Ancora su ricariche telefoniche e collusione

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Vedo tanti amici e colleghi che criticano il provvedimento che ha abolito il costo di ricarica per i telefonini. In questo post cerco di spiegare perché trovo le critiche poco convincenti.

Gli antefatti.

La campagna contro il costo di ricarica iniziò, da quel che ho potuto ricostruire, per opera di un singolo cittadino nella primavera del 2006. A un certo punto ne parlò anche il nostro Andrea, quando il sito era agli albori. Ci furono denunce alla Unione Europea, la quale chiese lumi alle autorità italiane. Partì quindi un'inchiesta conoscitiva della nostra autorità antitrust, che produsse nel novembre 2006 un rapporto di 91 pagine che potete trovare sul sito dell'autorità stessa (cliccate su 'pubblicazioni' e poi su '2006').

Il rapporto me lo sono letto (yes, I have troubles sleeping); l'analisi economica non è particolarmente approfondita, ma probabilmente non è questo lo scopo delle indagini conoscitive. C'è però una notevole ricchezza di dati. Si apprendono quindi le cose seguenti. Primo, i soldi che l'industria otteneva dalle ricariche erano parecchi. Nel 2005 sono risultati pari a 1.7 miliardi di euro, pari al 12% dei ricavi. Secondo, l'Italia è l'unico paese in cui tali costi venivano applicati, oltre a essere il paese in cui la modalità del servizio prepagato è più diffusa (in Italia le prepagate sono circa il 90% delle linee mobili, contro una media europea del 58%). Terzo, la stragrande maggioranza delle operazioni di ricarica avvengono per tagli bassi. Nel 2005 il 48.3% dei ricavi sono risultati da ricariche dal valore inferiore a 20 euro, il 45.4 da tagli tra 20 e 50 euro, e solo il 6.3% da ricariche per tagli superiori a 50 euro. Nel 2003 le percentuali erano rispettivamente 33.5%, 54.7% e 11.8%. Quindi il comportamento apparentemente irrazionale dei consumatori, che scelgono importi bassi di ricarica nonostante il costo fisso, è andato fortemente aumentando, probabilmente come conseguenza dell'espansione della telefonia mobile tra le fasce meno abbienti della popolazione. Quarto, l'uniformità di pratica e di prezzo è stata raggiunta solo con il tempo dalle compagnie telefoniche operanti in Italia. L'azienda pioniera che introdusse il costo di ricarica fu l'ex-monopolista Tim (ora Telecom Italia) e Omnitel si adeguò. Wind aveva iniziato offrendo il servizio prepagato senza costo di ricarica, ma si è poi adeguata pure lei. Al novembre 2006, data dell'indagine, Wind non faceva pagare il costo di ricarica per importi superiori a 50 euro, mentre non competeva sui tagli bassi (la parte più importante della torta), mantenendo un costo di ricarica uguale a quello di Telecom Italia. Quinto, i costi non sembrano giustificare la commissione di ricarica. La parte principale dei costi è rappresentata dalle provvigioni pagate a tabaccai, poste e altri esercenti, oltre che in misura assai minore alle banche. In ogni caso, secondo le stime dell'AGCM it totale dei costi delle operazioni di ricarica fu nel 2005 pari a 770 milioni di euro. Dato che i ricavi furono 1700 milioni, è evidente che i costi da soli non giustificano la commissione di ricarica ai livelli che oggi vediamo.

Il rapporto venne criticato quasi subito in un articolo apparso su la voce.info. In verità si trattava di una critica abbastanza leggera, si diceva semplicemente che altre spiegazioni alternative alla collusione sono possibili per la comparsa di strutture di prezzo come quelle praticate dai nostri operatori telefonici, senza chiarire quali fossero tali spiegazioni (o almeno io non l'ho capito). In ogni caso il compito del rapporto conoscitivo era solo quello di elencare fatti, piuttosto che di suggerire spiegazioni (anche se a volte il tono del rapporto lascia trasparire che gli estensori propendono per l'ipotesi collusiva). Il governo non prestò attenzione alle critiche, prese per buona l'ipotesi di collusione, e si mosse decisamente per abolire le ricariche a mezzo decreto. Voci di un intervento legislativo sulle ricariche iniziarono a circolare a metà gennaio e il decreto venne approvato al consiglio dei ministri del 31 gennaio (e poi convertito in legge il 2 aprile). Le ricariche vennero 'volontariamente' eliminate dalle compagnie telefoniche con un piccolo anticipo rispetto a quanto previsto dal decreto.


Le reazioni al decreto.


Vari commentatori (si veda ad esempio qui), anche sul nostro sito, hanno dichiarato il proprio scetticismo riguardo al provvedimento. L'argomento, più o meno, è che un intervento dirigista sulle modalità tariffarie non può che avere il respiro corto e verrà neutralizzato dalle compagnie telefoniche mediante interventi su altre componenti tariffarie. Solo interventi che facilitino l'entrata possono condurre a stabili riduzioni dei prezzi. Michele ha sintetizzato bene l'argomento in una 'avvelenata' di inizio aprile:

 

Da un po' di giorni, vari quotidiani riportano la notizia che Wind prima e poi le altre compagnie telefoniche stanno cercando di alzare le tariffe al minuto per i telefoni cellulari con scheda ricaricabile. Il governo e le varie autorità che controllano le telecomunicazioni cercano di impedire tale mossa a botte di altri interventi tanto intricati quanto insensati perchè fondati sull'errore fatale: che, a colpi di leggi, decreti, e circolari, si possa far fare alle aziende ciò che il politico desidera, fregandosene degli incentivi e dell'organizzazione del mercato sottostante.

 


Sono ovviamente d'accordo sull'opportunità di eliminare le barriere all'entrata in questa e in tante altre industrie, ma ho molti dubbi sulla non-efficacia di provvedimenti che modificano le strutture tariffarie permesse alle imprese, e mi ha un po' sorpreso la sicurezza con cui sono state fatte queste affermazioni. Il resto del post sarà in buona misura dedicato a spiegare le ragioni dei miei dubbi. Per esser brevi il mio argomento è: il modo in cui le imprese possono competere sui prezzi fa in effetti parte della 'organizzazione del mercato sottostante'. L'impatto della misura di divieto dei costi di ricarica può quindi essere strutturale, e condurre a un aumento del benessere dei consumatori. La teoria ci dice ben poco al riguardo, e la poca evidenza disponibile suggerisce che la collusione c'era e l'intervento è stato efficace.

La reazione dei consumatori è stata, credo di poter dire, molto favorevole al provvedimento. Mi baso qui non solo sull'evidenza anedottica di amici e conoscenti italiani ma anche su un sondaggio apparso su Repubblica. I sondaggi di questo tipo van sempre presi con le molle, ma i numeri sono tali (92% favorevoli) da lasciare pochi dubbi. Non mi risulta inoltre ci siano stati sondaggi con risultati opposti.


Le reazioni dei mercati e degli analisti finanziari danno anch'esse scarso credito all'idea che il provvedimento non influisca sui livelli di profitto. Ovviamente non possiamo fare un event study serio, ma possiamo osservare che il titolo di Telecom Italia è rimasto sostanzialmente invariato nel mese a cavallo del decreto, scendendo di qualche punto intorno alla data di presentazione del decreto stesso. Questo è avvenuto durante un periodo rialzista, nello stesso periodo l'indice Mibtel è cresciuto del 2.1%, mentre l'indice Standard & Poor MIB è cresciuto del 1.35%. L'impatto negativo sui profitti attesi pertanto sembra esserci stato.


Ulteriore parziale evidenza è data da una notizia Reuters del 25 gennaio (sorry, no link) dal titolo 'Telecom Italia, Deutsche Bank taglia target price da 2.40 a 2.25'. Nel testo della notizia si legge

 

La banca motiva la revisione del prezzo obiettivo con la decisione dell'Authority di tagliare i costi di ricarica delle carte prepagate, il calo delle tariffe di roaming, la maggior competizione di Wind e Fastweb, l'aumento degli investimenti in Brasile e in Italia.

 

Anche gli analisti di Deutsche Bank sono quindi poco convinti che il costo di ricarica verrà comunque recuperato. Ultimo pezzo di evidenza è la notizia che Wind prevede una diminuzione dei profitti di 300 milioni di euro a seguito del provvedimento. I managers hanno incentivo a lamentarsi ed esagerare, ma dubito che possano mentire così spudoratamente quando forniscono questo tipo di numeri.


Per riassumere, mi pare che la poca evidenza che abbiamo indichi che finora il provvedimento ha avuto gli effetti sperati. La collusione probabilmente c'era, e l'intervento governativo ha ridotto dei profitti di monopolio e favorito i consumatori. Ci sono state voci di tentativi aumento delle tariffe (quelle a cui si riferiva Michele nel pezzo citato prima) ma finora io non ho visto evidenza che le compagnie telefoniche ci siano effettivamente riuscite. La stampa e i poteri pubblici sembrano aver operato bene come cani da guardia.


Roba noiosa per economisti

Il resto del post sarà un po' noioso, leggetelo solo se vi interessa la teoria economica dell'oligopolio e sopportate il gergo degli economisti. Allora, è il mio turno di spiegare perché non mi convince la tesi secondo cui l'intervento sulle ricariche è irrilevante.

In sostanza la domanda è: qual è l'equilibrio in una industria in cui le imprese possono competere usando funzioni di prezzo non-lineari? Cosa succede quando, in tale industria, il regolatore restringe le funzioni di prezzo che le imprese possono utilizzare?

La verità è che la teoria economica dice ben poco al riguardo. Se l'industria è caratterizzata da concorrenza perfetta possiamo accettare l'idea intuitiva che gli extraprofitti delle imprese tendono comunque a zero, come nel caso di concorrenza con prezzo uniforme (con non-linear pricing ci possono problemi di esistenza dell'equilibrio, ma sorvoliamo). In tal caso restringere le strategie di prezzo che le imprese possono utilizzare non ha effetto sui profitti, dato che la concorrenza li spinge comunque al minimo. Vi possono invece essere conseguenze negative sul benessere sociale, se le restrizioni impediscono alle imprese di servire alcune nicchie di mercato. Questo, se ho capito bene, sembra essere il modello che i critici del provvedimento sembrano avere in mente.


L'ovvia obiezione è che l'industria di cui stiamo parlando non è concorrenziale, è un oligopolio. Per l'oligopolio non abbiamo risultati teorici chiari. L'effetto di una restrizione delle strategie di prezzo sul benessere dei consumatori o sui profitti può essere positivo o negativo (si vedano Thisse e Vives, American Ec. Review 1988, e Holmes, American Ec. Review 1989 per modelli che producono predizioni praticamente opposte; se proprio il tema vi interessa date un'occhiata alla survey di Lars Stole). Quello che ritengo sia però chiaro è che restrizioni del tipo 'divieto di costo di ricarica' hanno tipicamente un effetto sull'equilibrio. A meno che gli oligopolisti non riescano a riprodurre esattamente il costo di ricarica con differenti funzioni di prezzo (cosa che mi pare improbabile) non possiamo concludere che nulla cambia.

Un'altra importante considerazione è che il modello più adatto a interpretare questa industria è dinamico. In particolare si tratta di un gioco ripetuto in cui i giocatori sono le imprese e il regolatore (con il twist che le preferenze del regolatore possono cambiare quando cambia il governo). Nei giochi dinamici ovviamente c'è una molteplicità di equilibri. Mi pare però che una interpretazione sensata di quanto è accaduto durante l'ultimo anno sia la seguente. Le imprese provano a colludere, sperando nella inazione del regolatore. Il regolatore dopo un po' se ne accorge e interviene. L'intervento serve non solo a ridurre il livello di collusione rimuovendo uno strumento contrattuale specifico, ma anche a segnalare alle imprese che futuri episodi di collusione verranno sanzionati. Come conseguenza le imprese riducono permanentemente (o almeno fino al prossimo cambio di regolatore) il livello di collusione. Di nuovo, dal punto di vista teorico è perfettamente possibile che l'intervento del regolatore abbia importanti conseguenze reali.


Conclusione


La teoria economica ci dice ben poco sugli effetti di una restrizione delle strategie di prezzo usate dalle imprese in un oligopolio. La questione è quindi empirica, e sulla letteratura empirica non sono esperto. Sarei molto sorpreso però se ci fossero indicazioni chiare. Quindi, purtroppo, le decisioni vanno necessariamente prese un po' a tentoni.

Nel caso specifico a me sembra che le ragioni per l'intervento ci fossero. Le imprese imponevano i costi di ricarica solo in Italia, con prezzi identici e con grossi profitti. Forse tali comportamenti si possono giustificare all'interno di un modello concorrenziale, ma io non ho visto nessuna spiegazione del genere. La spiegazione più probabile è anche la più semplice, ossia le imprese stavano colludendo. La proibizione del costo di ricarica, per quel che sappiamo finora, ha ridotto i costi del servizio per il consumatore. Il rischio che le imprese possano cercare di rifarsi colludendo mediante altri aspetti contrattuali esiste, ma questo significa che l'autorità antitrust deve restare all'erta, continuando a controllare l'evoluzione dei prezzi e delle pratiche contrattuali dell'industria.

 

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Commenti

Ci sono 13 commenti

Non sono d'accordo.

Primo: dal lato delle aziende, cancellare di colpo una cifra consistente del proprio fatturato ne potresti minare la stabilità.

Secondo: in tutti i paesi hai delle authority che hanno la funzione di regolatore. Se il costo di ricarica viene ritenuto iniquo o è evidente la formazione di un cartello oligopolistico, l'authority commina le sanzioni. Avere delle authority che controllano il mercato e avere un governo che si sostituisce per decreto all'authority significa che qualcosa non funziona. Soprattutto che stiamo pagando un ente inutile (l'authority preposta).

Terzo: che il governo si sostituisca o scelga per le persone non ha senso. Come hai ricordato wind non aveva il costo di ricarica e tariffe decisamente più convenienti. Non ricordo migrazioni bibliche al gestore più conveniente. Poi ha introdotto il costo di ricarica per le prepagate per importi inferiori a 50€. Se le persone continuano a pagare per una cosa che ritengono iniqua è necessario l'intervento del governo? La scelta c'era. Altrimenti possiamo tornare direttamente all'imposizione delle tariffe. Lo stato, per decreto decida qual'è la tariffa più idonea e tutti paghiamo quella.

Il problema non è l'abolizione di per sè. Se mi tagli le tasse sono contento, se non pago più luce e gas ancora di più. Ma è la modalità di esecuzione che lascia fortemente perplessi.

 

 

la stragrande maggioranza delle operazioni di ricarica avvengono per

tagli bassi. Nel 2005 il 48.3% dei ricavi sono risultati da ricariche

dal valore inferiore a 20 euro, il 45.4 da tagli tra 20 e 50 euro, e

solo il 6.3% da ricariche per tagli superiori a 50 euro. Nel 2003 le

percentuali erano rispettivamente 33.5%, 54.7% e 11.8%. Quindi il

comportamento apparentemente irrazionale dei consumatori

 

Secondo la mia esperienza personale non c'e' stato comportamento irrazionale, perche' i costi di ricarica erano piu' o meno proporzionali alla ricarica, tipo 1 Euro per 5 Euro di ricarica, 5 Euro per 25 Euro di ricarica. Se c'era un vantaggio, poteva esserci a partire da 50 Euro ma era non ideale fare ricariche di quella entita'.

 

Per riassumere, mi pare che la poca evidenza che abbiamo indichi che

finora il provvedimento ha avuto gli effetti sperati. La collusione

probabilmente c'era, e l'intervento governativo ha ridotto dei profitti

di monopolio e favorito i consumatori. Ci sono state voci di tentativi aumento

delle tariffe (quelle a cui si riferiva Michele nel pezzo citato prima)

ma finora io non ho visto evidenza che le compagnie telefoniche ci

siano effettivamente riuscite. La stampa e i poteri pubblici sembrano

aver operato bene come cani da guardia.

 

Non sono d'accordo. Io uso Wind, e Wind ha recuperato esattamente quel 20% che prendeva con le ricariche cambiando forzosamente i piani tariffari da Wind 10 a Wind 12, e da "Wind senza scatto" (19c/m) a "Wind senza scatto New" (24c/m) Per me personalmente il provvedimento di Bersani e' stato una beffa perche' pagando le ricariche sulla bolletta Wind del telefono fisso non pagavo gia' i costi di ricarica, per cui le mie spese sono solo aumentate del 20%. Riguardo le tariffe degli altri gestori varrebbe la pena di controllare per bene se sono aumentate o no. Io penso che con trucchi vari (tipo il messaggio vocale di Vodafone) e aumenti, magari diluiti nel tempo, e' aumentato o a regime aumentera' tutto del 20%, come e' gia' avvenuto con Wind.

Rendere piu' efficiente mercato e concorrenza richiede molta piu' intelligenza e molto piu' lavoro che non raccogliere proposte demagogiche da un blog e farne la solita grida manzoniana all'italiana. L'operazione, per me inutile e sbagliata nella forma, potrebbe avere un senso solo se funzionale ad ottenere surrettiziamente il supporto delle masse telefonanti per operazioni piu' serie, come una legislazione piu' chiara ed efficiente per evitare che le multe dell'Antitrust vengano regolarmente annullate dal TAR.

 

sandro, anch'io non sono d'accordo con le tue conclusioni. l'analisi e' naturalmente ben fatta ma le conclusioni non seguono completamente, secondo me.

come ben dici, non sappiamo nulla sugli effetti ai consumatori. in buona sostanza: c'e' collusione (granted), il governo entra con una legge populista (ammetterai che e' populista), ha un effetto in equilibrio (ovvio, come ben spieghi), ma non sappiamo quale. a me pare roba da pazzi.

 

 

Seguendo Sandro, assumiamo che effettivamente 1) le imprese colludessero e 2) le ricariche fossero responsabili per una larga fetta dei loro proventi. Perche' le imprese stesse non hanno pensato di replicare esattamente la struttura tariffaria che avevano prima del decreto, aumentando il prezzo per minuto per la taglia piu' piccola e introducendo sconti sul prezzo stesso che aumentano con l'ammotare dei minuti acquistati? E' un esercizio molto semplice, e il prodotto finale non viola la lettera della legge.

 

C'e' un fattore che nessuno comunque ha rilevato: eliminando una possibile componente del prezzo, e' diventato effettivamente piu' difficile colludere (prima le imprese potevano scegliere prezzo al minuto, costo fisso della ricarica, scatto alla risposta, termine di "scadenza" dei minuti della ricarica - quest'ultimo elemento non trascurabile visto che la maggioranza preferisce tagli piccoli).

Non ho una modello ben chiaro in mente ma ora mi pare la "norma" (sollecitata dal provvedimento legislativo) e' che si compete solo su prezzo al minuto e scatto alla risposta, e questo magari crea inefficienze, ma chiaramente semplifica il confronto. Chiaro che si possono introdurre nonlinearita' nei prezzi, ma questo comporta stigma per chi devia dalla norma.

 

Provo un po' a rispondere alle varie obiezioni che sono state sollevate.

Premetto che non sono esperto dei dettagli legali della azione antitrust. Questi dettagli, come ha ricordato giustamente Alberto L., sono in Italia estremamente importanti, al punto che l'efficacia sanzionatoria della autorità antitrust è stata minata dagli interventi dei tribunali amministrativi. Non so esattamente quanto sia facile intervenire su queste questioni, che hanno a cha fare con la struttura generale del sistema legale del paese e con la cultura economica (or lack thereof) dei giudici, ma sospetto che non lo sia affatto.

Questo è importante perché occorre intendere che l'azione dell'antitrust in Italia è ancora su basi legali poco solide, e non deve sorprendere che il governo intervenga con decreto per dare certezza giuridica ai provvedimenti.

Non significa necessariamente che l'authority sia un ente inutile, come suggerisce Ellegi, significa che l'azione antitrust, che nel nostro paese è recentissima, ha bisogno di parecchio tempo per consolidarsi. Ovvio che tutti preferiremmo una autorità antitrust con i denti, piena di persone capaci e competenti, e pienamente autonoma. Questa non è la situazione attuale, ma mi pare comunque che la situazione sia migliore di quella di vent'anni fa, quando di antitrust non si parlava proprio. Ci stiamo muovendo nella direzione giusta? Non lo so, ma smantellare l'antitrust mi sembrerebbe un passo indietro.

Prima di continuare, fatemi fare una premessa. Anch'io penso che il modo migliore per favorire la concorrenza e i consumatori sia quello di operare per eliminare le barriere all'entrata, e questa dovrebbe essere la preoccupazione principale del regolatore. Però nelle industrie caratterizzata da rendimenti crescenti di scala ci sarà giocoforza un numero limitato di imprese che cercheranno di utilizzare il proprio potere di mercato. Cosa si fa in questo casi?

Nel caso di un'industria come quella della telefonia mobile, in cui le caratteristiche dei prodotti cambiano con frequenza e le strutture di prezzo sono alquanto complicate, mi sembra che l'unica alternativa praticabile sia quella del monitoraggio continuo e dell'intervento puntuale quando i fenomeni collusivi si manifestano. È ovvio che come modus operandi è insoddisfacente, ma realisticamente cosa si può fare di meglio? La strada migliore mi sembra quella di stabilire una reputazione da parte dell'autorità antitrust di scarsa tolleranza per la collusione, e l'unico modo per cotruire tale reputazione è di intervenire puntualmente quando la collusione si manifesta, dando il chiaro segnale che l'industria è sotto controllo e che ulteriori fenomeni collusivi verranno sanzionati. Si noti che l'abolizione del costo di ricarica è stato parte di una serie di altri provvedimenti anti-collusivi, come il divieto di scadenza del credito (prima valeva un anno).

Alberto L. ha ragione di lamentarsi degli aumenti di Wind. C'era da aspettarselo ovviamente, e il bello comincia adesso. Per quel che capisco la storia non è finita, gli aumenti verrano sfidati dai consumatori e dall'antitrust. Vediamo come va a finire. Può ovviamente darsi che il governo cali le braghe, lo ha fatto in altre occasioni, ma per il momento la partita mi pare aperta.

Se il modello è quello che ho descritto prima, anche le obiezioni di Gianluca e Alberto B. mi paiono poco convincenti. È vero, Gianluca, che si possono riprodurre schemi di prezzo simili a quelli che ci è cercato di abolire, ma il rispetto della lettera della legge non mi pare il punto discriminante. Non so come reagirebbero i tribunali a tentativi di bypassare lo spirito del provvedimento, ma anche se la cosa funzionasse dal punto di vista strettamente legale mi pare chiaro che se il giverno vuole salvare un minimo di faccia dovrà intervenire ed evitare prese per il culo. E, Alberto, il fatto che non si abbia una buona teoria di imperfect competition with nonlinear prices non significa che fare niente sia la sola opzione, o che intervenire sia, nella tua definizione, 'roba da pazzi'. Primo, perché è da pazzi intervenire e non è da pazzi non intervenire? Non intervenire è comunque una scelta; come ho detto nel mio pezzo visto che sappiamo poco si va a tentoni, ma da questo non discende che non far nulla sia l'idea migliore. Secondo, i problemi dinamici dell'antitrust sono ben noti e analizzati, e in questo caso mi pare più rilevanti. In tal caso l'analisi mi pare suggerisca che monitaraggio continuo e interventi puntuali possono essere parte di una strategia ottima di repressione della collusione.

Infine, certo che l'intervento è populista. E allora? Se un governo taglia le tasse fa un provvedimento populista, ma questo non significa che sia sbagliato. In tutta onestà, anche se fosse vero che l'intervento sulle ricariche non ha alcun impatto di lungo periodo, mi parrebbe del tutto giustificato farlo se serve a far meglio digerire alla popolazione dei provvedimenti di liberalizzazione. Non voglio far l'apologeta di Bersani, so benissimo che la cosiddetta 'lenzuolata' ha un sacco di difetti e ignora strozzature anticompetitive importantissime. Ma che si usi un minimo di astuzia politica nel promuovere l'azione di liberalizzazione non mi pare certo scandaloso. Ripeto, il peggio che tale provvedimento può fare è di essere inefficace.

Infine, sono d'accordo con Andrea che l'effetto di semplificazione può avere la sua importanza. Se qualcuno si prende la briga di leggersi il rapporto antitrust scoprirà che gli estensori non sono stati capaci di calcolare e comparare in modo chiaro i costi della telefonia mobile nei vari paesi europei, nonostante la veste legale che rivestono dia loro accesso a molti dati e informazioni non disponibili ad altri ricercatori. Non c'è quindi da stupirsi troppo se almeno un sottoinsieme dei consumatori si dichiara confuso.

 

 

Per quel che capisco la storia non è finita, gli aumenti verrano

sfidati dai consumatori e dall'antitrust.

 

Non mi sembra che nessuno stia sfidando sfidando gli aumenti del 20% di Wind e nemmeno tutti gli altri accorgimenti degli altri operatori, documentati su Repubblica:

 

Tutte le manovre che Wind, Tim, Tre e Vodafone stanno realizzando

per rifarsi dopo l'addio al caro-ricarica. Rincarati i portali Internet

Cambia la tariffa e l'aumento è servito

Addio vecchie offerte, meno bonus: così i big recuperano i profitti perduti

di ALESSANDRO LONGO

 

Wind ha seguito tutte le grida manzoniane vigenti al momento nello Stato italiano, dando 30 giorni di tempo ai suoi clienti per cambiare operatore senza costi di uscita, e questo e' tutto. Non vedo come ci si possa appellare. Ritengo che chi voglia fare gli interessi dei consumatori dovrebbe fare regole chiare, e farle rispettare, soprattutto in materia di trasparenza e concorrenza. Il provvedimento sui costi di ricarica e' un espediente demagogico che al massimo agita le acque ma evita il lavoro serio e duro di fare buone regole e di farle rispettare. Da questo punto di vista considero corretto piuttosto, come in qualche misura ha fatto l'Authority, condannare le pubblicita' ingannevoli e investigare sulle collusioni che tengono artificialmente alti i costi di terminazione e interconnessione tra operatori diversi. Se il governo volesse aiutare dovrebbe elaborare buone leggi per evitare che poi l'azzeccagarbugli del TAR di turno tolga le multe dell'Authority come avviene quasi sempre nel Belpaese.

 

Come potete vedere su questa lettera su Italians, ad oggi rimane sostanzialmente confermata l'inefficacia del demagogico decreto Bersani sulle ricariche. Un codicillo stabiliva che il credito telefonico non scade: perfetto, ma Wind & Co. fanno "scadere" comunque la scheda del cellulare, e consentono solo di trasferire il credito residuo altrove (non vado nemmeno a guardare con quali costi...).

 

www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2007/05_Maggio/23/Tariife_roaming.shtml

 

Notare l'appello finale... Stalin applaude dall'inferno.