Sweet Home, Chicago

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Mi si e' chiesto di commentare ad un post di Guido Roberto Vitale su Linkiesta, un ennesimo poco originale  attacco alla “scuola di Chicago”. Ho risposto non perche’ mosso da speciale e malriposto amor di patria ne’ perche’ impressionato (positivamente o negativamente) dalle argomentazioni del post, ma perche’ convinto che l’idea dell’economia come disciplina che e’ sottesa a questo tipo di attacchi sia al contempo abbastanza comune in Italia e profondamente errata. 

P.S. Il commento e' parecchio polemico. E' che Chicago e' un po' casa mia e non mi piace che se ne parli male. Se vi pare troppo polemico, coraggio gente, bring it on, provate a parlare male di Buccinasco

Il post di G.R. Vitale in se’ denota quell’attitudine frettolosa di chi possiede verita’ supreme in un mondo semplice, di quei mondi coi buoni e i cattivi che vestono maglie diverse facilmente riconoscibili, in cui  tutto sembra tenersi cosi’ bene, in modo cosi’ ovvio, che non val nemmeno la pena di  fare uno sforzo analitico. E allora Luigi Zingales ha la maglia di Chicago come Larry Summers.  Ma Luigi e’ si’ a Chicago, alla business school pero’  (che qualunque vero Chicago-boy disconoscerebbe come perfido covo di infiltrati),  e ha studiato ad MIT (quando ancora c’era Modigliani, cioe’ con l’altra maglia): sara’ pure trasformista questo Zingales, oltre che  liberista idolatra? E Larry e’ un Democratico (non sono buoni i Democratici?), pero’ e’ uomo di destra (no, non tutti i Democratici sono buoni, evidentemente); e soprattutto  non ha alcuna relazione con Chicago (!); anzi, studi a MIT, carriera ad Harvard (posti indubbiamente buoni), lavori accademici anti-Chicago,  e addirittura famiglia keynesiana doc (al quadrato:  Larry e’ nipote  sia di Ken Arrow che di Paul Samuelson).

Quanto a frettolosita’ (o e’ confusione?) del post anche il confronto tra Pil mondiale e il nozionale dei derivati Otc non scherza. Le posizioni sui derivati sono stock (cioe’ cumulate nel tempo) e per definizione si annullano (ad ogni attivita’ corrisponde una passivita’) mentre il Pil misura produzione di beni e servizi come flusso annuale, valore aggiunto. Pil e derivati non sono commensurabili, insomma: lamentare che “i derivati sono pari alla quantità di ricchezza prodotta in un anno in tutto il mondo, moltiplicata per dieci: una vera e propria follia” e’ come asserire che “non c’e’ assolutamente storia tra una Ducati 1199 Panigale e Luna Rossa, una 195 cavalli ha e l’altra solo due vele”.

Ma veniamo alle cose serie: esiste questa famigerata “scuola” di Chicago che tra un golpe fascista e l’altro produce supporto intellettuale a ogni nefandezza economica inclusa la crisi finanziaria del secolo (piu’ o meno)? Esiste. O meglio e’ esistita. E’ un modo di fare economia, un metodo, che nel corso degli anni ‘70 (ovviamente si possono trovare radici prima, ad esempio nel lavoro di Milton Friedman, ma non vorrei esagerare coi nemici del popolo) ha travolto la disciplina come un tornado, spazzando via il metodo allora dominante, lasciando i keynesiani “che le balle ancora gli girano” direbbe Paolo Conte, senza terra sotto i piedi. Questo metodo, che richiede di studiare economie popolate da agenti razionali in equilibrio dinamico (lo sappiamo che la parola “razionale” e la parola “equilibrio” possono facilmente essere esposte a ludibrio dal lettore – o commentatore - non avvezzo alla loro accezione gergale in economia; ma il lettore si risparmi la battuta ed eviti cosi’ una brutta figura), e’ a sua volta diventato dominante, non solo per la sua superiorita’ logica ma soprattutto per la sua solidita’ empirica.  Il metodo pero’, e’ diventato dominante, non i risultati. Economisti neo-keynesiani hanno sostituito i loro padri intellettuali, che non si sono mai ripresi dalla batosta, hanno accettato il nuovo metodo e ora popolano l’accademia, incluso la University of Chicago.  Giusto per dare un altro esempio di quanto poco le contrapposizioni comuni in Italia su Chicago e il resto del mondo abbiano senso: uno tra gli economisti neo-keynesiani probabilmente piu’ noti e celebrati (tra quelli che fanno ricerca; non includo quelli passati armi e bagagli alla miglior vita del giornalismo)  e’ Mike Woodford: ebbene, Mike ha fatto il college a Chicago, un dottorato da MIT, ed e’ poi tornato come professore a Chicago dove e’ rimasto vari anni (si’ gli economisti girano negli Stati Uniti, che c’e’ un maledetto mercato). Che maglia avra’ Mike?

Tutto questo non per dire che non vi e’ distinzione alcuna tra economisti, che sono tutti d’accordo su tutto, e che Chicago non abbia ancora una sua peculiarita’ nel modo di intendere l’economia. E’ che l’economia come e’ concepita in Italia, dibattito tra scuole ideologiche contrapposte, non esiste (da molto ma molto tempo). L’economia e’ un metodo comune con diverse applicazioni (modelli): gli economisti discutono modelli diversi e quanto questi si avvicinino alla realta’ dei dati – basta esser stato ad un seminario in un buon dipartimento per accorgersi che le discussioni sono spesso vivaci, ma mai tra “scuole” che parlano linguaggi diversi. In 20 anni di onorata carriera non ho mai sentito nessuno tacciato di “liberismo”, “mercatismo”, o altri inutili neologismi (al di fuori dell’Italia, si intende). Ho sentito invece centinaia di discussioni teoriche ed empiriche sugli effetti della regolamentazione in finanza o in altri mercati, per usare gli esempi nel post; modelli con implicazioni diverse (anche opposte) sugli effetti della regolamentazione, dati che possono (e spesso sono) interpretati in modo diverso (anche opposto). Analisi che trasudano impostazioni ideologiche spesso (anche gli economisti sono uomini), ma contrapposizioni ideologiche mai.

Insomma, l’economia e’ una disciplina con pregi e difetti discutibilissimi, Chicago e’ una grande universita’ con un dipartimento di economia che ha fatto e continua a fare la storia dell’economia, le “scuole” come approcci ideologici distinti sono una finzione che non rappresenta la disciplina. Quelle che in Italia sono considerate “scuole” alternative, dai neo-marxisti ai keynesiani vecchio stampo, passando per gli sraffiani sono approcci sconfitti che oggi sopravvivono in riserve indiane – parte dell’universita’ italiana ne e’ un esempio. Questo non significa affatto che non possano risorgere, ma per farlo hanno bisogno di molto piu’ dell’esegesi simil-biblica a cui da tempo si esercitano o di analisi ridicolmente superficiali tipo crisi finanziaria=crisi dellla finanza come disciplina. Nuovi (non vecchi, nuovi) metodi, diciamo pure “scuole”, si fanno strada nella disciplina (come lo ha fatto la “scuola” di Chicago negli anni 70). Ad esempio, l’economia comportamentale, che introduce concetti ed analisi dalla psicologia cognitiva e dalle neuroscienze per ri-calibrare e superare l’ipotesi di razionalita’, imponendosi con successo negli ultimi 10-15 anni. Lo sta facendo attraverso nuovi modelli e soprattutto nuovi dati, con cui tutti gli economisti oggi si confrontano, Chicago o non-Chicago. Oh, a proposito, il padre (uno dei padri almeno) dell’economia comportamentale e’ Dick Thaler, e sta a Chicago da una vita (ebbene si’, alla business school pero’). 

Sono davvero cosi’ riconoscibili queste maglie? Sono io daltonico o le verita’ in cui tutto sembra tenersi non sono solo semplici ma anche semplicistiche? 

 

 

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Commenti

Ci sono 96 commenti

Dovendo affrontare le tredici ore di viaggio Baltimore,Md-Aurora,IL , trovo questo articolo di buon auspcio. Certo il mio fantulin va a studiare Computer ad Aurora University, ma sempre a un tiro di schioppo da Chicago sara', e si sa che le buone "scuole" influenzano l'area circostante! In piu' , avendolo appena registrato per votare (il fantulin ha scelto di registrarsi come independent) e avendo il ragazzo espresso a suo padre il desiderio di documentarsi in maniera unbias sulla scena politica americana: penso che trovera' pane per i suoi denti.

Domanda forse OT: ma che ruolo o valore ha Richard Florida e la sua teoria sull'ascesa della classe creativa? Lei ne sa qualche cosa? Grazie

g allen

In bocca al lupo al fantulin. Ne ho anche io uno che vota per la prima volta quest'anno. Speriamo bene. 

 

R. Florida: non vedo la connessione. Florida era quello che (rozzamente)  i creativi e i gay fanno risorgere i quartieri depressi

 

Quanto a frettolosita’ (o e’ confusione?) del post anche il confronto tra Pil mondiale e il nozionale dei derivati Otc non scherza. Le posizioni sui derivati sono stock (cioe’ cumulate nel tempo) e per definizione si annullano (ad ogni attivita’ corrisponde una passivita’) mentre il Pil misura produzione di beni e servizi come flusso annuale, valore aggiunto. Pil e derivati non sono commensurabili, insomma: lamentare che “i derivati sono pari alla quantità di ricchezza prodotta in un anno in tutto il mondo, moltiplicata per dieci: una vera e propria follia” e’ come asserire che “non c’e’ assolutamente storia tra una Ducati 1199 Panigale e Luna Rossa, una 195 cavalli ha e l’altra solo due vele”.

 

 

potrebbe bastare se l'argomento non fosse ormai rilanciato continuamente da tutte le parti ( e il primo è stato tremonti:-))

 quel  non meglio specificato "valore dei derivati", pari a  nove o tredici volte  il  PIL mondiale impressiona, spaventa. a  me è già capitato di doverlo spiegare in palestra oppure in bici, con risultati incerti.

prima che se ne debbano occupare anche i parroci, vorrebbe qualcuno qualificato, ad es. federico de vita, scrivere due righe-due che illustrino questo sconvolgente valore nozionale? così poi non ci pensiamo più.

 

personalmente, io invito a moltiplicare il massimale dell'assicurazione RC auto per i 40 milioni di veicoli circolanti in Italia.  risulta che le compagnie assicurative si sono impegnate a coprire fino a cento volte il pil italiano. che immorali scommettitori! cosa aspetta il governo a vietare le assicurazioni? che circoli solo chi ha capitali adeguati eccecc

 

io invito a moltiplicare il massimale dell'assicurazione RC auto per i 40 milioni di veicoli circolanti in Italia.  risulta che le compagnie assicurative si sono impegnate a coprire fino a cento volte il pil italiano. che immorali scommettitori! cosa aspetta il governo a vietare le assicurazioni? che circoli solo chi ha capitali adeguati eccecc

 

Che sogno sarebbe stato se, quando Tremonti sparava le sue minchiate in tv, dall'altra parte ci fossi stato tu a rispondergli con questa similitudine. 

 

personalmente, io invito a moltiplicare il massimale dell'assicurazione RC auto per i 40 milioni di veicoli circolanti in Italia.  risulta che le compagnie assicurative si sono impegnate a coprire fino a cento volte il pil italiano. che immorali scommettitori! cosa aspetta il governo a vietare le assicurazioni? che circoli solo chi ha capitali adeguati!

 

Geniale, da oggi la userò anch'io!

Da perfetto ignorante con preghiera di chiarimenti elementari.

Mi sembra convincente l'esempio delle RCA contro la responsabilità civile per gli autoveicoli, ma non capisco perchè la grandissima compagnia d'assicurazione USA che aveva venduto polizze per quasi tutti i derivati (che sembrano prodotti assicurativi per me profano)alla fine del 2008 pare n0n avesse le riserve per onorare i contratti e sia stata di fatto, brutta parola ma non mi viene di meglio, nazionalizzata dallo stato per non mandare all'aria il mondo intero.

Molto carino il paragone, dragonfly. Cattura bene il fatto che i derivati siano contratti di assicurazione. Non cattura pero' il fatto che gli eventi su cui sono scritti  possano  essere correlati: non e' cosi' per l'RC auto (che io faccia un incidente o meno non ha effetti sulla probabilita' del tuo), ma lo puo' essere  ad esempio nel caso dei contratti sui mortgages se alla base sta una bolla/o qualcosa di simile. 

I principi sono generalmente validi perchè gli impatti sono alla fine dei costi, consiglio di vedere:
www.enisa.europa.eu/activities/risk-management/current-risk/risk-management-inventory/rm-process

e in particolare per gli italiani che latitano generalmente nella componente di valutazione suggerisco la parte :

www.enisa.europa.eu/activities/risk-management/current-risk/risk-management-inventory/rm-process/risk-assessment

 

giusto per pensarci due volte prima di fare un valutazione che non ha senso

Anche questa non scherza.

Chissa se ci conviene essere di destra o di sinistra? E come capirlo? A seconda della convenienza, ovvio.

Bravo Alberto, io non avrei saputo dove cominciare a prenderlo quel post anguilla, che dice niente e il contrario di niente. Un’ osservazione. Questa cosa delle “scuole” di economisti è solo italiana, qui in UK sono tutti gli economisti a ricevere l’obbrobrio pubblico (la maglia è uguale per tutti). Anche all’interno delle università dove si percepisce una notevole insofferenza negli altri dipartimenti di scienze sociali nei confronti dei dipartimenti di economia (forse meno nelle università migliori).

La mia impressione e; che nessuno sa cosa facciano gli economisti, i genitori degli amici dei figli mi chiedono cosa farà lo stock market o se la Grecia uscirà dall’euro. E io dico “boh”. In parte è dovuto al fatto che gli economisti che vanno in TV o scrivono sui giornali sono quasi tutti dipendenti di banche o istituzioni finanziarie (o giornalisti professionisti che in generale ne capiscono abbastanza).

Dovremmo forse metterci a scrivere di aste, meccanismi di tassazione ottimale, regolamentazione dei monopoli, tassi di rendimento dell’investimento in capitale umano (ma sempre mercato è...).

 

Le posizioni sui derivati sono stock (cioe’ cumulate nel tempo) e per definizione si annullano (ad ogni attivita’ corrisponde una passivita’) mentre il Pil misura produzione di beni e servizi come flusso annuale, valore aggiunto. Pil e derivati non sono commensurabili, insomma: lamentare che “i derivati sono pari alla quantità di ricchezza prodotta in un anno in tutto il mondo, moltiplicata per dieci: una vera e propria follia” e’ come asserire che “non c’e’ assolutamente storia tra una Ducati 1199 Panigale e Luna Rossa, una 195 cavalli ha e l’altra solo due vele”.

 

Potrei essere d'accordo sul fatto che rapportare il nozionale dei derivati sul Pil sia una stupidaggine, ma non per il motivo addotto.

Non si rapporta forse il debito (stock) con il PIL (flusso)? Il ROE, il ROI e altri noti indici aziendali non sono indicatori ottenuti mettendo a rapporto (commensurando tra di loro) flussi e stock? Sia nell'economia politica che in quella aziendale sono cose che si fanno rapportare i flussi e gli stock tra di loro (e viceversa).
Una argomentazione aggiuntiva sarebbe opportuna su questo punto, Bisin, ne va dell'onore di Buccinasco.

Hai ragione in generale - confrontare stock e flow non e' un eresia di per se'. Quello che intendevo e' che non ha senso dire che una e' molto piu' grande e che questo e' di per se folle. Il debito/pil comincia a diventare problematico a .6 e a 1 e' enorme (anche se puo' essere a 2 senza problemi - vedi Giappone). E il rapporto capitale/pil? 2 e' grande o piccolo? 10? non lo so (anche perche' dipende cosa si mette dentro la misura del capitale, fisico, umano...)? Insomma, non e' che non si possa confrontare la velocita' di una Ducati e di Luna rossa, ma bisogna stare attenti a dove corrono, sull'acqua o su terra, su un fiume con in fianco un'autostrada. 

 

Come dicevo il problema e' la frettolosita' e/o la confusione. I confronti se si fanno si fanno bene. San Tommaso confrontava anglei e pietre...

 

Non so ho molti dubbi su quanto affermato. I metodi si fanno strada non solo perché hanno delle buone basi teoriche ma anche per influenze politiche, non per niente si parla di economia politica. Ad esempio negli anni 70 si fece strada la scuola di Chicago e ancora oggi ne viviamo le conseguenze tragiche con l’istituzione della BCE quale garante della stabilità dei prezzi e dei tassi di interesse. Sia l’una che gli altri sfuggiti dal controllo dell’istituzione bancaria.  

Senza parlare del fallimento delle politiche cilene.

E che dire degli  “agenti razionali”? E chi sarebbero? Non certo i consumatori. Ho chiesto al mio idraulico se spenderà il suo maggior reddito anche se si prevede un aumento della tassazione a causa del debito pubblico. Lui mi ha risposto che gli serve l’auto nuova e che non segue la “politica”.

 

E che dire degli  “agenti razionali”? E chi sarebbero?

 

Sarebbero, ad esempio, quelli che sotto al titolo "Breve Biografia" mettono qualcosa che e' una breve biografia.

Universita' di Chicago ----> BCE garante dei prezzi.

 

Roba da pazzi. 

 

PS Guardi quante auto nuove sono state vendute recentemente e poi mi dica quanto irrazionali sono stati  gli idraulici. 

Krugman nel suo libro “End this depression now!” a pag. 119 afferma che:

[...più o meno dagli anni 70 in poi] Da allora il fronte della macroeconomia si è diviso in due grandi fazioni: gli economisti “di mare” (concentrati prevalentemente nelle università costiere degli Stati Uniti), che hanno una visione più o meno keynesiana delle recessioni, e quelli “di acqua dolce” (concentrati prevalentemente negli atenei dell'interno), che la contestano alla radice.

Gli economisti di acqua dolce sono sostanzialmente dei liberali di vecchio stampo. Sono convinti che l'analisi economica debba partire dalla premessa che le persone sono razionali e i mercati funzionano; una premessa che esclude per definizione la possibilità di un'economia depressa dalla semplice mancanza di una domanda sufficiente.

Ma le recessioni non sono forse dei periodi in cui non c'è una domanda sufficiente per occupare tutti coloro che sono disposti a lavorare? Le apparenze possono ingannare, dicono gli economisti di acqua dolce. Secondo loro, in un sistema economico efficiente la domanda complessiva non può crollare. E quindi, semplicemente, non crolla.

Eppure le recessioni si verificano lo stesso. Perchè?

...

Più avanti dice:

Robert Lucas dichiarò nel 1980 che il pubblico dei convegni cominciava a “mormorare e a ridacchiare” quando qualche oratore osava presentare idee keynesiane. Keynes, e coloro che lo evocavano, vennero banditi da molte università e riviste scientifiche.

Ma proprio mentre gli antikeynesiani cantavano vittoria, il loro progetto falliva miseramente. I nuovi modelli non erano in grado di spiegare I dati di fatto della recessione...

Oggi quasi tutti i macroeconomisti credono alla teoria del “ciclo economico reale” secondo cui le recessioni sono la risposta razionale, anzi efficiente, agli shock tecnologici negativi, che rimangono comunque privi di spiegazione: il calo dell'occupazione che si registra nelle fasi recessive sarebbe frutto della decisione volontaria dei lavoratori di prendersi una pausa in attesa che la situazione migliori. Se ciò vi sembra assurdo, non preoccupatevi: lo è davvero. Ma è una teoria che si presta a una elaborata modellistica matematica, e fa degli studi sul ciclo economico reale un mezzo efficace per ottenere incarichi e promozioni. I sostenitori di questa teoria hanno goduto di un tale credito che ancora oggi è molto difficile per un giovane economista portare avanti una visione diversa, se vuole andare a insegnare in molte grandi università.

 

Ho riportato questo pezzo perchè mi è ritornato in mente dopo aver letto l'interessante articolo del Prof. Bisin. Tuttavia non essendo un'economista, ma uno che si interessa di economia io la contrapposizione tra gli economisti la vedo eccome. 

Sinceramente non so cosa pensare, dato che quello che scrive Krugman mi sembra piuttosto diverso da quanto affermato nell'articolo.

Se qualcuno avesse voglia di tentare di chiarirmi le idee ne sarei lieto. Però per favore non rispondetemi con frasi tipo: “Costui è un incompetente”, oppure “è passato armi e bagagli alla miglior vita del giornalismo” perchè non significano nulla e non so cosa farmene.

La teoria sulle aspettative razionali, indica che gli individui usano le informazioni in modo efficiente senza compiere errori "sistematici" nella formazione delle aspettative riguardanti le variabili economiche, e in nessun modo si scontra con l'asimmetria informativa.
Infatti le aspettative razionali non dicono che tutte le informazioni sono disponibili a tutti, ma spiegano solo il modo di ragionare sulle informazioni disponibili.

Per quanto riguarda la scuola di Chicago e Milton Friedman ho già dovuto combattere anche troppo su Chicago Blog per dover ripetere tutto anche qui, quindi io passo. Per il resto... ma si, continuiamo a sostenere che i derivati siano delle assicurazioni e continuiamo a parlare della “posizione netta” e del saldo a zero. Dimentichiamoci che ogni volta che qualcuno entra in una sala corse e scommette su un cavallo è come se avesse sottoscritto un derivato, saldo a zero, nessuna differenza. Dimentichiamoci che proprio lo scorso luglio SEC e CFTC siano state costrette a dover chiarire che spetta a loro e solo a loro stabilire quali contratti siano assimilabili a degli Swap e quali a derivati, rendendo pubblici in un documento i criteri di classificazione e stabilendo anche nuove regole. A qualcuno dei residenti negli States questa notizia deve essere sfuggita... come deve essergli sfuggita anche questa notizia di oggi... che strano, i derivati li chiamano scommesse anche lì... Lo so, non è il Wall Street Journal ma è il contenuto che conta, non il contenitore, e io... sono così stanco di avere sempre ragione... per cui fatemi il piacere, cancellate la mia iscrizione, io mi chiamo fuori. Vi ringrazio per l'attenzione e vado ad ascoltarmi i Lynyrd Skynyrd.

 

Saluti.

Siamo in due a chiamarci fuori: il suo commento e' cosi' incoerente al che e' impossibile rispondere.  Credo che lei non abbia capito che ad ogni contratto di assicurazione corrisponde dall'altra parte una scommessa. La questione rilevante e' la correlazione tra gli eventi (vedi mia risposta a dragonfly) ma temo che questo commento non vada a segno. 

 

PS Ma poche ore fa non voleva addirittura contribuire un pezzo al blog? Quale volatilita' di spirito. 

quello che è scritto qui corrisponde, per me, all'arabo antico o alla biomeccanica ovvero ad una materia per la quale non ho le basi per distinguere chi ha ragione e chi ha torto.

Mi permetto solo di far notare il mio punto di vista.

Ho letto la risposta di Bisin e poi mi sono letto il primo articolo e l'ho fatto due o tre volte le uniche cose che ho notato è che il ragionamento di Bisin era logico ed argomentato, l'altro era ideo-logico e demagogico ( ovvero non argomentato voleva solo far paura e mettere ansia ).

A me non importa di che colore è il gatto l'importante è che prenda il topo e, se mi è concesso, da una parte ho visto un gatto che ha voglia di prendere il topo viceversa, dall'altra, ho visto un gatto che discuteva del sesso dei topi ( lo so sarebbe sesso degli angeli, ma ci stava bene sesso dei topi ). E questo, a me, basta.

 

My two cents ( my half cent is better )

 

PS @dragonfly mi è piaciuta tantissimo la tu analogia con le RC auto io l'ho capita a sensazione, ma non credo di potermela rivendere così me la spiegheresti meglio in modo che la possa far comprendere anche ad altri come me? Anche in privato ovvio. Grazie

va benissimo.

siccome la spiegazione di dragonfly si fa attendere, provo a dare la mia.

Ogni polizza RC Auto ha il suo massimale, che se non erro ammonta a minimo 6mln € (tra danni a cose e persone). Per cui, con 4omln di vetture assicurate in Italia, le compagnie di assicurazione si sarebbero impegnate a coprire danni fino al valore spannometrico di (6*40*10^12 ) 240 mila milardi di €. Quindi 240/1,6 = 150 volte il PIL! Ma che senso ha valutare così il mercato RC Auto? Molto poco, data la correlazione nulla tra un eventuale incidente a Trapani e uno a Bolzano che fa sì che i risarcimenti totali a carico delle compagnie assicurative non si scostino troppo dalla media attesa, già scontata nei premi. Oltretutto se avviene un incidente e si abbatte una staccionata, ecco che l'incidente (reale) determina una perdita (reale) di valore. Il contratto di assicurazione semplicemente trasferisce l'onere del risarcimento del danno, trasferisce cioè i rischi, senza di per sé creare o distruggere alcunché: la staccionata è già stata abbattuta!

Per i derivati il discorso è simile. Sono contratti stipulati tra due parti che si scambiano somme di denaro a determinate scadenze (anche solo una) sulla base di un meccanismo che dipende dall'andamento del valore di qualche attività o variabile finanziaria e non (azioni, indici, commodity, tassi di interesse, etc.). Dove una parte incassa, l'altra paga, la somma è zero. In tutto questo il valore nozionale rappresenta un valore di riferimento per determinare il segno e la dimensione delle somme da trasferire, tutto qua. E comunque, in generale, non rappresenta una esposizione massima di qualcuno! Un paio di esempi li legge qui.

Spero di essere stato esaustivo. In sostanza rapportare il valore nozionale dei derivati in essere al prodotto mondiale ha un senso simile a rapportare i massimali RC Auto al PIL: il rapporto dà "una" dimensione del mercato, ma dubito sia la dimensione più utile a cui guardare.

ti prendi un pacco e se te la rivendi stai cercando di rifilare un pacco, magari a tua insaputa.

Cito alcune definizioni:
In termini generali possiamo definire come rischio la possibilità di incorrere in un danno o ad una perdita economica.
Il livello di rischio è correlato a tre fattori, la probabilità che la minaccia si verifichi, la vulnerabilità del bene da proteggere rispetto alla minaccia, l'impatto inteso come danno o perdita nel caso che la minaccia si concretizzi.
A seguito dell'analisi si passa alla gestione del rischio al fine di eliminarlo o ridurlo ad un valore accettabile, il trasferimento del rischio o di una sua parte può essere generalmente effettuato tramite assicurazione e può quindi essere inserito all'interno di questo piano di gestione/riduzione del rischio.

Qui partiamo da una delle componenti di gestione del rischio legate alle persone in auto, con impatti di danni alla persona, per estrapolare un valore totale economico di capitale assicurato per calcolare un rischio e degli impatti economici a livello nazionale (in realtà delle aziende che stipulano le polizze) che NON ACCADRANNO MAI NEANCHE CON UN TERREMOTO DISTRUTTIVO.
Se vogliamo fare dei paragoni più attinenti dovremmo parlare delle assicurazioni alle persone nel caso che la costruzione ti crolli sopra, evento moooolto più probabile visto che il rischio sismico è stato calcolato su statistica temporale invece che sulla configurazione morfologica.

Ma di quali assett stiamo parlando e su quali impatti dobbiamo agire? La nazione, le aziende che hanno effettuato assicurazioni e che rischiano di fallire con dei buchi che possone avere degli impatti di stabilità economica nazionale?

Una serie di aziende finanziarie hanno scommesso un pò troppo? problemi regolamentari, di audit e analisi dei rischi, certo che le nazioni che si finanziano pesantemente con le scommesse hanno ben poco da insegnare agli scommettitori finanziari.

Non ho ben capito l'oggetto del contendere; 

Vitale chiede ai Chicago boys di fare ammenda. Di che ? Se una scuola o un economista elabora una teoria, la responsabilità se l'assume chi la utilizza.( Punto)

Piuttosto dalla mia visuale di economista anlfabeta, guardo e analizzo le risultanze delle applicazioni della teoria. Tuttavia, vi sono applicazione che non sono conseguenti alle teorie; almeno non direttamente. Mi riferisco alle migliaia di MLD di $/€, che viaggiano in groppa a pochi byte a secondo del labiale di Draghi o della Merkel.

Poi c'è la questione dei derivati. Quelli fuori dal banco.

In un mio precedente post, chiedevo se può esistere una cifra del genere: 10 volte il P.I.L. mondiale che viaggia tutti i giorni a cavallo dei byte.

Ma non questo è il punto, stiamo parlando del sesso dei topi come simpaticamente scrive uno dei commentatori.

A me preme un altro aspetto: la assoluta libertà, perchè assente qualsivoglia controllo, di ingenti somme di denaro che manipolano i prezzi, al di fuori di qualsiasi spontaneità della regola del mercato. La genuina creazione dei derivati, ha lasciato lo spazio alla speculazione selvaggia. 

A me piacerebbe che nfA, prendesse lo spunto dalla elocuzione di Vitale, per spiegare i meccanismi che producono quella speculazione e le risultanze non solo sull'intero pianeta, ma anche sulle pietanze della mia cena.

nfA ha preso una posizione politica con FilD. La mia posizione al riguardo l'ho espressa sul sito "panico democratico" che ha ospitato un post di Brusco sugli amici e compagni che...

Mi piacerebbe che componenti/fondatori di FilD si esprimessero riguardo a quanto soprascritto.

Intanto sulla materia di cui si è discusso qui, propongo il seguente post:

http://www.prossimaitalia.it/news/3465/cominciamo-dalla-fine/

e quest'altra notizia : http://wp.me/p2oV1d-io

Grazie dell'attenzione.

Angelo

non mi e' chiaro cosa sia per te la "speculazione selvaggia". Se intendi i comportamenti alla Soros che ogni tanto (una volta ogni vent'anni, circa) cerca ci far male intenzionalmente ad un'economia, ok, sono pure piu' o meno d'accordo, ma e' una tale minoranza delle attivita' finanziarie che e' essenzialmente trascurabile.

Un investimento e' il commitment ad una predizione (tale prezzo si alzera', oppure tale banca andra' in default...) su un certo arco temporale: anni se si investe alla Warren Buffett (e di lui la gente non parla male perche' "aiuta l'economia reale"), mesi se si e' un fondo qualsiasi (inclusi i fondi pensione, il cui orizzonte di rischio e' spesso cosi' breve), o anche centesimi di secondo se si e' HFT. Si usano strumenti di tutti i tipi, a seconda delle esigenze. Un derivato essenzialmente ri-inscatola il rischio collegato in modo (un poco) piu' chiaro. Non vedo davvero, malgrado i miei sforzi, una vera differenza tra i vari tipi d'investimento. Chiamare gli uni investitori e gli altri speculatori e' qualcosa che non mi piace proprio perche' la differenza tra Warren Buffett e Jim Simons (un HFT storico) proprio non la vedo.

 

 ”…Quello che intendevo e' che non ha senso dire che una e' molto piu' grande e che questo e' di per se folle”

Esattamente come il debito rispetto al PIL, serve però a stabilire proporzioni. La correlazione fra gli eventi acuisce il rischio, certo. Per il non economista, però, la sensazione è che le dimensioni del mercato siano tali da costituire di per sé fonte di rischio, e dunque di preoccupazione. Insomma, la percezione è che i derivati si siano trasformati, nel tempo,  in una rete di casinò frequentata da alcuni giocatori (come certune banche) cui si dovrebbe vietare l’ingresso.  Le loro scommesse possono diventare troppe, troppo forti, e fatte con denaro che non si ha. In questo senso, il loro semplice accumularsi diventa folle.  Il problema è che quando capita qualche guaio, le perdite di uno o più giocatori, sciocchi, sfortunati,  o semplicemente troppo avidi poco importa, devono essere ripianate anche da chi, nel casinò, non ci ha mai messo piede.

Mi scuso umilmente con gli inserzionisti al mio commento.

Intanto non ho capito nulla, se non forse che Soros è +/- meglio di Buffet.

Già che Buffet sia riconosciuto come persona attenta all'economia reale è un buon passo avanti. Non ho nulla in contrario a che una persona intelligente, ripeto intelligente, guadagna arricchendosi nello speculare sulle azioni di Apple o sul raccolto futuro del grano.Ciò che mi preme, è spiegare ai cittadini che il grano che domani sera si vedrà arrivare sulla tavola in forma di pane o di maccheroni della Barilla, l'hanno pagato 20 centesimi in più al kilo, perchè qualcuno ha pensato bene di scommettere sul cavallo grano con 40 passaggi dal produttore al consumatore finale: i mangiatori di maccheroni della Barilla o del pane della Coop.

Ora se a Voi non importa questo disamina, a me e tanti altri importa eccome!

Queste distorsioni della mente umana, poco intelligente, fà sì che qualche miliardo di persone fanno la fame. Compresi 5 milioni di Italiani (con la i maiuscola, tanto per chiarirci)

Infine ho proposto, con i due link inseriti nel mio commento, la lettura dei danni passibili di procedure penali, non della procura di Milano, leninista e forse stalinista, ma bensì delle autorità giudiziarie USA e UK; oltre al ripensamento di 4 banche tedesche sulle speculazioni dei prodotti alimentari, in conseguenza della pressione di stakeholders.

Là, le regole sono da rispettare. Altro che liberismo berlusconiano e della destra dell'italietta che fù.

Del resto ho posto un altro quesito ai ragazzi di nfA: visto che si sono impegnati direttamente in politica, pur non essendo, io, del parere su questa funzione dell'intellettuale, sarei felice potermi confrontarmi con loro sugli argomenti sopra discussi; anche in funzione dell'invito loro fatto sul sito di Francesco Nicodemo, a chi come me pensa che è possibile la riforma della politica.

Con ciò :))

 

Mi piacerebbe - ma per una serie di motivi non posso promettere di - scrivere un articolo su NfA su "chi siano i mercati". Che peso hanno sul totale gli HFT, gli speculatori, i Warren Buffett, i fondi pensione e quant'altro. Ho un paio di problemi, di cui mi scuso: poco tempo a disposizione; e difficolta' a reperire i dati (paradossalmente piu' ora che lavoro in una grande banca che prima, quando lavoravo in un piccolo fondo). Si sfaterebbero una serie di miti guardando semplicemente all'enorme peso che hanno sui mercati i fondi pensione, che fino a prova contraria provano a fare gli interessi di tutti.

Riguardo il tuo discorso sul grano, sta poco in piedi. I produttori e i compratori di commodities si scambiano futures sui prodotti proprio per evitare i rischi (che avrebbero le ripercussioni sulla vita quotidiana di cui parli). Pensa a come il prezzo del petrolio nel 2008 e' piu' che raddoppiato (forse triplicato, non ho i dati sotto mano), ma la benzina e i biglietti aerei non hanno avuto un aumento paragonabile (santi futures!). Gli effetti si vedono sul lungo termine ed hanno a che fare con l'economia reale, non con la speculazione.

Ad ogni modo mi riprometto di cercare l'occasione per scriverlo, quell'articolo. Sono certo che in molti sarebbero interessati. Ca va sens dire che se qualcun altro volesse prendersi il fardello sarei ben felice di mollarlo :-)

Vedo un commento per cui se qualcuno scommette sul raccolto del grano il pane può costare di più, ma se per quanto so io il 99% di dette scommesse non comportano assolutamente passaggi fisici delle merci coinvolte, i prezzi delle merci dipendono quasi esclusivamente dalla contattazione tra venditori e acquirenti, e l'idea che questi commercianti con un pelo sullo stomaco alto un metro si lascino influenzare da chi fa scommesse sulla loro attività mi sembra surreale. Insomma chi sostiene che le scommesse fatte su un cavallo senza avere nessun contatto  fisico con lo stesso posssano avere effetto sulle potenzialità di vittoria o di sconfitta in una corsa dovrebbe argomentare logicamente o con dati inconfutabili la cosa. La mia impressione è che tutto si basa su un complottismo planetario in cui pochi uomini nell'ombra movimentano le enormi quantità di denaro che servono per ottenere spostamenti sostanziali nelle quotazioni delle merci senza che questo appaia nei movimenti che poi queste merci fanno fisicamente.

degli hedge funds, degli speculatori cinici, ecc..., ma su quello che fanno le banche centrali, no? E queste hanno risorse illimitate per manipolare davvero i mercati e il prezzo delle merci.


I derivati non sono solo CDS. Anzi, i CDS costituiscono una frazione dei mercati dei derivati (se non ricordo male ai tempi d'oro - pre 2008 - il nozionale ammontava a meno di 20 trilioni di dollari, mentre la CBOE da sola trattava 20 volte tanto).

Ci sono opzioni, futures, swap, obbligazioni convertibili, prodotti strutturati, e molto, molto altro ancora. La stragrande maggioranza dei derivati vengono usati per avere accesso ai mercati con un controllo maggiore del rischio. Ad esempio si compra un'opzione call - cioe' il diritto a comprare una data azione a (o entro) una certa data a un dato prezzo - per "scommettere" (verbo sbagliato, perche' a differenza di chi gioca coi cavalli, un'analisi seria alle spalle c'e'; ma usiamolo lo stesso) che il prezzo dell'azione salira'. Non si rischia piu' di perdere tutto il capitale (si puo' perdere solo il premio pagato), ma poi si guadagna meno. Inoltre si perde denaro anche se il prezzo dell'azione sale poco. I derivati insomma, trasferiscono il rischio e in media non fanno far soldi (il premio e' calcolato apposta!).

E' vero quello che dicono in tanti sulla correlazione tra i prodotti per evidenziare la differenza con le RCA, ma e' anche vero che questa correlazione non e' affatto totale: immaginatevi un portafoglio con dentro un'opzione sul MIB, un swap su tassi americani, un prodotto strutturato con dentro un CPPI (whatever that may be) e un CDS...

Non pensavo foste tutti tecnici. Far salire i CDS, comprare BTP a rendimenti folli, far scendere i CDS, vendere (o tenere) i BTP. Voi pensate sia così complesso? Io non credo. Voi pensate non sia stato fatto? Io non credo (che poi si sia passati per derivati diversi onde ottenere lo scopo è lo stesso). Voi pensate che il mercato sia una sorta di oratorio dove tutti studiano catechismo sui medesimi tomi e recitano le medesime orazioni? Io non credo. :)

 

PS: se poi mi dite che CDS sul debito italiano e rendimento dei BTP sono scorrelati..mi arrendo, sia chiaro..(e vado persino a farmi visitare..) :)