La notizia della reazione del PD la trovate qui. Ma leggetevi anche questo articolo di Rassegna Sindacale, rivista della CGIL, in cui si porta notizia della ''pesante riduzione al contributo pubblico destinato ai giornali editi in cooperativa, non profit e politici (tra i quali anche Rassegna Sindacale)''. Proprio non viene loro in mente che il loro giudizio possa essere viziato da un piccolo conflitto d'interesse? Eppure in altri campi sembrano più sensibili al tema. O forse no, visto quello che il centrosinistra (non) ha fatto quando è stato al governo.
Informazioni sull'entità dei contributi le trovate sul sito del governo, ma solo fino al 2006. Andrea Moro ha già spiegato, in occasione del V2 day, perché i contributi all'editoria siano una pessima idea. C'è ben poco da aggiungere, se non che il PD ha perso l'ennesima occasione per dimostrare che mette gli interessi dei cittadini al di sopra di quelli della casta. O meglio, forse l'unica cosa da aggiungere è che questi politicastri dimostrano una pigrizia intellettuale sconcertante: sempre a ripetere la sciocchezza che se i contribuenti non regalano soldi ai loro giornaletti allora ''muore il pluralismo dell'informazione''.
Ha già detto tutto Nanni Moretti. Continuiamo così, facciamoci del male.
Ho tempo solo per un commento velocissimo, ma non ci si può esimere dal ricordare che in Italia:
- i "sacrifici" sono necessari, purché li facciano gli altri
- il conflitto dinteressi - per definizione - è solo quello del Berlusca
- per ogni parte politica, è molto meglio indignarsi e stigmatizzare che agire
Ed, ovviamente, non importa che un'attività editoriale sia capace di stare sul mercato, ma solo che porti prebende - a spese di Pantalone, of course - alla gentaglia che grufola intorno ai palazzi della politica .... :-)
eccone uno che passa a caso. ti informo che il "Berlusca" è attualmente presidente del consiglio e che è il suo governo (non quello della cgil, dei comunisti massimalisti estremisti irragionevoli, del PD, del Vaticano o degli anarchici di Umanità Nova) ad aver tagliato i contributi indiretti e confermato quelli diretti (di cui il gruppo Mondadori beneficia grandemente - 20 milioni annui circa - e grazie anche ai quali ha i bilanci così floridi. e la Mondadori non è un ente non profit o una società cooperativa).
Detto questo è ovvio che la cgil, essendo chiamata in causa dai tagli del governo, non è certo la fonte più disinteressata cui fare riferimento, anzi. Non si capisce però per quale arcano motivo non debba essere autorizzata a fare sentire la sua voce (si potrebbe fare una legge magari...) o si debba considerare le cosa come riprovevole. Ancora una volta il tuo cieco spirito fazioso si mette egregiamente in mostra.
Gli altri tuoi due punti li tralascio perchè assolutamente inutili ai fini della discussione.
la verità è che, per l'ennesima volta, il governo non è stato in grado di proporre una riforma seria dei contributi diretti e indiretti per l'editoria (ma bisognerebbe prendere per le corna tutto il sistema mediatico italiano) ed ha partorito la solita schifezza che deteriora ancor più lo stato del mercato editoriale italiano. in primis perchè ha tagliato i contributi a tutti i "piccoli", ladroni truffatori o meno.
detto poi per inciso gli interessi dei grandi gruppi non vengono toccati. chissà perchè per i "piccoli" si butta il bambino e l'acqua sporca ma ai "grandi" si fornisce anche la tinozza e la serva.
inoltre nel ddl, come fosse spazzatura, hanno buttato dentro la clausola salva radio radicale (che io ascolto con piacere quindi attenzione! sono in pieno conflitto d'interessi!).
dopo le leggi ad personam che il "Berlusca", dando prova di grandi doti liberali, si confeziona un anno si e uno no, la legge contra personam rivolta allo sfigato precario che ha una causa ancora non conclusa, ecco un'altra legge questa volta a favore di un'ampia categoria al cui interno c'è solo una radio (e le legge a cui si fa riferimento è la 230, non la 250 come scritto erroneamente nel ddl). evidentemente l'attività di lobbying dei radicali ha funzionato.
parlare di "stare sul mercato" fa ridere i polli - e anche gli anarco-liberisti tutto "mercato" del Sole24Ore che incassano da pantalone 17 milioni l'anno, sono in attivo solo grazie a quelli e distribuiscono pure utili.
fa ridere i polli prima di tutto perchè il mercato dei media italiani è distorto alla massima potenza e dominato da gigantesche concentrazioni di potere mediatico-politico-economico-pubblicitario e l'incapacità o la non volontà di far applicare la sentenza europea su Europa 7 ne è la dimostrazione lampante (anche la legge gasparri se per questo).
gli editori puri sono pochi pochi (Berlusconi S. e P., Veronica Lario, Ciarrapico, il signor RCS, De Benedetti, Caltagirone, Agnelli, chi altro?) e le barriere d'entrata non sono nulle come dice l'articolo citato di Andrea Moro o se sono basse lo sono solo in alcune nicchie specifiche -quali non so... Riprendo l'analisi:
Qual'è l'argomento che dovrebbe avvalorare la tesi di Moro sulle barriere d'entrata? L'esistenza di internet e i giornaletti dei gruppi extra parlamentari degli anni 70. Interessante davvero.
Basarsi su questo per costruirci sopra dell'altro mi pare francamente troppo. Se vogliamo fare un discorso serio sull'argomento possiamo anche farlo ma non con questi presupposti.