Commenti di scuola alla "geniale proposta" per eliminare lo spread sul debito.

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Roberto Perotti ha pubblicato un riassunto autorizzato della proposta annunciata da Milena Gabanelli a fine maggio. In un secondo articolo, Perotti spiega perché la "proposta" non potrebbe mai essere accettata in sede europea: consiste in un gigantesco trasferimento di ricchezza all'Italia, in cambio di nulla. Avevamo già subdorato questo un mese fa (video1 e video2). Il mio obiettivo è più modesto: argomento che la proposta non esiste sul puro piano tecnico e logico. Si tratta solo di parole al vento, prive di coerenza ma utilissime per il pubblico ed i giornalisti dei talk show dove avrà, vedrete, un successo unico.  

Procederò commentando il testo autorizzato della proposta, che copio ed incollo dal primo articolo di Roberto Perotti.

 


La proposta prevede un accordo tra Italia e Germania così articolato:

1. Il debito pubblico (sia italiano che tedesco) ha una scadenza di 10 anni e man mano che matura viene rinnovato con la clausola di risk-sharing (“condivisione dei rischi”). Le clausole vietano la ridenominazione del debito in altra valuta e consentono il default dello Stato membro solo in pochi e definiti casi.

 

(1.1) Quali sono i casi? Non si dice. Ci pensi un attimo e ti rendi conto che questo basta per far capire che la "proposta" non esiste, son parole in libertà. Perché? Perché consiste nel dire che viene offerto un contratto di assicurazione che copre il danno che "certi eventi ben determinati" potrebbero causare. Però non vengono determinati gli eventi! E che diavolo di contratto assicurativo sarebbe? Pensateci, non ha senso alcuno, è un contratto vuoto. Ma andiamo avanti.

(1.2) Il default non è un atto volontario, per lo meno non lo è sempre. L'evidenza mostra che il default è una conseguenza non desiderata di certe situazioni nelle quali non puoi fare altro. Nel caso del debito: nessuno ti rifinanzia e non hai maniera di tassare i tuoi cittadini per ripagarlo. Fai default. Cosa voglia dire "autorizzare il default nei casi X, Y, Z" lo sanno solo gli estensori della proposta. C'è il default, che può o meno avvenire. Si tratta di valutare la probabilità che avvenga, una probabilità che varia nel tempo. Ma gli eventi in cui può avvenire non sono definiti, quindi la probabilità che avvengano è indeterminabile. Di nuovo, il contratto è vuoto. 

(1.3) La parola "pochi" non vuol dir nulla: basta un solo evento, se è probabile! Non solo: la probabilità del default non è mai esogena, dipende dalle azioni che prendi tu e che prendono gli altri. E varia nel tempo, proprio perché dipende da azioni di tutti. Quindi, o ben questi casi indefiniti sono davvero puri atti di natura (terremoto di intensita X o maggiore) oppure dipendono da scelte delle parti. In questo caso non hai assicurato nulla perché se gli eventi che determinano il default sono endogeni puoi variarne la probabilità quando vuoi. E chi ti ferma? Ed il premio a che punto nel tempo lo stabilisci? Non si sa.

Queste mie osservazioni non sono profonde, sono banali e si apprendono al primo anno di ogni corso di economia. Implicano da sole che la cosidetta "proposta" non esiste, non è discutibile perché non definita. Altro non è che un gioco di parole. Ma andiamo avanti ancora.

C'è un dettaglio tecnico piuttosto cruciale: se nel primo anno rifinanzi con copertura assicurativa il 10% dello stock di debito, trasformi il rimanente 90% in debito subordinato. Detto altrimenti, lo declassi, lo rendi defaultable prima del debito di qualità, quello assicurato. Cosa succede, nel mondo reale, quando un debito in essere viene improvvisamente trasformato in debito subordinato? Sale lo spread sul debito declassato perché il rischio pre-esistente - che prima era distribuito su 100 unità di debito, è ora concentrato solo sulle 90 non assicurate. Si sono posti questa domanda gli estensori della proposta? A leggere la descrizione sembra proprio di no. Male, molto male. 

 

2. Se l’Italia fa un default consentito sul debito garantito, l’MSE paga i possessori del debito italiano garantito attingendo al proprio capitale ed emettendo proprio debito ed interagendo se necessario per motivi di mercato con la BCE.

3. In cambio della garanzia definita dalla clausole di risk-sharing, l’Italia paga all’MSE un premio assicurativo di mercato.

 

Nella proposta si "assume" che la probabilità degli eventi "autorizzati" sia fissa ed immutabile. Viene stabilita (come e da chi non si dice, questa è cosa non da poco ma transeat ...) all'emissione del debito e rimane fissa per sempre. Essa determina il livello del premio assicurativo che il paese pagherebbe all'MSE. Basta pensarci un attimo per capire che è impossibile questo accada visto che con il passare del tempo sia l'Italia che gli altri paesi qualcosa faranno, qualche decisione di politica economica verrà presa, i soggetti privati qualche iniziativa la prenderanno e le probabilità degli eventi "autorizzati" cambieranno di conseguenza. Questo, per le ragioni articolate sopra, rende il contratto indefinito e la proposta inesistente.

E' utile pero' aggiungere in questo caso una domanda: se davvero fosse possibile determinare sin dall'inizio una probabilita' di default che niente puo' alterare, rendendo quindi un contratto assicurativo possibile, per quale ragione una cosa del genere l'Italia non la fa già da ora con un qualche consorzio di compagnie assicurative? E perché mai viene menzionata la BCE? Che c'entra?

 

4. La garanzia decade e l’MSE tiene i premi assicurativi versati dall’Italia sino a quel momento se: (i) l’Italia non rispetta le regole del fiscal compact modificate come descritto al punto 6 (ii) oppure fa un default non consentito dall’accordo.

 

Riflettiamo su questa step cruciale: chi decide se un default e' consentito o meno? Se era consentito lo vedi arrivare (la descrizione delle circostanze deve essere precisa abbastanza da impedire ogni dubbio o controversia ex-post) e se lo vedi arrivare ti scosti. Il default non arriva di colpo come l'incidente di macchina, si vede arrivare nel tempo e quindi hai tempo per scostarti. Ti scosti perché SE lo vedi arrivare ALLORA la sua probabilità è passata da 10% a 100% ed il meccanismo assicurativo è saltato già. Non è difficile: segue logicamente dall'ipotesi che si possano definire esattamente le circostanze in cui il default è "permesso".  Non è per caso che, in teoria economica, ci spacchiamo la testa da decenni per riuscire a definire dei modelli anche solo minimamente trattabili di "rational default". Gli estensori della proposta geniale si sono inventati il "default deterministico predefinito". Viene da piangere.

Ancora: se ti scosti cerchi di disfarti del debito il quale si svaluterà nel mercato secondario. Ed ecco lo spread che ricompare, oltre ai casini inenarrabili sui mercati finanziari, legali e politici. Se questo accade quando (teoricamente e per amor d'argomento) il 90% debito in essere è già stato assicurato forse non succede il disastro (ma vedi paragrafo precedente) ma se succede ad un qualsiasi punto T durante i 10 anni di transizione, quando una percentuale sostanziale dello stock in essere NON è assicurato, cosa succede? Perché, ovviamente, se sta andando in default il debito assicurato lo stesso vale per il non-assicurato e quindi ...

 

5. Il debito assistito da queste clausole diviene titolo privo di rischio nell’ambito dell’area valutaria dell’euro. Il rifinanziamento del debito attraverso questa procedura si traduce per l’Italia in un notevole risparmio sulla spesa per interessi.

 

Qui il coniglio entra nel cappello. Le parole chiave sono "per interessi": quel che l'Italia risparmia in interessi lo spenderà, identico in valore presente atteso, nella forma di premio assicurativo. L'abbiamo spiegato cento volte, lo spiega il professore al primo corso di rischio e assicurazioni. E questi insistono come se l'assenza o la presenza di rischio si potesse legiferare, stabilire per decreto e non fosse una caratteristica "emergente" di un titolo di debito! Nessun risparmio, assolutamente nessuno. E nessuna eliminazione dello spread ma, semplicemente, ridenominazione dello spread! Ma non finisce qui.

 

6. Le regole dell’accordo fiscal compact vengono modificate per consentire un’extra-deficit pari ai premi assicurativi pagati all’MSE.

7. L’MSE emette obbligazioni sovranazionali per controvalore pari a quello dei premi ricevuti dall’Italia e utilizza i fondi così ottenuti per finanziare investimenti in Italia.

 

Su questo ha già detto Perotti ma devo sottolineare come sia di nuovo un gioco delle tre carte. Immaginatevi l'impresa che assicura la vostra casa: riceve i vostri premi, si indebita per uguale ammontare ed investe tutto nella vostra casa! L'elemento che mi interessa, qui, è dinamico: i premi assicurativi li finanziamo emettendo debito. Ricordate i vecchi dibattiti sulle traiettorie esplosive del debito quando si finanzia il pagamento degli interessi emettendo debito? I nostri eroi evidentemente non hanno mai letto neanche quelle banalità. Mi spiego: i premi sono endogeni ed alla crescita del debito/rischio cresce il loro ammontare. Notate che l'ammontare dei premi cresce per dure ragioni: perché ogni anno lo stock di debito assicurato cresce e perché cresce il debito in essere totale visto che ci si indebita per pagare i premi assicurativi. È banale scrivere le due equazioni che ti portano su una traiettoria esplosiva sotto condizioni del tutto realistiche: basta che il premio assicurativo sia, in % dello stock di debito, maggiore del tasso di crescita nominale del PIL. L'idea geniale è una macchina perfetta che conduce al default con probabilità uno.

 

8. La selezione e gestione dei progetti di investimenti saranno compito di un comitato fiscale europeo indipendente. La legge che disciplina gli appalti e il contenzioso è definita a livello europeo.

9. Nell’anno 10 il debito pubblico italiano e tedesco è assistito integralmente dalle clausole di risk-sharing e man mano che giunge a scadenza viene rifinanziato attraverso un Eurobond emesso direttamente dall’MSE e che prevede debiti condivisi tra Italia e Germania.

10. Coerentemente durante questo processo di conversione del debito pubblico garantito in Eurobond una parte crescente delle entrate fiscali di Italia e Germania sono trasferite direttamente all’MSE concordando un bilancio federale e la quota di politica di bilancio che si intende mantenere a livello nazionale.

 

Queste clausole finali raggiungono, scolasticamente parlando, livelli di comicità inattesa. Scordatevi la 8, tipica promessa vuota. Leggete la clausola 9: cosa vuol dire "debiti condivisi"? In che proporzione? In che forma e finanziati con quali risorse? Con quali poteri fiscali? E la 10? In due righe si fa finta di disegnare il trasferimento, surrettizio e  tecnocratico, della sovranità fiscale italiana all'MSE. Ma non lo si dice esplicitamente! In altre parole: si tratterebbe di firmare un trattato internazionale che definisce il trasferimento di praticamente la totalità delle risorse fiscali italiane ad un qualche comitato (paritario? I tedeschi son 83 milioni, noi 60 ... se votiamo hanno la maggioranza loro) europeo.

In sostanza, la proposta non esiste e non vi e' nulla, in realta', da discutere. L'endogeneità del rischio e la sua variazione nel tempo rendono il contratto incompleto e completamente indefinito sin dall'inizio. Quindi non firmabile: non si firma cio' che non esiste perche' non e' minimamente definito. Ed il meccanismo di finanziamento dei premi garantisce il default con probabilità uno.

Non esiste alcuna proposta. Non era una cosa seria un mese fa quando venne annunciata da Milena Gabanelli ed ora che - grazie alla pressione delle decine di economisti che hanno denunciato il falso - qualcosa e' stato messo nero su bianco, lo è anche meno. Avrebbero fatto una figura migliore ad ammettere che la proposta non c'era, che erano solo vaghe idee d'origine politica. Invece no, han voluto pretendere d'aver inventato il moto perpetuo. L'ambizione politica acceca.

Finisco con una nota personale, meglio: professionale. La cosa triste è che gli estensori di questa robaccia vengano trattati, da chi orienta opinione pubblica italiana, come colleghi miei. Sceglietevi i dottor Dulcamara che più vi aggradano, ma almeno riconosceteli come tali.

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Commenti

Ci sono 14 commenti

Io non capisco quest'idea malsana di mutualizzare il debito da dove venga fuori. E' un esericizio privo di qualsiasi fondamento logico. Nessuna persona sana di mente vorrebbe mai mutualizzare il proprio debito (magari acceso per comprarsi una casa) con il vecchietto che si è indebitato con dei cravatarri per giocare alle slot machines, quindi perchè questo meccanismo dovrebbe valere a livello statale?

Oltretutto, al di la del lato economico, vi è anche quello politico. Un politico di un qualsiasi stato virtuoso europeo dovrebbe spendere tutto il suo capitale politico per far accettare ai propri concittadini di pagare i debiti di altri senza alcun ritorno. Perchè mai dovrebbe fare una cosa del genere, sarebbe un suicidio elettorale. E posto che le classi dirigenti diverse da quella italiana siano decisamente più virtuose, anch'esse guardano al loro tornaconto politico/elettorale nel breve o medio termine.

se in un'area valutaria non ottimale vogliamo introdurre una moneta unica dobbiamo prevedere dei mezzi di compensazione , nella proposta ( non ) fatta credo si intenda compensare attraverso trasferimenti dalle regioni piu' ricche a quelle piu' povere

Ma come e' possibile che Dosi, che mi pare sia un economista accademico riconosciuto internazionalmente, contribuisca a stilare una proposta che e' una cosi' chiara fregatura per una delle parti da rendere impossibile che sia accettata? Insomma, lo capisco anche io che non so niente di economia. La parte sul reinvestimento in Italia dei premi pagati dall'Italia stessa (!!) e' per me inconcepibile.

Cos'e'? Affiliazione politica, volonta' di compiacere il nuovo potente? Non posso credere che non si renda conto anche lui dell'assurdita' di questa roba.

Lo dico perche' si pone un problema difficile per chi come me assiste al dibattito senza avere competenze per valutare temi complessi (magari piu' di questo, per il quale mi pare basti un po' di buon senso). Io vorrei potermi fidare automaticamente o quasi di tutti gli economisti che insegnano in universita' serie, ma, di fronte a proposte del genere, non so piu' cosa pensare.

Sono un estimatore di Boldrin come di Perotti, e apprezzo di entrambi la franchezza anche ruvida (spesso nel primo e non raramente nel secondo). La loro demolizione delle tesi di Minenna & c. mi convince (non sono un economista). Ma non entro nel merito.

Noto una differenza di modalià comunicativa. Perotti ha un atteggiamento collaborativo nei confronti degli avversari: concorda con loro il contenuto della proposta in questione, e poi demolisce questo contenuto, senza però mai giudicare le qualità intellettuali e morali degli autori, né ipotizzare loro intenti 'disonesti'. Chi legge può ben essere indotto a farlo, ma Perotti non spende una sola parola al riguardo. Invece Boldrin ne spende molte, fin dal titolo ("geniale" è sarcastico), e poi di continuo: "parole al vento", "han voluto pretendere d'aver inventato il moto perpetuo. L'ambizione politica acceca", "estensori di questa robaccia", " i dottor Dulcamara", e varie altre.

Forse ciò che Boldrin dice degli autori è largamente vero, non entro neanche qui nel merito. Quello che mi chiedo è quale delle due strategie comunicative sia più efficace. Potrebbero esserle entrambe, se scopi e target dei due interventi fossero diversi. Se invece sono simili, come credo  (le sedi sono la voce e nfa), la questione si pone.

Non è una questione marginale. Nella comunicazione sociale e politica, non strettamente scientifica e accademica, questi aspetti di "stile", di atteggiamento relazionale nei confronti di coloro cui ci si rivolge - principalmente direi i lettori ma secondariamente anche gli autori criticati e comunque tutti quelli che possono ricevere un'eco della discussione - sono tanto importanti quanto i contenuti, forse di più.

E' anche una questione empirica. L'efficacia dipende dalle reazioni dei destinatari, che non sono ovvie, sono materia di ricerca empirica, che a volte dà esiti controintuitivi.

Non dico quale delle due strategie mi sembri più adeguata, relativamente a scopi e destinatari. Forse neanche lo so. Mi preme, in primo luogo, sottolineare l'importanza di questo aspetto e sollecitare le vostre riflessioni al riguardo.

in tutto e per tutto, con la sua analisi, mi permetto di aggiungere una piccola considerazione/domanda: se siamo a questo punto ritengo sia a causa della mancata/troppo lenta/squilibrata (scegliete voi l'aggettivo più idoneo) integrazione delle economie, ma soprattutto della politica dell'UE, sbaglio da qualche parte nel mio ragionamento?

di Boldrin funziona.
Si è scelto la parte del Burioni dell'economia, e su di essa a costruito il suo personaggio, che ha indiscutibilmente una impronta comunicativa importante.
Può darsi che questa stategia non sia generalizzabile (di Boldrin, come di Burioni, può essercene uno, già due son troppi) e può darsi che a volte lo porti a sparare a zero pure contro chi aveva già le mani alzate; però se usata dal personaggio giusto ha una notevole efficacia. Funziona alla grande, nell'era della rete.

sullo slancio, potrebbe michele boldrin dare una scorsa al corriere di oggi, comprandoselo che poi glielo rimborso? c'è in grandissima evidenza una lettera con quattro proposte di tre economisti-star. i caratteri sono leggibili, la lingua è italiano corrente, però ci ho capito poco.

non è sarcasmo,  sicuramente  le proposte sono così importanti da non essere  rivolte a me, ma  michele boldrin, che le capisce di sicuro. me le potrebbe spiegare? ovviamente mi interessano di più le interlinee, il sottostante di una lettera del genere, del risalto che gli viene dato, della coalizione che l'ha scritta, di chi manca in tale coalizione etc.

il tutto gratis et amore dei, tranne le spese (sono tempi duri).

Sta girando un post su Boldrin, in FB, che forse è una bufala, e che attribuisce al nostro questa frase: "Due decenni che ve lo ripeto: la micro e picocola impresa italiana va decimata se si vuole che il paese riparta. Si ritorna a crescere se e solo se le micro e piccole imprese vengono rimpiazzate da medie e grandi: più produttive, efficienti, innovative. E che pagano imposte!"
Chiedo conferma...