Le ultime vicende politiche italiane, con la decisione del primo ministro di querelare alcuni giornali italiani e stranieri, hanno sollevato l'ennesima riflessione circa la qualità della democrazia italiana, i rischi di una sua involuzione in senso autoritario e provocato la conseguente mobilitazione per evitare simili rischi. Come è naturale, è da parte dell'opposizione che si levano le grida più accorate, perchè a giudizio di quest'ultima sarebbe grave, se non esiziale, il rischio che corre la democrazia italiana dinnanzi alla dismisura del potere politico, economico e mediatico del quale l'attuale presidente del consiglio dispone. Ovviamente non è certo la dismisura di quel potere che intendo contestare, quanto piuttosto la poca credibilità con la quale l'opposizione contrasta quel potere. Sui limiti di efficacia dell'azione politica dell'opposizione non mi esprimo nemmeno, perchè come tutti possono vedere essa è semplicemente afasica e pure quando ritrova la favella diventa comunque inconcludente. Il problema di credibilità dell'allarme sullo svuotamente della democrazia si estende su più piani. In primo luogo vi è il limite oggettivo derivanti dalla ripetizione di un allarme: una sirena che suona sempre, non segnala più nulla di eccezionale, perde credibilità e diventa solamente una fonte di rumore inutile e fastidioso; inoltre, un vecchio adagio suggerisce che a forza di gridare al lupo al lupo, nessuno crederà più all'arrivo del lupo, anche quando questo dovesse realmente arrivare.
Ma assumiamo pure che la regolarità (nel senso di non eccezionalità) di un sistema di allarme , per quanto limitativo della credibilità dell'allarme stesso, possa comunque essere giustificato: del resto se i pericoli sono frequenti, pure l'allarme lo sarà. Poniamo dunque che la frequenza dell'allarme ancora non ci dica nulla sulla realtà del pericolo che esso intende segnalare.
A mio avviso rimane però che esiste una preoccupante regolarità temporale negli allarmi lanciati dal centro-sinistra, e tale regolarità coincide con il suo permanere all'opposizione: fintantochè la sinistra è al governo questo tipo di preoccupazioni, per non parlare delle petizioni e delle chiamate a raccolta, non hanno molto spazio né tra i dirigenti né tra i militanti ed elettori. Se dunque la regolarità delle diagnosi sul reale stato di salute della democrazia in Italia è collegato in maniera significativa al ruolo politico ricoperto dalle opposizioni attuali (secondo il seguente schema “se siamo al governo, la democrazia è sana; se siamo all'opposizione c'è il rischio di autoritarismo”) allora sorge il dubbio che il nobile sdegno possa occultare dinamiche di lotta per l'accaparramento di potere...che poi è quello che da che mondo e mondo i politici sempre fanno. Insomma, in linea di massima un allarme ripetuto eccessivamente e proposto “in tempi sospetti” diventa poco credibile e sospetto anch'esso.
Sulle circostanze che hanno condotto alla stesura dell'appello del giornale Repubblica mi preme sottolineare che anche esponenti del centro-sinistra hanno in passato querelato non solo giornalisti, ma anche vignettisti e che la cosa non ha suscitato allora la sorpresa e la rabbia suscitata oggi da iniziative di eguale tenore. Sorprende poi che Repubblica, allo scopo di dare enfasi e pubblicità alla sua azione di contrasto del primo ministro aggiorni in tempo reale i nomi di coloro che aderiscono all'appello: alcuni giorni fa campeggiava il viso di Adriano Celentano, e poi via via di tutti gli altri nani e ballerine che si sono aggiunti ai primi giuristi firmatari dell'esimio consesso virtuale. I due aspetti appena richiamati sono a mio avviso rivelatori della natura strumentale di iniziative del genere. Una stessa condotta (parliamo della querela contro un giornalista o un vignettista- come nel caso D'Alema vs Forattini, una querela che peraltro D'Alema ha poi ritirato) non può in alcuni casi essere anche solo tollerata e in altri assolutamente contestata; se le querele di D'Alema contro Forattini ed altri giornalisti non erano necessariamente un attentato alla democrazia, allo stesso modo dovranno essere considerate querele sporte da una parte politica avversa a quella di D'Alema. Così come non si comprende perché se volti noti della televisione parteggiano apertamente per il centro-destra, magari anche ricoprendo cariche politiche, esse sono la manifestazione plastica della telecrazia berlusconiana, mentre se analogo impegno politico è profuso, poniamo, da Jovanotti o Allevi, allora in quel caso essi non fanno che esercitare una sincera e generosa sorveglianza democratica.
Ma queste, lasciatemelo dire, sono facezie. Le cose serie stanno altrove.
Innanzitutto, una democrazia non è mai uno statico hic et nunc, perché è sempre suscettibile di miglioramenti e peggioramenti: pensare che possa bastare una querela ad un giornalista per dare il tono all'intero funzionamento di una democrazia significa esagerare gli effetti di una decisione singola. Se volessimo prendere il significato più minimale possibile di democrazia, e volessimo stabilire se esso è attualmente in pericolo in Italia, ebbene io credo che potremmo trarre da un simile "test" motivo di tranquillità. Al momento, nessuno intende privare arbitrariamente i cittadini, o alcuni fra essi, del diritto di voto; tantomeno si registra il tentativo di abrogare per via maggioritaria quei diritti che rendono libero e consapevole l'esercizio del diritto di voto; infine, grazie a Dio, non si registrano fenomeni di violenza politica generalizzata né in prossimità, né durante, né dopo le elezioni in misura tale da rendere l'espressione di una volontà democratica impossibile o anche solo difficoltosa. Nessuno credo che sarebbe seriamente disposto a negare i fatti che ho riportato sopra con riferimento all'Italia di oggi: pur con tutti i limiti che le nostre istituzioni mostrano, esse ancora garantiscono i diritti fondamentali dei cittadini.
Ma alcuni paventano che il rischio alla democrazia sia più subdolo e sottile: esso verrebbe da un'accorta manipolazione del consenso dell'opinione pubblica, operata in condizioni di semi-monopolio commerciale sulle reti televisive private esistenti, e su un controllo politico delle reti pubbliche. La cosa di per sé è vera e incontestabile: magari in condizioni di mercato dei media differenti da quelle attuali il consenso per l'attuale maggioranza di governo sarebbe inferiore, ma non è questo il punto. Il punto vero è che l'attuale opposizione assume che questi due punti siano dirimenti rispetto al “conclamato” peggioramento della qualità della nostra democrazia. Rimane però che l'opposizione politica di sinistra non solo non ha fatto nulla per sanare questa situazione quando ne aveva il mandato popolare, ma ha anche cogestito uno dei due corni del problema (il controllo politico sulla televisione pubblica) legittimadolo e assumendo quella forma perversa di spoil system come del tutto fisiologico; e quando l'attuale opposizione faceva tutto ciò, adagiandosi beatamente nella stanza dei bottoni politici e mediatici, puntualmente metteva in naftalina il problema del conflitto d'interessi del suo principale competitore politico. Dal momento che l'opposizione ha adottato questa condotta più volte, sorge il dubbio che essi non siano errori, ma piuttosto parte di una tattica di potere collaudata.
In conclusione, l'assetto del mercato dei media in Italia è quello che è da diversi anni, e se quell'assetto è denunciato come pericoloso solamente quando non si riesce, per le più svariate ragioni, ad averne anche solo un controllo parziale; se quell'assetto è messo in discussione solamente quando una parte ritiene la spartizione del bottino come ingiusta, allora non di salvare la democrazia da una parte politica si tratta, ma di comprendere quanta affinità di metodi e finalità più generali vi sia fra quanti governano e quanti stanno all'opposizione...e in tutto questo la democrazia, e la sua salvaguardia c'entrano ben poco. Se proprio si vuole migliorare la democrazia italiana si potrebbero firmare appelli affinchè la Rai venga venduta di modo che la politica non possa stenderci sopra i suoi tentacoli; affinchè i contributi all'editoria concessi dallo stato siano totalmente abrogati; e affinchè sia approvata infine una seria legge sul conflitto di interessi.
Aggiornamento 9/9/2009
A proposito di star system di sinistra ecco come, al Festival di Venezia, Michele Placido risponde ad UNA domanda ("è vero che il tuo film è prodotto da Berlusconi con Medusa Film?")... figuratevi se la giornalista spagnola gliene avesse fatto 10 di domande...guardate come parte in quarta e attacca la giornalista che è spagnola ma lui pensa che sia inglese; si difende attaccando Hollywood (l'invidia penis di chi è bravo di lui) e le guerre degli inglesi e degli americani in un minestrone immondo di idiozia e antiamericanismo...che schifo di spettacolo; che schifo di cinema...con Chavez applauditissimo ospite di questi dementi che mentre firmano contro la "dittatura" di Berlusconi, accolgono a braccia aperte, alla mostra di Venezia, quel cialtrone venezualano.
Ps: ovviamente Michele Placido ha firmato l'appello di Repubblica.