600 milioni delle tue tasse per sabotare i referendum

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Non esiste alcuna ragione per non tenere i prossimi referendum elettorali insieme alle elezioni europee e amministrative.

La legge stabilisce che i referendum vadano tenuti tra il 15 aprile e il 15 giugno del 2009. Durante lo stesso periodo verranno anche celebrate le elezioni per il parlamento europeo e varie elezioni amministrative. Il ministro Maroni ha già deciso che queste elezioni si terranno in un'unica data (chiamata, con il solito inutile anglicismo, ''election day''), fissata per il 6-7 giugno. Resta da decidere la data dei referendum. Esiste una qualche ragione di buon senso per non fare i referendum la stessa data delle altre elezioni? La risposta è no. Abbinare le date farebbe ovviamente risparmiare soldi, che il presidente del comitato referendario Guzzetta stima in circa 600 milioni di euro. Non ho trovato conferma (o smentita) indipendente di tale cifra, ma veramente non è questo il punto. Anche se il costo fosse molto minore è chiaro che comunque sarebbe sostanziale, alcune centinaia di milioni di euro. Personalmente non ho mai sopportato quelli che si lamentano dei costi delle elezioni; la democrazia è importante e i soldi che si spendono per farla funzionare sono meglio spesi di tanti altri. In questo caso però si può far funzionare la democrazia risparmiando soldi. Non solo, l'abbinamento fa funzionare meglio la democrazia perché promuove la partecipazione popolare ai referendum. Non esiste quindi alcuna ragione di buon senso per scegliere una data diversa dall'election day: l'abbinamento favorirebbe una riduzione dei costi e un aumento della partecipazione.

Naturalmente esistono ragioni che non sono di buon senso. La Lega è contraria ai referendum e sembra decisa a seguire la strategia di far mancare il quorum, anziché combattere a viso aperto la battaglia referendaria. Perché la Lega sia contraria ai referendum è presto detto. Essi prevedono l'eliminazione del premio di maggioranza alla coalizione, assegnandolo invece al primo partito. Con le nuove regole la Lega sarebbe costretta a presentare un'unica lista con il PdL (o altro alleato) oppure a rischiare che il premio di maggioranza vada a qualcun altro. Non è scontato che questo farebbe perdere potere alla Lega, il suo potere di contrattazione al momento della formazione delle liste resterebbe comunque assai forte, ma evidentemente i suoi capi hanno paura. I capi della lega sembrano anche convinti che, in assenza del trucchetto di far mancare il quorum, i SI ai referendum vincerebbero. Da qui la tentazione di fissare la data dei referendum il 14 giugno, una settimana dopo l'election day. C'è il rischio quindi che i soldi dei contribuenti vengano gettati al vento e lo strumento referendario ancora una volta venga mortificato solo per servire interessi ristrettissimi di partito.

Credo che tutti siano coscienti che la legge elettorale che uscirebbe dal referendum non sarebbe gran che. Ma il referendum serve come potente stimolo per affrontare la discussione e fare una riforma elettorale decente. C'è ancora tempo, se lo si desidera e se la si pianta di baloccarsi con questioni irrilevanti, per fare una buona legge. Non solo, in questo parlamento si è creata una situazione per cui una buona legge è anche possibile (io la mia opinione su ciò che considero desiderabile e possibile l'ho già espressa). Ma questo succederà solo se la minaccia del referendum segue viva.

L'attuale legge elettorale è, per ammissione del suo primo firmatario, una porcata. Evitiamo di aggiungere porcata alla porcata. Teniamo i referendum elettorali il 6 e 7 giugno.

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Commenti

Ci sono 34 commenti

Assolutamente d'accordo.

Bravo Sandrino, ben scritto.

I Professionisti della Partitocrazia all'Itagliana sono al lavoro, e pure pagati dallo Stato.

Consiglio: si suggerisca di discutere ed approvare una Legge sui Partiti Politici, che regolamenti la loro struttura e forma democratica in modo congruente con la pratica esistente al di là di Chiasso, così si toglie un'arma a chi ha dei grossi problemi con questi partiti (maggiori). I "partiti maggiori" si devono strutturare in modo da permettere al loro interno un gioco di potere più corretto di quello esistente attualmente sotto la universale formula delle "associazioni non riconosciute".

Renzino l'Europeo

 

"La Lega è contraria ai referendum e sembra decisa a seguire la strategia di far mancare il quorum, anziché combattere a viso aperto la battaglia referendaria."

 

Non sopporto la denigrazione di quelli che non vanno a votare. Le regole del referendum sono chiare e sono sempre le stesse da quando e' stata fatta la costituzione, quindi anche quando sono state raccolte le firme.Chi non va a votare ha la stessa dignita' di chi ci va. Personalmente ritengo anche giusto che il referendum non sia valido se non superi il quorum , e' un grosso antidoto contro il tribuno di turno.

Non sopporto la denigrazione di quelli che non vanno a votare.

Ma c'è ancora (spero) qualche differenza fra denigrazione e critica - politica, in questo caso.

Il linguaggio della Lega verso altre forme di proposta e posizione politica non è mai stato meno aspro.

RR

 

Dov'è la denigrazione? Da sempre ci sono persone che non votano per le più svariate ragioni. Storicamente i non votanti sono più alti ai referendum. Non votare è perfettamente legittimo, è capitato anche a me di farlo a dei referendum di cui non mi importava nulla.

Qua si parla di una cosa diversa. Lo spirito della legge referendaria è che il referendum è valido se il 50% degli elettori sono interessati al tema, siano essi a favore o contro il quesito. Quindi il referendum si considera invalido se esiste apatia e disinteresse tra la popolazione riguardo al tema sottoposto. Questo mi pare sensato.

L'usanza invalsa in Italia è quella di sfruttare la fetta degli indifferenti per far fallire il quorum, suggerendo ai contrari al quesito di non andare a votare. È un comportamento perfettamente legale, per carità. Però è anche assolutamente ovvio che contraddice lo spirito della legge referendaria. Se si fosse voluto far passare il principio che solo con il 50% degli elettori favorevoli un referendum poteva passare, si sarebbe dovuto scriverlo nella costituzione. Poi certo che chi ha raccolto le firme queste regole le conosceva in anticipo. Ma tra le regole non c'è quella che i referendum non possono essere abbinati ad altre consultazioni elettorali. Questa è una decisione discrezionale del governo. Se pensi che sia una buona idea spendere 600 milioni per tenere il referendum una settimana dopo le elezioni europee per favore spiega perché, non ti nascondere dietro fantasiose accuse di denigrazione.

Ribadisco il mio giudizio: chi cerca di far fallire un referendum sfruttando la minoranza dei non-interessati per sommarla a quella dei contrari sta rifiutando di combattere a viso aperto la battaglia referendaria. Combattere a viso aperto significa cercare di convincere la maggioranza degli elettori interessati delle proprie ragioni. Se si ha paura di perdere, ovviamente la strategia migliore è quella di cercare di far fallire il quorum. Però, che si chiedano agli elettori centinaia di milioni di euro per questo mi sembra veramente una beffa.

 

Non sopporto la denigrazione di quelli che non vanno a votare.

 

Nessuno se la prende con loro.L' obiettivo di Sandro sono i partiti (lega in primis) che vogliono spendere 600 milioni di euro per approfittarne avvantaggiando la propria linea.

Se i referendum si tenessero lo stesso giorno delle elezioni e non raggiungessero comunque il quorum nessuno qui avrebbe da ridire.E neppure se si fossero tenuti in altra data per problemi organizzativi.

Certo, noi preferiremmo vedere un successo dei referendum e celebrarli il 6 ci piacerebbe anche per quello.

Intendi un antidoto per evitare modifiche costituzionali senza quorum del 50% come questa

 

Nessuno impedisce a chi vuole astenersi dal voto di farlo il 6 e 7 giugno (ci si può anche astenere in modo selettivo, cioè non prendere la scheda referendaria). Qual è allora l'argomento per buttare via 600 milioni? Non ne vedo nessuno (che non sia quello degli interessi della Lega).

 

Il referendum con il quorum al 50% senza l'obbligo di legge di accorparlo al primo turno elettorale nazionale è un'itaglianata delle peggiori, punto.

Solo in questa repubblica delle banane possiamo avere un "istituto democratico" dove decide chi sta a casa e chi va a votare non conta una cippa, bella invenzione davvero. Nei paesi di provata democrazia liberale (Svizzera, USA) l'accorpamento con un turno elettorale è prassi costante, ma è chiaro che lì è diffusa una maturità politica sufficiente per capire che sabotare sistematicamente gli istituti democratici non è una cosa intelligente e finisce con il ritorcersi contro il sistema.

Qui da noi si finge sgomento di fronte alle telecamere parlando di "lontananza della politica dai cittadini" e di "disaffezione verso la politica". O fare bei discorsi del menga sulla pari dignità di chi non va a votare.

Come sempre quando discuto di ste cose, in capo a cinque minuti mi vien voglia di emigrare....

 

La strategia di suggerire l'astensione ai contrari non è "sempre" stata adottata. Credo che sia stata adottata la prima volta per il referendum che proponeva l'abrogazione della norma consente di cacciare invadendo la proprietà altrui. Certamente i primi referendum (legge sul divorzio e legge sull'aborto) furono combattuti invitando tutti a votare. Non credo che quando fu approvata la legge sui referendum si immaginasse che i sostenitori del no potessero suggerire l'astensione.

dei referendum ambientalisti su caccia e (mi pare) pesticidi, ricordo poco, all'epoca non votavo. I miei genitori non andarono a votare per sincero disinteresse.

Nel '97 ci fu un tornata di referndum in cui non fu raggiunto il quorum. Ricordo che in pratica se ne parlo' pochissimo su stampa e tv.

La prima campagna astensionista la ricordo nel 2001, quando il principale dei referendum per cui si voto' era quello per l'abolizione della quota proporzionale alla camera, che era c'era gia' stato nel '99. Nel '99 il quorum fu mancata per 0,qualcosa %, per via della liste elettorali includenti i morti. Nel 2001 invece fu mancato per tanto, e da li' non ci sono state piu' campagne per il no: tutti astensionisti.

La cosa che fa veramente rabbrividire sono le "spiegazioni" con cui poi gli astensionisti cercano di dimostrare che un mancato quorum dovrebbe avere le stesse conseguenza di una vittoria del no, cioe' che la legge non si puo' piu' toccare.

Decisamente poco a che vedere con lo spirito della legge.

Sono il tesoriere del comitato per i referendum elettorali e, ovviamente, sono d'accordo con S. Brusco.

Qualche precisazione:

1) L'intreccio fra la legge che disciplina la materia e un parere a suo tempo espresso dal Consiglio di Stato fa sì le uniche date possibili per i referendum prossimi siano il 31 maggio, il 7 e il 14 giugno. Temiamo che il Governo sia orientato a fissare i referendum per il 14 giugno. Si otterrà così il risultato paradossale di chiedere agli elettori di andare a votare tre domeniche consecutive (il 7 giugno per europee e amministrative, il 14 per i referendum, il 21 per il secondo turno delle amministrative).

2) Non è facile indicare con precisione i costi per la finanza pubblica di una simile scelta. In occasione del referendum Costituzionale del 2006 furono stanziati 500 milioni, di cui ne risulterebbero spesi circa 315. Da questo importo occorrerebbe detrarre le spese ad esempio di stampa delle schede, che dovrebbero essere sostenute anche in caso di abbinamento fra referendum ed altre elezioni; ma occorrerebbe aggiungere altre spese, che confluiscono in altri capitoli di bilancio (straordinari delle forze dell'ordine, uso e pulizia dei locali e simili). Stiamo cercando di avere dati più precisi.

3) Nessuno di noi contesta la legittimità dell'astensionismo. Contestiamo invece una eventuale scelta del Governo che individui la data dei referendum proprio in modo tale da massimizzare l'astensionismo. E rileviamo come la pratica invalsa secondo la quale chi è contrario a un referendum abrogativo invita i propri sostenitori ad astenersi fa sì che si sommino i voti degli astenuti "abituali" con quelli dei contrari. Di fatto così un referendum abrogativo può avere successo solo ove riesca a convincere oltre il 60% di coloro che normalmente si recano a votare per le elezioni politiche. La soglia di accesso all'unico strumento di democrazia diretta previsto dal nostro ordinamento si fa così troppo alta.

Cordiali saluti, e congratulazioni per il bellissimo sito

 

Grazie mille a Natale d'Amico per il contributo. A noi piacciono le cose precise, quindi crediamo sia bene calcolare per benino qual è la spesa addizionale derivante dal non-accorpamento dei referendum. La verità però è che se ai fini decisionali si adotta un semplice criterio di costo-beneficio, la cifra esatta è poco importante. Il beneficio per la collettività del non-accorpamento è zero oppure negativo, dipendendo dal fatto che importi o meno la partecipazione al voto. Il costo è strettamente positivo. Quindi, dal punto di vista pubblico, è dominante accorpare qualunque sia il costo.

Colgo anche l'occosione per riproporre paro paro un commento fatto a una precedente discussione, perché vedo che la confusione su quale siano gli obiettivi dei referendum continua a riproporsi.

I REFERENDUM NON RIGUARDANO LA POSSIBILITÀ DI USARE LE PREFERENZE.

I testi dei tre quesiti referendari li trovate qui. In sintesi, due sono simili (uno per la Camera e uno per il Senato) e riguardano l'abolizione della possibilità di formare coalizioni per ottenere i premi di maggioranza nazionale, alla Camera, e regionali, al Senato. Il terzo riguarda l'abolizione delle candidature multiple, che consentono alle oligarchie di partito di decidere ex post chi viene eletto.

Il terzo referendum credo riguardi una norma di decenza minima. Non stiamo parlando di preferenze. Stiamo parlando del fatto che il cittadino della circoscrizione X non solo deve votare una lista preconfezionata con stretto ordine di precedenza, ma non sa nemmeno ex post esattamente chi lo rappresenterà perché questo dipenderà dalle scelte degli eletti in multiple circoscrizioni. Faccio fatica a pensare a un qualunque argomento in sostegno della pratica delle candidature multiple

Per i primi due, è vero che l'eliminazione della possibilità di coalizzarsi, proposta dai referendum, non è risolutiva. In fondo i partiti possono fare come hanno fatto FI e AN, o il PD e i radicali, ossia unirsi per finta in una singola lista e poi andare per i fatti propri. La risposta qui è che, essendo il referendum solo abrogativo, questo era il meglio che si poteva fare. Il referendum è sul tavolo e va sostenuto per dare al parlamento gli incentivi a cambiare il sistema elettorale, fermando la reintroduzione strisciante del proporzionalismo. Se il parlamento non riuscisse a cambiare la legge, come non c'è riuscito nella precedente legislatura, e si andasse al referendum allora una vittoria dei SI sarebbe una chiara indicazione a favore di un sistema elettorale che garantisca la governabilità e dia maggiore possibilità ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti.

 

Avete votato?

A me hanno mandato 4 schede, ma mi sto ancora chiedendo quante fanno in tempo a renderne inutili, ancora.

RR