I marinai hanno millenni di tradizione. Chiedete a un pescatore di Marsala di farvi un nodo con date caratteristiche e avrete un'idea di cosa parlo. Le decine di nodi che si usano sono tutti diversi, alcuni generici, altri estremamente specifici. Tutti collaudati da secoli o millenni di pratica, a seconda del nodo, ed affidabili al punto che nessuno osa mettere in discussione la serietà della "teoria dei nodi" marinaresca. Gli alpinisti, d'altro canto, hanno una storia di meno di un paio di secoli. Anch'essi usano le corde e i nodi, e spesso in situazioni più estreme, in cui la tenuta della corda e del nodo è l'unica vera garanzia di sopravvivenza. I nodi usati sono pochi (una decina in tutto, con qualche variante), estremamente specializzati, e a quanto mi risulta non ce n'è uno che non sia inventato in marina - sebbene con altri scopi. La fisica e la matematica sono come la marina: millenni di storia, tecniche raffinatissime e affidabilissime, tanto che mandiamo gente nello spazio. L'economia è una scienza più giovane, come l'alpinismo; però usa, tra le altre cose, la matematica e la usa in modo serio. Non so quante siano le teorie o anche solo i singoli i teoremi di matematica sviluppati in ambito economico e che non siano semplicemente presi a prestito. Di certo la teoria dei giochi è un esempio, ma ci sono ambiti enormi - l'ambito quant in cui lavoro, tanto per fare un esempio - in cui si usa moltissima matematica senza un solo teoremino originale. Il mio punto è che la modellazione matematica in economia è come la corda nell'alpinismo. Ha un ruolo molto importante, senza di essa si può far poco, ma essa non è il punto centrale. Provate a mettere il pescatore di Marsala di cui sopra sulla Mer de Glace e lo troverete senza dubbio in difficoltà, probabilmente in pericolo di vita: il massimo a cui può aspirare, con le sue conoscenze marinare, è di trovare un sasso a cui legarsi con la corda (sicuramente troverà un nodo adatto all'occasione), e si metterà seduto, paziente, a chiedersi come mai quel ghiacciaio qualcuno l'ha voluto chiamare mare (Mer), chiedendosi dove sia l'analogia e concordando probabilmente più con la descrizione del ghiacciaio che fa Mary Shelley in Frankenstein che con quella che fa Massimo Mila in Racconti di Montagna.
Eppure ci sono cascato anch'io. Finito il mio PhD, durante un postdoc, mi sono messo a studiare metodi matematici per la finanza. Essenzialmente la famigerata formula di Black-Scholes. Ed avendo un numero irragionevole di amici economisti, mi sono messo a chiacchierare con loro. La mia prima reazione fu di ritenere la matematica che usavano inadeguata e superficiale. Feci persino una chiacchierata con uno dei redattori di NFA - al tempo studente di dottorato - raccontandogli per grandi linee la teoria della misura, nascondendo (o cercando di nascondere) l'arroganza che mi faceva pensare che stessi regalando perle ai porci. Mi sbagliavo di grosso (e chiedo scusa). Un economista può tranquillamente ignorare le considerazioni e le conseguenze matematiche del teorema di Banach-Tarski - cosa che un matematico o un fisico non si possono permettere di fare - senza però perdere di vista il punto centrale della teoria.
Poi ho iniziato a lavorare in finanza. Il mio primo datore di lavoro (ora ottimo amico) aveva un passato da economista: formazione al MIT, anni passati negli USA in ambito accademico e poi quidici anni di esperienza nel mondo della finanza, con esperienze incredibili. Tra queste spiccava la sua partecipazione a LTCM e al suo fallimento. La mia reazione ai suoi racconti, di cui oggi non vado fiero (altre scuse), era del tipo "certo che LTCM è fallito, con quei modelli matematici patetici che usava, ci vorrebbe ben altro, tipo..." e poi partivo con una sfilza di idee. Che oggi etichetterei senza pietà come clichet da fisici arroganti. Perché tale ero.
Poi c'è stato il 2008, con i subprime prima (nel 2007) e Lehman poi. Ed io avevo pure avuto un certo successo in qualità di risk manager del fondo per cui lavoravo: avevamo Lehman come prime broker (vale a dire che tramite Lehman avevamo accesso ai mercati) e nelle tre settimane prima del suo crollo decidemmo di togliere tutti i soldi dal tavolo e metterli sotto il materasso (in particolare di toglierli dai conti che avevamo con Lehman). Il nostro fondo, a differenza di altri, non fallì, limitando le perdite a una decina di punti percentuali. Avrei potuto godermi il momento in santa pace, ma non sono riuscito a non notare che il mio successo non era dovuto ai miei modelli (che in quell'ambito erano tutti falliti miseramente), ma al semplice fatto che avevo tenuto d'occhio lo spread dei CDS su Lehman che pian piano (da inizio anno) esplodeva. Quello che mi aveva salvato era il fatto di aver capito una cosa o due su come funzionano i mercati, non il saperli modellare con matematica elegante. Ed ho avuto, forse per la prima volta nella mia vita professionale, l'umiltà di ammettere che dovevo forse ripensare il mio modo di lavorare.
Farlo non è stato certo facile, specie quando si ha la netta impressione che l'industria quant (ed anche quella della finanza, in generale) non abbiano molta voglia di imparare le dure lezioni impartite dalla crisi. Ma gli utlimi tre anni hanno contribuito alla mia crescita intellettuale e professionale molto più di qualsiasi periodo di uguale durata (nella vita da adulto, almeno). Ed un punto fondamentale è stato il voler cercare di capire qualcosa di economia. La mia partecipazione a NFA è un'occasione fantastica, perché ci si può confrontare con gente che di economia ne sa tanta, ed essere ripresi non fa male. Anche la normale dose di schiaffoni boldriniani mi ha fatto bene. Anzi, proprio su NFA ho ricevuto uno dei migliori consigli che ricordo: leggere Friedman. Certo la mia comprensione non può ambire ad essere totale o paragonabile a quella del più ignorante degli economisti, ma non è questo il punto. Il punto è che oggi sono un risk manager molto migliore di prima e tra cinque o dieci anni voglio essere migliore di oggi. E non posso pensare più di poter fare il mio mestiere senza capire cosa siano veramente i mercati, cosa che non posso sognare di fare senza capire cosa sia l'economia.
Una ventina d'anni fa mi godetti Caro Diario, di Moretti e con Moretti guardai sbalordito al fatto che "i medici sanno parlare ma non sanno ascoltare". Nel film Moretti racconta di come un suo prurito cutaneo non fosse stato riconosciuto dai dermatologi come sintomo di un cancro al sistema linfatico. Anni dopo, parlando con un amico medico, lui mi fece notare l'errore di Moretti: si era autodiagnosticato un problema dermatologico ed era andato da specialisti che non avevano risolto il problema. Certo, mi disse l'amico medico, Moretti avrebbe dovuto andare dal medico di base che avrebbe avuto uno spettro più ampio e il tumore sarebbe stato diagnosticato prima. Nella pratica, il metodo suggerito dall'amico medico funziona. Forse l'autodiagnostica con conoscenze mediche superficiali non è il massimo. Allo stesso modo, una qualsiasi considerazione economica fatta dal profano, per quanto apparentemente logicamente coerente, in generale sarà viziata da una superficialità. Come ci fidiamo dei medici dovremmo fidarci degli economisti. E se dubitiamo, mettiamoci a studiare.
Come molti, redattori e commentatori di NfA, ho firmato la petizione sul concorso per ricercatore dell'Università del Piemonte Orientale. Oggi ricevo una mail, nella quale si evidenzia un comportamento a mio parere anche più scandaloso in un concorso per ricercatore in economia dell'Università dell'Insubria. Poiché tutti coloro che hanno firmato la prima petizione, fortemente appoggita da NfA, hanno sicuramente ricevuto l'avviso odierno, mi chiedo se, come promesso, NfA possa prendere l'iniziativa di appoggiare anche questa petizione.