Mi scuso in anticipo. Le considerazioni seguenti non mordono empiricamente. Un nostro collaboratore e fondatore mi ha giustamente fatto notare che le teorie "devoid of empirical bite" hanno scarso valore. Per cui chi cerchi risultati empirici, maniere di chiedere borse di studio e finanziamenti alle celebri "ulteriori ricerche che verranno svolte" etc., smetta subito di leggere.
Si è osservato, non solo su nFA, che il pre-giudizio a favore dell'eguaglianza, tendenziale che essa pur sia se posta in essere da norme, leggi, e politiche, è basato solo sull'invidia e ha nessuna rilevanza, politica o morale. Si ha in mente, quando si afferma ciò, la diseguaglianza economica, il differenziale nei livelli di reddito - che è una componente del benessere, anche se non la sola: è probabile che B(uddha) stesse molto meglio di B(erlusconi), anche se il suo reddito era assai più basso.
Ora, due considerazioni vi propongo.
1. L'invidia come tale ha aspetti assai positivi: è uno degli stati mentali che produce incentivi, e indirettamente spinge a migliorare alcune delle proprie posizioni. È perché io nuoto (ahimè) molto più lentamente di Spitz che continuo ad andare in piscina (lotta disperata data l'età avanzata del sottoscritto, tuttavia migliora marginalmente il mio sistema cardiovascolare ed è manovra spinta molto dal fatto che Spitz era, ed è infinitamente più veloce di me.)
2. Normativamente la questione è complicata. Se fosse vero che la diseguaglianza in termini assoluti è motore di infiniti e dolorosi conflitti (le famose lotte di classe) si sarebbero dovute vedere più lotte nell'Egitto classico, nelle dinastie Manchou, o in Brasile adesso. Sembra che si scioperi e si lotti di più a Paris che a Ipanema (i dati, credo si possano anche tirar fuori e mi sottometto all'autorità degli econometrici e statistici.)
E allora? Propongo un'ipotesi, apertamente speculativa.
NON LE DISEGUAGLIANZE IN GENERALE GENERANO CONFLITTO, PIÙ O MENO DERIVATO DA INSOPPRIMIBILE INVIDIA. CIÒ CHE INDUCE A CONFLITTI SONO LE DISEGUAGLIANZE PERCEPITE COME NON NATURALI.
Mi spiego. Una delle più odiose diseguaglianze è data dall'estetica. Adriano (lo scrivente) è infinitamente più brutto di Paul Newman, di Antonio Banderas, senza scomodare Monica Bellucci e Naomi Campbell. Eppure nessuno lotta contro la differenza in "reddito estetico". Au contraire, molti si sforzano di assomigliare ai belli e alle belle, generando un indotto di creme di bellezze, chirurgia estetica, palestre, ed elisir d'amore.
Ancora più odiosa è la diseguaglianza cognitiva. Adriano (lo scrivente) è infinitamente più cretino di Newton (e di tutti i lettori e scrittori di nFA, en passant.) Ma non vi è nessuna lotta delle intelligenze in cui qualcuno cerca di equalizzare le capacità cognitive di Maxwell e Mastella, di Ettore Majorana e Leopoldo Mastelloni.
Sembra invece che il fatto stesso che Murdoch, o Berlusconi, siano molto (più) ricchi generi infinito conflitto e proposte non stop per ri-egualizzare la differenza. Il punto di Rawls (e di molti altri) è che reddito è un indicatore di accesso quasi certo alla possibilità di usufruire delle opportunità della vita (è difficilissimo avere accesso a Dartmouth da Darfur, come forse avrete notato, ed è fatto indipendente dalle capacità cognitive dei bambini sudanesi.) Ed è quindi bene (moralmente) che le misure che si prendono siano misure egualitarie. Rawls, essendo intelligente, vide bene che deve esserci un limite all'argomento: l'equalizzazione vera genera un mondo a zero incentivi ed ha effetti negativi, per i ricchi e per i poveri. Tuttavia continuò a sostenere che una misura è giusta (giustificabile) se modifica e migliora le condizioni di chi, nelle diseguglianze, si prende la parte più bassa in reddito, opportunità, e così via.
Si può benissimo esser in disaccordo: Bob Nozick massacrò le argomentazioni appena vennero rese note, ed ebbe zero effetto sulle discussioni seguenti, tranne che in gruppi sparuti di seguaci di Ayn Rand - i quali non vanno irrisi troppo, se il cosidetto migliore governatore della riserva federale degli Stati Uniti, era ed è randiano.
Quel che mi interessa qui è perché, persino per chi non è d'accordo con Jack Rawls, vi sia una immediate forza intuitiva nell'idea che differenze di reddito meritino di essere "revisionate" costantemente, ad esempio da procedure redistributive messe in essere dall'imposizione fiscale. Nessuno pensa a redistribuire la bellezza, il quoziente di intelligenza, o appunto la competitività sportiva.
L'ipotesi che vi propongo è che la differenza nel reddito è percepita come ingiusta perché è contro natura, mentre è secondo natura che Naomi Campbell sia nata più bella di me.
Per evitare la circolarità, e perché molti del lettori son provetti economisti, una precauzione. L'ipotesi non dice semplicemente che vi sono immense variazioni culturali nell'accettazione della diseguaglianza economica e che essa dipende anche da chi è o non è ricco, come a qualcuno potrà sembrare visto che, dal punto di vista del descamisado, è bene che Evita abbia 69 zibellini al collo mentre a molti appare uno scandalo che Craxi mantenga l'amante a Roma comprandole una televisione. Vero ma minore.
L'ipotesi dice che il mercatismo di B&B (Bisin & Boldrin) non ha pagato il suo debito iniziale: mostrare che gli effetti del mercato, che fanno crescere diseguaglianze a non finire, siano effetti naturali e non indotti dalla volontà di sopraffare i deboli, i poveri, i citrulli che fanno molti mutui, e così via. Si noti che non sto parlando della truffa, pura e semplice. Sto parlando del meccanismo puro e semplice. Il meccanismo è percepito come contro-natura (da cui le sciocchezze dei religiosi sul denaro "sterco dei demonii" etc.) Il classico disciplinare (Adam Smith "La ricchezza delle nazioni") è un tentativo brillantissimo di mostrare come il meccanismo *sia* naturale ed i suoi effetti siano moralmente accettabili. I due corni dell'alternativa sono egualmente importanti (i tumori sono perfettamente naturali e piacciono a quasi nessuno). La sfida è mostrare che le differenze indotte dai meccanismi economici sono assolutamente identiche alle differenze indotte da, per mancanza di una terminologia migliore, dalle lotterie genetiche che si verificano ogni volta che qualcuno va a letto con qualcun altro/a: nasce un bambino/una bambina bella brutta, scema o genial e così via. La sfida non è di poco conto e piuttosto che accapigliarsi sul tema, mi appare più produttiva una via di ricerca che trovi meccanismi di mercato in fenomeni non umani (la ricerca del fieno da parte delle vacche, il modo in cui le api cambiano di località quando migrano.)
Mi appello alla buona compassione dei lettori e alla loro furente critica se non si capisce quel che dico, e attendo le virulente critiche di tutti.
In somma: NON è invidia che muove conflitti intorno alla nozione di eguaglianza, pari passu dovremmo vedere conflitti estetici. È la patologia indotta dai mercati che genera percezione di ingiustizia. Per chi ritiene il conflitto di "classe" una follia, il compito è mostrare come e perché il mercato sia un fenomeno naturale e non un prodotto della perversa immaginazione delle "classi" dominanti (guarda caso, proprio i ricchi.)
"Comprandole una televisione" può essere misleading. In questo caso non si intende un televisore, ma una rete televisiva, seppur locale.
forse il sarcasmo sfugge ai lettori.......
ma ammetto, il testo puo' fuorviare.