“In relazione ai comportamenti, atti e provvedimenti che siano stati posti in essere dal 18 luglio 2007 fino alla data di entrata in vigore del presente decreto al fine di garantire la continuità aziendale di Alitalia-Linee aeree italiane S.p.A., nonché di Alitalia Servizi S.p.A. e delle società da queste controllate, in considerazione del preminente interesse pubblico alla necessità di assicurare il servizio pubblico di trasporto aereo passeggeri e merci in Italia, in particolare nei collegamenti con le aree periferiche, la responsabilità per i relativi fatti commessi dagli amministratori, dai componenti del collegio sindacale, dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, è posta a carico esclusivamente delle predette società. Negli stessi limiti è esclusa la responsabilità amministrativa-contabile dei citati soggetti, dei pubblici dipendenti e dei soggetti comunque titolari di incarichi pubblici. Lo svolgimento di funzioni di amministrazione, direzione e controllo, nonché di sindaco o di dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari nelle società indicate nel primo periodo non può costituire motivo per ritenere insussistente, in capo ai soggetti interessati, il possesso dei requisiti di professionalità richiesti per lo svolgimento delle predette funzioni in altre società.”
Questo non è uno scherzo, né il “caso” sottoposto da un collega fantasioso all’esercitazione degli studenti: è il testo dell’art. 3, comma 1, del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, “Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi”. Il mio non vuole essere un commento, ma piuttosto una richiesta di aiuto: vorrei tanto che qualcuno mi spiegasse che cosa significa questa disposizione.
Che l’Alitalia sia in condizioni gravissime lo sanno tutti; che il Governo se ne preoccupi è – finalmente – una buona notizia. Ma il salvataggio dell’Alitalia – o meglio della parte “sana” di essa: dove andranno le sue amputazioni ormai necrotiche è un altro problema – può giustificare un provvedimento di “sanatoria” che mandi esenti da responsabilità amministratori, controllori, dirigenti, nonché “pubblici dipendenti”o “soggetti comunque titolari di incarichi pubblici” da “fatti commessi” e, in particolare, da irregolarità nella “redazione dei documenti contabili”?
A prima vista, per quanto riguarda i funzionari pubblici questa norma sembra cozzare con gli art. 28 e 103 Cost., che fissano il principio della responsabilità personale del pubblico funzionario: ma per la responsabilità degli amministratori di una società per azioni non c’è proprio alcuna “copertura” costituzionale? Che cosa vuol dire che la “responsabilità per i fatti commessi” è “posta a carico esclusivamente” della società? Di quale responsabilità si sta parlando? Fosse anche solo quella civile, l’azionista o il creditore perdono l’azione contro gli amministratori e possono agire solo contro la società, magari inciampando nel suo fallimento? È più che evidente che il decreto-legge incide nei rapporti tra privati, con effetti retroattivi, modificando i termini in cui si esercita il diritto di difesa e – c’è da supporre, perché non conosco la realtà processuale – interferendo nella funzione giurisdizionale, con buona pace di una bella serie di principi costituzionali, a partire da quello di eguaglianza per atterrare su quello di separazione dei poteri.
Insomma, il tenore di questa norma mi sembra incompatibile con i fondamenti primi dello Stato di diritto: qui si fa della ragion di stato (identificata nell’aver operato per la “continuità aziendale”) l’unica giustificazione di un provvedimento del tutto abnorme. Si pensi infattiche, non solo coloro che hanno commesso dei “fatti” tutt’altro che commendevoli (dal punto di vista del rispetto delle regole vigenti, s’intende) sono mandati esenti da responsabilità personale, ma addirittura si vieta di considerarli per quello che sono: il fatto che abbiano falsificato i bilanci o commesso altri illeciti (a proposito, siamo forse di fronte al primo caso dinotitia criminiscon forza di legge?) “nonpuò costituire motivo per ritenere insussistente, in capo ai soggetti interessati, il possesso dei requisiti di professionalità richiesti per lo svolgimento delle predette funzioni in altre società”. Fantastico! Si profila l’illegittimità delle delibere amministrative che motivassero la scelta comparativa di un dirigente sulla base dei trascorsi amministrativi in Alitalia dell’altro candidato? Oppure la denuncia per diffamazione del consigliere di amministrazione di una società privata che fa mettere a verbale il suo dissensomotivato(questo è il punto) rispetto alla nomina di uno dei nostriAlitalia boys? Qualcuno mi aiuta, per favore?
Si, capisco, sono ipotesi paradossali, quasi fantascientifiche. Ma questa disposizione non lo è forse? Le leggiad personamnon sono una rarità nel nostro Paese, e non mi riferisco certo alla mitica “legge Bacchelli”. Ma ormai, come si vede, sta diventando un genere di massa. Poi andremo a spiegare agli immigrati clandestini il valore della legalità: non hanno mica da salvare la Compagnia di Bandiera, loro; egoisticamente pensano a salvare solo se stessi.
Purtroppo era quello che avevo temuto qualche mese fa, quando avevano annunciato gli Incoscienti e gli Incapaci che siedono in Parlamento che avrebbero preparato uno "scudo" per amministratori e consiglieri dell'Alitalia. Piuttosto Vi rivolgo una mia curiosità: ma per caso è stato pubblicato da qualche parte il compenso per le "immani fatiche" che dovrà sostenere il Commissario Fantozzi per accompagnare per mano nel baratro quel che resta dell'Alitalia? Forse mi è sfuggito, anche se avevo letto da qualche parte nei giorni scorsi, che l'incarico era conferito direttamente dall'Innominato BS e che il compenso sarebbe stato calcolato esclusivamente da Lui (cioè l'Innominato BS).Se è così evviva la trasparenza!!