Ieri sera sono andato con degli amici in una cava dell'East Village a sentire del jazz. L'East Village, per quanto ormai abbastanza turistico, è per tradizione una delle zone un po' alternative della città: ristoranti relativamente a buon mercato, una parte di appartamenti ancora a equo canone occupati da sballati di altre generazioni, notevole consumo di droga, locali aperti fino a notte tarda.
Nella cava suona un gruppo interessante il cui cantante è un ragazzo italiano, di Bologna. Sembra Tom Waits, ha la voce roca, un bel cappello e un paio di pantaloni tenuti su con le bretelle. Vive a Brooklyn, suona per vivere, ogni tanto cura la musica di film e documentari di amici. Insomma, non proprio un banchiere di Wall Street che si rilassa suonando nei locali della notte (ci sono anche quelli, ne conosco un paio).
Chiaccheriamo a un intervallo dello spettacolo. Mi dice che va spesso in Italia, ma che non si sogna di tornare, che il lavoro a New York è una meraviglia, che suona nel locale ma che lo lasciano libero di prendersi tempo per ogni progetto, anche per periodi lunghi, e questo per lui è importante. Alla faccia dell'ossessione contro il precariato che distrugge l'Italia (di questo ho già parlato agli albori di nFA). Il discorso cade su Roma perché alcuni amici sono romani. Dice che non vede come Rutelli possa correre a sindaco, che l'ha già fatto, che à stato vice-primo-ministro, che nei paesi seri in politica si va avanti, non indietro, che Alemanno sarà anche fascista, ma almeno non fa parte di quel gruppetto di pseudo-intellettuali che hanno da tempo il controllo sulla città...
Sono uscito molto colpito dalla serata. Buona la cena, la musica, la compagnia, e il vino. Ma soprattutto scioccante e rinfrescante il discorso dell'amico musicista.
Se la sinistra non perde solo l'appoggio degli operai in catena di montaggio, ma anche dei musicisti jazz italiani dell'East Village che sembrano Tom Waits, sarà il caso di fermarsi a riflettere duramente. Ed invece già li sento, "è che la gente ha irrazionale paura dei rumeni..."
Nessun rumeno nell'East Village, vi assicuro.
Alberto, per cortesia dimmi se la testimonianza del tuo interlocutore si puo' riassumere dicendo che
Rutelli avrebbe perso anche contro un morto.
Dopotutto, Alemanno, con il suo passato da squadrista e le quattro legislature sul groppone, non mi sembra proprio che possa simbolizzare il rinnovamento. Sbaglio?
Si. Non che io adesso voglia far passare il musicista dell'East Village come termometro delle preferenze politiche, ma il suo punto non era il rinnovamento in senso assoluto, quanto il fatto che Rutelli avesse gia' fatto il sindaco di Roma e avesse avuto anche cariche "superiori", cioe' importanti cariche di governo. Anche Alemanno e' stato al governo, credo, ma forse in posizione meno prominente.
Insomma, il punto e' anche che Rutelli e Veltroni considerano Roma un feudo, e si vede.