Ci penso dall'altro giorno, e non sapevo che pesci pigliare.
Oggi, leggendo l'editoriale di Ostellino sul Corriere, quello non firmato su Europa, quello di (udite, udite) Alvi sul Giornale, e (udite, udite di nuovo) il servizio molto "matter of fact" sull'Unità (mi fermo a quattro, ce ne sarebbero altri) ho ripensato ai miei dubbi e riflettuto.
Poichè trovo gli articoli summenzionati, e quant'altri ho avuto occasione di leggere, periferici o tangenziali rispetto alle vere questioni di fondo provo a ragionare a voce alta. Voi, che dite?
A favore del comportamento italiano militano i seguenti argomenti.
(1) Abbiamo salvato una vita umana innocente senza promettere nulla per il futuro. L'autista era oramai stato ucciso e l'interprete non era sul tavolo della trattativa.
(2) Quella in Afghanistan è una guerra fra due eserciti contrapposti, ed in guerra è da sempre legittimo scambiarsi prigionieri. Lo fa persino Israele con i palestinesi. Noi abbiamo seguito la stessa regola.
(3) Corollario del punto (2): per quanto alieni ci sembrino, i Talebani rappresentano ed hanno il supporto morale e militare della stragrande maggioranza dei 40 milioni circa di Pashtuns che vivono fra Afghanistan e Pakistan. Occorre riconoscere la loro esistenza e scendere a patti: a meno che non vogliamo massacrare o colonizzare per decenni un popolo di 40 milioni di persone è necessario trattare con i Talebani-Pashtuns.
(4) Non vi è nessuna guerra di civiltà in corso, solo una guerra "normale" che occorre combattere sia sul piano militare, stiamo modestamente facendo la nostra parte, che su quello diplomatico. La soluzione finale non esiste, esiste solo una soluzione di compromesso che si ottiene sia combattendo che negoziando.
Contro il comportamento italiano militano i seguenti argomenti.
(I) Con i terroristi non si tratta perchè questo è un gioco ripetuto: cedere oggi vuol dire cedere domani e causare un numero maggiore di morti. La nostra trattativa ha aperto la porta alla "caccia all'occidentale" in Afghanistan.
(II) Abbiamo accettato di partecipare ad una guerra in cui vi sono sia nemici che alleati. Il nostro comportamento dimostra che siamo alleati inaffidabili, ossia falsi e vigliacchi. Detto altrimenti: il voltagabbana della prima guerra mondiale e dell'8 Settembre 1943 continua ad essere parte della cultura nazionale.
(III) La trattativa ha legittimato gente pessima che, pur parlando la nostra lingua, sembra stare più con i Talebani che con noi (come conferma l'editoriale di Liberazione). Quando ci si fa rappresentare da dei traditori si perde qualsiasi legittimità internazionale.
(IV) Il regime Talebano del 1996-2001, e la guerriglia che ora risorge, sono così lontani ed alieni da qualsiasi nozione di vita civile come noi la immaginiamo che non risulta possibile alcuna mediazione. L'unica scelta possibile è quella di combattere contro di loro sino alla nostra vittoria finale. Trattasi di vero scontro epocale fra la nostra civiltà e la loro inciviltà.
Sommario.
A rileggere i due gruppi di argomenti, mi rendo conto che:
- I punti (1), (I), (IV) sono insensati o per lo meno non reggono storicamente o/e logicamente. A rifletterci la loro incorenza mi sembra auto-evidente. Comunque, nel caso serva, cercherò di motivare la mia affermazione in seguito.
- I rimanenti punti mi sembrano difficili da criticare, - non fatevi confondere dalla mia suddivisione, alla fine ci sono al massimo due argomenti buoni per parte in quanto (2) e (3) sono uno il corollario dell'altro.
Questo implica che la posizione di politica estera che io mi sentirei di appoggiare è la seguente
Rifiutare qualsiasi trattativa che premi il rapimento di persone non coinvolte direttamente nel conflitto (Mastrogiacomo è un giornalista, non un soldato). Se i civili decidono di infilarsi volontariamente in zona di guerra corrono dei rischi non assicurabili. Dissuadiamoli dal farlo, ma non prestiamoci ai ricatti. Non è nostra responsabilità se la parte avversa non ottempera con le regole della Convenzione di Ginevra ed accordi collegati. Detto alternativamente, trattative per il rilascio di soggetti civili devono essere gestite solo da civili, senza alcun coinvolgimento di governi, eserciti e prigionieri militari.
Riconoscere l'esistenza di una etnia-esercito Pashtun-Taliban che vuole vivere sulla sua terra secondo le proprie regole. Per folli che ci possano sembrare le loro regole di vita, esse sono indipendenti da Al-Qaeda e la precedono; soprattutto: non sono modificabili sulla base di bombardamenti, per vasti o chirurgici che questi siano. Con tale popolo occorre trattare, visto che l'alternativa (ossia, massacrarli tutti) è moralmente inaccettabile e praticamente impossibile.
Ovviamente la proposta del Ministro degli Esteri italiano di ammettere i Talebani ad una conferenza internazionale di pace perde qualsiasi credibilità a causa del comportamento dello stesso nel caso Mastrogiacomo.
Questo dimostra, se ve ne fosse bisogno, che la coerenza politica, la dirittura morale e la chiarezza intellettuale fanno differenza, e che "arrangiarsi" porta solo all'irrilevanza che ben spetta al cialtrone. Risulta triste riconoscere che, in questi trent'anni di storia nazionale, gli unici coerenti sono risultati gli ex (dicono loro) fascisti ed i tuttora (dicono pure loro) comunisti. Coerenza folle, purtroppo, perchè retta solo dall'odio ideologico per l'avversario politico.
Avvertenza. Per coloro che hanno una tendenza pavloviana ad utilizzare qualsiasi tema per tirare acqua al proprio mulino politico del momento, vorrei fare le seguenti due osservazioni.
La grande maggioranza di coloro che oggi - in FI e paraggi - predicano la linea dura, ai tempi del rapimento di Aldo Moro sosteneva invece la cosidetta "scelta umanitaria". Questa implicava lo scambio fra terroristi in prigione e l'ostaggio. Bettino Craxi, da cui molti di essi discendono e che tutti loro plaudono, su questa posizione ambigua costruì una buona fetta della sua fortuna politica. Fortuna sua, sia chiaro, perchè di jattura nazionale si trattò.
Molte delle persone che - da posizioni di governo ed in primis l'attuale Ministro degli Esteri - hanno scelto oggi di trattare con i Talebani a mezzo di ambigui personaggi, al tempo del rapimento Moro presero una posizione di totale rigidità, dichiarando che con i terroristi ed i loro postini non si tratta mai ed in nessuna circostanza. Alcuni fra quelli che oggi governano facevano allora sedute spiritiche sulle quali stendiamo un velo di non pietoso disprezzo.
Questi due fatti inconfutabili la dicono lunga sulla qualità morale dei politicanti italiani e credo contribuiscano a spiegare l'attitudine negativa con cui il resto del mondo guarda le azioni e le proposte che dall'Italia arrivano.
Spero questo permetta di dibattere la questione evitando posizioni preconcette.
In tutte le guerre post-9/11 il governo italiano ha tentato tutto il possibile per salvare la vita ad eventuali prigionieri civili. La maggioranza che sostiene il governo, poi, ha al suo interno una (non minuscola) componente che del pacifismo ha fatto la sua bandiera. Queste semplici realtà hanno escluso già a priori la possibilità che nel caso di Mastrogiacomo potesse prevalere un'altra impostazione. Sono felice per la liberazione del giornalista di Repubblica, e non credo che questo porterà ad una riapertura in grande stile della "caccia all'occidentale". Dopo tutto, non penso che Luttwak abbia tutti i torti quando dice "Se rapiscono un giornalista del NYT gli americani non trattano. E questa è la ragione principale per la quale NON rapiscono i giornalisti del NYT".
Si apre, insomma, la questione dei civili italiani. Le ragioni che citavo all'inizio, infatti, rendono inverosimile OGNI tentativo del governo di fare la faccia cattiva. Fa notare Severgnini che i civili italiani presenti in zone di guerra mediorientali sono (o possono diventare molto in fretta) parte integrante di una strategia politico/militare. Questo dovrebbe far riflettere molto attentamente.
Una nota, infine, sul caso Moro. Non mi pare sia un parallelo calzante. I tempi sono troppo lontani, la situazione troppo diversa. Dichiarazioni come quelle di Cossiga (Ricordo di avergli sentito dire una cosa del tipo: "Lo Stato non trattò per debolezza. I forti possono permettersi di trattare, i deboli no". Cossiga!) fanno capire come il caso Moro sia distante (a voler pensare bene) o comunque "unico".
Non mi pare che il governo italiano abbia trattato tutti i rapimenti nello stesso modo, ma che ci siano stati tre atteggiamenti diversi:
1) Massima mobilitazione (Sgrena, Mastrogiacomo, 2 simone)
2) Trattativa svogliata (Quattrocchi &C.): pagamento di riscatti accompagnato da pubblico biasimo x i "mercenari"
3) Sostanziale indifferenza ( Enzo Baldoni, Ayad Anwar Wali - Iracheno sposato in Italia)
Non ho idea dei motivi alla base delle differenze, (tranne per Wali, poco attraente per l' opinione pubblica) ma mi paiono evidenti.