Ho anche sfogliato il rapporto completo: ogni tabella è interessante, così come lo sarebbero analisi più approfondite sui microdati, riporto pertanto solo alcune osservazioni senza nessuna presunzione di completezza.
1. La situazione è peggiore di quanto sembri
Gli italiani adulti non sono solo fra i peggiori in media, ma persino le eccellenze sembrano meno eccellenti che altrove. Date un'occhiata alla posizione del 95esimo percentile nelle prime due tabelle dell'articolo della voce, che non riporto. Il miglior 5% degli italiani è buon ultimo nelle competenze linguistiche e penultimo, ma vicino all'ultimo (Spagna), in quelle matematiche, con differenze notevoli rispetto ai risultati delle eccellenze degli altri paesi. Non è insomma, solo un problema di medie, ma dell'intera distribuzione. Aggiungo, per ribadire il punto, una figura, che indica la percentuale di adulti che hanno diversi livelli di competenza matematica. Si osservi l'ampiezza del segmento in blu scuro, che indica la percentuale di adulti in grado di risolvere un problema matematico complesso (livelli 4/5 - la definizione esatta dei livelli la trovate nel rapporto completo a pagina 76). Complesso, si fa per dire: ecco un esempio di problema classificato a livello 4 (mia veloce traduzione):
Lo stimolo per questo elemento consiste in due grafici a barre con colonne sovrapposte (stacked-column bar graphs) che presentano la distribuzione della popolazione messicana per anni di istruzione, separatamente per maschi e femmine. L'asse y di ciascun grafico è indicato con la parola "percentuale" e presenta sei linee guida “0%”, “20%”, “40%”, “60%”, “80%” e “100%”. L'asse x è indicato con "anno" e i dati sono presentati per gli anni 1960, 1970, 1990, 2000 and 2005. Una legenda identifica tre categorie di scolarità: "più di 6 anni di scuola", "fino a 6 anni di scuola" e "nessuna scuola". All'esaminando si chiede di approssimare che percentuale di uomini in Messico hanno avuto più di 6 anni di scuola da un menù con dieci possibilità di risposta: "0-10%", "10-20%" e così via.
La figura riguardante le competenze linguistiche è del tutto simile, il che, nella patria del liceo classico, è tutto dire.
2. Gli scarsi risultati non dipendono dalle differenze per età o dalla scarsa scolarità dei più adulti, o da altri fattori.
Questo punto è stato fatto in parte anche sul post della voce.info, ma vale la pena ribadirlo. Le competenze degli italiani declinano velocemente con l'età, più che negli altri paesi, ma i giovani italiani (età 16-24) sono i peggiori, come gli adulti (si confrontino i triangoli nel pannello sinistro della Figura 3 nel post sulla voce.info). La scolarità non migliora la situazione: gli italiani vanno male a tutti i livelli di scolarità, ma fa particolare impressione notare che anche gli adulti con istruzione universitaria sono carenti di competenze linguistiche e matematiche rispetto ai propri simili in altri paesi. Non resta che chiedersi dove siano le eccellenze: o non vengono formate o se ne sono tutte andate.
Non riporto i dati, ma contano poco anche le differenze socio-economiche, essere occupati o meno... tutti sembrano essere meno competenti, in qualsiasi modo si taglino i dati. Il dito non può non essere puntato che sulle carenze del sistema scolastico.
3. Non c'è nemmeno formazione post-scolastica
La percentuale di adulti che partecipa a corsi formali di istruzione e formazione è complessivamente inferiore al 30 per cento (vedi seguente figura). La stragrande maggioranza degli altri paesi sta sopra o vicino al 50 percento.
Questo è vero a tutti i livelli della distribuzione. La figura seguente mostra che fra i (pochi) italiani in grado di leggere testi complessi (livelli 4/5), meno del 60 percento partecipano ad istruzione formale post-scolastica. Professionisti, medici, avvocati, docenti... che non si aggiornano.
Senza formazione ed aggiornamento, come si fa a tenere il passo con l'innovazione?
4. Del resto, quali sono gli incentivi ad istruirsi e formarsi?
Quanto segue andrebbe preso con le pinze: difficile concludere granché da due tabelle, ma i dati indicano anche che le differenze salariali fra istruiti e non, e fra chi è capace di leggere e non, sono minime in Italia. Il rapporto causa-effetto ovviamente non è chiaro, probabilmente si tratta di effetti che si auto-alimentano, ma ancora una volta c'è un cortocircuito tutto italiano che impedisce crescita, istruzione e benessere
La prima figura indica gli scarsi effetti delle abilità linguistiche sui salari: il rombo grigio mostra che, in Italia, un aumento delle abilità di una deviazione standard aumenta i salari meno del 4 percento, ultimi nell'OCSE. Non siamo ultimi sugli effetti dell'istruzione (barre blu). Peggio di noi c'è solo la Svezia, dove però presumibilmente la compressione salariale fra istruiti e non è al rialzo, dove ci sono più istruiti che in Italia, e dove comunque le competenze contano più che in Italia nella determinazione del salario.
La prossima figura ci dice qualcosa in più sugli effetti di avere maggiori abilità linguistiche sui salari. Sembra che conti poco per chi è laureato (rombi grigi), e per chi non ha un'istruzione secondaria superiore (barre nere). Ma per chi ha un diploma di scuola superiore (barre blu) l'effetto è superiore che nella maggioranza degli altri paesi.
Si possono, probabilmente, fare supposizioni sulla struttura produttiva del paese, ancorata forse a tecniche e metodologie oramai superate, ma ancora una volta direi preoccupante il dato che riguarda i laureati, per i quali le abilità non sembrano contare.
La situazione che emerge dalla prima figura che Andrea ha riprodotto a mio avviso potrebbe essere il frutto della costante emigrazione delle figure "più occupabili".
Be 140'000 italiani se ne vanno in media ogni anno, per lo piu' giovani (media 34 anni). Dal 2008 al 2012 gli iscritti all'AIRE sono aumentati di quasi 700'000 unità. Questa cifra rappresenta il saldo tra chi parte e chi torna. E poichè chi parte va in germania (la meta preferita) ed altri paesi occidentali (francia, usa, svizzera) ne consegue che se ad andarsene sono quelli con le competenze migliori, non solo si spiega come mai anche i migiori (rimasti) da noi sono messi male, ma anche incide positivamente su una maggiore frequenza di buone competenze nei paesi di immigrazione.
Ho scaricato ieri il rapporto ma francamente non ho avuto il tempo di leggere le otre 400 pagine e quindi non so se durante l'indagine campionaria hanno anche chiesto la nazionalità di origine. Se fosse così e si potesse lavorare sui dati, magari la mia ipotesi potrebbe essere verificata.
Il problema è che è un'indagine campionaria, su 140mila uscenti dubito che se ne campionino più di qualche unità.
mettiti l'anima in pace, i laureati italiani leggono e capiscono un testo peggio di un diplomato olandese o giapponese. E i flussi migratori in generale non modificano questa condizione. Ad esempio, il rapporto mostra i dati di proficiency in literacy distinti tra nativi, foreign born residenti da più di 5 anni, foreign born residenti da meno di 5 anni (ad esempio, figura 3.14). I foreign born residenti in Italia hanno maggiori difficoltà rispetto ai foreign born residenti in altri paesi, ma anche al netto di ciò, i nativi italiani sono quelli messi peggio. In Germania, ad esempio, la proficiency degli immigrati è molto peggio di quella dei nativi (la differenza è più forte che in Italia), ma sempre migliore dei nostri. Insomma, chi si somiglia si pigila.