E' un documentario di 100 minuti, secco e chiaro (non so quanto trapassi dai sottotitoli per chi non capisce la lingua in cui parlano i protagonisti, credo la sostanza sia chiara, se non certe sfumature, i capi che vengon tutti chiamati da un nomignolo e così via.)
Nessuno è un attore e tutte le immagini sono fisse sulle facce dei capi, in anni diversi di Shabakh. Sono loro i protagonisti, alcuni ritirati a vita privata in disgusto, alcuni, Ami Ayalon ad esempio, entrati nei cosidetti campi della pace.
Questo è il sistema di sicurezza reale di Israele, non l'esotismo delle eroiche azioni dell'istituto (il nome di Mossad.)
Due appunti: da vedere e da capire come (ah.. forse questo ricorda qualche cosa ai lettori) l'ignavia della politica, contro venti e maree delle saggezze acquisite (a volte a prezzo di immorali e vergognose torture) da chi sul campo vede cosa sia il conflitto reale tra le due nazioni (una ha uno stato e una no.)
Uno dei capi nota, nella sua età avanzata, come abbia il dubbio di esser divenuto, nel tempo, ... crudele.
Individui che hanno vinto alcune battaglie, hanno perso la, per loro cruciale, vita di Y. Rabin, il primo ministro assassinata da Y Amir nel 1995.
Fecero un deserto, lo chiamarono sicurezza, persero la guerra, come amaramentte osservano le parole finali.
Mi discono gli esperti che corre verso l'Oscar. Se così fosse è meritatamente dato.