I corni del dilemma, ed i cornetti ...

/ Articolo / I corni del dilemma, ed i cornetti ...
  • Condividi

Riflessioni sparse sulla crisi, all'inizio della settimana "decisiva" numero ... ho perso il conto.

1. Larry ha detto che è outrageous, quell'altra (che sarebbe la mia Junior Senator) qualche settimana fa si è permessa di chiamarli idiots, ma non fa alcuna differenza. Da quando mondo è mondo, se dai sussidi pubblici a delle aziende, chi ci guadagna prima di tutti sono i dipendenti di quelle aziende e, fra i dipendenti, chi ci guadagna di gran lunga prima e più di tutti sono i dirigenti, soprattutto quelli di alto livello. Non vedo cosa ci sia da sorprendersi che i bancari continuino a pagarsi stipendi multimilionari con i nostri soldi. Non solo è un fatto che lo fanno da un decennio circa (i profitti erano finti, le perdite si vedono ora, i bonuses erano quindi ingiustificati) ma è la logica implicazione del fatto che continuiamo a dare loro soldi, invece di cacciarli a pedate, perché pensiamo - "pensiamo" qui è in onore al principio politically correct (Aldo direbbe "behavioral") secondo cui, se il mio governo "pensa" qualcosa, allora pensa anche per me ... - che siano highly talented people withouth whom the financial system could not operate. Ovviamente tutte le dichiarazioni populistiche dell'amministrazione durante il fine settimana sono solo fumo sugli occhi: il piano è di dare loro soldi ad libitum, ed il piano continuerà ad essere eseguito. Si tratta solo di tenere tranquilli i gonzi (altrimenti noti come pubblica opinione) che non riescono a capire perché degli incompetenti che hanno fatto fallire alla grande le loro aziende debbano essere mantenuti al loro posto di lavoro ed anche premiati. Ma lo stesso Larry che è "outraged" ha anche detto che Geithner è un grande e saggio uomo che sa quel che fa. Quindi, adelante amigos: chocolate para todos!

2. Ovviamente il G-20 di Aprile non servirà a nulla come non è servito a nulla l'incontro di questo fine settimana fra i ministri economici ed i banchieri centrali. Ma, almeno, ha reso chiaro uno dei corni del dilemma e, questa volta, in via di principio io sto con la vecchia Europa contro gli USA. Dico in via di principio, perché i dettagli di cosa Merkel e Sarkozy (i due alfieri, sembra, della posizione europea: com'è che il NYTimes e tutti gli altri giornali che ho letto non menzionano GT e la sua squadra di geni al lavoro?) abbiano in mente quando dicono che occorre riformare la regolazione dei mercati finanziari non li conosco, e potrebbero essere orrendi, i dettagli. Ma, in via di principio, gli amerikani hanno torto da vendere. La loro scelta è chiara: occorre spingere la spesa pubblica ovunque ed ai livelli più alti possibile, perché il problema è di domanda e non di offerta (di credito) alla medesima. Della cosa ho discusso così tanto che non ho voglia di ritornarci: trattasi del frutto di un'analisi erronea la cui consumazione (del frutto, ossia delle politiche che seguono dall'analisi erronea) sta facendo perdurare la crisi oltremodo. Questo era il senso dell'articolo di John Taylor che qualcuno ha ricordato la settimana scorsa, questo è quello che credo anche io. A partire dalle inutili ed angosciate riduzioni dei tassi nel 2007 per "stabilizzare i mercati" (ora fa ridere, no?) sino ai vari TARP ed ai due stimoli (non scordatevi che uno stimolino l'ha fatto anche Bush), è stato un errore (soprattutto amerikano) dietro all'altro. I governi europei ora (nel rifiutarsi d'accrescere il debito pubblico per aumentare la spesa) e prima (con la resistenza della BCE ad accettare il principio infantile secondo cui il taglio dei tassi è la cura di tutte le "bue", un po' come i bacini della mammma ...) almeno hanno messo il dito sulla piaga. Non credo il problema siano gli hedge funds per se (la parola "hedge fund" in Europa sembra essere diventata sinonimo di "diavolo" o "peste"), né che, di per se, ci voglia un qualche "super IMF" a controllare il sistema finanziario mondialmente (se c'è una missione impossibile, questa lo è) ma è certo, io credo, che occorra riscrivere molte regole sia nazionali che internazionali. E che, negli USA, occorra intervenire alcune grandi banche per poi riprivatizzarle rapidamente una volta siano state ripulite.

3. Una volta passata la buriana occorre assolutamente ricordarsi di usare internet ed archivi storici per fare le pulci ai mille messaggeri del disastro finale. Non è ancora ovvio che costoro (quelli fra loro che ci governano, intendo) non arrivino a peggiorare le cose nelle prossime settimane, ma siccome ci sarà di certo un "dopo", meglio guardare avanti. Nel dopo dovremmo chiederci seriamente quanto la diffusione del panico ad opera di questo e quell'altro esperto, oltre che dei governi USA, del Presidente della Fed e di alcuni altri personaggi chiave (tipo quello dell'IMF che continua a sognare che il mondo crolli così lui ha finalmente un ruolo ... graziaddio ci hanno pensato quelli dell'Est Europa a trovargli qualcosa da fare!) abbia cooperato ad aggravare la crisi. Poiché questo è un tasto che ho battuto sin dall'inizio, parlando di economia dell'orrore, mi fa piacere vedere che altri colleghi, come Taylor o come Chari per iscritto e molti altri a voce, condividano l'opinione [anche in Hawaii la vedevano così ... ma lì il sole picchia forte ...]. Non credo le masse impareranno nulla, sono prone al panico, alle affermazioni grandiose, alle teorizzazioni millenarie ed a tutto il resto del circo che abbiamo visto e stiamo vedendo. Ma, almeno a futura memoria, la cosa va detta e ridetta: quanti casini avremmo potuto evitarci se, politiche economiche erronee a parte, i proclami sulla fine del capitalismo fossero stati, come dire, leggermente meno roboanti? Se le previsioni dei guru fossero state meno amplificate dai vari media ansiosi di vendere pubblicità anche nel mezzo della crisi? Messa così sembra una cazzata, e lo è. Ma, almeno sul piano intellettuale, vale la pena di chiedersi: perché quando le cose van bene i media vendono solo le opinioni dei "super ottimisti" e dei predicatori del "nuovo paradigma", mentre quando le cose vanno male sbattono in prima pagina solo i profeti di sventura e gli annunciatori della fine del capitalismo? Noi mediocri "né qua né là" proprio non abbiamo alcuna chance d'essere ascoltati?

4. Bernanke deve essersi convinto, qualcuno forse gliel'ha finalmente spiegato, che terrorizzare i mercati annunciando l'utilizzo di grandi strumenti d'intervento non è cosa saggia e che, forse, è meglio predicare un po' di ottimismo. Stare zitti sembra non essere un'opzione. Quindi si dà da fare, sull'onda della ripresina dei mercati azionari avvenuta la settimana scorsa. I mercati asiatici questa mattina son partiti bene, quindi magari le borse hanno smesso, almeno temporalmente, l'avvitamento al ribasso che tra fine Febbraio ed inizio Marzo emanava un chiaro odore di panico. Ovviamente parlo pro domo mia, visto che ho comprato ed il 15% guadagnato al momento non mi dispiace ... compensa un pochino le perdite di prima! Avventure personali a parte, io ad inizio del mese mi stavo preoccupando. Gli equilibri che si autorealizzano esistono ed il mercato si era avvitato niente male. Se continuava così un altro mese o due ed arrivavano altre notizie nere dal settore bancario, avremmo potuto passare in direzione sud i livelli 5000 (DJ) e 500 (S&P) che ritengo personalmente cruciali. Non tanto perché abbia deciso di dedicarmi ad una qualche nuova religione di analisi tecnica o creda nella numerologia, ma perché credo sia estremamente improbabile che l'azienda media possa sopravvivere ed operare se la sua capitalizzazione si riduce, nello spazio di un anno e mezzo, ad un terzo di quanto era prima. Gli indici di indebitamento vanno alle stelle ed a quel punto non c'è banca generosa che tenga: il credito viene negato o per lo meno ristretto. Quando una situazione simile si generalizza e perdura per più di un anno i licenziamenti massicci (ma massicci davvero, altro che mezzo milione al mese) diventano possibili. Ed a quel punto lo scheletro "input output" che regge ogni sistema economico fa crac. Insomma: stavo per prendere paura circa dieci giorni fa ed avevo persino pensato che fosse il caso di considerare una "vacanza mondiale" dei mercati finanziari ... le cose si sono calmate, il che mi rallegra. Mi auguro ora (Bernanke continua a ripetere che ha capito che il problema sono le banche, non la domanda: agisse di conseguenza!) che specialmente qui negli USA si approfitti del momento per spingere gli interventi necessari. In fin dei conti Obama ha BISOGNO di un successo al G-20 del 4 Aprile e, viste le posizioni europee, qualcosa di nuovo per il settore finanziario dovrà inventarsi. Ma non sono ottimista: il gioco politico è quello che è, non ha favorito risposte serie sino ad ora, non v'è ragione di sperare che cominci a favorire risposte adeguate solo perché arriva la primavera. Obama proporrà aria fritta, temo. La nostra speranza - divertente no? - risiede ancora nei mercati e nelle residue capacità autoregolative del sistema: forse siamo arrivati al fondo della caduta nel sistema finanziario, e se così e' il resto poi si riprenderà nell'ordine di arrivo usuale.

5. La principale questione che rimane aperta è, comunque, quella degli equilibri nel sistema finanziario e bancario mondiale. La supremazia americana non mi sembra più possibile: le banche europee hanno preso delle buone batoste anch'esse, ma niente di paragonabile a quelle USA le cui grandi, con l'eccezione forse di JPMorgan, sono tenute in vita dall'ossigeno pubblico che fluisce abbondante. Una questione davvero chiave è la seguente: si permetterà ad una grande banca non-USA acquisire una grande banca USA? Si permetterà ad una grande banca non-UK acquisire una grande banca UK? Eccetera, cambiando il paese a seconda dei vostri gusti, in particolare con l'Italia ... La scelta italiana mi sembra chiara: no. Le due grandi banche italiane valgono uno sputo, ma guai a chi le tocca. Idem per Citi e Bank of America ...lasciamo il problema pendente, ma è uno dei grandi problemi. Il mondo ha bisogno, di fatto, che un improbabile evento avvenga: che si creino davvero banche trans-nazionali. Banche che possano essere relativamente piccole in ogni dato paese ma grandi mondialmente perché presenti in decine di paesi. Solo così il sistema bancario mondiale potrà essere, simultaneamente, stabile e regolabile. Capisco, sembra paradossale, ma così non è. L'instabilità è, in parte sia chiaro, dovuta alla presenza quasi ovunque di grandi banche nazionali tali che, se esse cadono, cade l'economia nazionale. Troppo rischioso, oltre che insensato visto il cambio tecnologico del settore. Occorre creare le condizioni perché un paese come l'Italia veda 30 grandi banche competere alla pari sul territorio nazionale, ed uno come gli USA ne veda 100 o forse più. Allora, forse, ci saranno le precondizioni per la stabilità e per lasciare tranquillamente che le banche falliscano quando devono fallire.

6. In Italia, neanche a dirlo, la discussione è tutta da un'altra parte. L'imbonitore di gonzi che vi governa (i gonzi, nel caso non si fosse capito, sono coloro che si lasciano da lui governare) ha estratto dal cappello un altro rospo spacciandolo per un tonno: costruitevi le seconde case, ampliate le villette, ristrutturate il rudere di campagna, fatevi il condominio in cooperativa, vedrete che così passa tutto e con un po' di sforzo avrete tante ville come me (me=BS). Insomma, ora che c'è la crisi edilizia mondiale, andate in contro-tendenza italiani: il calcestruzzo ed i mattoni sono a buon mercato! L'uomo è bestiale, veramente bestiale. Comunque è in buona compagnia: basta leggersi i reports di cosa la Confcommercio, una mafietta che in Italia conta e come, discute a Cernobbio e di cosa i clowns di palazzo BS ivi raccontino (il PD, per chi non l'avesse notato, vive nella depandance, quindi D'Alema e Franceschini fan parte del gruppo di cui sopra) per capire che, alla fine, non è sotto media. Intanto gli industriali, invece di fare investimenti e pensare a come far soldi producendo qualcosa di utile e migliore di quello che producono gli altri, dicono che vogliono "soldi veri" (implicando che sino ad ora ne hanno avuti, ma erano falsi ... ). Probabilmente son pure favorevoli all'idea che i prefetti diventino i gestori dell'erogazione del credito alle aziende ed ai consumatori: in fin dei conti è più semplice corrompere un solo prefetto che decine di direttori di banca, no? Questa dei prefetti è una cosa così divertente che sembra me la sia inventata io per far sembrare questo governo ancor più clerico-fascista di quanto non sia: ricorda i podestà che fanno i piani per la battaglia del grano. Invece di irriderla per quello che è (il frutto ridicolo di una mente bacata) gli intellettuali del centro destra si inventano analogie con il dibattito fra Mises ed Eucken per poter dire che GT sa cosa fa, intende di cosa parla ed è un grande pensatore con una strategia ben disegnata anche se, forse, leggermente manchevole: ma per favore! Le cose devono andare veramente maluccio se anche Francesco Giavazzi (comunque la mente più lucida che scriva di economia nel bel paese) pubblica editoriali domenicali prodotto delle riflessioni del suo piede sinistro. Francesco: ma i giornali americani arrivano a Cambridge? Dall'Atlantic a Newsweek non fanno altro che straparlare del futuro del capitalismo, il "case for big government" e via enumerando titoloni ...

7. Visto che tutti fanno previsioni, faccio anche io la mia: a fine anno scopriremo che la riduzione dell'attività economica in Italia è stata peggiore che nel resto del mondo, USA inclusi. E quando la recessione mondiale finirà ed il mondo comincerà a crescere di nuovo, scopriremo che l'Italia non crescerà e che la "crisi", nel Bel Paese, aveva la prolunga ... Così GT avrà l'opportunità di dire che lui aveva visto giusto che la crisi era epocale e che ora occorre mettere i presidenti dei consigli di quartiere a controllare la gestione del credito nella locale agenzia della cassa di risparmio ...

8. P.S. Visto che ho sonno, vado a letto e tralascio una cosa seria. Però l'annoto. Una delle riforme vere che sarebbe il caso di mettere sul tavolo della discussione è quella, o quelle, che risolve(ono) la seguente questione, resa esplicita dalle modalità e dinamiche di questa crisi finanziaria. I seguenti tre elementi non sono compatibili e la loro compresenza genera pericolose crisi:

- le banche come società a responsabilità limitata (limited liability);

- gli alti dirigenti bancari come dipendenti stipendiati e non come banchieri proprietari delle medesime, banche s'intende;

- gli strumenti finanziari che ci siamo inventati post-1980 e, soprattutto, i contratti derivati con durata superiore ad uno o due anni commercializzati over the counter, ossia in accordi privati bilaterali.

Nessuna di queste tre cose, di per se, è un male. Son tutte buone, anzi ottime idee. Ma la mia personale opinione, dopo questi mesi, è che assieme non vanno bene e che almeno una di esse, probabilmente addirittura due di esse, deve(ono) essere tolta/e di mezzo o fortemente limitata/e se vogliamo un settore finanziario sano e meno prono alle mega crisi di quello che ora abbiamo. Questa è una cosa che un anno e mezzo fa non sapevamo, almeno io non lo sapevo, e che ora credo abbiamo imparato. Quale/i delle tre debba essere la vittima non lo so, però vale la pena pensarci.

Indietro

Commenti

Ci sono 46 commenti

spiace che il dottor Panebianco riesca neppure ad azzeccare lo spelling corretto....per Mont Pelerin society

 

dal succitato articolo di Panebianco

 

Mont Perelin Society (una celebre associazione di studiosi liberali) fra l'economista austriaco Ludwig vo

 

Dai, palma, magari è un errore di stampa... :=)

Credo Alberto volesse saperlo, eccoli qui.

Altro scritto "sinistro" oltre a quello di Giavazzi ricordato da Michele, ospitato su Il Sole 24 ore di domenica scorsa:

http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=L2T8E

Ieri mattina l'ho letto, e sarà per il mare inondato di sole e di luce che avevo davanti, ho avuto un'"illuminazione": in genere, questi delle School of Public Policy, o Government hanno posizioni sempre più liberal rispetto ai docenti delle scuole di economia vere e proprie...chissà se la mia generalizzazione è corretta e quali ragioni ci sono se è davvero tale.

 

le banche come società a responsabilità limitata (limited liability);

gli alti dirigenti bancari come dipendenti stipendiati e non come banchieri proprietari delle medesime,  banche s'intende;

Mi sembrano sostanzialmente la stessa cosa. In realtà mi sembrano condizioni ridondanti se si verificasse quanto auspichi al punto 5 ovvero

Occorre creare le condizioni perché un paese come l'Italia veda 30 grandi banche competere alla pari sul territorio nazionale, ed uno come gli USA ne veda 100 o forse più

Tuttavia giova ricordare che il problema delle eccessive dimensioni di certe entità economiche non è prerogativa esclusiva del settore bancario (anche se in questo settore si sta dimostrando più dannoso), ma riguarda tutti quei settori che hanno subito negli ultimi tempi un processo di concentrazione che va al di là delle economie di scala richieste da ragioni puramente tecnologiche (MES, etc.). Tutte le società quotate sono attratte dalle sirene delle fusioni mediante scambio azionario oppure leveraged (tanto qualche grossa banca finanziatrice si trova sempre). Se invece una società dovesse finanziare una acquisizione con i propri flussi di cassa sarebbe terribilmente più complicato. In questi casi l'unica difesa è la speranza di qualche innovazione che consenta di rompere le uova nel paniere delgli oligopolisti/monopolisti di turno.

Tornando al punto iniziale, quanto auspichi per il sistema bancario ricalca grosso modo la situazione di 20 anni fa (quanto meno per il mercato domestico italiano e americano). Il passo successivo ovvero l'aggregazione in una unica superbanca di tante entità che abbiano meno del 5% del volume in ciascun mercato domestico mi sembra poco realistico: le economie di scala sarebbero scarse e mancherebbe lo stimolo derivante dal potere di mercato che generalmente conduce alle aggregazioni.

Comunque il proposito è chiaro e condivisibile: ottenere comportamenti più virtuosi attraverso la selezione di mercato lasciando fallire chi sbaglia in un contesto in cui nessuno abbia un peso sufficiente per diventare too big to fail. Cosa che i "regulators" cercano sempre e comunque di evitare favorendo il salvataggio dei soggetti più deboli o disastrati. Perchè temono di essere additati per corresponsabilità (negligenza nella vigilanza) e perchè è meglio l'uovo di oggi (evitare i problemi connessi ad un default) della gallina di domani (la maggiore disciplina che deriva dall'avere ridotto il moral hazard).

Un po' OT, ma non ho potuto fare a meno di notare nel pezzo del corriere sull'appoggio di Di Pietro alla statalizzazione del credito le dichiarazioni di Stefano Passigli. Il passaggio è il seguente:

 

Nel partito però si possono trovare anche posizioni più articolate, come quella di Stefano Passigli, responsabile del dipartimento Riforme dell' Idv, che però su questo tema precisa di esprimersi «come esperto» e non come politico. «I prefetti - dice il professor Passigli - da soli non hanno le competenze necessarie per esercitare la vigilanza sul credito. Non possono essere loro ad avere questa responsabilità».

 

Ci sono un paio di cose divertenti in questo pezzetto.

La prima è che il fatto che le opinioni vengano espresse ''come esperto'', piuttosto che come politico, sembra sminuire la portata delle affermazioni stesse. Ossia, fa niente se a scienza e coscienza il provvedimento è pessimo. Ciò che conta è il giudizio ''politico'', che (si può solo desumere) prescinde da scienza e coscienza. Direi che è un eccellente indizio di come si prendono tante decisioni pubbliche in Italia.

La seconda è che il giornalista chiami la posizione ''più articolata''. La posizione può essere giusta o sbagliata, ma ''articolata'', nel senso di complessa e sfumata, non è. Dice che è una sciocchezza mettere i prefetti a controllare il credito, punto. È semplice e non ha proprio nulla di sfumato.

 

Come promesso, Michele, ti devo (ma credo sia utile alla discussione) una riflessione che chiarisca le affermazioni di EM, sabato scorso, rese nel corso del convegno palermitano promosso dalla Piccola Industria confindustriale. Tu dici:

 

gli industriali, invece di fare investimenti e pensare a come far soldi producendo qualcosa di utile e migliore di quello che producono gli altri, dicono che vogliono "soldi veri" (implicando che sino ad ora ne hanno avuti, ma erano falsi ... )

 

Ora, la richiesta di “soldi veri” per le aziende, avanzata da Emma Marcegaglia al governo nel fare suo lo slogan di Giuseppe Morandini, è, appunto uno slogan e, in quanto tale, ha immediata efficacia mediatica ed ovvia banalità d'aspetto. Dunque, una esternazione in forma di slogan si presta ad essere equivocata – talvolta anche strumentalmente, e non mi riferisco alle tue parole ma ad una prassi piuttosto diffusa che può indurre in errore chiunque - attribuendo ad essa un significato diverso da quello reale che, però, potrebbe esser facilmente rintracciato nelle dichiarazioni precedenti, se non si hanno a disposizione i discorsi completi dai quali vien tratto l'oggetto del giudizio.

Il fatto è che non si chiedono, come potrebbe apparire ad una lettura frettolosa, prebende ed elemosine, ma semplicemente il rispetto di diritti negati e la fine di promesse da marinaio, così amate e frequentate dalla politica in ogni tempo e luogo e qui, forse, assurte a paradigma dell'operare.

In primis, è ovviamente ed inequivocabilmente un diritto il pagamento delle forniture di beni e servizi alla PA: si parla di un debito totale di circa 70 miliardi di euro! L'esecutivo conteggia (un poco furbescamente, a mio avviso) cifre inferiori, ma resta comunque una somma spaventosa, che configura persino un comportamento irrispettoso della normale convivenza civile.

In secondo luogo, si parla di compensazione di debiti e crediti con l'erario. Anche qui, nessuno può mettere in dubbio l'iniquità di una legislazione che conferisce al fisco il diritto di esigere il dovuto – pena ammende anche pesanti – nei tempi stabiliti, mentre rimanda i rimborsi – altrettanto dovuti - ai contribuenti sine die.

Questi son già “soldi veri”, che spettano ed il cui mancato pagamento è inammissibile in qualunque momento ed in particolare in situazioni come l'attuale.

Inoltre, per attenuare il grande problema della carenza di liquidità, dovuta all'allungamento dei tempi di pagamento, all'incremento delle sofferenze ed alla minore disponibilità al credito del sistema bancario (a causa di problemi che non mi pare proprio il caso di ripetere), si è pensato all'istituzione di un fondo di garanzia per il credito alle PI che, tra l'altro, a fronte di un'azione di leva ben superiore alla cifra in campo (comunque la si conteggi), potrebbe anche non avere un costo per lo stato: la richiesta è un finanziamento di 5 miliardi, ma le distanze con quanto fino ad ora promesso (450 milioni) e soprattutto con quanto effettivamente ottenuto (80 milioni) appaiono siderali.

Eppoi, se proprio si vogliano finanziare opere pubbliche allo scopo di far ripartire l'edilizia – in tutte le sue forme e con tutto l'indotto – Marcegaglia e Morandini dicono a chiare lettere che “il ponte sullo stretto di Messina (faraonico, concentrato in un luogo e con tempi di realizzazione lunghissimi, ndF) non è una priorità” e che molto meglio si farebbe a lavorare sulle piccole cose diffuse sul territorio, magari privilegiando quelle infrastrutture che sono carenti e costituiscono un collo di bottiglia per il futuro sviluppo.

Infine, se si vuole affrontare l'annoso problema della difficoltà ad investire (spacie in formazione ed innovazione, che sono l'unica via per competere, non solo in futuro ma già ieri) di un sistema formato da piccole aziende sottocapitalizzate e sovrarapinate da un fisco vorace (basta leggere le classifiche internazionali, ad esempio Paying Taxes 2009, per averne certezza), occorre lasciare maggiori risorse a disposizione delle PI, eventualmente legando la detassazione ad investimenti in ammodernamento degli impianti, acquisizione di brevetti, whateveryouwant .....

Tenendo anche presente che, come ha detto Mrs. President, è possibile sostenere il reddito di coloro che sono soggetti alla riduzione od alla perdita della paga per un certo periodo di tempo (unica azione di un certo peso messa in atto, venendo incontro anche alle richieste sindacali e, peraltro, non ancora realmente strutturata sul territorio) ma, se nel frattempo migliaia di piccole aziende – anche di grande valore, credimi – saranno travolte da eventi sui quali non hanno alcun controllo, dove andranno a lavorare tutti costoro quando la bufera passerà?

Ecco, vedi Michele, questi sono i “soldi veri” e non sono certo favori e prebende: smetto qui, è quasi un post, ormai ....... :-)

 

Avevo letto il post di MB e volevo commentare, ma poi il tempo è mancato (il lavoro non manca, questa crisi è random, o meglio colpisce là dove deve colpire..).

Grazie Franco, mi hai risparmiato la "fatica" di scrivere, penso che nella testa degli imprenditori ci deve essere un collegamento a banda larghissima che ci fa pensare in modo univoco. Intervento quotato e sottoscritto al 1000 %.

Ho dato un'occhiata veloce a questo articolo e alle risposte e non mi pare ci sia niente su questa cosa qui:

Attenti alle trappole del gigione Keynes

Ora Boldrin risponde:

Lei dice che Keynes ha dato risposte sbagliate a domande giuste.
«Keynes, all’arrivo della Depressione, si era posto le domande giuste: che cosa succede nel lungo periodo? Che cosa implica il progresso tecnologico che risparmia lavoro? Come adattarsi all’innovazione continua che distrugge le professioni esistenti e ne crea di nuove? Domande molto acute, oltre che storicamente giuste».

Ora io ai miei allievi (laureati e selezionatissimi) quando insegnavo raccontavo che K forse si era fatto prendere dalla fretta quando ha messo mano al sistemino (neppure suo peraltro, ma correttamene ammesso da lui stesso) che tutti conosciamo. Fretta determinata dall'ampiezza e dalla durezza della crisi. Ma K, come giustamente dice B nell'ntervista, ha detto moltissime cose. Tuttavia forse la sua specificita' e il suo contributo maggiore e' da ricercarsi nel 'breve', almeno quanto alla cura (sulla quale, per non farla lunga, mi astengo dall'intervenire). Del resto anche A. Martino quando cita K cita non dimentica mai di ricordare il famoso "Nel lungo...".

In secondo luogo no so so se condividere o no l'assunto della domanda (e anche in parte la risposta) sulla relazione domanda/risposta. Io credo che se si inquadra correttamente il problema tra domande e risposte c'e' in genere una relazione strettissima. Ma forse mi sbaglio.

Luciano Priori Friggi

Sono in vena di profezie ultimamente (finalmente ho capito che se le sbagli non se ne accorge nessuno, mentre quando indovini pensano tu sia un genio anche se sei solo un cretino qualunque).

Mi son convinto che, in questo ciclo, scopriremo che la "locomotiva" (come amano chiamarla) dell'economia mondiale è diventata l'Asia. Le cose si aggiusteranno prima in Asia, specialmente nel manifatturiero e nel commercio internazionale, che qui in occidente. Per la semplice ragione che lì stanno salvando molte meno banche ed aziende decotte. Non che non ne salvino qualcuna, ma molto meno che da noi negli USA ed in Europa ... il nuovo, quindi, spunterà prima.

E noi, ossia gli italiani, scopriremo che la crisi italiana nulla aveva a che fare con le banche e tanto con il sistema Italia ... Fate i tavoli, fate i tavoli: se vi avanzano due minuti, fatevi anche le cassapanche assieme ai signori prefetti e questori. Quelli di certo sanno come si fa a lavorare ...

Tremonti su globalizzazione, mercato e signoraggio:

http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=L3GDC

Sono veramente perplesso. Tremonti è solito avanzare argomenti al tempo stesso estremamente vaghi ed estremamente sbagliati, ma di solito riesco almeno a intuire cosa sta cercando di dire. Questa volta proprio non mi riesce. Qualcuno ha la pazienza di spiegarmi cosa significa questo passaggio:

 

Via via che con la globalizzazione cresceva la forza dell'economia, lo Stato rinunciava a esercitare una delle sue funzioni sovrane: rinunciava al monopolio del battere la moneta. Nell'età della globalizzazione anche le banche private potevano infatti battere, e perció battevano la loro moneta. Una moneta addizionale che prendeva la forma dei più incredibili strumenti finanziari. Una moneta fondata sul debito e perció stampata sul nulla. È così che la moneta cattiva ha via via sovrastato la moneta buona. Ed è proprio nella implosione di questa nuova e privata massa monetaria la causa della crisi che vediamo e viviamo.

 

L'unico modo in cui riesco a dare un minimo di senso a quello che Tremonti dice è che, per ragioni solo a lui note, ha deciso di chiamare ''moneta privata'' i titoli di debito legati alle ipoteche e di cui le banche si sono riempite le tasche (almeno così ha senso la parte su implosione e origine della crisi). Ma anche con questa interpretazione caritatevole, resta il fatto che sta usando i termini a completo sproposito e che la ''rinuncia al monopolio del battere la moneta'' è una chiara panzana. Qualcuno sa fare meglio di me?

 

A me sembra di per sè inaccettabile che un ministro dell'economia scriva ripetutamente sui giornali per propinarci le sue elucubrazioni meta-para-economiche ed eviti accuratamente di illustrare in modo chiaro le sue politiche... ma vabbe'.

In quanto al suo pendolino, non può che richiamarci alla mente quest'altro, celeberrimo.

Ma passando a cose più serie... magari qualcun'altro, tra i "poveretti" - io tra questi - potrebbe essere interessato a comprendere:

 

... la distinzione fra inside ed outside money. Qualcuno fra i suoi consulenti gli ha bofonchiato qualcosa sul fatto che "fractional banking" è andata scomparendo perché i reserve requirements erano sempre più elastici e che l'ammontare di credito disponibile si faceva sempre più indipendente dalle riserve in essere presso le banche centrali (well, Fed in questo caso). Questa era, ovviamente, una scelta delle banche centrali e dei regolatori del sistema bancario, ossia dello stato.

 

Per cui per favore, Michele (ah! sono sempre incerto se chiamarti Michele o se chiamarla Prof. Boldrin... chiedo scusa se sin dall'inizio della mia frequentazione di nFA mi sono preso questa libertà...), se e quando hai tempo per una traduzione... grazie!

 

Per cui per favore, Michele (ah! sono sempre incerto se

 

Puoi chiamarmi quello che ti viene, ovviamente, purché non sia "commercialista" o "bancario" :-)

Battute a parte, cosa non è chiaro?

Ai cosidetti bei tempi andati le banche centrali esercitavano un controllo piuttosto tassativo e rigido sul rapporto esistente, banca per banca, fra crediti concessi e depositi in essere. Non potevi prestare piu di N volte i depositi che avevi (dove N poi variava da depositi a vista, libretti, eccetera, ma lasciami tralasciare i dettagli che non finisco più ...). Inoltre dovevi tenere, depositate presso la banca centrale, un certo ammontare di riserve liquide in proporzione, di nuovo, ai depositi da te ricevuti. A scuola lo insegnano come moltiplicatore bancario: tu depositi 100 lire, la banca ne tiene 10 e presta 90 a Mario, che le deposita in un'altra banca la quale se ne tiene 9 e presta 81 a Giorgio ... eccetera. L'idea era che se una banca ha sempre del contante pari a X% delle possibili richieste di liquidazione del conto, la banca è tranquilla ed ha liquidità. Con banche che fanno le "banche semplici" la cosa più o meno funziona, più o meno.

Con banche che fanno le banche complicate, come le banche moderne, la cosa non ha più senso alcuno, fra le altre cose perché le banche usano il mercato interbancario a breve per acquisire liquidità da usare per soddisfare i reserve requirements (insomma, si fanno prestare le riserve che non hanno) e perché, comunque, una volta che le banche commerciali fanno anche le banche d'investimento, il ragionamento depositi/riserve/prestiti salta completamente. Quindi la "inside money" (credito fra privati) diventa un multiplo molto meno controllabile di quanto fosse prima della "outside money" (la base monetaria che la banca centrale, ossia lo "stato di diritto" nelle fantasie del nostro commercialista, controlla).

Le fantasie del commercialista tali sono perché lo "stato di diritto" (ed anche di rovescio) ha sempre emesso un'altra forma di "outside money", ossia il debito pubblico, che il sistema finanziario ha sempre usato per creare inside money (io ti faccio credito e tu mi dai in garanzia i buoni del tesoro, eccetera). Il rapporto fra la capacità che il sistema finanziario ha di generare credito ed esposizioni al rischio in funzione degli strumenti "statali" a disposizione (base monetaria, titoli del debito pubblico) è da sempre una funzione complicata (ed anche altamente volatile) dell'evoluzione tecnologica nel sistema finanziario oltre che della legislazione nazionale ed internazionale su ciò che si può e su ciò che non si può fare quando ci si chiama "banca". Tutte cose che ha sempre deciso lo stato di diritto/rovescio di cui il nostro commercialista parla. Mah, lasciamo stare vah, che devo correggere le bozze di qualcosa di più serio. Spero aver chiarito almeno un pelino.

L'ansa di oggi fornisce un particolare rivelatore sulla situazione di crisi delle banche:

GENOVA, 17 MAR - Appena dimesso dal reparto psichiatrico dell'ospedale Villa Scassi di Genova, un
settantenne armato con un paio di forbici da cucina, in una ventina di minuti, ha dato l'assalto a quattro banche riuscendo a farsi consegnare solo dieci euro.

Il bank run é già cominciato?

 

Il bank run é già cominciato?

 

ne'elam: se tu non ci fossi già, bisognerebbe inventarti!

Bellissima!

di giuristi socialisti.

P.S. Vorrei fare notare ai cosidetti liberali che pascolano felici nel PdL "partito aperto a tutti" (a tutti? ma dai!) che la loro politica economica la fanno TUTTA dei socialisti. Ogni singolo ministro economico di questo governo ha fatto la propria carriera politica, dal paesello a Roma, a rimorchio di Bettino Craxi e del PSI che si mangiava lo stato per accaparrarsi il mercato e si vendeva al mercato per comprarsi lo stato (ed il palazzo che sul primo s'affaccia). Giovanotti/e: ma perché non dire più semplicemente "Teniamo famiglia, o almeno pianidichiamo tenerla, quindi ci piace stare con chi vince. Il calore del grande e generoso potere scalderà un po' anche noi, per periferici che siamo, perché egli è generoso con chi lo compiace"? A tutti piace avere un papà potente, mica c'è da vergognarsi a dire la verità: fate anche voi come gli altri che sono clerico-fascisti ma si vergonano? Sarebbe tutto più trasparente, no? Ma ci ritornerò, questa è solo una battuta d'assaggio per quelli di voi che leggono persino i commenti di nFA ... e non siete pochi, o anime pavide.

Poco alla volta mi sembra che stiamo arrivando al punto. Tutta, ma proprio tutta l'attività dei politici è ormai volta semplicemente al "teniamo famiglia". Del resto, c'è una corsa generale come non mai al posto di stato, alla prebenda e tutto questo non fa che dar loro sempre più potere. Se poi dovesse succedere un casino, qualche politico la pagherà, certo, ma per guadagnarci qualcun altro.

Il pensiero liberale è ormai ... solo un pensiero.

Da uomo della strada (anche se almeno per adesso ho ancora una casa) devo dire che mettere in discussione uno qualsiasi di questi tre elementi mi pare appartenga alla categoria di quelle obiezioni di assoluto buon senso che però almeno fino a un anno fa avrebbero esposto chi le avesse sostenute al pubblico ludibrio, facendolo passare per un eccentrico se non proprio per un sovversivo no-global.

E’ una provocazione, ma non è che abbiamo bisogno di più pessimismo e doomsday soothsayers se vogliamo che venga cambiata anche una sola di queste tre cosine ?

 

<embed src="http://media.mtvnservices.com/mgid:cms:item:southparkstudios.com:222638" type="application/x-shockwave-flash" wmode="window" flashvars="autoPlay=false&amp;dist=http://www.southparkstudios.com&amp;orig=" allowfullscreen="true" allowscriptaccess="always" allownetworking="all" bgcolor="#000000" height="400" width="480"></embed>

Savona nel pezzo linkato qui sotto 

http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=LY0DB

su IL Foglio di ieri riassume che "Nella crisi in corso lo sforzo di comprensione delle cause non ha portato ad un consenso della diagnosi. Alcuni ritenevano che la crisi andasse fronteggiata con un aumento della spesa pubblica, altri con un credito più facile ed altri ancora attuando le riforme "mancate". Lo spunto glielo ha fornito il ns Michele Boldrin sostenitore dell'ultima terapia, in questo articolo apparso sempre su Il Foglio del 12 maggio scorso: http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=LW46D . Savona approfitta per dire che il termine riforme in Italia è ormai usurato. Io direi che da noi le riforme non sono mai andate fino in fondo. Sono state sempre rinviate. Io mi trovo d'accordo con Michele qundo dice che nel 1992 in piena crisi siamo stati capaci di fare la riforma delle pensioni. La situazione di crisi ci deve spingere ad essere coraggiosi nell'attuazione di vere riforme: taglio della spesa e delle tasse, riforma delle pensioni, regolazione del "mercato del lavoro che sta impazzendo in una dualità sempre più incompatibile.." tutti temi trattati alla noia su questo blog. Savona integra l'analisi di Michele prendendo in considerazione anche gli squilibri dell'economia mondiale. Ritornando ai ns problemi, i ns governi soffrono di corto termismo attuano politiche per tirare a campare temendo che le riforme strutturali portino una perdita di consensi. Quindi la crisi potrebbe essere l'occasione per far digerire le riforme.