Non vi è dubbio che le agenzie di rating abbiano clamorosamente sbagliato la valutazione delle obbligazioni strutturate emesse da alcune banche di affari americane – p.es. i titoli della Lehman Brothers avevano la tripla A fino a pochi giorni prima del crollo. L’errore ha avuto gravi conseguenze dirette – molti risparmiatori hanno perso somme ingenti- ma forse anche indirette. Si sostiene che la figuraccia stia inducendo ora le agenzie ad essere troppo caute nella valutazione dei titoli di stato europei, aggravando la crisi debitoria dell’eurozona. E’ possibile interpretare gli errori delle agenzie come frutto della fallibilità umana, ma è possibile anche che rifletta un conflitto di interessi. Le agenzie sono infatti pagate dalle società e dagli stati che emettono i titoli e quindi potrebbero sopravvalutare la qualità dei titoli stessi per ingraziarsi i clienti. Questa ipotesi è plausibile, ma non può essere verificata, a meno che una indagine giudiziaria faccia scoprire E-mails o intercetti conversazioni compromettenti.
L’analisi storica può fornire elementi di giudizio indiretti. Le agenzie di rating erano nate per valutare le azioni delle società ferroviarie negli anni Cinquanta dell’Ottocento e poi avevano progressivamente esteso le loro valutazioni a tutte le classi di titoli. Dal 1909 Moody’s iniziò a riassumere la proprie valutazioni con una sigla (il rating). Fu seguita da Poor’s nel 1916 e da Fitch e Standard nel 1922 (l’attuale Standard and Poor è il risultato di fusione negli anni Trenta). Il rating non aveva alcun ruolo ufficiale nelle decisioni di investimento degli enti pubblici americani e le agenzie si mantenevano vendendo manuali e bollettini di informazione settimanali agli investitori. Quindi le agenzie non avevano vantaggi istituzionali rispetto a potenziali nuovi concorrenti, i conflitti di interesse non esistevano, almeno in apparenza, e accuratezza e tempestività delle valutazioni erano essenziali per la competizione sul mercato. In breve, nel 1929 l’attività di valutazione seguiva il modello di mercato puro che molti economisti giudicano ideale. E’ quindi interessante domandarsi se funzionasse. Quanto accurati erano i ratings? In quale misura le agenzie sono riuscite ad individuare in anticipo (con un rating basso) i titoli di emittenti poi fallite? Un recente articolo di Marc Flandreau, Robert Gaillard e Frank Packer ( "To err is human: US rating agencies and the interwar foreign government debt crisis" European Review of Economic History, 15 (2011) pp.495-538) risponde a queste domande. Considera i titoli di stato ed assimilati durante la Grande Depressione. I risultati possono essere riassunti in cinque punti
i) il modello di assegnazione del rating era abbastanza simile a quello odierno, pur con una quantità di dati minore. Gli analisti consideravano più o meno le stesse variabili (ricchezza, livello di sviluppo, tasso di inflazione, indebitamento etc.).
ii) Le agenzie hanno correttamente individuato il deterioramento progressivo dell’affidabilità dei titoli anche prima del 1929, oltre che dopo il 1929 (ma non ci voleva molto).
iii) Esistevano notevoli differenze fra agenzie nei rating dei singoli titoli e nella capacità di prevedere il fallimento, assegnando il rating minimo con un sufficiente anticipo.
iv) Nel complesso, la performance predittiva delle agenzie non è stata particolarmente buona. Per esempio Moody’s assegnava un rating abbastanza elevato (l’equivalente dell’attuale investment grade) a due terzi dei titoli degli stati che sarebbero falliti entro un anno.
v) I ratings avevano un potere predittivo analogo se non inferiore ai prezzi di mercato, che gli autori trasformano nell’equivalente di ratings. Le agenzie predicevano peggio del mercato i fallimenti l’anno successivo ed a tre anni di distanza, meglio con cinque anni di anticipo.
In breve le agenzie indipendenti e senza ruolo istituzionale degli anni Trenta non sono riuscite a prevedere correttamente i defaults dei debiti sovrani, così come le agenzie attuali non hanno avvertito gli scricchiolii nel 2007-2008. Certo, il compito delle prime era era più difficile, data la gravità molto maggiore della crisi, e la minore quantità di dati e le conoscenze tecniche. Però l’esperienza storica suggerisce una certa cautela prima di attribuire gli errori delle agenzie alla nequizia umana e quindi ad attribuire poteri miracolistici ad una (eventuale) eliminazione dei conflitti di interesse. Prevedere il futuro sui mercati finanziari è un lavoro difficile (ma qualcuno deve farlo).
Grazie per l'articolo,
Avevo seguito i primi minuti di una recente puntata di Report (mi pare quella dello scorso weekend) che parlando di agenzie di rating mi aveva generato non poca confusione...