Ho pensato di procedere così: prima vi racconto cosa ha detto Lucas; poi vi dico cosa ho imparato; e infine discuto la sua analisi su cui non concordo affatto, in linea di massima.
Cosa ha detto Lucas (ecco quì un resoconto "stenografico"). La crisi è una crisi di liquidità - cioé di fiducia nei mercati finanziari - così come lo fu (sempre secondo lui) la crisi del '29. La crisi di liquidità naturalmente amplifica la recessione reale e rallenta il processo di uscita dalla stessa: se i mercati finanziari non funzionano a dovere, una recessione tipo si può trasformare in una Grande Depressione, o in un rallentamento decennale della crescita economica (come in Giappone negli anni '90).
L'argomento cuore dell'analisi è nella forma di un confronto:
- nel '29 la crisi di liquidità si è manifestata in una "bank run" - una "corsa" dei risparmiatori a trasformare i depositi in moneta;
- oggi la crisi di liquidità si è manifestata in una "investment bank run" - una corsa dei risparmiatori (soprattutto quelli istituzionali, fondi, aziende, altri istituti finanziari) a trasformare attività poco liquide in T-bills (titoli a breve del governo americano).
A sostegno di questo confronto Lucas adduce l'evidenza empirica del declino del rapporto depositi/gdp - dovuto alla nascita di attività liquide presso banche di investimento che sostituiscono i depositi (una forma di arbitraggio della regolamentazione: i depositi presso banche ordinarie sono soggetti a vincoli di capitale - e quindi a minori tassi - cui queste altre attività non sono soggette).
Le implicazioni di politica economica dell'analisi di cui sopra sono semplici:
- così come la FED avrebbe dovuto iniettare la liquidità in forma di moneta richiesta dai risparmiatori nel 29 (e non lo ha fatto, come hanno argomentato Milton Friedman e Anna Schwartz nella loro Bibbia),
- così oggi la FED deve acquistare attività illiquide (che il mercato rifiuta), iniettando liquidità che permetta al mercato del risparmio di soddisfare la propria domanda di T-bills.
Quindi, grazie Bernanke. Quantitative easing (nome dato dalla FED a questa politica monetaria) è la strada giusta.
Infine: per sveltire il ritorno all'efficiente funzionamento dei mercati finanziari è buona cosa aiutare le banche a disfarsi delle attività "tossiche" nei loro bilanci e a ricapitalizzarsi. Come questo si faccia, è questione del secondo ordine - questione redistributiva, in buona sostanza: che questa ricapitalizzazione delle banche si ottenga attraverso sussidi o meno agli azionisti delle banche, ai fini della ripresa, non conta molto.
Cosa ho imparato. Una spiegazione economica (vorrei dire scientifica) richiede un "modello". Più il modello è semplice - nel senso che astrae da elementi che non appaiano importanti - più è efficace ed elegante. Spesso la sostanza del modello sta molto più in ciò da cui si astrae che in ciò che nel modello è presente. Vabbé, non è che proprio non le sapessi queste cose ... questo è il mio mestiere dopo tutto. E anch'io è un po' che penso alla crisi (con "pensare" intendo proprio "modellare" - astrarre) e anch'io sono arrivato alla conclusione che molti elementi che appaiono a prima vista importanti per spiegarla non lo sono affatto. Però devo ammettere che Lucas ha portato il "modellare" a un elegantissimo efficacissimo estremo:
i risparmiatori hanno perso fiducia nei mercati finanziari ---> richiedono liquidità ---> non ci resta che dargliela.
Come gliela diamo la liquidità e quanto in fretta ristabiliamo la fiducia nel sistema finanziario è importante ma di secondo ordine rispetto alla liquidità stessa.
Perché non concordo. L'efficacia di pensare per "modelli" consiste anche nel fatto che è semplicissimo criticarli, basta argomentare che alcuni degli elementi da cui il modello astrae sono invece importanti - e che una volta considerati questi elementi mancanti la spiegazione cambia (e forse anche le implicazioni di politica economica).
Beh, cosa manca nel modello di Lucas? Varie cose vengono in mente (e senz'altro altre, che a me non vengono in mente). Provo a catalogarle e elencarle.
1.Come siamo arrivati alla crisi: la bolla immobiliare, la mostruosa leva delle banche, l'indebitamento delle famiglie, la politica monetaria espansiva da Greenspan in poi, i capitali cinesi,... tutto questo non aiuta a spiegare la crisi - a parte il fatto che ha indotto i risparmiatori a perder fiducia nei mercati finanziari?
Naturalmente tutte queste cose sono importanti per evitare una nuova crisi tra dieci anni, su questo siamo tutti d'accordo, anche Lucas. Ma aiutano alla diagnosi e alla cura? Una metafora può essere utile per capire la questione. Un tumore ai polmoni può essere stato causato dal fumo, ma una volta identificato il tumore, è molto probabile che la causa sia irrilevante - un tumore è un tumore - sia per la diagnosi che per la cura. O magari, invece, ci sono diversi tipi di tumori al polmoni, indistinguibili ai test, ma solo uno di essi è causato dal fumo. In questo caso è bene sapere se il paziente è un fumatore.
Fuor di metafora: se la crisi è una di liquidità non importa molto capire cosa l'ha causata. Manca liquidità... Ma se la bolla immobiliare, la mostruosa leva delle banche, l'indebitamento delle famiglie, la politica monetaria espansiva da Greenspan in poi, i capitali cinesi, ci suggeriscono che la crisi non sia una di liquidità, allora cambia tutto. Se la bolla immobiliare, la mostruosa leva delle banche, l'indebitamento delle famiglie, la politica monetaria espansiva da Greenspan in poi, i capitali cinesi, ci suggeriscono che, anzi, la crisi è una di eccesso di liquidità, allora la politica di iniettare liquidità è potenzialmente contro-producente. Questo è quanto sostiene ad esempio John Taylor, in un bel librettino appena uscito (bello e convincente, nonostante appaia chiaro che l'autore è mosso da una certa ossessione che la causa di tutti i mali del mondo sia riconducibile a deviazioni dalla Taylor Rule - la regola di politica monetaria che dal nostro prende il nome).
In questo caso un modello alternativo andrebbe più o meno così:
la politica monetaria della Fed e i risparmi cinesi hanno alimentato la bolla; la bolla, scoppiando, ha avuto un effetto devastante sui bilanci di famiglie e imprese (specie imprese finanziarie); questo effetto ricchezza ha indotto la crisi di fiducia,...
In questo caso, la liquidità è necessaria ex-post (la crisi di fiducia rimane), ma è questione di secondo ordine; la questione fondamentale è agire sui bilanci di famiglie e imprese.
2. Il moral hazard implicito nei salvataggi di banche ed azionisti: davvero non importa come si procede al salvataggio delle banche? Ovviamente, importa eccome nel lungo periodo; importa per evitare che la crisi si ripeta tra dieci anni. Importa per forza in una desiderabile fase successiva di "rifondazione" dei mercati finanziari e delle norme riguardanti la loro regolamentazione. Ma è possibile che non non importi nel breve periodo - nella soluzione a breve della crisi? È davvero questa "solo" una questione redistributiva, e quindi di secondo ordine? Una di quelle questioni che gli economisti tendono a evitare perché non hanno gli strumenti per affrontarle?
Questa è la posizione di Lucas. Pare anche ragionevole. È difficile non farsi prendere dalla foga iconoclasta. È facile voler vedere i banchieri nella polvere. Ed è anche legittimo. Ma è possibile che, comunque, questo non sia affatto necessario per uscire dalla crisi. Aggiustiamo i bilanci delle banche e tutto riparte. Io preferisco che paghino tutti coloro il cui cognome inizia con "t", ma Giorgio non è d'accordo. Cambia per noi come finisce la cosa ma non per l'economia (per approssimazione, naturalmente, perché poi la distribuzione ha effetti aggregati, ma di secondo ordine).
A ben vedere però non è proprio così. La questione è che il meccanismo politico per trasferire risorse da tutti noi agli azionisti delle banche è naturalmente frutto di operazioni poco trasparenti ed estremamente inefficienti. È naturale che sia così perché la gente non paga volentieri le tasse per coprire i banchieri. In particolare, tutta questa nebbia sugli stress test, sulle regole contabili, sui prezzi a cui gli asset "tossici" sono comprati, su azioni privilegiate e ordinarie,.... ha bloccato il mercato finanziario: nessuno vende a 20 centesimi sul dollaro se il governo sta cercando di pagarne 60. E finché il governo non riesce a pagare 60 senza apparire, i mercati finanziari non funzionano.
In sostanza, se si potesse:
- definire nuove regole di regolamentazione del mercato finanziario, applicabili da subito (evitando che le banche facciano cose strane in anticipazione e quindi evitando il moral hazard in futuro);
- tassare l'economia una volta per tutte e mandare una busta ad ogni banca al momento in cui le nuove regole risultano applicabili;
allora forse.... Ma mica va così il mondo. Come si interviene importa eccome.
Finisco con due bei pensieri per gli acquisti/consigli per la lettura. Due altri economisti che hanno un bel modello per capire la crisi e che val la pena seguire:
- John G. - che oltre a essere un ottimo economista (uno tra i più svelti) è anche un hedge fund manager che ha iniziato 20 anni fa a occuparsi di Mortgage Back Securities. Qui i suoi pensieri
- Markus Brunnermeier - che sta da un po' sulla frontiera della teoria delle bolle. Qui i suoi pensieri.
Per la cronaca, la parte dell'intervento di Lucas che riguarda il moltiplicatore fiscale e' molto divertente, oltre che illuminante.