Mi sembra chiaro che dissento dal resto degli editori di nFA sulla questione cittadinanza agli immigrati extra-comunitari.
Prima, chiariamoci sulle teorie e su quello che io considero "ottimo" come regola per la cittadinanza.
La
mia posizione è semplice: mi va bene la legislazione americana, anche
se la considero sul generosetto e ci aggiungerei un qualche anno qua e
là. Per chi non la conosce, riassumo la procedura USA:
(i) prima trovi un lavoro ed un permesso di
lavoro, tot di anni (variabili, ma almeno due o tre), e paghi le tasse per bravino;
(ii) poi fai domanda per la residenza
permanente (non facile, ma neanche impossibile), fai il residente permanente (quelli con la "carta verde" che in realtà è rosetta) cinque anni ancora;
(iii) fai domanda di cittadinanza, altro esamino/test più facile, e cittadinanza nel giro di un anno circa, anche meno, da quando hai fatto domanda.
In totale, se vai
normale, ci metti dieci anni circa e se sgarri ti segano. Questa è la
mia posizione ideale. Come meccanismo di filtro mi sembra difficile da migliorare. Ovviamente, è un buon filtro perché qui la burocrazia funziona e non è facilmente corruttibile, anche se è ragionevole e malleabile a casi particolari. Però le tasse le devi pagare, se stai molto fuori dal paese la carta verde evapora, ed il lavoro lo devi avere.
Con riguardo alla situazione italiana.
Alla luce di quanto detto, ovviamente considero fascio-ridicola la legislazione italiana
sulla cittadinanza che permette al mio amico Alessandro Manelli, che
non sa dove siano Padova e Bari, di votare per eleggere deputati e senatori!
Notasi però che la legge base è del 1992, adattamenti successivi sono stati fatti per ottemperare parzialmente a direttive UE
del 1997, ma il principio del diritto basato sul sangue mai è stato toccato.
Questo principio venne utilizzato per dare il voto agli italiani all'estero dal precedente governo di sinistra, tra 2000 e 2001. Non votarono, i Manelli ed i Manuelli di questo mondo, perché i decreti attuativi non vennero approvati in tempo. I motivi
elettoral-populisti che ispirarono allora la coalizione di sinistra
sono uguali e simmetrici a quelli che ispirano, a mio avviso, l'attuale estensione agli
immigrati da parte di questo governo di sinistra. Il fatto che le due leggi siano basate su principi fra loro
contradditori, e vengano da due governi praticamente identici, anche
nelle persone di ministri e menestrelli, sembra non colpirvi. A me si, perché credo che il diritto costituzionale debba essere, oltre che semplice e non dirigista, soprattutto coerente.
Su perché il diritto costituzionale debba essere minimale e coerente, rinvio a Madison, ed a tanta gente dopo di lui sino a Kelsen, al vecchio ex-maestro Riker, ora defunto, ed al vecchissimo ex-collega Hurwicz. Le costituzioni, meccanismi sono. Vi pregherei di meditare su questo pezzo
d'evidenza, che suggerisce di leggere l'attuale cambio di rotta in termini di puro opportunismo
elettorale: trovo l'incoerenza politica su questioni costituzionali, e l'opportunismo populista che la causa, caratteristiche gravi ed esecrabili in un atto di governo.
Questi fatti, da soli, mi sembrano abbondantemente sufficienti a classificare la scelta fatta da questo governo come contraria agli interessi del paese, ossia di chi ci vive e di chi l'ha costruito. Fino a prova contraria, questo è il paese ora: chi ci vive al tempo t=2006. L'utilità di costoro va massimizzata, non qualche astratto principio di giustizia mondiale ed universale che implicherebbe o implica - implica? dov'è il modello? secondo me il modello, neanche quello astratto con pianificatore sociale mondiale, implica questa conclusione, dopo provo a spiegarlo in due parole - che ognuno va a fare il cittadino quando vuole e dove vuole a costo zero. Cambiare le regole del gioco nel mezzo del gioco, ed inaspettatamente, non e' una bella cosa. Tende a tassare chi ha fatto grossi investimenti in certi beni capitali che sono specifici al paese dove si cambiano le regole, e rispetto ai quali gli altri fanno da "free-riders" (ossia, approfittatori).
La legislazione USA sull'emigrazione e sulla cittadinanza è esplicitamente e brutalmente disegnata ed implementata con questo criterio: massimizzare il benessere di chi è dentro, di chi vota, di chi decide e paga le tasse. Scusatemi, ma a me sembra che un paese sia un club, non un puro bene pubblico. So che qualcuno sosterrà che è ovviamente un puro bene pubblico, però okkio a sostenerlo, poi bisogna provare che soddisfa ai famosi e stringenti criteri di Paolo Samuelson, e questi con la congestione non vanno tanto d'accordo. Quindi, un paese è un club, fino a prova contraria.
La domanda quindi è la seguente: accorciare sic et simpliciter ed in modo indiscriminato i tempi di concessione della cittadinanza, sino a ridurli ad un assurdamente breve periodo di cinque anni da quando si incomincia a risiedere/lavorare, massimizza il benessere di chi oggi vive in Italia? La mia risposta è: no. Per queste semplici ed ovvie ragioni.
(1) In cinque anni nemmeno si impara l'italiano, specialmente se il linguaggio da cui si parte è non latino d'origine. Chiunque abbia fatto l'emigrante da adulto lo sa benissimo. Non raccontiamoci balle. Se non sai l'italiano non capisco come fai a capire leggi, principi, valori, cultura, del paese in questione. Né come leggerai e capirai la costituzione a cui devi giurare fedeltà.
(2) Non mi risulta che, nella legislazione or ora approvata, vi sia alcun criterio sull'ottemperanza alla legislazione fiscale, la fedina penale, il tipo e la durata del lavoro in questione, i motivi per l'immigrazione, eccetera. Molto male, visto che questi sono i filtri che contano.
(3) In cinque anni non si fa proprio tempo ad assimilare nessuno, indipendentemente da quanto detto sotto sull'assimilabilita' differenziata di culture differenti. In cinque anni, nemmeno un francese s'integra bene. E, soprattutto, in cinque anni l'autorità preposta al filtro non fa tempo a raccogliere osservazioni sufficienti per fare un buon filtraggio. La realtà di quanto incapace e incompetente sia la burocrazia italiana al riguardo non si può omettere, inutile fare legislazioni utopiche senza tener conto dei fatti.
(4) La capacità di assorbimento della società italiana è altamente inferiore a quella della società USA. Anche qui, inutile farsi sogni più o meno ideali: se in un paese di immigranti e costruito su quasi 400 anni di immigrazione pensano d'aver bisogno d'almeno dieci anni per integrare una persona, com'è che un paese chiuso, medievale e stantio come l'Italia s'inventa che riesce a farlo, all'improvviso, in cinque? Ridicolo, e ridicolmente pericoloso non per chi, governando, si nasconde nei palazzi del potere ma per chi, governato, deve vivere gomito a gomito con i non-ancora-assimilati. Come sempre mi ricorda mia cognata, passate un po' voi per viale Jenner a Milano, durante quelle cinque distinte ore del giorno in cui il traffico si blocca, illegalmente, perché qualche centinaio di non-ancora-assimilati prega per strada il proprio strano dio che, sembra, vive in direzione sud-est di Milano stessa.
(5) Il problema demografico va affrontato, ma tenendo conto dei vincoli. La Spagna, per esempio, che è furba e fortunata, sta utilizzando alla grande l'immigrazione dall'America Latina. Che sfortuna, noi non abbiamo avuto un impero dove si parlasse italiano, solo uno dove si parlava latino e troppo tempo fa. Beh, occorrerà arrangiarsi. Andando per approssimazioni, farei lo sforzo (basato su criteri di esplicita discriminazione e quote, stile USA per capirci) d'importare ed assimilare prima di tutto sloveni, croati, polacchi, ungheresi, argentini, venezuelani (grandi comunità italiane in entrambi gli ultimi due), bielorussi, ucraini, somali, libici, eccetera, e via espandendo secondo la distanza culturale dall'Italia. Non mi pare questo sia il piano della legislazione che tanto plauso qui riceve, il che mi sembra molto, ma molto male. Non per me, che vivo lontano, ma per coloro i quali attorno a viale Jenner ci vivono.
Veniamo all'assimilazione. Gli esempi che date mi sembrano tutti dire che, appunto, l'assimilazione di grandi quantità di persone di religione musulmana non è per nulla facile, né indolore. Continuate tutti ad omettere i fatti recenti e gravissimi che provano come le comunità di musulmani (anche se provenienti da paesi che in tempi non lontani erano colonie del paese ricevente, e quindi capaci di almeno parlarne la lingua) in Francia, Inghilterra, Olanda e, aggiungo, Spagna, non si sono proprio integrate bene né, soprattutto, sembrano riuscire a convivere senza piantare casini giganteschi. Il conflitto, che sia di civilizzazioni o che sia di culture o che sia di religioni o che sia anche solo di un tot di milioni d'impazziti, c'è e si vede. Ignorarlo mi sembra non tanto ingenuo, quanto ipocrita e dannoso.
L'alternativa a conquest non puo' essere il buonismo generalizzato ed il voemose ben, venite tutti a casa che v'invito io ed offro il limoncello. Se provate a leggere attentamente cio' che concretamente Moratinos e Zapatero stanno cercando di fare e stanno facendo con la loro idea, parzialmente balzana ma molto meno della cretinata italiota che stiamo discutendo, della Alianza de Civilizaciones, vedrete che uno degli obiettivi di base e' spendere soldi e adottare politiche perché stiano a casa loro e NON vengano en España! Moratinos e Zapatero, sono socialisti, e di immigrati extra-UE, nel loro paese, ne hanno gia' piu' di 4 milioni ...
Tutta l'evidenza mostra che, almeno in questa fase storica, cittadinanza o meno, accoglienza e sforzi d'integrazione o meno, il conflitto c'è ed è forte anche 20 anni dopo l'inizio dell'integrazione. Figuriamoci dopo 5! Personalmente non credo proprio sia nell'interesse di chi vive oggi in Italia avere il "Partito della Jihad Islamica e dei Cugini di Maometto e della sua Vedova Insoddisfatta" che si presenta alle elezioni del 2011 e riceve due o tre milioni di voti. Se a voi sembra una buona idea, beh allora abbiamo una funzione del benessere differente davvero, ed il caso e' chiuso. A me sembra che avere il partito in questione sia almeno tanto male quanto avere il ricostituito partito fascista, che la nostra costituzione proibisce, quindi lo eviterei. In politica internazionale la "reciprocità di trattamento" non è solo un principio base elementare, è anche un principio molto sano e molto raccomandabile.
Infine, e solo per gli addetti ai lavori che capiscono il linguaggio tecnico al volo [il Grande Timoniere è alla porta di Stern, e voglio farmi una birra con lui] sul modellino che dice che l'utilita' mondiale si massimizza con totale liberta' di diventare cittadini ovunque e quando si vuole. Prendete il nostro solito modello di base a tecnologia neoclassica, metteteci vite finite, capitale umano che si accumula e parte del quale si può trasferire mentre altra parte è specifica al paese d'origine, beni pubblici durevoli e costosi (specie con costi fissi, tipo costruire ponti e scuole) ma soggetti a congestione d'uso, sicurezza sociale fornita a mezzo di tasse che distorcono, fate gli agenti eterogenei in capacità di lavoro/emigrazione. Poi chiedetevi se è davvero nell'interesse non tanto dell'Italia, ma della popolazione della Somalia, creare incentivi perché tutti i somali bene educati, con alte capacità di lavoro ed alto capitale umano vengano ad emigrare in Italia. E se è nell'interesse degli italiani di ora, o di 7 anni fa, investire in beni pubblici durevoli e ad alti costi fissi che verranno utilizzati gratis dagli astuti approfittatori che emigrano 10 anni dopo. Insomma, guardate ai due equilibri, quello con libertà totale di movimento e quello con restrizioni. Quest'ultimo vince, mi ci gioco i gemellini, hands down. E che non vi ho nemmeno messo i transaction costs, che sarebbero poi i costi d'assimilazione culturale. Sapete cosa ha fatto il saggio e progressivo Canada, quando, tra anni 80 e 90, tanti bei cinesini da Taiwan e Hong Kong volevano la cittadinanza per paura della Cina comunista? Ha detto: benvenuti, ma ci sarebbe una piccola tariffa da saldare all'arrivo, sapete, per tutte le belle scuole, i bei parchi, le dritte autostrade e le limpide sale d'ospedale che, se qui arrivate, allegramente utilizzerete. Ecco, io farei lo stesso.
Conclusione: pessima riforma, populista e contro gli interessi degli italiani poveri - secondo la definizione di Tommaso Scalfari - ma questo tema non l'ho nemmeno scalfitto: importassero ingegneri elettronici, capisco, importano analfabeti da far sfruttare nei campi di pomodoro del Tavoliere di Puglia, con buona pace di Di Vittorio. Coerente, appunto, con l'orrenda finanziaria di questo governuccolo controllato da Bertinotti: una bella coalizione di nemici dei lavoratori. Ci guadagnano solo i ricchi veri (quelli molto al di sopra dei 70.000 Euro) che, esaurite le filippine di cardinalizia memoria (mai stati all'Eau Vive, dietro Piazza Navona?) vogliono tante domestiche somale obbedienti ed a buon mercato, evirate o meno dal marito nullafacente e maomettoadorante, al signore di casa poco importa.
Michele ha trovato un motivo per rallegrarsi del debito pubblico