrebbe pensare di usare i risparmi per incentivare di più i professori della scuola superiore (e.g. aumentando la parte variabile del loro stipendio).

 

Sono contrario. La mia proposta estiva voleva far saltar fuori un miliardo senza alterare la quantita' di istruzione. Quello che dici ha a che fare con la qualita' dell'istruzione, ma per questo servirebbe un altro post.

Una cosa voglio aggiungere sul problema dei fuori corso, ma anche della maturita' (menzionata in un commento precedente) di studiare indipendentemente in ambito universitario anziche' tra i banchi di scuola. Sono fermamente convinto che la soluzione sta nel far pagare un prezzo (tassa) per il servizio ricevuto. Quando qualcosa e' gratis non c'e' incentivo ad applicarsi. Quando qualcosa costa, ci si rende conto che non applicandosi si sta sprecando risorse (anche se sono soldi del papi). Fare pagare una tassa sull'istruzione ai maggiorenni oltre ad essere socialmente giusto li fa anche maturare a livello didattico.