Ho visto alcuni giorni fa il nostro Presidente della Camera post fascista qui a Dubai che si faceva accompagnare dall'ambasciatore italiano in uno dei club piu' esclusivi (e costosi) dell'Emirato.
Forse l'idea della predicazione in italiano nelle moschee gli sara' venuta dalla frustrazione di essere circondato da arabi che non parlano italiano. Ma mi piacerebbe sapere come reagirebbe questa mente soppraffina se a Dubai (o al Cairo o in qualsiasi altro paese arabo) il governo imponesse che la Messa cattolica fosse celebrata in arabo, incluso il sermone. E cosa ne penserebbe il nostro post fascista se il governo israeliano imponesse che le cerimonie religiose nella chiesa della Nativita' a Betlemme o nella Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme fossero celebrate in ebraico?
Ma mi piacerebbe sapere come reagirebbe questa mente soppraffina se a Dubai (o al Cairo o in qualsiasi altro paese arabo) il governo imponesse che la Messa cattolica fosse celebrata in arabo, incluso il sermone.
Non e' questo il punto, anzi questo raffronto porta solo a dare ragione a Fini: in Arabia Saudita, ma anche in Libia, almeno fino al 2001, le uniche cerimonie religiose ammesse sono quelle della religione musilmana. In Arabia Saudita, inoltre, alcune regioni sono precluse all'accesso dei non musulmani.
Nella liberalissima (per gli standard arabi) Dubai, e' comunque vietata la religione ebraica, mentre le altre sono ammesse solo per gli stranieri e solo dentro ai luoghi di culto a loro riservati, ai locali e' vietato convertirsi.
Non credo che confrontarsi con quanto avviene nei paesi dove la religione e' legge di stato o quasi possa portare a migliorare la situazione italiana, ma giustificherebbe lo scendere al loro livello.
Una delle ultime messe a cui ho assistito e' stata proprio in Libia ad una messa clandestina nel deserto, con un sacerdote che ufficialmente era un meccanico, proprio per il gusto di ribadire la mia contrarieta' a limitazioni alla religione. Spero che mai in Italia ci ridurremo nelle stesse condizioni.
Per gli ignoranti in materia le celebrazioni cattoliche sono comunemente nella lingua dei partecipanti al rito. L'omelia lo e' sempre anche quando la messa fosse in latino.
I (pochi) cristiani palestinesi di Betlemme vanno alla messa in arabo.
Al di la' di facili battute, la dichiarazione del Presidente della Camera e' forte.
A quanto riporta l'ANSA ha detto: "''La predicazione nelle moschee deve essere fatta in lingua italiana. E piu' in generale, il Corano deve essere predicato nella lingua del paese in cui il musulmano vive.".
Questa comunicazione ha una forma e un contenuto.
La forma e' discutibile: per quanto il fine che intende perseguire possa essere nobile e anche ammettendo che la sua proposta sia efficace per il raggiungimento di questo fine, beh... dire a qualcuno come deve pregare non mi sembra sia una strategia vincente. Quindi o ammettiamo la scarsa intelligenza oppure ci si dovrebbe chiedere COSA veramente voleva ottenere con questa affermazione (invece di lavorare per far passare in maniera sottile e potente questa idea).
Il contenuto sembra invece composto da due parti: predicazione in lingua corrente/Corano in lingua corrente. Nessuna delle due e' una brutta idea "a priori", ma certo hanno un contributo rivoluzionario enorme (la seconda, quasi eccessivo). L'Islam ha un testo rivelato, che e' quello e non ci sono santi (e' il caso di dirlo). Tradurlo e' possibile per farlo conoscere a chi non parla quella lingua, ma e' impossibile tradurlo per fini di preghiera. Perlomeno e' impossibile all'interno dell'orizzonte culturale e religioso dell'Islam. Anche la predicazione, non e' semplice deviare da una tradizione forte che vede protagoniste l'arabo, il persiano e il turco. Ora, per la predicazione c'e' "solo" una forte (e' un eufemismo) tradizione, ma per il Corano c'e' addirittura un problema teologico.
Con queste premesse, un Islam in lingua corrente mi sembra quantomeno improbabile, per quanto porti con se un'idea di integrazione (in quanto a quel punto l'identita' religiosa non passerebbe da una differenza con l'identita' di cittadino) affascinante, che ben va oltre i timori infantili che nelle moschee si predichi il conflitto di civilta', quando addirittura non il terrorismo.
Non si tratta di una questione di sicurezza spicciola (figuriamoci!), ma di una questione antropologica ben complessa, che sicuramente non si affronta con dichiarazioni estemporanee.
La messa in Latino non la commento. A me piace molto, ma in generale penso che rischi di tenere lontani i fedeli dal contenuto della liturgia.
A me sembra che il caro, vecchio, Karl, filosofo tedesco dell'800 avesse ragione quando sottoscriveva Feuerbach sulla religione come "oppio dei popoli". Chissà che oppio aveva in mente GF, quando ha parlato, o forse parlava ad Atene perchè Sparta intenda.. le vie (della politica italiana) sono infinite... Una sola nota a favore di GF, effettivamente se volessi conoscere il Corano lo preferirei in una lingua meno ostica dell'arabo,ma a quanto pare il profeta aveva un popolo prediletto. Mi ricorda tanto un altro popolo prediletto, sarà per questo che si scannano alla grande da più di duemila anni ?
sarà per questo che si scannano alla grande da più di duemila anni ?
Neanche 100, son gli anni Marco, neanche 100. Diciamo 80 a farla grande, che c'era qualche casino in corso anche prima della seconda guerra. Prima, che io sappia, successo quasi niente tra musulmani ed ebrei.
Chi, gli ebrei, li ha scannati alla grande da mille anni circa a questa parte, e con particolare intensità negli ultimi 650, è un'altra religione: la cristiana.
Beh, scusate se faccio il precisino, ma tra ebrei e musulmani la cosa e' ben piu' antica e risale ad esperienze delle stesso maometto: si parte dalla violazione da parte degli ebrei del famoso patto di medina, cui segui' il massacro degli ebrei quando le truppe musulmane vinsero la battaglia (guardatevi una qualunque bio di maometto, va bene anche wiki). Questo ha ripercussioni anche sul corano stesso: nelle sure scritte prima di quell'episodio gli ebrei sono tipicamente trattati con favore in quanto popolo del libro; in quelle scritte dopo, sono insultati con veemenza. (Queste ultime sono spesso citate da musulmani in vena antisemita.) (In merito, consiglio la lettura dell'introduzione del corano nella traduzione di Bausani). E' pero' vero che nei secoli successivi i musulmani si sono dimostrati ben piu' tolleranti verso gli ebrei dei cristiani (e.g. spagna prima e dopo il 1492, o l'impero ottomano).
Cio' detto, pensare di avere funzioni religiosi islamiche che non usino l'arabo e' probabilmente una delle idee piu' imbecilli e superficiali che abbia sentito da un po'. ma daltronde, che ci aspettiamo da personaggi del genere?
Ciao, non perchè lui non si difenda benissimo da solo, :-), ma Michele credo si riferisse a conflitti fra Arabi ed Ebrei in Palestina.
Comunque sul resto hai ragione. Quanto all'abbondare di imbecilli, ancora un'altra prova qui. Notate la malafede, come altro definirla, del porporato: egli infatti mette sullo stesso piano la richiesta di obiezione di coscienza di un coscritto in tempi di leva obbligatoria con la richiesta di obiezione di coscienza da parte di un medico che lavori in strutture pubbliche e dabba dare corso ad una sentenza di un tribunale dello stato. Nel primo caso, il coscritto chiede(va) di astenersi da un dovere che lui giudicava incompatibile con i suoi principi morali; il cardinale invece chiede non solo che chi sente una certa incompatibilità fra quanto prescritto dalla legge e quanto sente in cuor suo abbia libertà di comportarsi secondo coscienza, ma che così faccia anche chi quel conflitto non lo sente affatto.
Mi chiedo poi cosa intenda, per libertà di coscienza uno che crede che i contenuti di quella libertà possano essere definiti ex-cathedra dal papa: è evidente che questi considerano l'esercizio della libertà di coscienza giustificata, solo nel caso in cui tale libertà si identifichi con i loro dogmi, che però sono sottratti proprio all'esercizio della libera coscienza individuale.
Strani poi queste tonache. Sempre lì a vedere piani incliniti e nuovi olocausti...però quando c'è stato davvero, l'Olocausto, erano assai più silenti.
E poi facciamo un esperimento. Immaginiamo che a dire la frase:
"La legge di Dio non può mai essere contro l'uomo. La legge di Dio è sempre per l'uomo. Andare contro la legge di Dio significa andare contro l'uomo. Dunque, se le due leggi entrano in contrasto è perché la legge dell'uomo non è una buona legge e si rivelerà tale dai suoi frutti"
sia un islamico barbuto che protesta contro la guerra a Gaza, magari sul sagrato del Duomo di Milano. Ebbene, quante grida, quanti alti lai sentiremmo da tutto il circo Barnum cultural-identitario-giornalistico dei vari Ferrarara, Allam, Pera e compagnia bella? E invece siccome a dirlo è un eminente personaggio che calca la scena dei salotti buoni, dobbiamo prendere quelle parole non come una manifestazione di intolleranza pronta a decidere per noi e a imporci i suoi taboo per legge, ma come l'accorata riflessione di un uomo di fede.
"Ogni uomo prega nel proprio linguaggio, e non c'è linguaggio che Dio non capisca" (Duke Ellington)