Come ricordato varie volte in questo sito, ed ancora pochi giorni orsono da Carlo Scarpa sulle pagine del sito "La Voce", Alitalia è in una crisi di gravissimo dissesto finanziario.Concettualmente, tali crisi possono essere risolte in due modi: 1) Mantenere in vita la compagnia vendendola al migliore offerente (tramite “asta”, o “vendita a seguito di trattativa privata”), o 2) Liquidare la compagnia, spezzettando le sue varie attività (le rotte, gli hangar, gli aerei) e vendendole separatamente a diversi potenziali compratori. La prima procedura è ottimale se la società crea valore, cioè se il “tutto” vale più della “somma delle parti” – viceversa per la seconda procedura.Il Tesoro ha deciso di seguire la prima procedura, senza neppure considerare la seconda. Anche i commentatori, che dibattono sulle migliori condizioni per vendere la compagnia sul mercato, considerano la liquidazione di Alitalia una catastrofe da scongiurare.È questo necessariamente vero? Gianluca Clementi, quasi un anno fa, aveva suggerito che liquidare Alitalia era la soluzione giusta, ma trattavasi di voce solitaria.
La giustificazione teorica, adottata dal governo e dalla quasi totalità dei commentatori, per mantenere in vita Alitalia è la salvaguardia dei suoi asset più pregiati, che perderebbero valore se la compagnia fosse liquidata.Ad esempio, la gestione operativa potrebbe essere sana e le perdite dovute soltanto agli elevati interessi passivi.Alternativamente, si potrebbe sostenere che il “capitale umano” di Alitalia, pur di elevato valore, non è riconosciuto nei bilanci.Nessuno di questi argomenti regge.In primo luogo, Alitalia subisce da anni enormi perdite operative, sintomo di una gestione industriale (non solo finanziaria) totalmente fallimentare. In secondo luogo, l’elevata conflittualità delle relazioni interne suggerisce che, anche se teoricamente disponibile, il “capitale umano” della compagnia non è facilmente utilizzabile. Queste osservazioni indicano che Alitalia distrugge valore: il tutto vale meno della somma delle parti.
I vantaggi della liquidazione
Una rapida procedura di liquidazione avrebbe invece l’immediato vantaggio di evitare nuovi aiuti di Stato e quindi salassi ai danni dei contribuenti. Eliminare tali aiuti avrebbe anche il vantaggio di aumentare la possibilità per un'effettiva concorrenza sulle rotte italiane, con grandi benefici per i viaggiatori. Gli aiuti di Stato ad Alitalia sono stati infatti considerevoli e ripetuti. Ad esempio, nel 2002 Alitalia ha ottenuto 1,43 miliardi di euro, nel 2004 altri 400 milioni, e all’inizio del 2006 altri 500 milioni sotto forma di prestito azionario. Durante tutto il periodo, nonostante i ripetuti interventi, le inefficienze gestionali di Alitalia sono aumentate, come sottolineato dalle ripetute e crescenti perdite operative.Appare ovvio che gli aiuti di Stato non sono serviti allo scopo di aiutare Alitalia a superare una crisi che evidentemente non è solo finanziaria.Questo anzi suggerisce che l'unico asset che separa Alitalia dal fallimento non è nient'altro che la suacapacità di ottenere aiuti di Stato.Una conferma indiretta di questo è il fatto che i pochi potenziali compratori stranieri (Aeroflot, e la cordata con Tpg e Matlin Patterson) si siano velocemente dileguati: verosimilmente Aeroflot e gli altri non hanno accesso agli stessi contatti politici che può avere il loro concorrente italiano AirOne.Lo stesso recente ritiro di AirOne sembra una manovra dilatoria per ottenere ulteriori concessioni dal Tesoro, riconoscendo implicitamente che il valore di Alitalia è politico, non industriale.
Vale dunque la pena aspettare ancora? I vantaggi di avere una compagnia aerea che operi da aeroporti italiani ed utilizzi i principali come hubs, garantendo collegamenti diretti con le principali città internazionali, sono indubbi sia per il turismo che per i collegamenti d'affari e per i consumatori più in generale. È molto dubbio però che sia Alitalia la compagnia in grado di raggiungere tale scopo.Quando la matassa si ingarbuglia, molto spesso è bene ripartire da capo. Forse occorrerebbe considerare più seriamente la possibilità di condurre Alitalia attraverso una rapida procedura di liquidazione, magari seguendo le esperienze di Swissair e Sabena.Gli unici che avrebbero da ridire sarebbero i dipendenti di Alitalia, la cui opposizione avrebbe ricadute politiche nell’immediato. Ma non è chiaro perché il governo non dovrebbe accettare il costo politico di qualche giorno di sciopero in più, visto che se ne sono già contati a centinaia. Per una compagnia che sperpera due milioni di euro al giorno, la maggiore catastrofe potrebbe essere aspettare ancora.
Dissento completamente su questo: sia i consumatori che i settori economici che dipendono dai viaggi aerei (turismo in primo luogo) necessitano di buon servizio e basse tariffe, ed entrambe sono solo assicurate dalla competizione: che e' meglio fornita dall'assenza di una compagnia di bandiera e da una politica (unilaterale, se necessario) di open skies. Gli unici che da questo arrangiamento ci andrebbero a rimettere sarebbero i politici che perdono la possibilita' di vendere patronage, e gli arroganti fannulloni dei cui interessi i sindacati unicamente si curano (e che al momento sono assai ben rappresentati nella compagnia di bandera italiana).
Per il bene del Paese, Alitalia va liquidata al piu' presto, e sulle sue rovine va sparso il sale.
Non mi pare che si parli di compagnia di bandiera, e "una compagnia" va interpretato come "almeno una compagnia"