Non è difficile capire l'utilità di iniziative come quelle di Zopa (ce ne sono anche altre, in Italia l'altro leader del settore è Boober). Usano la rete per connettere chi non riesce a ricevere credito dalle banche con chi è disposto a prestar dei soldi. I creditori del social lending riescono a prestare a tassi più alti di quelli che ricevono depositando in banca, i debitori riescono ad ottenere credito che non otterrebbero, o otterrebbero a tassi piu alti, dal sistema bancario tradizionale. Tutti felici, tranne le banche, che perdono depositi e potenziali clienti. Il Sole 24 Ore riporta che "in una recente intervista, Maurizio Sella aveva spiegato che per chi ha prestato del denaro i tassi sono stati intorno al 7%, mentre per chi lo ha [preso in prestito] hanno oscillato intorno al 9,7%. Tutto questo mentre i tassi medi delle [altre istituzioni] finanziarie, per i richiedenti, sono stati intorno al 14,5%".
Il "business model" del social lending online oramai è stato sviluppato da qualche anno negli Stati Uniti (per non parlare del microcredito nei paesi in via di sviluppo, dove esiste da ancora più tempo). In Italia, Zopa è attiva da un anno e ad essa sono iscritti 40mila clienti. Perché le banche tradizionali non hanno imitato il social lending? L'esistenza di queste iniziative è un'ulteriore prova che il tradizionale mercato bancario è (in Italia e non solo, ma in Italia di più) un cartello oligopolista, incapace di (o disinteressato ad) innovare, ed il cui obiettivo è di ridurre l'offerta alzando i prezzi.
Non conosciamo i dettagli della situazione ma, dal poco che sappiamo, la realtà è triste. Il blog di Zopa rivela che, "a seguito di un'ispezione di Banca d'Italia negli ultimi mesi", "a Zopa è stato contestato di aver fatto raccolta del risparmio (e non semplice intermediazione di pagamenti) a causa della giacenza sul Conto Prestatori Zopa del denaro in attesa di uscire in prestito". Così Zopa è stata cancellata dall'albo degli intermediatori. Insomma, dopo mesi di ispezione, ci si appella ad un cavillo formale per bloccare le attività di un'impresa che, nel suo piccolo, contribuisce alla concorrenzialità del sistema bancario di cui Bankitalia dovrebbe essere garante! Questo mentre, da tutti i lati, si vocifera sulla necessità di estendere credito alle piccole e medie imprese meritevoli: più piccole di quelle a cui si presta attraverso organizzazioni come Zopa?
Come sempre, i (veri) "poteri forti" hanno la meglio. In omaggio ad essi Il Sole 24 Ore, nella chiusa del suo articolo sull'evento, riferisce che "il social lending", è stato "bersaglio negli ultimi mesi delle critiche di diversi economisti, che hanno messo in evidenza i rischi corsi dai prestatori così come l'esiguità del guadagno rispetto ai canali tradizionali". Da quel che ho potuto constatare, la trasparenza dei siti di social lending sta anni luce avanti le tabelle informative nascoste dietro le porte delle agenzie bancarie, o i pallosissimi ed inutili prospetti informativi che ci vengono proposti dai canali di investimento tradizionali. Ci piacerebbe davvero conoscere (forse qualche giornalista de Il Sole 24 Ore ci legge?) i nomi di questi "economisti", capaci di sindacare scelte di individui evidentemente intellettualmente abbastanza sofisticati da saper inizializzare un'attività di prestito online.
Intanto il Governatore della medesima Banca d'Italia, Mario Draghi, porge i suoi omaggi al Papa con un articolo compiacente sull'Osservatore Romano a commento di un'enciclica che auspica il supporto di iniziative come quelle di Zopa.
Allo stesso modo in cui politici divorziati organizzano il "Family Day".
Fossi Benedetto XVI mi sentirei preso per i fondelli.
Peccato, si continuano ad affossare, in modo più o meno diretto, iniziative come queste, cioè volte ad aumentare e migliorare la concorrenza e nessuno (tra politici e mass media) vede il nesso con la "decadenza" italiana.