Le seguenti sono delle riflessioni. Non hanno la pretesa di riassumere né il pensiero di nFA, che in quanto pensiero non esiste, né il pensiero del sottoscritto, che si arrovella intorno a completamente differenti problemi. Tuttavia mi è apparso opportuno spendere qualche ora a descrivere il mio stupore di fronte al degrado di una situazione politica, l'italiana, che in sé e per sé preoccupa.
Alcuni fatti:
1.1 Il governatore (o ex-governatore) del Lazio è implicato in un caso abbastanza boccaccesco di persona cattolica e ammogliata che si trastulla a pagamento con la popolazione transessuale della capitale. Viene ricattato da militari dei carabinieri con videonastri, droga, assegni e tutto il corredo di apparati assai squallidi. Messo allo scoperto, anche con la complicità del capo del governo che lo informa che la notizia verrà tenuta sotto controllo, si “autosospende”; la misura è legalmente dubbia, ma è libero di far quel che vuole.
1.2 Il presidente del consiglio della regione Campania è rinviato a giudizio per tentativo di concussione, nel mezzo di varie (altre) inchieste che hanno a che fare con contratti, assunzioni ed appalti, a dir poco, non molto trasparenti.
1.3 Persino più preoccupante, risulta (da varie fonti di stampa e anche da un'intervista del presidente di Italiani-Europei, Massimo D'Alema, disponibile a tutti su la7.it) che vi siano infiltrazioni di criminalità organizzata di stampo camorristico all'interno del secondo partito italiano (e il maggiore azionista dell'opposizione.)
1.4 Potrei continuare, o potete continuare da soli andando a ritroso anche pochissimo nel tempo ...
2. Una presa di posizione preliminare. Al sottoscritto, e mi rendo conto che la questione sia controversa, non va bene che vi sia il diritto alla privacy dei dirigenti politici. Mi riferisco a continue discussioni e prese di posizioni. Riporto solo le più estreme, con ringraziamenti a color che le hanno sostenute. Un prelato (l'intervista è visibile su cnn.com nel capitolo “la rivelazione di Berlusconi”) sostiene che non si possono emettere giudizi perché solo dio ha il diritto di giudicare (se effettivamente il presidente del consiglio sia colpevole o di che cosa.) Altri, ad esempio il prof. Cordero, ritiene che Berlusconi sia colpevole di quasi tutto; alcuni pensano che abbia distrutto la capacità dell'informazione etc. La posizione del sottoscritto (ringrazio alcuni dei partecipanti a nFA-Firenze per le critiche, terminologie e suggerimenti) è semplicissima. Il corpo del dirigente politico è nello stile di E.H. Kantorowicz1, fatto di due entità. In una egli/ella ha gli stessi diritti e doveri di tutte le persone (siano esse di maggiore età) che sono i cittadini. Ergo, se reato non è per Bruno Bianchi andare a letto anche con pagamenti varii con Noemi, Natalì o la regina di Giordania, non è reato e nessun “fallo” va chiamato per il dirigente politico. Qui la questione si chiuderebbe se non fosse che il secondo corpo entra in gioco. Un dirigente politico, e ancor più un dirigente politico con una carica elettiva, è sottoposto a doveri più stringenti e a diritti più ampi. I diritti di un dirigente politico sono immensi: queste sono le persone che hanno diritto di decidere chi vive e chi muore, per che motivi è bene morire, con chi si può aver rapporti sessuali, che vestiti si debbano portare (vedasi Sudan per la proibizione del reggiseno, o le piscine della marca Trevigiana per che costume da bagno si possa portare al nuoto, vedasi guerre, la proibizione dell'uso della cocaina, per non menzionare l'uso della coercizione fiscale e penale) che gioco si possa giocare (roulette sì, se a Venezia, no se a Arzachena) etc., etc.
3. Si noti che non sto dicendo che il dirigente non ha “diritto” di imporre tutto ciò, sto solo osservando che lo fa. Più interessante è che lo fa con una delega vastissima e senza nessun chiaro indice di che cosa lo costringa ad evitare certe decisioni. È ancora più interessante che il dirigente politico italiano si permetta amabilmente di ignorare disposizioni precise date dai mandanti (non applicazione di dispositivi costituzionali, cfr art. 39, indicato nella discussione anche qui sul contratto Finmenccanica/OO.SS, o persino la non esecuzione del mandato di un referendum popolare per la privatizzazione di RAI, di nuovo trovate elementi anche su nFA.) Qual è il problema qui? La terminologia mi è stata suggerita da un economista di nFA. La distinzione è tra un contratto limitato e un contratto che è strutturalmente cieco. Se assumo un meccanico per aggiustarmi il camion, non ha nessun libero mandato su che cappello mi debba mettere. Quando assumo il “governo” ha un mandato hobbesianamente illimitato, con una preponderante forza data al monopolio della violenza, che cedo al governo, e persino all'uso di risorse che il governo medesimo estorce dal sottoscritto. Fin qui mi sembra di essere nell'auto-evidente. Le obiezioni sono serie all'immagine qui data (due dei parlanti a nFA-Firenze spinsero assai per l'idea che il mondo -o il mondo politico- si autoorganizza e non c'è davvero nessun motivo di deleghe di questo genere (anarco-capitalismo stile “leoni”), mi sembra che tutto quel che se ne capisce è che i governi si “formano” per conto loro. Lascio l'argomento, a meno che non sia interessante, da solo.
Cosa ha tutto ciò a che fare con la privacy del dirigente politico? Molto. Per le seguenti ragioni. Il contratto fiduciario che do alla signora M. non include la guerra nelle Malvinas, di fatto nessuno mi chiese nulla sul tema. Ho delegato ad un sistema governativo una decisione in merito. E di questa decisione pago i prezzi, in tutti i sensi di “pago.” Il problema è che vorrei, per restare nell'analogia, sapere di chi mi sto fidando. E qui, mi spiace, casca la costruzione gesuitica del “dio solo sa chi è colpevole di X o Y“. Casca perché il mio interesse di cittadino ,contrattualmente impegnato, è che mi interessa sapere di che materia sia fatto il governante. E qui tutto (o quasi) conta.
Mi spiego. È completamente irrilevante e altamente indegno da parte mia indagare sui trapianti che subisce Mr. Jobs, ho nessun dubbio che il fegato è suo e se lo gestisce lui. Il mio problema è che voglio sapere se Apple-computing viene diretto da uno che non sarà in ospedale, o che Dio non voglia, morto nei prossimi sei mesi. Anche perché ci perderei soldi. Egualmente mi piacerebbe sapere se il Sig. X o la signora Y, ministro della difesa, non è affetto da fanatismo anti-Islamico (si noti che nel caso dell'Italia siamo di fatto in guerra con un nemico Islamico, I Talib) o anti-semita. Si badi bene: non ho nessuna particolare opinione da proporre su quel che uno debba pensare, ho il diritto di sapere dove si trova la testa e la mente del dirigente politico. Eguale trattamento per comportamenti che possono o meno essere reati (se lo sono, il principio vale, come da corte costituzionale anche italiana, che non esiste un sistema di immunità accettabli che estranei il politico o il governante dagli obblighi civili e penali del caso) ma sono rivelatori di tratti della psicologia della persona in questione. Per cui mi interessa pure sapere se ha picchiato i bambini da piccolo o se ha preso quattro in geometria alle medie. L'aspirante dirigente politico ha tutto il diritto a rispondere “Affari miei, ho nulla da dichiarare”, evocando sia il sospetto che abbia qualcosa da nascondere sia che abbia dubbi standards. Vi propongo due esempi semplici, uno col vivo e uno col morto, per spiegare, forse meglio, a che cosa miro.
Nel caso del governatore del Lazio io non vedo nulla di criminoso (forse da parte dei carabinieri ora sotto indagine, ma giudichi il magistrato.) Vedo una responsabilità gravissima nella selezione da parte del suo partito (nessuno gli chiese che cosa facesse a via Gradoli?) e una mancanza di sensibilità del personaggio in questione. Secondo esempio, ancor più congetturale. È possibile che il (defunto) senatore Giovanni Agnelli avesse nascosto soldi, prebende etc. all'estero anche per sfuggire al fisco. Non sarebbe più carino da parte di chi lo nominò senatore a vita indagare? Si noti che in quanto cittadino Agnelli, affari suoi, in quanto senatore della repubblica, affari di tutti. Lo stesso ragionamento vale per la vexata quaestio del primo ministro attuale. Ha tutto il diritto di battersi contro sua moglie come gli pare. Non ha il diritto di non dire come, a meno appunto di celare quel che fa ai suoi elettori. La posizione che prendo impone un regime strettissimo di riduzione degli spazi di segreto per i dirigenti pubblici, che è dolorosa per tutti coloro che hanno rispetto per diritti umani e in particolare per il diritto alla privacy. Se seduto sul sofa voglio giocare vestito da nazista con C. Rampling sono affari miei. Se aspiro a fare il ministro della difesa, no. I cittadini hanno il diritto di sapere che mi piacerebbe scudisciare alla “portiere di notte”2 signorine di giudaica origine. Se poi mi votano lo stesso, ripeto affari degli elettori, ma non esclusivi e protetti del candidato in questione. Analogo il ragionamento se spendo soldi al casinò (che non è un reato, ma indica come veda il rischio e quanta adrenalina riceva dall'azzardo), se si vuol sapere se bevo succo di papaya o se vado alle feste di Briatore. Nessuno di questi è un reato, sono comportamenti indicativi di chi sia e, ancor più interessante, sono ottimi “previsori” di come mi comporterei in situazioni in cui decido da solo. Provate a far votare sull'uccellagione con le reti un gruppo di signore in Birkenstock-non-cuoio3, o sull'abigeato ai pastori di Orgosolo (se esistono ancora.)
Conclusione di teoria politica, che vi invito a massacrare, perché non vedo al momento nessun controargomento. I politici hanno zero diritti alla privacy, inclusi i loro cari. Mi spiace imporre a B. Berlusconi l'onere di quel che fa il genitore, ma non è sufficiente dire che l'azienda è “intestata” ai miei figli. Se a chiunque questo non va, può benissimo non candidarsi a nulla. Punkt.
Questione assai più delicata e meno che mai chiara è la questione comparativa. Vi sono due ordini di comparazione possibile in merito. Abbiamo (ho almeno) spesso l'impressione che o l'Italia sia messa molto peggio (di tutti gli altri) in termini di corruzione e/o che l'Italia (contemporanea) sia messa molto peggio in termini di corruzione dell'Italia di X anni fa (per semplificare assumo che i termini di riferimento siano ristretti all'Italia repubblicana, non all'escremento monarchico-fascista che la precedette.)
In termini internazionali vi sono dei fattori che appaiono pessimi, l'Italia va maluccio (ad esser generosi.) Ho provato ad usare una complessa macchina di comparazione4 e l'Italia va peggio di Islanda (no. 7) e di Botswana (no.36)5 e meglio della Thailandia, e di Burkina Faso (no. 80, pari merito con il regno Saudita.) Per evitare lunghe “Robinsonate”6, vi è da ripetere l'evidente mancanza di sistemi di sanzioni e la notoria riluttanza a sorvegliare e punire endemica nella penisola italica. Ho nulla da aggiungere, ma i fatti stanno lì cocciuti come sempre, tra indulti e “condoni tombali” ripetuti ciclicamente. Mi riservo di ritornare sull'argomento in una più lunga (quindi più noiosa) trattazione.
Più legato all'attualità, e più accesa nelle discussioni: sta l'Italia, della seconda cosidetta repubblica, andando peggio di come andava in termini di corruzione e moralità pubblica dell'Italia dalla metà del 1945 a “tangentopoli”?
Emetto delle tesi e non le argomento. A mio avviso, no. Quel che sta succedendo sono due fenomeni paralleli.
Il primo è la maggiore libertà dell'informazione che è meno controllata. C'è semplicemente più competizione. Per ogni tentativo di metter “sotto lo zerbino” l'affare Mills, c'è un Financial Times a rompere ... le uova nel paniere. Per ogni tentativo di celare le avventur"ette" di tizia e caio. c'è un Dagospia che mostra Melandri da Briatore e Zappadù a mettere in archivio (in Colombia!) le fotografie della bellissima di turno che scende da un aereo dell'areonautica militare per andar a ballare con lo zar ai bordi della piscina del primo ministro.
Per cui piaccia o meno ai politici e ai dirigenti varii, essi sono più scoperti. Non era così trenta o quaranta anni fa. Per un qualsiasi caso vi fosse stata una bizzarra scoperta, immediatamente coperta dal grido di “da-da-umpa” e nessuno avrebbe notato. Le cose cambiano, ancora per pressioni internazionali con il periodo “Lockeed”, in cui casi di corruzione esplosiva, vengono alla luce.
Il secondo fattore, questo sì assai patogeno, è che l'espansione del ruolo della politica ha mefiticamente preso uno spessore nuovo. Dalla salute pubblica alla manomorta sull'informazione la politica, nel nome di una dottrina imbecille come il “pluralismo”, ha occupato la società civile. Ciò ha generato una quantità enorme di soldi da utilizzare, producendo “posti” a non finire, da assessorato al nulla puro (gli assessorati provinciali) a ruoli oscuri di pura corruzione (formazione di banche del mezzogiorno e baracche di tutti i generi per la formazione di un cinema “italiano” o di protezione del grana padano, etc. etc.) La cosa è uno dei fenomeni nefasti dello statalismo. La patogenesi è tale che piu' grande è la domanda di personale che si occupi di occupare il creato “posto di grande responsibilita'” e con questo si decresce, per meccanismi puri e semplici di equilibrio, la qualità del personale che viene assunto. Per cui, mi sento tenuto a rispondere positivamente: la corruzione è cresciuta nella II repubblica per l'espansione del ruolo della politica, che attrae personaggi avidi e impavidi, essendo questi la maggioranza del personale che i sistemi locali di formazione delle elites generano (università e avvocatura in primo luogo, essendo una larga maggioranza, il 70%, dei parlamentari, laureati, e la estrema sovra-rappresentazione di avvocati, il 14% alla Camera e il 14,3% al Senato7)
Essendo, a modesto avviso del sottoscritto, pochissimo probabile un mutamento dell'antropologia degli esseri umani, restano solo gli strumenti degli incentivi. Per un mercato del lavoro politico in cui entrano gli esiti dell'università, dell'amministrazione, e così via, vi sono più alte probabiblità di una minore selezione, visto che bisogna assumere più persone.
Resta da vedere se, normativamente parlando, avrebbe o meno un risultato positivo (diminuire la corruzione) ridurre in modo radicale il numero delle persone pagate dall'apparato politico, o persino la riduzione ope legis della possibile durata di un mandato (onde evitare, e.g., un ennesimo terzo mandato al governatore della Campania.) Vi è un presunto effetto di riduzione a imporre limiti nel mandato (del tipo di quello imposto a George W. Bush o R. Reagan) perché uno dei caratteri tipici della corruzione è che impone tempi lunghi per capir di chi fidarsi, a chi domandare prebende e favori, chi sia giustamente malleabile, e così via. Più rapidi cambiamenti del personale politico avrebbero, forse, una sorte positiva. Al momento mi interessa di più sapere che ne pensate.
Le due tesi qui riassunte sono esposte al pubblico ludibrio
1Si veda del citato Kantorowicz, I due corpi del re. L'idea di regalità nella teologia politica medievale. In italiano, disponibile presso Einaudi in una traduzione del 1989, la disquisizione sul da dove venga questa idea.
5L'Italia è al 55esimo “posto in classifica”; ripeto la classifica guarda allo stato della corruzione sistemica.
6Mi riferisco al termine celebre coniato da Karl Marx nei suoi “Grundrisse”, per chi ha l'allergia alla carta stampata e/o è in difficoltà a reperire le defunte edizioni Dietz Verlag, consiglio questo
prima che il cittadino FP mi prenda sia in castagna che per i fondelli ( e ne avrebbe ottime ragioni) il vocabolo "fanaticismo" e' al massimo un anglismo cretino. In Italiano il sostantivo astratto e' fanaTismo e l'aggettivo e' fanaTICA (e.g. in "Daniela e' fanatica della Lazio" o in "Mi da fastidio il fanatismo liberale di NFA")
Fixed ... the editor is affected by similar problems, apparentemente!