S: Scusa il titolo in inglese, mi veniva meglio, ma si capisce cosa voglio dire: insieme al carbone e tutto il resto se n'è andata anche la poesia (cioè, la poesia come prodotto commerciale). Non è che siano mai esistiti tanti poeti superstar, però insomma, i poeti professionisti esistevano e il pane a casa lo portavano. È un cambio di preferenze ovviamente, ma un cambio che vale la pena notare.
M: Notato, infatti. A dire il vero alcuni poeti sopravvivono, ma solo facendo i poeti come secondo lavoro. Il poeta che fa solo il poeta non c'è più. Ma non c'è nemmeno chi l'ascolta, mi sembra. Almeno qui negli USA. In Italia molti mi parlavano di questo Festival della Letteratura di Mantova come di una grande cosa, molto popolare ... a Genova fanno quello dedicato esclusivamente alla poesia. Però forse non fa differenza: nessuno paga a sufficienza per un libro di poesie, o non se ne vendono un numero sufficiente di copie. È cosi?
S: Il problema è che leggere una poesia è difficile, in generale più difficile per esempio di apprezzare una sinfonia o un quadro. E se non c'è una massa critica sufficientemente diffusa che legge con discernimento, il mercato non riesce ad isolare e valorizzare i prodotti migliori che tutti possono imparare ad apprezzare e quindi pagare (come succede con i quadri).
M: Davvero pensi sia più difficile? Ok, certo per la pittura forse sì, alla fine la gente decide in maniera molto istintiva, d'insieme: "mi piace, non mi piace". Senza stare lì a chiedersi perché c'è il taglio o la luce manca, o i materiali usati sono questo o quello. Ma la musica? Davvero secondo te Bartok (per non parlare di cose più recenti) è più generalmente apprezzabile di Sanguineti? Mi sembra soffrano dello stesso destino.
S: Destini simili. Mi spiegava Daniele Alberti, pianista, che ai tempi d'oro della musica classica il pubblico era edotto, la musica oltre che ascoltarla la studiava, e per questo la apprezzava. Ovviamente, erano aristocratici che ormai per niente impegnati con le loro armate avevano tutto il tempo che volevano per dedicarsi ad attività più cortigiane... Lo spirito di quel tempo non è riproducibile, e infatti gli autori moderni di musica sinfonica sono, se possibile, un pò fuori dal mondo. Ma resta possibile apprezzare l'esecuzione dei pezzi storici, che sono sempre emozionanti. Mi è capitato di assistere da pochi metri a un concerto di una giovane pianista, che ha suonato per due ore senza leggere, ci rimani stordito due giorni! E quelle sono star. E la musica può ancora vivere attraverso di loro. La poesia è solo interiore, non c'è esecuzione.
M: E infatti, seguendo le brave logiche di mercato, si è evoluta adattandosi ai gusti dei consumatori (creandoli, direbbero i sociologi ...). È passata, da parole-soltanto che era, a parole+musica. Si percepisce meglio, si percepisce tutti. Il tuo amico Daniele dirà che la musica moderna è una banalità, e sicuramente lo sarà dal punto di vista musicale, ma io ribatto che certi pezzi, pensa se vuoi a questo, non hanno niente da invidiare a nessuna forma d'arte. È roba che resta dentro.
S: L'hai detto: resta dentro. Ma c'è un altro passo dell'evoluzione tecnologica. Da parole+musica a musica+video. E qui la storia cambia. Non voglio spingermi a sostenere che c'è una distruzione (poco) creativa della creatività (i video a cui sono abituati i nostri figli, figurati, a me piacciono un sacco) ma quando arriva l'ultimo gli altri spariscono nel nulla. Diciamo che c'è una distruzione accelerata, e la poesia non mi sembra consumabile di fretta.
M: Faccio fatica a darti torto, specialmente sulla natura effimera di molta "poesia in musica" moderna. Ma forse è tutto effetto della velocità con cui la notizia, ossia la registrazione, si diffonde e della frequenza con cui viene ascoltata. Una volta leggevi Montale una volta al mese, ora ascolti il pezzo di moda 9 volte al giorno ... o forse è davvero una differenza di spessore. Però di poesie se ne scrivono. Se ne scrivi anche tu, figuriamoci! Io le leggo solo: tanti anni fa ho riso di me nel rileggere le mie, e ci ho rinunciato. In effetti ce ne sono montagne in rete, per lo più di ragazzini (un sito che sembra serio è questo, ovviamente ce ne sono molti altri). È che nessuno le legge --giustamente. Come si fa in mezzo a questo mare? Io leggo a caso, senza riuscire a seguire alcun metodo. Di pochissimi autori nati dopo il 1950 ho comprato il secondo libro ...
S: Non si può, è questa la condanna. Sai cosa c'è che non va con la poesia? Semplicemente che per leggerla devi esser pronto a seguire i versi nel viaggio che li porta lontano dalla percezione ordinaria della realtà. Ci vuole predisposizione a una sensibilità in qualche modo alterata. Il cambio di preferenze sta nel fatto che forse è diminuita questa predisposizione. È sempre più difficile che si pianga ascoltando un pezzo di musica.
M: A meno che non sia in privato, ammettiamolo. In privato si fa ancora, magari di notte o prima mattina, con la musica ... ed anche con la poesia. Sì, ma forse non lo fanno molti e quei pochi raramente lo rivelano ... fa sembrare deboli, un po' fuori. E poi si domandano: a che serve? Un mio coautore usava chiamarmi nel mezzo della notte, approfittando dei fusi orari, per dirmi di metter giù il simbolico "damn poetry book" e di mettermi a lavorare sul paper ...
S: Esatto, a che serve la poesia? Ossia è funzionale a un qualche obiettivo esterno da me? È sempre più difficile, in generale, uscire dal proprio sé "funzionale". Il cambio è notevole perché non è un semplice cambio di gusti, sembra rivelare un cambiamento un pò più profondo della persona, che ha riflessi in altre sfere della vita sociale. Perché gli atteggiamenti verso l'esterno che si sviluppano nella propria intimità si replicano nella interazione con gli altri, si traducono nel senso di appartenenza a una comunità.
M: È un problema?
S: A livello di PIL non sono sicuro che non lo sia, perché anche l'individualista è più efficiente se riconosce le situazioni in cui deve cooperare. In termini di qualità della vita, di distanza dell'uomo dagli altri animali, ho una sensazione più netta.
M: Ossia che sia un problema. Non so, forse sì. Ho una posizione che oscilla fra lo scettico/cinico ed il nostalgico/decadente. Ricordo una sera a cena a Los Angeles, più di venti anni fa; un amico ed io avevamo invitato e cucinato. Ai caffé, seguendo l'onda della conversazione, proponiamo di leggere delle poesie di Brecht (dal Libro di devozioni domestiche). C'erano circa otto persone e la cosa fu disastrosa: imbarazzo generalizzato che coinvolse anche i due promotori nel mezzo del loro declamare ad alta voce. La cosa notevole che ricordo ed ho notato altre volte fu proprio l'imbarazzo, la vergogna collettiva, oserei dire. Nota bene che tutte o quasi tutte le persone presenti leggevano poesia, privatamente; infatti tutti conoscevano quella particolare raccolta di BB. Però il puro fatto di leggere quei testi ad alta voce e pubblicamente creò un imbarazzo generalizzato, palpabile. Questa esperienza, meno acutamente, l'ho vissuta altre volte e mi fa sempre di più pensare che avesse visto giusto Heidegger quando scriveva su Hölderlin e l'essenza della poesia ...
S: "Il primo detto-guida suona: Tutto è Intimo". Sì, non mi sorprende il fallimento, è difficile portar fuori la poesia. L'ha fatto la musica, ma l'ha poi inghiottita nel suo ritmo. Chissà, magari ci potrebbe riuscire la pittura? Pittore, dipingi per favore una poesia.
Non ho dati alla mano ma ho il sospetto che in Italia le arti figurative e musicali siano sussidiate molto più della poesia (musei, teatri pubblici, enti lirici, etc...). Anche negli USA musei e teatri ricevono molte donazioni private, di fatto incentivando la fruizione e la produzione di musica e arti figurative. Perché i donatori non donano ai poeti? Credo sia perché gli effetti/benefici della donazione sono più evidenti/maggiori quando il prodotto viene fruito collettivamente. La poesia è un'arte che si assapora meglio isolatamente, come evidenziato nel post. Quanto all'evoluzione temporale del fenomeno, suggerisco l'idea che queste donazioni/sussidi siano di fatto luxury goods, insomma all'aumentare della ricchezza la poesia resta indietro... ora non ci resta che andare in cerca di dati sulla produzione relativa di musica vs. poesia in africa rispetto ai paesi sviluppati.
Seguendo questo ragionamento, ogni tipo di letteratura dovrebbe soffrire tanto quanto la poesia, mentre io ho il sospetto che Salvatore e Michele suggeriscano che la poesia se la passa peggio della fiction.
Penso che una volta i poeti fossero più sussidiati perchè la diffusione su carta era relativamente più efficiente rispetto al resto ( musica e teatro ai tempi, ora anche tv, internet,...).
Quanto alle altre culture non so in Africa, ma credo che in Iran impazziscano per la poesia ed abbiano dei poeti-star.Non ne sono affatto sicuro, mi baso solo su cose leggiucchiate qua e la o discorsi fatti a tavola.