Le proposte sono 7, dunque: come le spose per i 7 fratelli e come gli anni di carestia che seguirono quelli di abbondanza tanto tempo fa in Egitto. Eccole:
- Libertà di approvvigionamento dei gestori della rete dei carburanti
- Acquirente unico per il commercio all'ingrosso dei carburanti
- Liberalizzazione della vendita di tutti i medicinali a carico dei cittadini
- Riforma degli ordini professionali e sostegno all'accesso delle nuove generazioni
- Abolizione della clausola di massimo scoperto e di altre commissioni analoghe nei conto correnti bancari
- Separazione proprietaria rete trasporto gas
- Avvio immediato attività produttive con autocertificazione.
Facciamo l'esegesi critica, seguendo l'ordine delle proposte.
Punto 1. La proposta significa questo. Giulio che deve arrotondare lo stipendio da ricercatore (ne'elam no, che è ricco di famiglia) vende benzina con marchio Agip in una struttura di proprietà Agip che Agip ha attrezzato a proprie spese. Investimenti produttivi, pubblicità, campagne promozionali, manutenzione ordinaria e straordinaria sono tutte a carico di Agip. Giulio non paga neppure l'affitto, si limita a vendere benzina e il suo guadagno è dato dalla differenza fra il prezzo di vendita al pubblico e il prezzo al quale Agip gli cede il prodotto. Fino a ieri era obbligato a comperare tutta la benzina da Agip, diciamo 100 unità. Da domani potrà acquistare 50 unità da Agip e 50 unità da qualcun altro, uguali in tutto e per tutto a quelle che Agip ritira in raffineria, e metterci sopra il marchio Agip.
Sensato? Facciamo un esercizio. Sostituiamo a benzina magliette, ad Agip Benetton e a raffineria Cina e vediamo che succede. Ora Giulio vende magliette con marchio Benetton in una struttura di proprietà Benetton che Benetton ha attrezzato a proprie spese. Investimenti produttivi, pubblicità, campagne promozionali, manutenzione ordinaria e straordinaria sono tutte a carico di Benetton. Giulio non paga neppure l'affitto, si limita a vendere magliette e il suo guadagno è dato dalla differenza fra il prezzo di vendita al pubblico e il prezzo al quale Benetton gli cede il prodotto. Fino a ieri era obbligato a comperare tutte le magliette da Benetton, diciamo 100 unità. Da domani potrà acquistare 50 unità da Benetton e 50 unità da qualcun'altro, uguali in tutto e per tutto a quelle che Benetton ritira in Cina, e metterci sopra il marchio Benetton.
In effetti, non è affatto sensato: Benetton come Agip farebbe meno investimenti produttivi, meno pubblicità, meno campagne promozionali, meno manutenzione. Oppure, ed è più probabile, obbligherebbe Giulio a contribuire a queste cose, vanificando così i risparmi per i consumatori. Però ci sono 22 mila e passa impianti, cioè gestori più tutti i loro cari, molti dei quali votano. Così ha più senso.
Punto 2, ovvero come e dove i gestori compreranno la benzina. Uno sarebbe tentato di dire dove la producono, ovvero in raffineria, esattamente come fanno i titolari di "pompe bianche", soggetti indipendenti che hanno deciso di non convenzionarsi con una compagnia petrolifera e di acquistare, come si dice in gergo, il prodotto extra-rete. I famosi distributori "senza marca" che fanno sconti sostanziosi, insomma. E invece no. Siccome esiste già un soggetto che ha un bel nome che ricorda tanto i bei tempi andati, "Acquirente Unico", che compra l'elettricità per i clienti che non vogliono affrontare le spinose decisioni cui il mercato mette di fronte, facciamogli anche comprare la benzina dalle raffinerie che poi rivenderà ai nuovi imprenditori (bé il termine è un poco osé) delle pompe di benzina. Cioè un intermediario in più. Ora se una cosa sappiamo dal crescente successo delle pompe bianche è che di un intermediario non c'è bisogno. Le pompe bianche stanno sul mercato perché non ricorrono alle costose campagne promozionali che costano tra 5 e 6 centesimi di euro per litro, grosso modo il vantaggio che offrono agli automobilisti che acquistano da loro. Se creiamo un altro intermediario vanifichiamo anche questo risparmio per i consumatori! Come sempre una figura vale più di mille parole, perciò vi invitiamo a spendere un minuto fissando questa figura prima di passare al terzo punto.
Punto 3. In Italia ci sono più di 16.000 farmacie e 50.000 farmacisti senza farmacia. Qui si tratterebbe di continuare l'opera iniziata da Bersani nel lontanissimo 2006, quando le parafarmacie e i supermercati furono messe in concorrenza con le farmacie convenzionate col Servizio Sanitario Nazionale per la vendita dei medicinali "da banco", quelli cioè che non necessitano di prescrizione. Bene: smantellare i monopoli è opera benemerita che sottoscriviamo appieno. Ammettiamo che per questioni sanitarie sia indispensabile che i consumatori debbano essere assistiti nelle loro scelte anche dopo che un medico ha prescritto loro un medicamento. Per questa ragione i farmaci possono essere venduti solo da esperti, e immaginiamo che tutti i farmacisti lo siano. Ma allora per quale ragione non permettere ai 50000 farmacisti che non sono titolari di farmacia di dispensare il prodotto? Perché non consentire la vendita di farmaci anche nelle parafarmacie e nei supermercati quando dietro il bancone c'è un farmacista? Conta la farmacia o conta il farmacista? Una sua compagna di partito che fu ministro della Salute, Livia Turco, non aveva dubbi in proposito: far uscire le medicine dalla farmacia vuol dire non comprendere il sistema di garanzie che oggi viene assicurato da tali esercizi. Confessiamo di non capire per quale ragione la farmacia sia più importante del farmacista.
O meglio lo sappiamo bene perché la storia è, come diceva Cicerone, magistra vitae. Nel 1888 (avete letto bene, 1888, milleottocentottantotto), l'allora Presidente del Consiglio del Regno d'Italia, Francesco Crispi, pronunciò in Parlamento parole che sottoscriviamo dalla prima all'ultima:
La professione dei farmacisti è la sola che conserva ancora le forme medioevali delle corporazioni e dei mestieri e quindi può durare solo transitoriamente. Ogni limite, o Signori, è un privilegio che torna a danno delle popolazioni. Dalla libertà dell'esercizio delle farmacie non si può ricavare che beneficio ed io non capisco il concetto dell'espropriazione accennato dai vari Oratori. Espropriazione di che? se domani voi dichiarerete libero l'esercizio della farmacia voi non lo torrete certo a coloro che già lo posseggono. Questi ultimi avranno forse una diminuzione di lucro, se però sapranno far meglio dei nuovi venuti il loro spaccio non temerà concorrenza. La libertà, o Signori, nacque prima di tutti questi vincoli e dobbiamo dolerci ché per la sola professione della farmacia la libertà non sia ancora spuntata, mentre è già adulta per tutte le altre.
La proposta così crivellata da Livia Turco non passò per l'opposizione di un senatore (farmacista) del Veneto. Ma Crispi aveva ragione, ah se aveva ragione. Ce l'aveva di sicuro 111 anni dopo, nel 1999 (non siamo riusciti a trovare dati più aggiornati, saremo grati ai lettori che li forniranno). Di nuovo, vi lasciamo meditare su una figura tratta da questo studio dal quale si apprende che (stando, appunto, ai dati di dieci anni fa) mentre i prezzi dei farmaci soggetti a prescrizione ("prescription", barra grigia) in Italia sono in linea con quelli di 8 paesi coi quali è bene confrontarsi, i prezzi dei farmaci da banco ("over the counter", barra nera) erano, e presumibilmente sono, vergognosamente alti nel Bel Paese:
Peraltro 50.000 farmacisti senza farmacia, sempre aggiungendoci tutti i loro cari, sono un bel gruzzoletto di voti, a occhio e croce più numerosi dei benzinai con famiglia, anche al netto dei 16.000 farmacisti con farmacia che avrebbero "una diminuzione di lucro".
Punto 4. Sulla riforma degli ordini professionali ci piacerebbe vedere proposte meno timide. Allo stato attuale la proposta del PD è pavida: consentire la libera associazione tra professionisti senza diritto di esclusiva e limitare a un anno il tirocinio professionale è più o meno aria fritta. Finché l'accesso alle professioni è limitato al fine di mantenere un'elevata rendita per gli insiders, gli outsiders saranno disposti a lavorare gratis o sottopagati (il tirocinio) anni e anni, indipendentemente da quello che prescrive la legge, pur di poter accedere un giorno alla sacra fonte della rendita. Coraggio, Bersani, proponga quel che va proposto nell'interesse dei cittadini comuni: abolizione dei notai (non fraintenderci, Sabino, non vogliamo eliminarti fisicamente ma solo rendere i tuoi servizi domandati dal mercato invece che imposti dalla legge!), liberalizzazione dell'accesso alle professioni, assimilazione in tutto e per tutto dei servizi offerti dai professionisti ai servizi offerti da qualunque impresa (visto che non c'è alcuna differenza tra le due cose). Ancora una volta, impariamo da Crispi. Quello che diceva per i farmacisti vale per tutti gli ordini professionali in Italia: nella loro forma attuale sono "forme medioevali delle corporazioni e dei mestieri". Si possono riformare in maniera utile per i consumatori solo smantellandoli, non ritoccando questa o quella cosetta.
Punto 5. La commissione di massimo scoperto, lo ricordiamo per chi non abbia mai avuto la sfortuna di doverla pagare, era un interesse aggiuntivo che le banche facevano pagare sul massimo saldo negativo di conto corrente raggiunto in un certo trimestre. L'attuale governo abolì questa commissione nel 2009. Cos'è successo? Provate a immaginare … uscita dalla porta, la commissione di massimo scoperto è rientrata dalla finestra camuffata da altre clausole, che alla fine dei conti facevano pagare ai clienti delle banche che finivano temporaneamente "in rosso" gli stessi interessi di massimo scoperto di prima, se non di più. Ora il PD propone di rendere nulle queste clausole. Ma una banca ha tante finestre, come potete osservare facendo una passeggiata attorno alla vostra filiale di fiducia. State pur certi che cacciata dalla porta la clausola di massimo scoperto, sotto qualsiasi specie essa si presenti, troverà il modo di rientrare da una delle suddette finestre, in nuovissimi, originalissimi modi e indisturbata. Fantasie? Rimembrare per credere: la storia non è nuova e Bersani dovrebbe conoscerla. Nel 2007, un decreto che porta il suo nome, abolì gli odiosi costi fissi delle ricariche telefoniche. Cosa accadde? Lo sapete, no? Da qualche parte in questo blog lo prevedemmo cosa doveva succedere, ma l'editor va di fretta e non ha tempo per cercare il link. Ed infatti e' successo: guardate quanto vi costava usare il telefono cellulare prima e quanto vi costa adesso. Esattamente: le imprese eliminarono i piani tariffari più convenienti, ossia aumentarono le tariffe. E poi dicono che gli economisti non sanno prevedere! Anche qui basterebbe un po' di coraggio in più: non è cumulando divieti che si favorisce il consumatore ma liberando la concorrenza tra i fornitori di servizi. Anche bancari.
Punto 6. Siamo totalmente e incondizionatamente d'accordo con la proposta: quando l'operatore dominante (l'ENI, in questo caso) è proprietario anche della rete distributiva, è un monopolista di fatto. I consumatori non possono che beneficiare da questa sesta proposta.
Punto 7. In breve, chiunque voglia avviare un'attività produttiva o realizzare un impianto produttivo potrà farlo inviando al comune un'autocertificazione. I controlli che adesso complicano e prolungano queste cose saranno fatti successivamente dal comune stesso. La proposta è sensata, certamente di più della balzana idea partorita da Voltremont e dal suo capoufficio di metter mano alla carta costituzionale per accorciare i tempi burocratici di avvio di un'attività imprenditoriale. Idea che, con onestà, Bersani ricorda essere molto bipartisan. Con pari onestà ricorda inoltre la triste vicenda dello Sportello Unico Attività Produttive (SUAP che si pronuncia come SWAP), lo strumento chiave per risolvere l'accidia burocratica. Si legge nel documento del PD:
Purtroppo la vicenda dei SUAP, risalente al 1998, non gode di buona fortuna, visto che in questo lungo tempo è stato oggetto di una quindicina di provvedimenti normativi e regolamentari e ancora oggi il SUAP non risulta pienamente operativo in moltissimi comuni.
Molto bene. Quindi cosa succede? Uno prepara la domanda, dichiara tutto il dichiarabile, si fa fare tutte le perizie, e la presenta al comune. Non c'è ancora lo SUAP? Nessun problema (comma 18 dell'articolato)
In attesa della piena operatività delle norme contenute nel regolamento sullo Sportello unico per le attività produttive, al fine di assicurare una rapida semplificazione dei procedimenti amministrativi, la presente disciplina trova immediata applicazione sia nei comuni che si sono dotati dello sportello unico che in quelli sprovvisti.
Tuttavia se l'attività (comma 7 dell'articolato) è localizzata in un area nella quale è
in contrasto con lo strumento urbanistico [strumento? Ndr.], l'interessato può chiedere la convocazione di una conferenza di servizi,
Dopodiché (comma 8)
Il comune convoca immediatamente la conferenza di servizi di cui al comma 7 in seduta pubblica, previa idonea pubblicità, e in tale sede accerta la sussistenza dei presupposti di cui al medesimo comma 7 e acquisisce e valuta le osservazioni di tutti i soggetti interessati, anche portatori di interessi diffusi o collettivi. Il verbale è trasmesso al consiglio comunale, che delibera nella prima seduta utile sulla variante urbanistica
E se il comune non lo fa? Così, giusto per chiedere. Senza sanzione un obbligo non è un obbligo, no? Quindi se il comune se la prende comoda (come fa adesso) nulla cambia e la norma è vuota laddove ci sia un "contrasto con lo strumento urbanistico".
Ecco, siamo stati costruttivi: se Bersani farà propri questi consigli ne verranno fuori proposte più utili.
Non c'è che dire, si tratta di osservazioni condivisibili a delle proposte che, seppure largamente insufficienti e timide, appaiono oro nelle miniere di piombo alla tremonti