La vita è bella

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Ieri mio figlio mi ha convinto a rivedere il film di Benigni, storia/favola ambientata in parte ad Auschwitz.

Dico "convinto" perché, nonostante La vita è bella mi sia molto piaciuto, mi ha anche intristito profondamente; e in questa stagione preferisco Aldo, Giovanni e Giacomo.

Beh, l'ho rivisto. Mi è piaciuto e mi ha intristito. E mi ha fatto ripensare al dibattito che il film ha generato in occasione dei premi Oscar che ha vinto. Molti sono rimasti offesi che un argomento come l'olocausto fosse trattato in modo così "leggero". Il New Yorker, celebre mensile da intellettuali newyorkesi (detto senza particolare connotazione negativa o positiva), è uscito con questa copertina disegnata da Art Spiegelman:

Non credo ci siano bisogno di spiegazioni.

Art Spiegelman è un disegnatore americano, premio Pulitzer, intellettuale sofisticato. Il premio Pulitzer lo ha vinto per Maus, una storia a fumetti sulla vicenda dei suoi genitori, internati e sopravvissuti ad Auschwitz.

Per quel che vale il mio giudizio, io considero Maus una delle grandi opere della letteratura contemporanea. L'idea di rappresentare i nazisti come gatti, gli ebrei come topi, e i polacchi come maiali, è piena di forti potenzialità espressive, usate al meglio. (Spiegelman ha recentemente pubblicato anche un libro sull'11 Settembre, anch'esso bellissimo, a mio parere; non solo, ha anche fatto copertine del New Yorker bellissime, come quella celebre del bacio tra una ragazza nera e un ragazzo hasidim).

Ovviamente Spiegelman alla questione di come rappresentare il dramma irrappresentabile, l'olocausto, ha pensato parecchio. E la sua scelta di usare i fumetti in Maus è stata criticata non poco. Ecco quello che dice Spiegelman del film di Benigni:

 

«Benigni è pericoloso ne La vita è bella perché riprende la storia reale per trasformarla in fantasia. Usa la forma della metafora per dire che Auschwitz non è Auschwitz, ma solo un sinonimo di un brutto periodo: è terribile, è una vergogna. Sembra che alla fine l'unica cosa importante sia prendere i brutti periodi con ironia. Anche Maus usa la metafora, ma per aiutare a capire una storia precisa, circostanziata, e poi è una metafora che sfuma nella drammaticità del racconto.»

 

A me pare che anche La vita è bella, come dice Spiegelman di Maus, sia "una metafora che sfuma nella drammaticità del racconto". L'unica differenza concettuale, a mio parere, tra La vita è bella e Maus è che la storia del film è "fantasia" mentre la storia di Maus è "una storia precisa, circostanziata". Ma non seguo la logica: perché una storia di fantasia nel contesto dell'olocausto sarebbe "pericolosa" per sé? Io non credo nessuno che abbia visto il film e possegga un po' di cervello possa avere visto Auschwitz come un luogo della fantasia né abbia potuto realmente concludere che "l'unica cosa importante sia prendere i brutti periodi con ironia" (ci sono della parti divertenti anche in Maus; il carattere del padre è di per sé abbastanza divertente nei suoi rapporti con la famiglia, se non ricordo male). È vero che il film è più una bella storia d'amore che non la storia di Auschwitz. Ma anche Maus è la storia della famiglia di Spiegelman; Auschwitz è centrale, ma è visto attraverso la storia della famiglia. Insomma, non capisco.

Noto che Pier Vincenzo Mengaldo, storico della lingua e critico letterario che ha discusso in La Vendetta e il Racconto (Bollati Boringhieri 2007) varie testimonianze sullo sterminio degli ebrei, ha detto l'altro ieri sul Corriere (in un articolo di Claudio Magris):

 

io rifiuto totalmente il film di Benigni, minato da una contraddizione insanabile, quella tra quei fatti atroci e la pretesa di presentarli, non senza astuzia, nella chiave di una favola gestita da un clown. Best fat burner.

 

Stessa logica argomentativa mi pare.

Ricordo che un collega intelligente e colto, grande estimatore di Primo Levi (J.P. Benoit per chi lo conosce), all'uscita dal film mi ha aggredito verbalmente da quanto era stato sconvolto dal film (ancora una volta con argomentazioni simili, direi).

Dov'è che manca la mia sensibilità? Cos'è che non capisco? Stimo troppo Spiegelman (e J.P.; Mengaldo non lo conosco) per pensare che dietro ci sia un argomento tipo quello usato da Spike Lee contro Quentin Tarantino, che la parola "nigger" in un film può essere usata dagli attori solo se il regista è nero.

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Commenti

Ci sono 10 commenti

A parte il fatto che stiamo comparando un film mediocre con un capolavoro, la differenza, secondo me, sta in un dettaglio, quello del padre che cerca di occultare al figlio le atrocita' del campo di concentramento descrivendole come un gioco. La cosa, credo, non sarebbe stata possibile a nessun prigioniero, e suggerirlo puo' far pensare che le atrocita' del lager fossero inferiori a quelle storicamente accadute. La fantasia di cui parla (o dovrebbe parlare) Spiegelman insomma non e' quella di Benigni, ma quella del racconto del suo personaggio al bambino.

Al contrario il racconto di Spiegelman e' estremamente preciso e attento al dettaglio storico, come raccontatogli dal padre, senza fare sconti da nessuna parte (il che gli conferisce ulteriore autorevolezza e credibilita'). Una cosa ricordo su tutte: la narrazione del trasferimento degli ebrei in treno al campo di concentramento. Vi ricordate come viene rappresentata da Spielberg in Schindler's List? L'ebreo piu' vicino alla finestra raccoglie il ghiaccio dal tetto del treno e poi uno ad uno gli altri occupanti condividono i pochi sorsi che ne risultano. In Maus c'e' la stessa scena, ma i prigionieri si scannano per accapparrarsi le poche gocce d'acqua.

 

 

Son d'accordo che ci sia una differenza, ma sono anche d'accordo che una fantasia poetica non sia necessariamente pericolosa - purche' si mantenga il ricordo puntiglioso preciso e attento delle atrocita'.

Non mi ricordavo questa differenza estremamente significativa fra la rappresentazione di Schindler's List e quella di Maus. Quella di Maus, purtroppo, e' quella vera, come rileva nel suo modo disperatamente lucido Primo Levi in "Se questo e' un uomo".

 

Io trovo che la storia di benigni colga invece un punto importante. Ogni genitore cerca di nascondere ai propri figli, fino a che non sono preparati per affrontarle, le brutture della vita. Da questo punto di vista, non ci vedo nulla di male e di "evasivo".

 

Ho buttato l'amo e ringrazio per i commenti ricevuti. Provo a fare chiarezza.

Siamo, credo, tutti d'accordo che Maus e' un capolavoro, di quelli che ce ne sono pochi; mentre La vita e' bella e' al massimo un buon film (secondo me; o forse un film mediocre, come pensa Andrea), di quelli che ce ne sono molti. Questo pero' e' abbastanza irrilevante, mi pare, nella discussione il cui obiettivo e': perche' Spiegelman ha trovato Benigni estremamente offensivo (mi par cosi' di interpretare correttamente, anche generosamente, la sua vignetta).

Se questo e' un uomo e', credo, superiore come opera letteraria a Notti di E. Wiesel (che ho letto recentemente, ancora una volta su suggerimento di mio figlio - che e' sistematico nei suoi interessi, gioia di papa'). I due libri sono pero' simili nell'impostazione: entrambi racconti diretti dei campi di concentramento in cui gli autori sono stati internati e a cui sono sopravvissuti.

Siamo anche d'accordo che Maus e La vita e' bella sono diversi. Il primo e' (e aspira a essere) una storia (nel senso di verita' storica) e il secondo una favola. Forse questo e' il punto. Ci torno.

Non c'e' dubbio che La vita e' bella sia una operazione letteraria (in senso lato, che include il cinema) molto diversa da Se questo e' un uomo e da Notti. Io avrei capito se Wiesel avesse avuto la reazione di Spiegelman (Primo Levi purtroppo non c'e' piu'; tra parentesi, non so se Wiesel si sia espresso sulla cosa; magari lo ha fatto). Avrei, come dire, meglio compreso il fatto che la sua sensibilita' fosse offesa; avrei accettato che dicesse: l'olocausto e' dramma tale che non puo' essere rappresentato se non in forma realista e diretta, tutto il resto sono fregnacce. Chi sarei io per opporre diversa sensibilita' sull'argomento?

Ma Maus, per quanto rappresentazione storica utilizza un velo nella narrazione, il velo del fumetto. A me pare che questo renda l'operazione letteraria del libro qualitativamente completamente diversa da quella dei libri di Levi e Wiesel. Levi e Wiesel minimizzano la trasposizione letteraria dei fatti; Maus certo no. Per questo mi ha sorpreso la reazione di Spiegelman, perche' mi pare che lui per primo abbia rotto con la posizione che l'olocausto e' dramma tale che non puo' essere rappresentato se non in forma realista e diretta. In questo senso mi pare che Maus sia piu' simile al film di  Benigni che non  ai libri di  Levi o Wiesel.

Ma forse, mi par di capire dai commenti, la differenza fondamentale puo' non stare nel fatto che ci sia un velo letterario  o meno nella rappresentazione, ma nel fatto che la rappresentazioni aspiri o meno  a verita' storica. Se non lo fa', come in La vita e' bella, rischia di ridurre l'olocausto al drago o all'orco delle favole. La favola e' bellissima, proprio per le ragioni che dice Fausto, come rappresentazione di una storia d'amore, ma l'olocausto e' "usato" come metafora del male, come l'orco. Forse questo e' il punto. Non sono certo di essere d'accordo, ma almeno mi pare una posizione coerente e comprensibile. E a pensarci bene, si', e'' senz'altro questo che aveva in mente Spiegelman. 

 

 

 

 

 

 

 

Siamo, credo, tutti d'accordo che Maus e' un capolavoro, di quelli che ce ne sono pochi; mentre La vita e' bella e' al massimo un buon film (secondo me; o forse un film mediocre, come pensa Andrea)

 No, non siamo tutti d'accordo; semmai state dando i vostri pareri/giudizi a delle opere... capolavori o mediocri lo saranno per voi, ma non per tutti... a ognuno il suo mestiere (sebbene la maggior parte dei critici cinematografici, pochi secondi dopo l'essersi accorto di essere tale, si faccia prendere la mano perdendo buona parte del proprio senno).

Sono opere diverse... questo sì è giusto; e in diverse categorie possono essere entrambe capolavori o entrambe mediocri. Giustamente si osservava che una pone l'attenzione sulla massa per sottolineare alcuni aspetti realistici, mentre l'altra si concentra su una storia particolare, personale (anche spielberg segue di striscio e da lontano le vicende della bimba col vestitino rosso).

La drammatica vicenda, è vero, massificava, appiattiva, uniformava come bestiame, ma le piccole "insignificanti" storie non sparivano:

spero che per giudicare bene queste opere siate andati ad Oświęcim, Mathausen, Dachau, Risiera di San Sabba, ma non una volta sola, almeno due e non solo per visitare le parti "turistiche" (=morbose/macabre), ma per ascoltare, parlare con gli abitanti, per viverci un paio di giorni, per leggere tra le righe... in questo caso avrete visto ovviamente le piccole storie apparire da quella massa atroce che tutti conoscono.

Una di queste storie, parzialmente inventata, viene presentata ne "La vita è bella", un film che non si può certo ignorare o considerare poco.

Anche i libri di Levi, Anna Frank, Uhlman, come i vari film sull'argomento sono molto diversi e presentano la vicenda sottolineando diversi aspetti, non per negare, nascondere, ignorare certe altre realtà, ma semplicemente per evidenziarne altre.

Se Benigni viene da molti e più volte indicato come il nuovo Chaplin, qualche motivo pure ci sarà. Del resto lo stesso Chaplin ha presentato una storia particolare della stessa vicenda ed è stato valutato pienamente per quel che valeva quel "capolavoro" solo molti anni dopo, quando i pinco pallini che all'epoca lo giudicavano mediocre erano morti... ma per carità, lunga vita a voi! :-) 

ovviamente la prima persona plurale riferisce a coloro che ne hanno discusso nel sito fino al momento in cui e' stata usata. non comprende la totalita' della condizione umana, ne' quelli che in futuro aggioungeranno commenti (ad esempio tu).

no, non sono stato a visitare i campi di concentramento perche' non credo di averne la forza. certo non concordo  che questo mi precluda anche solo parzialmente un giudizio su opere letterarie e cinematografiche sull'argomento.  

sarei felice di ascoltare i giudizi degli esperti. e infatti l'articolo e' scritto per stimolare una discussione (cosa che ha fatto) e capire meglio uno di questi giudizi (quello di Spiegelman).

ma se, come dici, "a ognuno il suo mestiere", come puoi tu giudicare quali critici "perdono il senno"? sei forse un critico? dippiu', sei forse uno dei pochi che lo e' da meno di due secondi, o uno dei pochissimi che non lo perdono mai, il senno?

il relativismo e' posizione difficile da mantenere in modo logicamente coerente.