In questi giorni in Italia molti lo additano come causa del precipitare della situazione. Su questo blog sono state illustrate più volte le ragioni per cui la figura dello speculatore cattivo, come quella dell'untore, è spesso una figura mitica (leggere e rileggere i commenti di Michele Boldrin in margine a questo post). Certamente lo è in questo caso. Additarlo a causa è quindi cialtroneria. Alberto Bisin e Sandro Brusco ne hanno già parlato nei loro post [1] [2] questa settimana e non ci sarebbe molto da aggiungere, se non che i giornali italiani fanno da potente cassa di risonanza a questa cialtroneria. Una parola in più, per cui, non guasta.
Si tratta di un post senza link a gran parte delle fonti e me ne scuso. In questi giorni sono in vacanza con mezzi tecnici di fortuna per cui navigo poco e leggo parecchio (più del solito, almeno) la carta stampata. Mi baso quindi su ritagli di giornale, letteralmente. Come una volta.
La prova che di cialtroneria si tratta è il comunicato della Consob di lunedì 11 luglio. Dopo la valanga di vendite di titoli delle banche e delle obbligazioni pubbliche italiane tra giovedì 7 e venerdì 8 luglio (quelli che hanno generato i titoloni del tipo "l'Italia sotto l'attacco degli speculatori", "La speculazione internazionale contro l'Italia" e simili) la Consob ha indagato per capire chi stava vendendo e con quali contratti.
Ebbene, comunicava lunedì 11 luglio la Consob:
Sembra che le vendite allo scoperto abbiano avuto un ruolo marginale nella seduta. Dai riscontri che la Consob ha avuto, l'impressione è che non si tratti di vendite allo scoperto ma di vendite effettive.
Che differenza c'è tra vendite allo scoperto e vendite effettive? E perché le prime sarebbero speculative mentre le seconde no? Facciamo un esempio. Il governo ha emesso un titolo che promette il rimborso di 100 a scadenza. Tizio lo compra a 98 e ottiene quindi, a scadenza, un interesse di 2, cioè del 2/98 = 2,04%. Una vendita effettiva funziona così: dopo un po' di tempo Tizio, osservando ad esempio che mentre il debito pubblico dilaga il governo rimanda il pareggio di bilancio mentre il primo ministro se la prende col ministro dell'economia e il braccio destro di quest'ultimo viene indagato per corruzione, comincia a temere che il governo potrebbe non rimborsare a scadenza e quindi vuole vendere il titolo. Per farlo abbassa il prezzo fino a 97. A quel prezzo Caio è disposto a comprare e otterrà a scadenza, se il governo rimborsa, un interesse pari al 3/97 = 3,09%: il titolo è percepito come più rischioso e quindi rende di più. Tizio non si fida e vuole vendere, per questo il prezzo cala e il rendimento per chi è disposto a comprare aumenta. Niente di speculativo, quindi. Una vendita allo scoperto, invece, funziona così: Sempronio è un avvoltoio, uno speculatore professionista. Annusa che Tizio non si fida più del governo e inferisce che sarà disposto a realizzare una perdita pur di sbarazzarsi del titolo. Quindi lo anticipa, lui che è un veloce professionista, e vende lui (Sempronio) oggi il titolo a Caio anche se ancora non lo possiede (da cui vendita "allo scoperto"), con un contratto che dice che glielo consegnerà dopodomani. Glielo vende al prezzo che Caio è disposto a pagare, cioè 97. Poiché Caio ha già comprato, Tizio oggi non trova da vendere e domani, innervosito come Sempronio si aspettava, sarà disposto a vendere a Sempronio al prezzo di 96. A questo punto Sempronio ha il titolo che ha promesso a Caio e fa soldi: Sempronio ha comprato a 96 e venduto a 97, realizzando un profitto di 1. La vendita è stata speculativa, basandosi sull'aspettativa (corretta ex-post, ma notate che Sempronio dovendo comprare per comprare per onorare il contratto si sta assumendo ex-ante il rischio di non vedere realizzata l'aspettativa di ribasso del prezzo) di poter comprare a poco e vendere a molto. Poiché il prezzo di mercato del titolo è sceso -- a causa dell'attività di Sempronio -- a 96, la speculazione ha accelerato la caduta del prezzo (rispetto al caso di vendita effettiva) e l'aumento del tasso di interesse sul titolo, che è adesso pari al 4/96 = 4,17%.
Ebbene, la Consob ci informa che la settimana scorsa le vendite che hanno fatto crollare i prezzi dei titoli italiani non sono state speculative ma effettive. Per esempio fondi pensione che hanno titoli del debito pubblico italiano e preferiscono venderli (tanto per loro il rendimento a scadenza sarebbe quello del giorno in cui li hanno comprati, quando lo spread era assai sottile) e comprare quelli francesi e tedeschi che sono più sicuri dopo le indecenze che Alberto e Sandro hanno esaustivamente commentato. Oppure investitori che preferiscono disinvestire nel settore bancario italiano perché il crollo dei prezzi degli stessi titoli del debito pubblico italiano potrebbe mettere in difficoltà le banche italiche, che da sole hanno in pancia (tra gli assets che danno a garanzia quando si rifinanziano, cioé) circa il 15% di questo debito (stima Bnp Paribas). Tra l'altro le banche italiane sono state tassate nella "manovra", cosa che ne riduce ulteriormente la redditività e quindi il valore per gli azionisti. Eccetera. Questi sono esempi di cosa siano le vendite effettive e di cosa le motivi. La speculazione, dice la Consob, ha avuto un ruolo marginale. Leggasi pure "pressoché nullo". Non dovrebbe sorprendere chi sta seguendo nel dettaglio gli eventi delle ultime settimane senza le fette di lardo di Colonnata sugli occhi, ma ricordarlo non dovrebbe far male. Al peggio dovrebbe contribuire a sciogliere il lardo residuo, se ce ne fosse.
Eppure lo stesso giorno (martedì 12 luglio) in cui riportava la dichiarazione della Consob che ho in parte trascritto sopra (a pagina 2) il Sole 24 Ore titolava (alla pagina precedente):
Italia bersaglio degli speculatori. Nuovo attacco a banche e titoli di Stato.
Caro direttore Napoletano, si decida: che notizia vuole dare? Personalmente mi fido più dei dati della Consob che della fantasia Sua e di troppi altri che stanno dando all'untore. Comunque faccia lei, purché ci sia un po' di coerenza almeno sul principale giornale quotidiano economico che si stampa in Italia.
Che all'untore diano Tremonti&Co. non sorprende. Per questa banda adesso al governo è l'unica speranza di allontanare da sé l'ira del popolo che vedendo il baratro comincia (e dopo quindici anni sarà sempre troppo tardi) a rendersi conto di quanto sia stato ripetutamente fottuto dall'intera classe dirigente della "seconda repubblica" e in particolare da Berlusconi. Additare lo speculatore internazionale equivale a dire "noi non c'entriamo", un goffo tentantivo di fare dell'Italia la vittima della cattiveria altrui piuttosto che del proprio malgoverno, liberamente scelto. Alessandro Plateroti, sul Sole 24 Ore del 7 luglio gli dava man forte: un articolo in prima pagina si intitolava:
Finanza e speculazione. All'estero c'è chi ci vuole male.
L'inizio dell'articolo (qui si, ho un link) metteva i brividi:
I banchieri tremano, ma gli speculatori possono dormire sonni tranquilli: le vendite allo scoperto non hanno più limiti e prima di capire chi, perché e con quali tecniche sono stati affossati i titoli bancari e finanziari italiani ci vorranno infatti almeno tre giorni lavorativi, cioè il tempo che è concesso al mercato per comunicare alle autorità di vigilanza sulla Borsa tutti i dati sulle negoziazioni effettuate. Poiché oggi è giovedì, gli operatori avranno tempo fino a lunedì per dichiarare alla Consob come hanno scatenato la pioggia di vendite sui big del credito come Intesa, UniCredit, Mps o Ubi. Poi serviranno alcuni giorni per le analisi dei tabulati, e se tutto va bene per metà della prossima settimana sapremo se per colpire le nostre banche si è fatto ricorso per l'ennesima volta alle cosiddette «vendite allo scoperto», le naked short selling che in poche mosse e con bassi rischi (i titoli vengono presi in prestito da terzi sulla scommessa di un loro ribasso) sono in grado di far guadagnare tanti milioni agli speculatori e di farne perdere altrettanti ai piccoli azionisti, che di «scoperto» rischiano ormai di avere solo il proprio conto.
Ma la Consob dice "sorry, no evidence of naked short selling". Fine dei brividi. Che all'estero, in fondo in fondo, non ci vogliano male? Non ho notato (per il momento) ulteriori commenti di Plateroti.
Tremonti&Co. sono in buona, ottima compagnia, a riprova che l'intera classe dirigente o non capisce o fa finta di non capire. Sabato 8 luglio Pierluigi Bersani e Pierferdinando Casini si sono telefonati per dichiarare congiuntamente, titola il Sole 24 Ore del 10 luglio, che
la speculazione non deve vincere
e per darsi appuntamento a Bologna (dall'articolo non si capisce né come né quando) perché le opposizioni facciano la propria parte. Potevano fare a meno di telefonarsi. Da analisi sbagliate nascono tipicamente soluzioni sbagliate. Non sono quindi ansioso di conoscere la soluzione che Bersani e Casini hanno in mente.
Poi Romano Prodi che, intervistato sempre dal Sole 24 Ore il 12 luglio, non ha dubbi:
L'Italia è sotto attacco, serve uno sforzo comune contro la speculazione.
Idem come sopra. Inutile procedere, se questa è la premessa lo sforzo comune che ha in mente sarà quasi sicuramente nella direzione sbagliata. La direzione, immagino, è quella indicata da Donato Masciandaro (che è un economista accademico e che quindi avrebbe potuto usare più prudenza in attesa che la Consob analizzasse i dati sulle transazioni) sempre sul Sole 24 Ore, 10 luglio:
Il secondo mercato che deve essere senza indugio regolamentato è quello di tutte le attività finanziarie puramente speculative: a partire dalle vendite allo scoperto e finendo ai derivati con finalità non assicurative [...]. Ci sono due strade: vietare o tassare.
Pare che in Italia non si riescano a concepire altre soluzioni: scrivere nuove leggi e inventare nuove tasse. L'analisi della Consob suggerisce che se fossero state vietate o tassate le vendite allo scoperto in Italia... beh, sarebbe successo comunque ed esattamente quello che è successo! A conferma che analisi sbagliate portano a misure che vanno dall'inefficace al dannoso. E anche se di speculazione si fosse trattato o si trattasse in futuro, ci sono due cose da notare. Primo, come già notato nell'esempio sopra, chi vende allo scoperto si sta assumendo un rischio. Dovendo infatti ricomprare lo speculatore è esposto al rischio che la propria aspettativa si riveli sbagliata. Può perdere la scommessa, insomma, e nessuno sano di mente scommetterà contro governi credibili. Secondo, e di conseguenza, vietare o tassare l'attività speculativa in Italia darebbe una mano a questa classe politica inetta che potrebbe così continuare a fare quello che le pare al riparo sia dalla disciplina elettorale (fino al giorno in cui avremo un meccanismo elettorale decente) sia dalla disciplina dei mercati. E' vero, come ha spiegato Guido Tabellini, che questo meccanismo disciplinante potrebbe avere esternalità indesiderabili all'interno dell'area dell'euro. A me però continua a sembrare un ottimo strumento: qualcuno è disposto a scommettere un solo euro sulla possibilità che la crisi del debito greco "contagi" il mercato dei bund tedeschi?
I ritagli di giornale non sono ancora finiti, sono qui sul tavolo di cucina che svolazzano agli ultimi rimasugli del vento di libeccio. Ma mi fermo, tanto farebbero tutti lo stesso punto e il punto l'avete già capito.
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire e continua a urlare "Dagli all'untore!"
Forse è uno dei motivi per cui invece l'asta dei BOT è andata "bene" è che si vogliono tutti riposizionare sulbreve, che è la posizione più logica per chi pensa che la barca affonderà, ma mentre affonda si possono fare ancora un pò di soldi (pochi maledetti e subito). (l'altra spiegazione è che ci sia stata una "moral suasion" perfar partecipare all'acquisto dei BOT, ne parlava anche Michele Boldrin).
Ma la verità è che la barca affonderà, perchè la correzione di rotta non è credibile.