Brexit: ma fate sul serio?

/ Articolo / Brexit: ma fate sul serio?
  • Condividi

Se c’è una cosa che il referendum di giovedì scorso nel Regno Unito ci ha insegnato è che con il voto non si scherza: i dilettanti non sono ammessi al gioco della democrazia e chi viola questa regola ne paga le conseguenze in maniera devastante, soprattutto in termini di credibilità.

Se c’è una cosa che il referendum di giovedì scorso nel Regno Unito ci ha insegnato è che con il voto non si scherza: i dilettanti non sono ammessi al gioco della democrazia e chi viola questa regola ne paga le conseguenze in maniera devastante, soprattutto in termini di credibilità. Comunque la si pensi, che si fosse tifosi del “Leave” o del “Remain”, non si può nascondere la clamorosa impreparazione con la quale le classi dirigenti inglesi hanno affrontato il referendum. Meglio, le sue possibili conseguenze e quella della vittoria del "Leave" in particolare.

Poche ore sono bastate per dimostrarlo: già venerdì Nigel Farage ha dichiarato in diretta TV che uno dei cavalli di battaglia del fronte favorevole all’uscita – la possibilità di riversare sul sistema sanitario nazionale i danari fino ad oggi versati all’UE - era una panzana bella e buona, “uno degli errori della campagna del Leave”; con la stessa faccia di tolla, e sempre a poche ore dal responso delle urne, l’altro leader dei brexiters, Boris Johnson, si è lasciato andare a un discorso estremamente conciliante verso la UE, condito di inviti alla cautela, addirittura affermando che “nulla cambierà nel breve termine” e che non c’è “alcuna fretta” di affrontare i negoziati per l’uscita.

Nel frattempo il premier scozzese Nicola Sturgeon, forte della larga maggioranza riscontrata dal “Remain” nel suo Paese, fa gentilmente presente che di lasciare la UE senza il consenso del Parlamento di Edimburgo non se ne parla, e ciò non per semplice amore del caos, ma perché le leggi sulla “devolution” (leggi britanniche, leggi in materia costituzionale) prevedono che, guarda un po’, quel consenso, probabilmente, è necessario.

Infine, ieri mattina, il Cancelliere dello Scacchiere Osborne ha dichiarato candidamente: “Usciremo dalla UE solo quando avremo un piano”, implicitamente ammettendo di non averne uno! Oggi invece, come sappiamo, il Parlamento Europeo, su esplicito invito del Presidente della Commissione Juncker, ha votato a grande maggioranza per l'avvio immediato delle trattative con il governo UK per l'uscita del medesimo dalla UE. È istruttivo dare un'occhiata alla distribuzione dei voti ed alle motivazioni espresse dai vari capi-gruppo per il voto a favore e, soprattutto, contro tale mozione. Potrebbe far capire a qualcuno come il campo "anti-UE" abbia un disperato bisogno della UE medesima come uomo di paglia su cui riversare l'animosità dell'elettorato "arrabbiato" al solo fine di raccoglierne il voto. Il quale, una volta raccolto, verrà usato per ben altri fini. Ma andiamo avanti e torniamo al Regno Unito.

In altre e meno diplomatiche parole, cari attoniti cittadini continentali dell’UE, i brexiters volevano solo fare un po’ di casino, divertirsi un po’, buttarla in caciara: loro per primi non pensavano che potesse vincere il “Leave”. Stavano solo scherzando.

La confusione istituzionale britannica si riflette, inevitabilmente, anche nella confusione di decine, forse centinaia di migliaia, di cittadini inglesi che hanno (almeno a dare credito alle molte dichiarazioni di queste ore) votato per il “Leave” ed hanno ammesso di averlo fatto “solo per  protesta”, confidando che il senso di responsabilità degli altri alla fine avrebbe fatto prevalere il “Remain”.

Insomma, se fino al 23 giugno avevamo un popolo di euroscettici, oggi ci troviamo davanti a un popolo di pentiti.

Come finirà non lo sapremo presto.  Ci vorranno mesi o anche anni per capire quali saranno le reali conseguenze del voto del 23 giugno sull’Unione Europea e sulla Gran Bretagna, sulla tenuta di un sistema istituzionale che, almeno dai tempi di Guglielmo d’Orange, si era sempre contraddistinto per un amore incondizionato per la stabilità e per la conservazione.

Alcune riflessioni però possiamo farle già ora:

1)      È altamente probabile che molti dei movimenti politici e d’opinione comunemente etichettati come “euroscettici”, e sorti un po’ ovunque in Europa, non abbiano la minima idea delle conseguenze delle varie proposte che sbandierano;

2)      È, anzi, altamente probabile che l’unico vero obbiettivo di molti di questi movimenti sia semplicemente “agitare lo stomaco” dell’elettorato, senza curarsi di dare un vero costrutto all’alternativa che propongono;

3)      È ancor più probabile, infine, che questo pressappochismo sia il sintomo di un’altra più profonda debolezza: la sfiducia di quegli stessi movimenti nella bontà delle proprie battaglie. Credono che la disgregazione dell’Unione sia un valore solo perché sanno che in fondo non vinceranno mai e mai dovranno assumersi la responsabilità di gestire le conseguenze delle proprie “vittorie”.

Del resto anche il dibattito italiano sull’Euro rimane asfitticamente privo di valide risposte ai numerosi, banalissimi, quesiti che nascono innanzi alle incomprensibili certezze di chi propaganda l’uscita dall’Unione e altre amenità: e poi? Un minuto dopo la liberazione dalla “dittatura di Bruxelles” che si fa? A chi lo vendiamo il debito pubblico italiano? Come finanziamo l’enorme macchina amministrativa di questo infelice Paese? Chi sostituisce la BCE nel ruolo di stampella delle banche italiane piene zeppe di sofferenze?

Non voglio annoiarvi coi soliti, noiosissimi, slogan europeisti del tipo “Ci vuole più Europa” o “L’Europa si cambia da dentro” (che peraltro reputo gli unici sensati, di questi tempi); non voglio fare terrorismo prevedendo il disastro per gli inglesi e minacciando il disastro a italiani, francesi e olandesi: la verità è che nessuno, davvero nessuno, sa cosa succederebbe se l’UE deflagrasse, nessuno dei vari Otelma anti-UE ha anche solo uno straccio di modello di previsione, una striminzita statistica sulla quale ragionare. Anzi, nemmeno hanno idea di dove sia Dublino.

E, dunque, mi limito a chiedere ai molti espertoni della sovranità monetaria, neo-nazionalisti della quota-latte, revanchisti della vongola, imbonitori del popolo affamato: ditemi, miei cari, fate sul serio?

Indietro

Commenti

Ci sono 84 commenti

Il terzo paragrafo e il quarto sono uguali al primo...

E' il sommario che viene ripetuto nell'articolo.

Ho provato a toglierlo ma non funziona

Giusto per far notare come avrebbero anche potuto scopiazzare, ben prima del voto, Frank Vibert e Gunnar Beck, perdendoci quel paio d'ore necessarie a scrivere un articolo, avevano stilato un programma di massima su come si potesse uscire dalla UE in 7 giorni, anzi 6:

 

Day 1: immediate effect

 

The government informs other EU member states that it is leaving the EU under VCLT Art 62 (a) with immediate effect. It would inform the EU and the global community that in respect of trade relationships it will comply with World Trade Organisation obligations and become a free trade zone. This will still allow the UK to impose anti-dumping controls on, for example, steel from China.

 

Day 2: immigration

 

The government announces that all EU citizens who wish to work or reside in the UK will be admitted on the same terms and conditions as non-EU citizens, under a new ‘points’ system that would favour those who are well-qualified (for example to take up jobs in the financial sector or sectors with labour shortages.) Existing workers, or residents, as of the day of the referendum would be grandfathered. An exception would be made for Irish nationals who could continue to have free entry and the right to work and reside.

 

Day 3: deregulation

 

All existing EU regulations applicable to the UK would be declared valid by Parliament through appropriate legislation, as provided for under Art 18 of the 2011 Act on European Union. Domestic primary and secondary legislation adopted to give effect to EU law under the ECA 1972 before the referendum would remain in force. The Act providing legal continuity would however, at the same time, repeal the 1972 European Communities Act so that no post-referendum EU law would take effect, and the case law of the Court of the Justice of the EU would no longer be binding, in the UK.

 

The continuity of EU based law would remain intact, pending sector by sector review and cost/benefit analysis by British bodies. In particular, regulations flowing from international obligations, such as those accepted from the G20 and its Financial Stability Board, would remain in force. This would provide a basis for the mutual recognition of the equivalence of standards between the UK, US and EU in respect of the financial sector.

 

Day 4: farming

 

The government would announce income subsidies to cushion farmers from the effect of the end of the EU’s Common Agriculture Policy and the removal of tariffs on agricultural and food imports. Income support would be limited to small farmers and to environmentally sensitive areas.

 

Day 5: financial stabilisation

 

A mini budget would be presented to reassure investors that the UK remained on course to reduce its budget deficit.

 

Day 6: human rights

 

The government would announce its withdrawal from the European Convention on Human Rights and repeal of the Human Rights Act 1998. Although the EU is not yet party to the ECHR, the latter has effect on and through the development of EU law. Judge-made law under ECHR has strayed far from the original purpose of ECHR to prevent a return to fascism.

 

Day 7: The Brexit government rests.

 

Ovviamente non sto sostenendo che il programma di Fred & Gunnar sia il migliore possibile immaginabile, anzi, usando l'articolo 62 del VCLT del 1969 é proprio un atto ostile (che i paesi UE potrebbero a loro volta fare al Regno Unito per buttarci fuori dalla UE), ma che non ci volesse molto a proporre una qualche strategia, e stilare un programma di azioni concrete per attuarla.
Sarebbe bastato che la mattina dopo Boris Johnson, Nigel Farage o chi per loro si fosse presentato di fronte ai microfoni subito dopo le dimissioni di David Cameron, ed avesse presentato un qualsiasi piano minimamente possibile, con una serie di azioni e magari date indicative, magari bluffando.

Invece "there is no plan". Buffoni e cialtroni.

Fortuna ha voluto che mia moglie mi abbia dichiarato suo proxy, e mi abbia chiamato per ordinarmi perentoriamente di andare a dare 2 voti al Remain, se non fossi andato a votare o avessi votato Leave non me lo sarei mai perdonato, ma non in se, ma per la cialtroneria ed il pressapochismo dei personaggi a capo dei Leavers.

Mi pare molto semplicitico, un ennciato di azioni che non tocca minimamente i problemi veri della brexit per UK

Concordo con l'autore sulla sua analisi. Al punto che ho voluto capire meglio chi fosse.

Il risultato di questa breve ricerca è che il primo risultato di ricerca su google recita:

 

"E tutto questo per distruggere la nostra economia, per distruggere le nostre aziende, per portare a una disoccupazione che non si è mai vista nel nostro paese, ma dico io… non è il caso di iniziare a sbagliare con la nostra testa? Non è il caso di ripartire a votare e a decidere il suicidio collettivo di massa magari, come stiamo facendo, però senza farcelo dire da altri, perché no?

 

Piero Ricca- Stai parlando di sovranità popolare?

 

Lucio di Gaetano- Sto parlando di sovranità popolare, di libertà di scelta, che ormai è negata a tutti i Paesi periferici dell’area Euro, ma in Italia come al solito eccelliamo e abbiamo una legge elettorale peraltro che non ci fa neanche eleggere i nostri deputati scegliendoli, non è un caso!"

 

Fai sul serio?

Caro g_ze quell'intervento dovresti leggerlo tutto: scopriresti che parla delle deficit di legittimazione democratica dell'Unione e che si conclude con un invito al voto (eravamo in piena campagna elettorale per le europee) al fine di "contagiare" le istituzioni europee con la democrazia. Sono sempre stato convinto (e lo sono tuttora) che le istituzioni dell'Unione soffrano una debolezza strutturale  dovuta alla scarsa importanza del parlamento, alla mancanza di un vero vincolo fiduciario con la Commissione e (di questo parlavo specificamente quando mi riferivo allo "sbagliare con la propria testa) alla assoluta autoreferenzialita' della Bce, aggravata dagli scarsi risultati (all'epoca il Qe era ancora chimera...). Quindi si, faccio sul serio, e credo che l'Unione vada intensificata e legittimata dall'elezione diretta degli organi esecutivi, non distrutta come vorrebbero molti.

...un risultato che nessuno, a Londra, si aspettava!

Da Italiano emigrato nella City, negli ultimi giorni mi sono fatto una cultura su un referendum che avevo completamente snobbato, ecco quello che ho capito:

- Il referendum nasce per decisione del primo ministro, David Cameron, che nella scorsa legislatura decidere di usare questa arma per contenere le spinte degli anti-europeisti, sia fuori dal suo partito (e.g., Farage) che dentro (e.g. Boris Johnson).  Non ho nulla contro il fatto di fare un referendum e far votare le persone, l'unica cosa che noto e' una sproporzione tra il fine e il mezzo. Il fine era la sopravvivenza politica di Cameron e il mezzo che ha scelto per farlo e'  uno immensamente piu' grosso e far reaching

- Per gli expa Europei nello UK il risultato di questo referendum e' lose-lose. A cinque giorni dal voto ne' io, ne' i miei amici expat europei siamo riusciti a trovare alcuna conseguenza positiva per noi

- A livello di sistema puo' sicuramente essere un'occasione per avviare una discussione consapevole e a viso aperto sul futuro dell'Europa e decidere in che direzione andare (un po' piu' d'Europa, un po' meno, molta meno, molta di piu'?)

- Il problema e' nel periodo di transizione. Nessuno sa cosa succedera'. E' chiaro che a Londra nessuno ha fatto un piano completo e ben pensato. Per questo ci sara' incertezza e l'incertezza nel breve termine e' male per l'economia. Molti vedono una recessione nel breve

- Il secondo problema e' l'equilibrio che si instaurera' nel  lungo termine. Dopo il singhiozzo short term, l'economia inglese tornera' sui suoi livelli potenziali, oppure si avra' un new normal con un livello di ricchezza piu' basso? Cosa succedera' a Londra? Cosa succedera' nel mercato del lavoro? Cosa succedera' alla facolta' di spostarsi e lavorare dei cittadini Europei? Sono tutte domande che dipendono sia da come vanno le trattative, ma anche dalla gestione del transitorio

azzardo una previsione: faranno di tutto per conservare l'accesso al mercato unico, pur senza poterne influenzare la regolazione. Ma non escluderei l'eventualità che,nei prossimi due mesi, si formi un governo che decida di non notificare affatto l'uscita dell'UK dall'UE.

C'erano due campagne per il Leave: Vote Leave (quella di Boris Johnson) e Leave.EU (quella di Nigel Farage). La promessa sul sistema sanitario nazionale era un cavallo di battaglia di Vote Leave.

Come può Farage rimangiarsi una promessa che non ha mai fatto? 

Mi aspettavo da NoiseFromAmerika un livello di approfondimento maggiore dell'Huffington Post... 

Cazzate a buccia.

leave.eu/en/local-groups/group/swansea-campaign-to-leave-the-eu/news/2016-04-07/vote-to-leave-to-save-the-nhs

 

Finally, if we vote to leave the EU, we can save £11 billion of contributions a year - that is £350 million every week. Not only is the NHS safe from TTIP but we can invest this money in new hospitals, doctors and nurses.

Durante il voto di ieri all'Europarlamento i gruppi cosiddetti euroscettici hanno votato contro la risoluzione sulle conseguenze del referendum britannico e con loro i rappresentanti dei Tories. Fin qui niente di straordinario. Lascia invece perplessi che Farage e i rappresentanti di UKIP si siano lasciati scappare la possibilità di premere sull'acceleratore dell'uscita.

"In altre e meno diplomatiche parole, cari attoniti cittadini continentali dell’UE, i brexiters volevano solo fare un po’ di casino, divertirsi un po’, buttarla in caciara: loro per primi non pensavano che potesse vincere il “Leave”. Stavano solo scherzando."

Questo è quello che ci raccontano in questi giorni i fautori del "remain", che, detto in romanesco, "nun ce vonno stà".

Il fatto che Boris Johnson, si sia "lasciato andare a un discorso estremamente conciliante verso la UE, condito di inviti alla cautela, addirittura affermando che “nulla cambierà nel breve termine” e che non c’è “alcuna fretta” di affrontare i negoziati per l’uscita" è un segno di responsabilità.

"il Cancelliere dello Scacchiere Osborne ha dichiarato candidamente: “Usciremo dalla UE solo quando avremo un piano”, implicitamente ammettendo di non averne uno!"

Giusto: il governo era contrario a prendere quella strada, ha lasciato la decisione al popolo, dopo di che Cameron lascerà il posto a un governo favorevole a ciò, che pertanto potrà fare i piani che ritiene più opportuni. Mi pare una sequenza decisionale assolutamente logica.

"Nicola Sturgeon, forte della larga maggioranza riscontrata dal “Remain” nel suo Paese, fa gentilmente presente che di lasciare la UE senza il consenso del Parlamento di Edimburgo non se ne parla"

Non sta al consiglio regionale scozzese decidere o mettere veti.

"il Parlamento Europeo, su esplicito invito del Presidente della Commissione Juncker, ha votato a grande maggioranza per l'avvio immediato delle trattative con il governo UK per l'uscita del medesimo dalla UE"

Il parlamento europeo può votare tutte le mozioni che vuole, ma non sta a esso decidere quando le trattative inizieranno.

"Comunque la si pensi, che si fosse tifosi del “Leave” o del “Remain”, non si può nascondere la clamorosa impreparazione con la quale le classi dirigenti inglesi hanno affrontato il referendum. Meglio, le sue possibili conseguenze e quella della vittoria del "Leave" in particolare."

Di grazia, come lo avrebbero dovuto invece affrontare? Suvvia, cerchiamo di essere sinceri: qui l'autore dell'articolo era per il "remain" e, a referendum perso, sta ora cercando ogni possibile recriminazione per delegittimare la vittoria del "leave": campo impraticabile, arbitro cornuto, meteo avverso, il rigore non c'era, calendario congegnato male, giornalisti che remano contro, il palazzo è contro di noi.
Il brexit era un referendum consultivo di cui il futuro governo britannico terrà assolutamente conto avviando concretamente la procedura per l'uscita della GB dall'UE. Che avverrà, con la conseguenza che oltre a Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein, ci sarà un quarto paese europeo (questa volta uno parecchio grande) che non fà e né intende far parte dell'UE. Sono paesi che vivono abbastanza bene, dunque qual è il problema?

Beh, e' scoppiata una bomba mica da ridere e nessuno ha capito cosa accadra' nei prossimi mesi, se non anni, in UK, che al momento hanno un primo ministro dimissionario.

Un'incertezza del genere avra' conseguenze ben tangibili per l'economia britannica.

Vediamo di essere sinceri, si: un action plan in caso di un evento del genere devi avercelo. Devi poter presentare a partner europei (a passi) e soprattutto ai mercati (fondamentale!) un piano B che chiarisca quali siano i next steps. Interno al governo, in accordo con il fronte del leave, con l'opposizione... qualche messaggio devi darlo!

 

Magari sara' stata la magata della vita, magari avranno sbagliato una consonante, questo non lo so (posso avere le mie opinioni, ma queste cose si valutano a consuntivo nel medio-lungo). Certo che arrivare ad un momento del genere e cadere dal pero in questa maniera e' da dilettanti.

Scusa se sono un po' brusco ma mi pare che manchino alcune informazioni abbastanza fondamentali per capire qual è 'il problema'.

 

E' vero che David Cameron (che ha una responsabilità enorme in quello che sta succedendo, e la fine della cui carriera è l'unico silver lining della vicenda) non era tenuto ad avere un piano per il Leave, a cui si è opposto. Ma è altrettanto evidente che i principali promotori del Brexit, Johnson e Farage, non hanno assolutamente le idee chiare non dico sul programma pratico, ma neanche su ciò che veramente vogliono ottenere. Farage (che non ha nè, ci si augura, avrà mai responsabilità di governo) non ha fatto nessuna dichiarazione coerente. Boris Johnson ha invece detto che l'Inghilterra manterrà l'accesso al Mercato Unico, quindi come accenni tu andrebbe a trovarsi nella situazione di Norvegia e Islanda (la Svizzera ha accordi un po' diversi).

 

C'è un problema però: Norvegia e Islanda per partecipare al mercato unico

a) sottoscrivono alla maggior parte degli accordi comunitari, con RELATIVI COSTI

b) accettano il principio della libera circolazione, per cui i cittadini comunitari possono soggiornare in Norvegia e Islanda senza limitazioni

 

Fare come la Norvegia vorrebbe dire quindi: pagare le tasse (quelle che Johnson voleva ridare all'NHS), beccarsi comunque tutti i polacchi, i rumeni e gli italiani che vogliono lavorare in Regno Unito, e non avere nessun modo di influenzare le decisioni dell'UE. A Norvegia e Islanda tutto sommato va bene: sfuggono alle regolamentazioni comunitarie sulla pesca, nessuno rompe loro le scatole per entrare nell'Euro-zona, e sono tutti felici (in più: la Norvegia ha il petrolio e l'Islanda diventerà campione d'Europa. Forza Islanda).

 

Per Johnson portare a casa dopo il Brexit le condizioni della Norvegia (ricapitolo: con tasse, immigrazione comunitaria, ma senza il petrolio, e dopo mesi o anni di incertezza dei mercati) sarebbe un fallimento politico devastante.

 

Forse mettendo le mani avanti in quel capolavoro di vaghezza e mezze verità di dichiarazione che tu definisci un gesto di 'responsabilità' Johnson dice che in realtà per il voto Leave l'immigrazione non era mica un argomento centrale, l'importante è sottrarsi dai dettami anti-democratici della Corte di Giustizia Europea. Sicuro, dalle bianche scogliere di Dover alle miniere di carbone di Newcastle gli onesti sudditi della regina non riuscivano a dormire la notte al pensiero della Corte di Giustizia Europea.

Quello di Edimburgo è il Parlamento della Scozia, antico regno integrato nell'UK. L'atto di devoluzione ha trasposto nel diritto scozzese - sistema diverso da quello di Inghilterra e Galles - la legislazione europea, garantendo che il Parlamento dell'UK non interverrà nell'ordinamento scozzese senza il consenso del Parlamento locale. Altro che consiglio regionale!

Già ottimistico parlare al singolare.
Cominciamo dal primo. Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein fanno parte di AELS (UK ne faceva parte ma poi è uscita per entrare nella CECA e da lì poi in UE). Alcuni fanno parte anche di SEE (Spazio Economico Europeo, trattato tra AELS e UE, che è come stare nella UE ma senza diritto di voto: se UK spera un questa strada dimostrano imbecillità totale: avere meno privilegi e non avere nemmeno diritto di voto, tribuna, parlamento, commissione).

La Svizzera non è in SEE  ma ha siglato mi pare 17 bilaterali e ci sono voluti 20 anni e 3 referendum.

Diciamo che la strada è nettamente in salita, perché AELS ha già fatto sapere che fintanto che la situazione UK non è definita e stabile (se esce, quando esce, come, nel senso di quali accordi raggiunge) non si parla di adesione ad AELS. Inoltre se la data di inizio trattativa non è certa, lo è quella di fine. Dopo due anni dalla richiesta art 50, i trattati decadono, indipendentemente dallo stato della trattative. UK sarà fuori, under the bridge.

Ma veniamo agli aspetti per me più gravi.
Il referendum ha mostrato al mondo un Regno Unito che lo sarà di nome ... ma non di fatto.

1) il paese è spaccato sul piano generazionale (voto di giovani ed anziani)
2) il paese è spaccato sul piano città-campagna, come diverse mappe dimostrano
3) il paese è spaccato territorialmente, con Scozia e Irlanda del Nord che votano in modo opposto a Galles ed Inghilterra
4) il paese è spaccato sul piano culturale, come l'analisi sulla differenza di voto a seconda del livello di istruzione dimostra.

Sono inoltre lacerati i partiti (conservatori e laburisti) e la cosa non sorprende, tanto è lacerato il paese. Ora simili lacerazioni non si risolvolno in due anni e forse nemmeno in un decennio. E necessitano di una grande leadership, cose che per ora non si profila.

Senza voler fare il provocatore e precisando subito che sono un europeista convinto, dispiaciuto per l'esito del Referendum, voglio tuttavia obiettare qualcosa sulla supeficialità con cui ci si dispone all'analisi, qui, come un poco da tutte le parti.
La Brexit sarebbe la conseguenza dell'ignoranza, della stupidità e del razzismo dei votanti, cavalcata dai soliti insulsi politicanti opportunisti e improvvisati che imperversano ovunque nel tempo dei "populismi".
Disaggregando i dati per fascia di età si è voluto insinuare che il voto per il Leave era roba "da vecchi", cioè da rincoglioniti, oppure da egoisti che se ne infischiano delle generazioni future.
Disaggregandoli per livello di istruzione si è voluto dimostrare che il voto per il Leave era "da ignoranti", e quello per il Remain da sapienti illuminati.
Si è insinuato infine che il Leave sarebbe stato il voto anti-migranti, e quindi dei razzisti ottusi; e quello per il Remain il voto dei nobili spiriti capaci di altruismo e solidarietà.

Ma signori: l'esito del referendum è stato 52% Leave. Dare degli imbecilli o degli ignoranti al 52% dei cittadini inglesi è come minimo da presuntuosi.  Da uomo più dispiaciuto che preoccupato da questo risultato dico: piantiamola di dare degli idioti agli altri, e chiediamoci perché l'EU sta crollando, e in cosa abbiamo sbagliato.
Se no crollerà davvero, e pure in fretta.

 

i brexiters volevano solo fare un po’ di casino, divertirsi un po’, buttarla in caciara: loro per primi non pensavano che potesse vincere il “Leave”. Stavano solo scherzando.

 

Davvero? E pure chi ha votato Leave, lo avrebbe fatto così, un po' per protesta un po' per gioco, convinto che tanto il Leave non avrebbe vinto mai? Possibile che uno voti Leave solo per sollevare un po' di polvere, essendo per il Remain? Un inglese, per di più? Non è un po' surreale?
Forse in qualche caso sarà stato così, ma se non tutti, io penso che una buona parte di quel 52% rivoterebbe nello stesso modo domani. Non sarebbe meglio chiedersi perché?

I mercati e la Sterlina hanno subito un violento contraccolpo nell'immediato, ma l'UK non crollerà per questo, la UE non crollerà per questo. Se crollerà, sarà per altre ragioni, non per questo. E se si rivotasse oggi, sì, forse il risultato sarebbe un pochino diverso. 48% invece di 52%. Che basterebbe per restare nell'unione, ma NON muterebbe l'analisi in modo sostanziale.
Il dato è: circa la metà degli inglesi in questa Europa non ci vuole stare.
Perché? Perché sono imbecilli, razzisti, ignoranti? Questa è la risposta?
Se fosse invece che nella UE c'è qualcosa che non va? Se ci domandassimo cosa abbiamo sbagliato?

C'è in questo voto anche una forte componente anti-migranti, vero. Che però non è solo dei vecchi, ma di tutti; e non è mero "egoismo" ma ha anche quella le sue ragioni e non può essere schernita, né sottovalutata.
In termini economici/politici invece c'è la evidente convinzione (sbagliata o meno che sia) che questa Europa non va bene, e va rivista dalle fondamenta.
Convinzione che si rinforzando ovunque, e condurrà alla disgregazione dell'UE, se si reagisce ad essa con lo scherno anziché indagarne le ragioni.

Riassumo quelle che secondo me sono le due ragioni maggiori del Leave. Non perché necessariamente le condivida ma per metterle a fuoco. Sono le stesse per tutta la UE.

-) I cittadini europei mal digeriscono essere etero-diretti da Bruxelles, da poteri che sfuggono alla giustificazione democratica.
Che sia la Commissione, il FMI o peggio la BCE, che si è ritrovata spesso, anche se controvoglia, a far da supplente e prendere decisioni politiche.

-) La crisi dei migranti non si può gestire (anzi: NON-gestire) in questo modo. La libertà di circolazione delle persone è possibile a condizione che ci sia un controllo efficace dei confini esterni. Il vero "demagogo" è quello che ignora, o peggio tratta con disprezzo, il legittimo sentimento di preoccupazione degli strati più deboli della popolazione nei confronti dell'immigrazione fuori controllo, facendo il filantropo mentre sta bello comodo a fare e-trading in un fresco ufficio della City.

Qui ci sono un po' di ragioni per il Leave, fornite il 13 giugno, prima del Referendum, dal professor Domenico Mario Nuti, che è stato presente insieme a me anche alle giornate nFA a Villa La Fonte, nella ottima sessione sulla crisi dei migranti tenuta da Tim Hatton (ringrazio i redattori per l'ospitalità).
Le considerazioni qui espresse possono essere non condivise, e discusse quanto si vuole, naturalmente. Ma Nuti non è Farage, non è Boris Johnson.
Si provi ad ascoltare anche le ragioni del Leave, per capire quanto è avvenuto.

Il paradosso però è che se la direzione dell'Unione Europea diventasse veramente democratica, cioè eleggessimo un governo europeo, questo governo avrebbe il mandato per governare davvero l'Europa. Il contrario del ritorno alla sovranità nazionale che invocano gli euroscettici.

 

Per quanto riguarda l'immigrazione: è vero, ignorare le preoccupazioni della popolazione o derubricarle pregiudizialmetne a xenofobia è ingiusto, classista e controproducente. Ma è altrettanto discutibile creare una narrazione per cui da una parte ci sono persone pragmatiche, che dicono pane al pane e vino al vino, e non chiudono gli occhi di fronte a un problema che rovina la vita alla gente, e dall'altra le elite radical chic che nelle loro torri d'avorio degustano manicaretti etiopi e leggono poesia persiana del 13o secolo esaltando il multiculturalismo. Intanto, perché non è detto che le persone che hanno una visione meno negativa dell'immigrazione siano quelle che vivono lontane dalla stessa (per quanto riguarda il voto Leave vedi qui: www.theguardian.com/politics/2016/jun/24/voting-details-show-immigration-fears-were-paradoxical-but-decisive). Poi, perché se è vero che le conseguenze negative dell'immigrazione sono sopportate soprattutto dalle fasce di popolazione più povere i politici che le utilizzano come bandiera non hanno nessuna intenzione ad eliminarle in maniera ragionata (celebre l'esempio della Lega, che nel suo programma ufficiale praticamente non affronta il problema) e confondono colpevolmente i diversi piani del problema (multiculturalismo, che non riguarda per forza cittadini stranieri, clandestini, migrazione economica, richiedenti asilo).

 

La mia posizione, maturata nel tempo, provo a riassumerla così:

1) l'immigrazione, specie se in rapida crescita e poco integrata, puo' essere un problema

2) i sentimenti anti-immigrazione però esistono anche dove non è un problema

3) la componente di immigrazione legata ai richiedenti asilo è un problema in mancanza di una politica europea comune perchè colpisce sproporzionatamente pochi paesi (Germania, Svezia, Austria, Grecia e in certa misura Italia.); quindi l'UE è sì colpevole, ma non certo ai danni del Regno Unito

4) il voto Leave è stato influenzato dal sentimento anti-immigrazione anche se l'emigrazione comunitaria in UK è 'immigrazione buona', generalmente qualificata, che paga in tasse molto più di quello che prende in welfare (a differenza dei pensionati inglesi in Spagna, per dire).

 

Possibile che uno voti Leave solo per sollevare un po' di polvere, essendo per il Remain? Un inglese, per di più? Non è un po' surreale?

 

Basta che il 5% lo pensi e lo faccia ed il risultato cambia. Non è indispensabile che tutti vogliano sollevare polvere ma in un esito 50-50, basta un soffio per cambiare.

ndy100.independent.co.uk/article/people-are-really-really-hoping-this-theory-about-david-cameron-and-brexit-is-true--bJhqBql0VZ

L'incubo inglese potrebbe ripetersi presto anche in Italia, con il no al referendum sulla riforma istituzionale, le nuove elezioni e il governo al M5S, con il referendum sull'euro e 93 miliardi di spesa per il salario di cittadinanza di 780 euro a 10 milioni di persone.

 

con il referendum sull'euro e 93 miliardi di spesa per il salario di cittadinanza di 780 euro a 10 milioni di persone.

 

sarebbero a quel punto 93 miliardi di nuove lire, una bazzecola. anzi farei cifra tonda, 100 migliardi!!!! maccheddico: millllioni!!!!!

.. se il Sig. Renzi non spacchetta.

Non accetteró mai la riduzione dei poteri del Senato e la riduzione del numero dei Parlamentari. 

E nemmeno la legge "elettorale" del Senato, se é inclusa.

Se non lo é ,sinceramente sono talmente contrario al "superamento" del  bicameralismo paritario che mi basta quello per decidere di votare NO, non mi interessa nemmeno sapere quale possano essere le altre cose che vorrebbero cambiare.

E se spacchettano voto ovviamente NO  anche alla riduzione del numero dei parlamentari.

personalmente sono rimasto sorpreso ma non troppo dai risultati del referendum, alla fine della fiera han sempre tenuto un piede e mezzo fuori dalla porta (come ha evidenziato Junker nel suo twitt).

 

senza spendere troppo tempo sulle cause che han portato a questi risultati (cialtroneria dei politici e ignoranza dei votanti in un mix di responsabilità difficile da stabilire), penso che sarebbero però degne di maggiore attenzione le varie dichiarazioni e le prospettive future (e spero che qualcuno degli autori proponga a breve qualcosa di interessante): hanno votato per il leave, so what?

 

è evidente che rinegoziare tutti gli accordi commerciali abbia dei costi non da poco per tutte le parti (il che non so quanto renda credibili le minacce della merkel e junker) e soprattutto le ripercussioni politiche all'interno della stessa UE, ormai sempre più germano-centrica con tutti i limiti che questo comporta non son cose da sottovalutare.

 

In sostanza, è possibile e ha senso punire commercialmente una scelta politica di uno stato che esce dall'UE (e che comunque ne è stato sempre ai margini) e infliggere dei costi a tutte le parti? questa UE così com'è disegnata funziona (alta integrazione commerciale e bassa integrazione politica), ha senso così com'è?

 

per quanto sia convinto che la brexit sia stata una scelta scellerata, penso che sia anche un segno da non sottovalutare per la stessa UE che qualcosa va radicalemnte cambiato (pare che il messaggio che stia passando è che alla fine chi ha votato leave eran solo vecchi ignoranti e rincoglioniti e un po' è dovuto al fatto che gli inglesi son un po' ritardati di fondo) soprattutto alla luce del crescente movimento euroscettico in tutti i paesi.

Scusi ma questi sono stati ingannati dai propri politici e affabulatori e siamo noi a doverci fare le domande e i cambiamenti radicali? loro sono stati fregati da loro stessi, nessuno dice che devono essere puniti o che lo saranno, ma di fatto si sono puniti da soli, ora dovranno stringere un accordo che sarà comunque peggiore del precedente, con 27 peasi UE che hanno praticamente diritto di veto su ogni cosa , non si tratta di fare un bilaterale con la Merkel, se tutto fila liscio fanno un accordo in stile Norvegia, ma deve andare tutto liscio e passeranno alla storia per l' idiozia commessa, tuttavia il popolo inglese imparerà un' utilissima lezione di vita...

P.S. Sinceramente dal punto di vista politico all' interno dell' UE, meglio senza UK: mia opinione!

Non entro nel merito del post, ma segnalo che nell'industria dell'A.M. il voto inglese sta creando più problemi per le possibili conseguenze sull'EuroZona che per la dipartita della GB in se. Molti operatori, anzi, stanno aumentando quote di  Aziende Inglesi esposte all'Export e Gilt a medio alta duration (ovviamente coprendo il cambio) contando su un nuovo QE della BoE e su un cambio che  renderà molto più competitive le aziende GB.

Ma la notizia forse più significativa di come sia il contagio all'Euro Area il vero worst case scenario è che alcuni operatori iniziano a presentare commenti e/o ad ospitare nei loro incontri con i distributori le voci dissezienti. E' il caso a cui ho assistito ieri a Milano.

Seminario organizzato da Raiffeisen Capital A.M. (la filiale italiana del colosso austriaco): hanno chiamto a presentare lo scenario macro economico e le possibili implicazioni del Bexit Alberto Bagnai. Vi allego sotto l'indirizzo e-mail dal quale potete scaricare le presentazioni.

Bagnai è stato rigoroso e vale la pena di leggere le slides.

Da parte del Raiffeisen, olte al capo della filiale italiana, era presente il loro Strategist che ha candidamente confessato che da tempo loro non hanno banche europee in portafaoglio sia  perché il settore bancrio ed assicurativo, soprattutto quello tedesco, soffre e soffrirà di bassissima redditivita a seguito della ZIRP indotto dal QE della BCE, sia perché ora, con il rischio contagio post Brexit, è il settore sul quale si scaricano tutte le tensioni finanziarie.

ecco il link

http://www.rifaitalia.it/emailmarketer/link.php?M=91614&N=1599&L=940&F=H

buona lettura

 dalle slides postate Bagnai scrive:

 

1)Per UK non è razionale essere legati a UE, perché UE quando arriva una crisi:

• Comprime la propria domanda (export UK soffre)

• Compromette le proprie finanze, quindi:

 La sterlina diventa un bene rifugio e si apprezza (import esplode)

 Aumenta il rischio di dover partecipare a «salvataggi» altrui

 

Ora nella mia ignoranza, tolto il rischio di dover partecipare ai salvataggi altrui che mi sembra irrilevante,  perchè UK dovrebbe essere immune agli effetti di cui sopra con il Brexit ? cioè qual' è la logica qui?

La presentazione di Bagnai è comica, e voglio essere gentile. Infatti, è intellettualmente disonesta. 

Piccolo elenco veloce di dati truccati (le citazioni vuote, quelle le saltiamo ...)

1) Slide a/5: che diavolo vuol dire? Cosa sarebbe la "gamba sana"? Cosa c'entrano i giapponesi con la non svalutazione europea, visto che i giapponesi HANNO svalutato? Il Giappone si è fregato una decade, or more, per le banche  zombi. Se è questo il parallelo ci sto, ma nella mente di AB non lo è. Quindi? Chiunque oggi studi  il Giappone sa che la scarsa crescita cum low inflation è fondamentalmente dovuta al fattore demografico ed al peso del debito pubblico. Quindi? What's the point here, other than confusing rhetoric?

2) Per provare che il problema è il debito privato e non ANCHE (in Italia soprattutto) quello pubblico la tabella di pagina  a/6 usa dati sino al 2oo7! Se avesse usato dati sino al 2015 avremmo una differente picture, no? Questo, ovviamente, non vuol dire che sia SOLO il debito pubblico il problema, vuol dire che è ANCHE il debito pubblico il problema e che lo è ORA. Il privato lo è stato nel 2008, dopo l'esplosione della bolla immobiliare USA mentre il problema europeo si è rivelato (dal 2009-10) quello pubblico. Un'analisi seria si sarebbe  focalizzata su entrambi i problemi distinguendo un paese dall'altro. In Italia il pubblico è problema maggiore del privato ed il privato è problema nella forma NPL delle banche. Il punto rilevante è che la tabella è, intenzionalmente, misleading. Pretty bad.

3) Chart 5 in pagina a/7 è un capolavoro televisivo. Il testo a sinistra racconta una storia che il grafico a destra smentisce se uno ha la pazienza di guardare FUORI del rettangolo rosso su sui il vate vuole che ci si focalizzi! Un capolavoro ... ma alla Raiffeisen se le bevono queste storie?

4) a/9, ci risiamo. Le sofferenze bancarie le crea la "austerita'"? Ma allora le banche Irlandesi (per dire) dovrebbero essere scomparse post-2010! Per non parlare delle inglesi ... e di quelle USA visto che, per i parametri del nostro, gli USA sono pure in austerità. L'idea che i loans delle banche alle imprese vadano male per effetto (supposto) di una riduzione (in realtà mai avvenuta) del debito pubblico è ilare.

5) a/11, qui siamo a UK. Bene, che è successo in UK post crisis? Che ha fatto la bilancia commerciale UK a seguito della svalutazione del pound post crisis? Ha oscillato rimanendo in media dov'era prima ... www.tradingeconomics.com/united-kingdom/balance-of-trade

6) Ed infine (mi sto annoiando) che è successo allo USD post crisis? Crollato per permettere la ripresa interna? Claro que no! Anzi, rivalutato. Ma la disoccupazione USA oggi è da miraggio per un paese come l'Italia nonostante l'USD sia oggi molto più forte di quanto fosse nel 2010 e paraggi. Quindi? Come hanno fatto gli USA a rivalutare la moneta e, allo stesso tempo, ridurre il tasso di disoccupazione di cinque punti? Perche' li' (ed in cento altri posti) non vale la supposta regola del vate secondo cui o ben c'e' svalutazione della moneta o ben c'e' recessione interna con disoccupazione?

Ke noia signora mia, ke noia le balle che i guru raccontano a chi ha bisogno di crederle.

Hugs.  

Non ci posso credere. Siamo alla frutta.

a supporto dell'azione di vendita, fa fico tratteggiare scenari, muovere esperti esterni, offrire i salatini etc.

in realtà il loro impegno di gestione attiva è minimale (per lecita scelta), inferiore a quanto dichiarato (questo, un pochino meno lecito). è così ed è noto da sempre, ultimamente se ne accorta anche qualche autorità di controllo e finanche qualche giornale.

gli investimenti che vengono fatti in analisi economica sono allora molto modesti, perchè non è affatto strategico per loro. basta appunto "far bella figura" con poco, un po' come chiamare a un matrimonio la bionda dei "ricchi e poveri". o anche oscar giannino a una convention.

il bagnai si presta e non c'è nulla di male. è afflitto da solitudine intellettuale, l'affetto e il sostegno della clacque non gli bastano, non sono quelli  i sostenitori che voleva e anzi li disprezza, nemmeno troppo velatamente.

Mi sono sempre chiesto una cosa su bagnai. Lui spesso e volentieri cita nelle sue teorie uno sproloquio di altri economisti più o meno famosi (a volte travisando le loro parole!). Comunque sia, questo suo citare compulsivo fa sembrare al lettore non esperto che effettivamente le sue teorie siano largamente condivise dagli economisti più importanti. Per cui chiedo: c'è un qualche economista degno di questo nome (o perlomeno suo pari grado!) che gli da retta? che citi positivamente le sue teorie? e quando prepara le sue teorie, si confronta con qualcuno? non chiedo tanto, anche solo uno o due? Insomma, fa qualcosa che gli scienziati, bene o male, sono obbligati a fare perchè le loro teorie vengano prese in considerazione? Grazie per le eventuali risposte.

E' parafrasando William Shakespeare che forse si può riepilogare la situazione di un' Europa oggi in mezzo al guadoFacile preda, in questa condizione, di quell'orda crescente di spietati sciacalli (politici, giornalisti, persone comuni attraverso i social) che approfittano del reale disagio e della doppia ignoranza di molti cittadini: ignoranza sul merito (tecnico, economico e sociale) della questione; ignoranza (ancor più grave) delle modalità stesse con cui la loro emotività viene manipolata, in modo scientifico e sistematico, dai suddetti sciacalli.

Ignoranza spesso colpevole, perchè se non si può pretendere che tutti siano a conoscenza dei "principi di influenza etica" del Prof. Robert Cialdini, è altrettanto vero che in ogni caso, per chi lo desidera davvero, non è poi così difficile riconoscere, se non gli abili manipolatori, quanto meno i bugiardi più spudorati.

Ma veniamo al dunque, la mia opinione è che:

1)  l'Europa che vorrebbe progredire verso una "genuina unione economica e monetaria" ha fatto scelte di politica economica sbagliate, frutto di leadership opache ma che  si inseriscono anche in una architettura sostanzialmente inadeguata;

2) le performances della lira italiana, un paese che in 53 anni dal 1948 al 2001 ha cambiato 53 governi,  non sembrerebbero poi così esaltanti (questo andrebbe ricordato almeno due volte al giorno, prima e dopo i pasti principali, ai geni del no-euro);

3) la sovranità monetaria di un singolo paese (e specialmente il nostro) in un contesto globalizzato è semplicemente una grande boutade. Lo è certamente ancor più oggi, ma lo è stata almeno anche nei 20 anni prima dell'Euro, in cui la politica monetaria la decideva la Germania in perfetta solitudine (perchè evidentemente il marco era la valuta "àncora" dello SME);

4) se non cominciamo a lavorare sulla produttività, in vari modi, e sulla credibilità, anzitutto smontanto l'esercito di "orchi e goblin" (vedi signore degli anelli) che gli sciacalli di cui sopra stanno costruendo giorno dopo giorno incitando alla rabbia e ai vaffa, non si andrà da nessuna parte... una continua e interessata narrazione tutta e solo in negativo ha lo stesso impatto sulla fiducia della diossina sulla respirabilità dell'aria... e la fiducia è l'unico vero motore per gli investimenti (come dimostra la diversa efficacia del QE e dei tassi negativi nei vari paesi come USA, Eurozona e Giappone...).

Ho condotto uno studio sul tema euro, italia ed unione bancaria (per il quale ho attinto a piene mani anche agli interessantissimi articoli pubblicati nel tempo da NFA) che è stato pubblicato come supplemento alla rivista AIAF online n.98 e che è scaricabile attraverso questo mio post su linkedin  

 

https://www.linkedin.com/today/post/article/italia-ed-euro-banche-moneta-e-regole-parte-prima-marcello-bredice?trk=prof-post

Ringrazio anticipatamente chi vorrà farmi pervenire commenti ed eventualmente contribuire a diffonderlo

 

 

Uno sbrodolamento di luoghi comuni.

 

Non se la prenda.

Sandro Brusco salvaci dalla noia mortale

continua a postare con  cadenza settimanale

le letture consigliate 

perche' sotto l'ombrellone se no che si fa?

Noto, in molti interventi, una populistica impazienza di vedere le teste di alcuni banchieri inflizate sulle picche di moderni sanculotti e portate in macabro corteo sulla pubblica via. Non vi è dubbio che negli ultimi mesi siano stati portati a conoscenza del pubblico molti comportamenti, in apparenza, irregolari sia sotto il profilo della mancata cura dell'interesse dei clienti meno provveduti, sia sotto quello del conflitto tra gli interessi dei clienti e quelli della banca (o dell'intermediario di altra natura).

A questi comportamenti l'ordinamento giuridico reagisce mediante sanzioni di tipo amministrativo, penali in alcuni casi, civili in tutti. Ma viviamo in uno stato di diritto, benché imperfetto: le sanzioni si applicano seguendo procedimenti diversi secondo la loro natura, in particolare quelle amministrative e penali dipendono dall'iniziativa delle Autorità di vigilanza e dell'Autorità giudiziaria (leggasi Procura della Repubblica competente per territorio), quelle civili dall'iniziativa dei clienti danneggiati.

Tutti questi procedimenti richiedono tempi non brevi, anzi alquanto lunghi. Ma esistono, sono promossi, conseguono risultati. Stracciarsi le vesti di fronte alle disavventure del pensionato o del pastore indotto ad acquistare titoli rischiosi soddisfa, forse, il desiderio di indignarsi ma non incide sulla realtà. nFA dovrebbe essere un sito di analisi e discussione, non una "Gabbia" in sedicesimo.   

anche del curioso (ma ben osservato empiricamente) fenomeno per cui strepitano, minacciano, ricorrono nelle sedi competenti e spesso con successo non i pastorelli, bensì prevalentemente lupi dal pelo lungo.

Leggo testualmente da wikipedia che “Un troll, nel gergo di internet e in particolare delle comunità virtuali, è un soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi”.

La finta operazione di analisi logica e grammaticale delle mie metafore paradossali (peraltro estrapolate dal contesto in cui sono state formulate) è semplicemente stucchevole e dunque raccolgo di buon grado l’invito del Prof. Boldrin a non alimentare ulteriormente i troll anonimi.

Dai vari commenti deduco che il senso delle mie metafore e paradossi è stato ben compreso: nessuna indulgenza verso la criminalità finanziaria (purtroppo abbastanza diffusa worldwide, invito a consultare anche ESRB 2015 “Report on misconduct risk in the banking sector”); ma anche nessuna indulgenza verso le stupide generalizzazioni, il festival dei pregiudizi, i fustigatori rabbiosi in conflitto d’interessi, le verginelle travestite che fingono sempre di non sapere o di non aver capito, mischiandosi abilmente con la (purtroppo ampia) pletora di truffati veri (facilmente riconoscibili peraltro anche guardando soltanto il grado di concentrazione del loro portafoglio).

La vera nota dolens è che la conseguenza di questi fenomeni di pirateria finanziaria, da una parte, e la successiva gogna mediatica indiscriminata, dall’altra, accrescono il livello di analfabetismo finanziario e producono effetti sociali devastanti, a partire dalle limitazioni delle libertà individuali dei cittadini, fino al deterioramento degli equilibri macroeconomici complessivi.

Mi riferisco al fatto che, in conseguenza delle condotte criminose italiane, ci siamo sentiti subito proporre (anche in sedi molto qualificate) il divieto di sottoscrizione di obbligazioni subordinate per tutti gli investitori retail (quindi se io volessi allocare il 10% del mio portafoglio in questi titoli, assumendomene il rischio non potrei più farlo, pur restando libero di sottoscrivere qualsiasi titolo spazzatura estero); sull’altro fronte non si vuole ammettere che dietro l’esplosione delle sofferenze italiane c’è molto tipico malcostume nazionale, ma anche tanta prociclicità regolamentare di ritorno, figlia in qualche modo della “big-short” e del precedente lassismo.

E vengo dunque al tema brexit, rilevando che prima o poi i cittadini inglesi dovranno rendersi conto che le file davanti agli sportelli della Northern Rock nel 2009, pur non essendo un fenomeno solo britannico, hanno poco a che fare con l’Europa  (peraltro molto “interne” e “piratesche” furono già le crisi bancarie UK degli anni ’70); dovranno anche comprendere che non è più eticamente tollerabile pretendere di dissociarsi sempre e di continuo dalle regole europee (compresa da ultimo la gestione condivisa del dramma dei rifugiati) e pretendere nello stesso tempo di poter continuare a fare affari a condizioni privilegiate. Non è solo una questione di “cosa” conviene a “chinell’immediato, come sembrerebbe emergere dal topolino recentemente partorito dalla montagna Consiglio Europeo. C’è un problema più generale di sfaldamento dei valori europei e di cattivi maestri.

Questo Blog, esattamente un anno fa, ha giustamente messo in evidenza che la Grecia è stata chiamata a pagare forse più di quanto strettamente necessario, e questo solo per i casini negoziali che ha combinato. E’ vero, il Regno Unito (resterà tale ?) non è la Grecia, ma è anche vero che gli altri Paesi europei non potranno avere per sempre l’anello al naso e non saranno disposti ad accettare svalutazioni competitive e/o altri vantaggi concorrenziali derivanti dal mancato rispetto di vincoli condivisi e regole comuni che tutti gli altri sono invece obbligati a rispettare.

Italy.

Sul WSJ.

www.wsj.com/articles/bad-debt-piled-in-italian-banks-looms-as-next-crisis-1467671900

Interessante, però per leggerlo sembra che sia necessario abbonarsi al WSJ ....

 

M.

La "fanciullesca" impreparazione alla propria vittoria era stata molto evidente dopo il successo elettorale del M5S a Parma. Nessuno di loro si aspettava di vincere. Forse qualche elettore ha votato solo per protesta contando che la maggioranza avrebbe votato PD, molti altri però hanno votato sperando in un cambiamento e non possiamo dimenticarci di loro.