Siccome non amo ripetere ciò che han già detto (probabilmente meglio di me) altri, non ho molto da dire sull'attualità immediata.
Di quando avviene in Irlanda sapete già tutto (ok, ok: scherzavo ...).
Dei panici che la crisi irlandese provoca nel resto d'Europa ed in quella del Sud in particolare, avete già letto.
Delle implicazioni per l'Italia di quest'ulteriore aggravamento della situazione irlandese ha già detto, prima di tutti e bene, Phastidio.
Del fatto che due anni fa l'establishment affermava che la garanzia "universale" offerta dal governo irlandese alle proprie banche fosse un'ottima idea, ha già detto oggi Roberto Perotti. Eravamo, nondimeno, fra i pochissimi che dissentivano ...
Degli eventi che, nel giro di circa sei anni, hanno trasformato un paese florido ed in grande crescita in una specie di terra desolata dove niente vuole più funzionare e la povertà sembra ritornare, neanche fosse un'inevitabile destino, potete leggere un sommario (biased, come tutto ciò che costoro scrivono sul mondo che non parla con il loro irritante accento) sull'ultimo numero de The Economist.
Siccome è tutto già chiaro, cosa mi rimane da aggiungere?
Due raccomandazioni per una lettura più approfondita degli avvenimenti - hanno già scritto tutto gli altri e meglio di me, sull'Irlanda, cosa ci posso fare? - ed una morale e mezza.
Sulla crisi in corso ora, sugli errori e le responsabilità, oltre che su alcune implicazioni per il Sud d'Europa, la cosa migliore (by far) che ho visto in giro l'ha scritta Tano Santos per Nada es Gratis. Fate lo sforzo, alla fine lo spagnolo gli italiani lo capiscono e poi c'è sempre Google Translate.
Sulle vere cause della crisi irlandese, il miglior libro che io abbia trovato è Ship of Fools. Se avete un attimo di tempo, leggetelo. Serve a capire come il famoso "mercato" sia una bestia delicatissima, che va sia "attentamente" che "soavemente" regolata e come sia rischiosissimo lasciare che il "mercato" venga identificato con "quelli che comandano il mercato" ed il "regolatore" divenga "il politico con gli amici ricchi e potenti". Insomma, i conflitti d'interesse e la politica non contestabile, la politica degli amici degli amici, la politica che fa affari e gli affari che fanno politica, sono bombe ad orologeria che possono distruggere anche i paesi più floridi. E che non c'entrano nulla con il "liberismo", la "concorrenza" e tutto il resto (questa è una nota per un giovane lettore incontrato a Pisa ed ora residente a Washington).
Per finire, la mia morale e mezza.
La mezza, abbastanza ovvia, è che ora lupi e sciacalli ci spiegheranno (lo stanno già facendo) che il collasso irlandese è la prova che i mercati non funzionano, che tagliare le tasse e la spesa pubblica per stimolare quella privata alla fine fa danno, che aprirsi agli investimenti dall'estero per importare tecnologia espone a troppi rischi, e via andando. Insomma, che solo lo stato ci salverà. Per questo raccomando letture più attente sulla vicenda irlandese, per capire in che senso tali affermazioni vanno rigettate e sulla base di quali argomenti. Insomma, per pararci in anticipo dalle boiate del V&V italiano (Voltremont&Vendola) ...
La morale intera è noiosa da morire: "too big to fail" è VERAMENTE una cosa pericolosa ed il rischio morale è VERAMENTE un rischio. L'Irlanda, alla fine, sta andando in malora perché i suoi governanti hanno violato questi due principi elementari della buona condotta economica.
Hanno permesso ad una banca "well connected" di diventare così grande rispetto al resto del paese, e così indebitata, da poter travolgere il paese medesimo se le cose andavano storte. E le cose sono andate storte. Hanno anche continuato ad offrire, prima, durante e dopo l'esplosione della bolla immobiliare, protezione e copertura politica alla banca in questione, ed alle sue sorelline minori. Questo ha indotto i bancari irlandesi a fare scempio del paese. Che ora è, palesemente, in rovina. What a shame.
Prendete nota, compaesani.
Nell'editoriale di oggi sul Corriere Giavazzi suggerisce di limitare la garanzia UE ad un importo di debito pubblico pari al 60% del PIL. Per esempio, in Italia (debito 116% del PIL) sarebbe garantita dalla UE circa la metà del debito. Brillante idea. Chi decide quale è il 60% di debito da garantire? Salvo trucchetti ignobili (che non riuscirebbero, i mercati non sono stupidi) bisognerebbe dire che, p.es., i BTP 2007-2011 sono garantiti e quelli 2008-2012 no, o i BOT si ed i BTP no. Cosa succederebbe ai debiti non garantiti? Penso che i prezzi crollerebbero, e quindi il tasso di interesse aumenterebbe. Un bel two-tier market ed un incremento del costo medio del debito.
al punto in cui siamo adesso, a vacche scappate, il mercato si aspetta appunto che il debito di istituzioni finanziarie di influenza sistemica abbia ancora garanzia pubblica, ancora più di prima. la calmierazione del costo del denaro, da te prevista, è il vantaggio di questa garanzia, che ha grossi svantaggi però: il moral hazard, appunto.
Perché si dovrebbe decidere una cosa del genere? Si garantisce il 60% di ogni debito, non il 60% del totale.
E se aumenta il costo medio del debito? Perché l'UE deve garantire per intero spendaccioni come l'Italia? Per mantenere basso il costo del debito, in modo che l'Italia possa continuare a indebitarsi piú facilmente?
non so nulla degli zuccheri di Giavazzi, ma credo che sia tu a prendere un abbaglio.
La proposta si traduce in un rischio di haircut massimo del 40% su tutti i titoli.
Mi sembra una proposta insensata , comunicata nei modi e tempi sbagliati. Per fortuna sono solo chiacchiere di economisti sui giornali.