Patate lesse il lunedì. Purè di patate il mercoledì. Sformato di patate (con aggiunta di piselli, il tutto passato in forno) il venerdì. Lo chiamavamo il "ciclo della patata", un fenomeno che io ed i miei amici avevamo imparato ad osservare nelle mense universitarie.
A dire il vero, il "ciclo della patata" era più che un fenomeno sporadico: era un implicito tratto istituzionale della mensa. L'importanza del ciclo della patata risiedeva tutta in un suo particolare pregio, quello dell'economicità. Il "ciclo della patata" permette di non buttar via niente, e va benissimo soprattutto per le mense in perenne crisi gestionale, in cui bisogna fare di necessità virtù. Il "ciclo della patata" ha però anche un importante difetto, non permette di offrire dei piatti fatti a regola d'arte, con gli ingredienti giusti, secondo regole accuratamente selezionate dall'esperienza congiunta di cuochi e di contadini. Per esempio, le patate viola del Perù sono a mio avviso eccezionali se fatte bollite o, ancora meglio, al forno. Per il purè, invece, preferisco di gran lunga le patate bianche e farinose, anche perché non è detto che sia appropriato stupire i miei ospiti con un purè viola.
La commissione dei 10 "saggi" è l'equivalente politico del "ciclo della patate". E' il piatto, ormai quasi istituzionalizzato, che ti rifila la politica italiana, perennemente in crisi di responsabilità gestionale. E' il piatto dove diventa impossibile selezionare accuratamente individui diversi per affidare loro compiti di leadership molto diversi. La commistione più indigesta che esce dalla commissione dei 10 saggi è quella fra politica e autorità indipendenti. Sia ben chiaro, le autorità indipendenti hanno il dovere di fornire consulenza tecnica di alto livello agli organi costituzionali, in particolare al governo e al parlamento in carica. Ma sembra alquanto azzardato attribuire a questa commissione di "saggi" un ruolo di consulenza, per il banale motivo che un governo non c'è (anzi c'è, ma a questa commissione non sembra essere stato assegnato il ruolo di consulente al governo Monti). Cosa farà, quindi, la commissione dei 10 “saggi”? Ci sono due ipotesi.
La prima è che essa abbia come compito quello di stilare uno pseudo-programma per il prossimo governo. Se così è, tutti i membri della commissione che facciano parte di autorità indipendenti dovrebbero immediatamente dimettersi dai propri ruoli. Stilare un programma di governo ha certamente bisogno di input tecnici, ma è un atto che ha una valenza prettamente politica. Qualsiasi riforma del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione, della tassazione genera, se presa individualmente, dei vincitori e dei perdenti. E' compito della politica assumersi l'onere e l'onore di attuare scelte di questo tipo. Attenzione, non si tratta di affermare ciò che alcune menti deboli chiamano il "primato della politica", intendendo con questa espressione che la politica ha il potere di andare oltre le leggi fisiche che ci dicono che il vincolo di bilancio esiste, e che certe misure economiche hanno alcune conseguenze e non altre. Si tratta piuttosto di riconoscere che c'è differenza fra l'analisi "tecnica" e la scelta politica, con le annesse e connesse responsabilità che ne derivano. Far credere che i "tecnici" possano fare scelte politicamente neutre è una pessima idea, oltre che una palese bugia. Far credere che i "tecnici" possano starsene part-time fra un'autorità indipendente e un ruolo attivo in politica è altrettanto deleterio. Le autorità indipendenti hanno grande autonomia, e c'è un motivo per cui ciò avviene. Il motivo è rendere chiaro che certe regole (pensiamo per esempio alle regole antitrust, o alle regole sulla politica monetaria) esistono e sono credibili indipendentemente dal colore del partito politico che sta al governo. I tecnici che gestiscono le autorità indipendenti devono avere grande capacità di comprendere la politica (un elemento "politico" c'è sempre, anche nel lavoro delle autorità indipendenti). Ma i tecnici non possono mischiarsi troppo con la politica, ne andrebbe altrimenti della autorevolezza e credibilità dell'istituzione che rappresentano. Se i cittadini cominciano ad interpretare le mosse delle autorità indipendenti come mosse principalmente politiche, allora la credibilità delle regole, e delle istituzioni stesse, vanno gambe all'aria. E' molto pericoloso per la qualità delle istituzioni del Paese che si sparga l'idea che chi un giorno fa la patata "indipendente", passera' poi a fare il purè in politica, per poi magari tornare a fare lo sformato "indipendente". E' un gioco, questo, che non vale la candela. Serve solo a dare pessimi incentivi a chi lavora nelle autorità indipendenti (l'occasione del potere politico fa l'uomo ladro) e a non far assumere appieno le proprie responsabilità (tra cui ci sono le incapacità, le inadeguatezze e i piccoli giochi di bottega) dei politici di fronte agli elettori.
La seconda ipotesi è che l'indipendenza anche sostanziale dei membri delle autorità sarà rispettata. Questo significa che i “saggi” non faranno fondamentalmente nulla, non scriveranno programmi di governo, non si incontreranno quotidianamente coi partiti. Staranno lì, a far passare il tempo, finché non verrà eletto il nuovo Presidente della Repubblica. Finirà tutto in un gran purè italiano.
Non per nulla lo chiamano il "modello olandese" paese dove la patata é ben nota...purché non sia bollente da passarsela