Compare sull’Unità di oggi un’intervista a M.C. Carrozza, ministro dell’istruzione e quindi anche dell’università. In quanto ex-direttrice della Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento (SSSUP), uno degli atenei di eccellenza (analogo alla Scuola Normale) dovrebbe intendersi molto di ricerca avanzata. Eppure l’intervista, insieme a molte buone intenzioni, mostra alcuni passaggi sconcertanti. Forse è colpa della giornalista. Esordisce dicendo che bisogna investire nella ricerca – ottima idea. Prosegue promettendo un piano specifico per i ricercatori
È un piano che guarda ai ricercatori, alla loro carriere e alla loro indipendenza: premieremo gli atenei che danno maggiore indipendenza ai giovani ricercatori, che li fanno coordinatori e responsabili di progetto. E chi pubblica senza il proprio supervisore di dottorato, per valorizzare la loro proprietà intellettuale. Vorrei puntare sull’empowerment, un rafforzamento del ricercatore come figura di leadership, una novità per l’Italia.
La questione del supervisore e' anomalia italiana. Ma passi, è un dettaglio. Mi preoccupa di più l’accenno alle carriere: in Italia i fondi all’università negli ultimi anni si sono sempre tradotti in fondi a pioggia per le assunzioni. Il ministro continua spiegando che vuole privilegiare i giovani ricercatori e distribuire i fondi su criteri di qualità con peer review, fatta dai ricercatori stessi. Quest’ultima clausola è forse comprensibile in Italia, dove i baroni hanno dato pessima prova finora, meno in assoluto. Studiosi più anziani ed esperti sono in genere migliori giudici della qualità di un progetto di ricerca relativamente ad altri.
Qualche dubbio nasce dalle forme di finanziamento
Pensiamo di concentrare lì risorse già disponibili, l’entità la renderemo nota a fine estate
Quali risorse disponibili? Vuole togliere soldi al finanziamento ordinario delle università?. Ancora più sorprendente è l’inquadramento generale della filosofia del progetto
C’è il Piano nazionale della ricerca, per cui ci coordineremo con gli altri ministeri - Salute, Agricoltura, Sviluppo - che conterrà queste linee di indirizzo, e sarà la base per i finanziamenti europei che ora partono. Vogliamo un obiettivo di sviluppo coerente, per avere più occupazione giovanile, più laureati, per combattere la dispersione scolastica. Così risaliremo nelle classifiche Ocse, che sono quelle che per me veramente contano».
Ed ancora:
Ma vorrei valorizzare anche la ricerca in campo umanistico: è necessario un piano complessivo del sistema di istruzione superiore
Cosa diavolo c’entra la ricerca avanzata con il coordinamento con gli “altri ministeri” e l’obiettivo di avere più occupazione giovanile (salvo per il piccolissimo numero di ricercatori assunti) e combattere la dispersione scolastica? E a quali classifiche OCSE si riferisce? E perché cita esplicitamente la ricerca in campo umanistico – giusto quella che non ha bisogno di fondi per attrezzature e laboratori, che è meno valutabile a livello internazionale, ma che è più labour-intensive?
Poi arriva il gran finale. L’intervistatrice chiede la sua opinione sull’ultima classifica ARWU (il ranking di Shanghai delle università mondiali) che vede un ulteriore arretramento delle università italiane – 22 nelle prime 500, zero (as usual) nelle prime cento e due sole fra il 101 ed il 150. Ed il ministro spara due o tre perle
Sappiamo che quella classifica premia certi tipi di parametri, indicati chiaramente e noti, dunque un certo tipo di atenei. E allora o noi creiamo un’università che ha la stessa libertà di reclutamento e di accesso ai finanziamenti, privata, che costa tantissimo, o sappiamo che non saremo mai primi in quella graduatoria. Certo, possiamo risalire se investiamo molto su certi parametri. Ma teniamo conto che c’è una bolla sul debito formativo degli studenti Usa, mancano 1200 miliardi: non trovano infatti lavori che ripaghino gli studi in questi atenei primi in classifica e costosissimi. Forse allora questo sistema è vicino a un punto di rottura, e noi dobbiamo dare una risposta europea, con atenei che costano meno e hanno parametri diversi, più adatti al mondo che cambia.
Il ministro dimostra una notevole ignoranza dei metodi di finanziamento delle università nel mondo: infatti delle prime dieci, tre sono pubbliche, UC Berkeley (3), Cambridge (4) e Oxford (10). Due sono inglesi – e l’Inghilterra ha introdotto tasse di iscrizioni pesanti (massimo 9000£) e prestiti di onore solo da pochi anni anni, troppo poco per giustificare la posizione di Oxford e Cambridge. E non ci capisce perché la libertà di reclutamento (dei docenti) sia costosa. Casomai è costoso reclutare superstars anziane, ma non necessariamente giovani ricercatori. Sorvoliamo sulla "risposta europea" e sul "mondo che cambia" - è noto che tutti i paesi emergenti investono molto proprio nelle università di élite e nell'assuzione di superstars. Per rimanere in Europa, la Germania distribuisce fondi extra (molto consistenti) alle università migliori, scelte da un panel di esperti internazionali.
In tutto questo, l’aspetto più singolare e per me preoccupante è il totale silenzio sulla VQR, da poco finita, che dovrebbe servire a distribuire una parte dei fondi sulla base della qualità della ricerca. Non vorrei, ma sono malfidato,che il piano per i giovani ricercatori sia un sistema per ridurre al minimo i fondi premiali o per rinviarne la distribuzione, sostituendola con un bel bando a pioggia per giovani ricercatori, magari con una preferenza per le facoltà umanistiche e/o del Sud (dove in effetti c'è molta più dispersione scolastica).
Mi fa ridere questa frase:
Cioe', cosa vorrebbe dire la ministra? Vorrebbe sostenere che una costosa laurea a Stanford non permetterebbe ad un laureato di riguadagnarsi sul mercato i soldi spesi per gli studi? Una laurea a Berkeley porterebbe dritta alla disoccupazione come una laurea all'Universita' della Basilicata? ah ah ah ah cara ministra non ci faccia ridere!
Le mie sorelle si sono laureate nell'ateneo reggino. Entrambe lavorano da diversi anni nella loro professione, con esperienze significative, perlopiù al di fuori dei confini italiani. Una delle due, periodicamente, manda il suo CV ad una specifica azienda(diciamo top 3 del settore a livello globale). Oramai non lo fa nemmeno più perché vorrebbe lavorare per loro, ma giusto per capire quanta esperienza professionale deve accumulare per bilanciare il fatto di essersi laureata brillantemente nell'università di Reggio Calabria invece che in una università piu quotata. In anni non l'hanno mai nemmeno chiamata per un'intervista, mentre amici, colleghi e conoscenti appena laureati in altre università più quotate sono stati invitati per un'intervista immediatamente al primo tentativo, pur non avendo esperienze professionali paragonabili, anche per posizioni che richiedevano esperienza. Mia sorella è genuinamente convinta che il problema sia che in quella specifica azienda la sua alma mater deve essere in una black list, o non essere in una white list, e dando uno sguardo al suo CV, alle sue referenze, ai progetti in cui è stata coinvolta praticamente sin dall'inizio della sua carriera, ed alle posizioni per cui ha mandato il CV (in molti casi parevano tagliate su misura), sinceramente anch'io non saprei che altro pensare.
Forse il ministro intendeva questo
Non so Stanford, ma con una laurea alla University of Chicago si può finire così.