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La risposta alla domanda del titolo del libro è "no, la politica non può salvare il mondo". La domanda è quella giusta. È una domanda  importante perché l'elezione di Obama in Amerika, la conversione sulla via di Colbert di Tremonti (e anche di Sarkò) hanno cambiato il vento. Ora tutti si chiedono cosa lo stato - gli stati - possono fare per salvarci. E naturalmente, la realtà è che possono fare poco o nulla di buono, ma putroppo possono facilmente rendere la situazione economica molto peggiore. Basterebbe questo a farmi piacere il libro, che queste cose ormai non le dice nessuno, e tantomeno in Italia. 

Ma il libro non si ferma a questo punto; la parte più interessante del libro è la profonda spiegazione del perché la politica non può salvare il mondo; in due parole:

life sucks.

In altre due parole:

shit happens.

In italiano non ce la faccio in due parole; ne ho bisogno di quattro:

adda passa' a nuttata.

Nelle parole di Alesina e Giavazzi (e di Rudi Dornbusch, cui gli autori riferiscono):

problemi difficili non hanno soluzioni facili.

Il punto è importante: checché ne dica Adidas, comprendere i vincoli è già metà del fare una buona scelta. I vincoli di bilancio ci sono e sono inevitabili. Dati i vincoli di bilancio, c'è poco che si possa fare per evitare la crisi (poco non significa nulla; aiutare coloro che sono nel mezzo della riconversione, travolti dalla distruzione creativa è importante; anche qui però ci sono dei vincoli - che gli economisti chiamo Incentive Compatibility - cassa integrazione per sette anni non incentiva a cercare lavoro).

In buona sostanza, riassumo il libro, capitolo per capitolo:

1) "la superiorità della politica" in Italia significa economia pubblica, protezionismo, capitalismo di stato; tutte parole brutte;

2)  la crisi di questi giorni non è paragonabile alla Grande Depressione;

3) tra le ragioni della crisi bisogna ricordare le politiche espansive di Greenspan e gli interventi statali su Fannie e Freddie;

4) finanza non è una brutta parola;

5) e nemmeno globalizzazione;

6) e tantomeno Euro;

7) l'Italia non cresce perché ha troppo, non troppo poco, pubblico/politico nell'economia.

Il libro è scritto bene e scorre veloce. Non aspettatevi un saggio accademico.

Se non fosse che gli autori sono amici, direi: regalatelo ai vostri amici e cugini rifondaroli per Natale. Ma non vorrei essere accusato di usare nFA per interesse personale e quindi vorrei dire: fotocopiatelo e date le fotocopie ai vostri amici e cugini rifondaroli per Natale. Ma non posso dire nemmeno questo che credo sia illegale. Fate come volete.

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Commenti

Ci sono 9 commenti

ma CHI, pensa che la politica (vale a dire, per esser precisi, la lotta per il potere che si svolge tra differenti elites) possa "salvare" il mondo?

se il mondo si salva (da che cosa esattamente? dalla maledizione del riscaldamento del pianeta? dalla scomparsa del dodo? dai night clubs? dai missili di Hamas?) la nozione (se si vuole nobilitarla) ha un qualche luogo concettuale in pensieri religiosi o spirituali, o chirurgici (a me, personalmente, la chirurgia ha salvato le gambe, ma le mie gambe, bruttine assai, non sono il mondo, nemmeno un sottoinsieme interessante del mondo succitato))

forse per deformazione professionale, consiglierei il volumetto agile e semplice di R. Geuss

Philosophy and real politics (Princeton University Press, 2008)

mentre dice delle emerite sciocchezze dice pure una cosa vera, che la politica non è uno strumento morale, né buono, né cattivo, è una lotta.

 

detto, fatto. Che i consigli del Palma non vanno ignorati.

Ma, la prossima volta, edita il fottuto commento usando HTML, così non devo farlo io per permettere ai lettori privi d'occhio di falco di leggere il titolo del libro che raccomandi (che, nella versione originale, era in fonti di dimensione 1 (queste sono 11, non so se mi spiego ..))

Ciao, palmizio. Scrivi più spesso, che fa bene anche a quelli con le gambe brutte e rotte.

Mi era sfuggita, questa recensione.

Appena l'ho letta, o meglio, appena ho letto il titolo, mi sono venuti in mente certi titoli di libri o articoli alla Baudrillard (si parva licet componere magnis...dove ovviamente il parva si riferisce a Baudrillard e non certo ad Alberto :-)...a proposito: c'è nessuno? Dov'è Alberto? E da un po' che non si legge); dicevo, mi venivano in mente titoli come "Ma la televisione ha ucciso la realtà?"; oppure "Il consumismo presuppone la possibilità di poter comprare tutto, anche il mondo".

La risposta probabilmente è scontata, ma le conseguenze della veridicità della risposta, potrebbero essere notevoli. Se la politica non può salvare il mondo:

1) Fare i politici perde molto dell'aura di nobiltà che ha sempre contraddistinto chi si impegnava in politica; se anche faranno politica benissimo e molto onestamente, i politici non salveranno il mondo comunque.

2) I professori universitari italiani, che a frotte vogliono fare l'esperienza politica, farebbero bene a tornare a studiare...sempre che il loro impegno fosse finalizzato a salvare il mondo e non a salvarsi il c....

3) Le risposte ai problemi che abbiamo, più che provenire dalle decisioni pubbliche, provengono da scelte private; se le capacità di azione della politica sono limitate, allora dobbiamo pensarci noi, ai problemi e dunque siamo noi responsabili della situazione in cui versiamo, e dopo anche i politici. Se solo questo fosse tenuto presente quando noi meridionali parliamo di arretratezza del meridione, di rifiuti a Napoli e così via, capiremmo che i casini li produciamo anche noi cittadini mentre i problemi non li possono risolvere tutti i politici.

4) Politiche informate al principio che il mondo andrebbe salvato, tutto e per intero, in rapporto alla piena realizzazione di principi religiosi o ideologici, e che non tengono conto dei vincoli di bilancio (mi riferisco non solo alle risorse monetarie ma anche a tutti gli altri vincoli che abbiamo nel fare politica) sono prima ancora che fallimentari sul piano pratico, anche false sul piano logico. Mi riferisco a concezioni religiose della politica (Vaticano o Hamas) e a concezioni ultra-stataliste come quelle rifondate.

 

...ma tu, Marco carissimo, metti sempre i punti e virgola prima di un "Se" con la "S" maiuscola? Ora che guardo, non "sempre" ma spesso, ecco ... che su nFA siamo precisini-precisini, anche quando facciamo commenti del menga (come questo non come il tuo che in realtà e proprio bello e dico sul serio) alle tre di mattina.

P.S. Visto che ora vado a letto, e che il mio post sui palestinesi ancora non l'ho messo, me la cavo con una battuta: perché solo Hamas ed il Vaticano (che ci stanno, o come ci stanno nel gruppo) fra quelli con la concezione religiosa della politica? Tre quarti d'Israele, dove lo mettiamo? Nella concezione "laica"? Baci e strucchi.

Mi era sfuggita, questa recensione.

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Stando a quanto scrive Giavazzi oggi sul Corriere.

RR