La notizia era attesa e non ha sorpeso affatto gli addetti ai lavori: la Corte Costitzionale ha dichiarato incostituzionale l’intero impianto della legge sul “sondino di stato”, approvata poco più di due anni fa, nel luglio del 2011.
Come noto, la legge, frutto della maggioranza di centro-destra al potere nel 2011, aveva notevolmente limitato i diritti del malato nella scelta dei trattamenti sanitari da applicare in caso di sua incapacità di intendere.
La legge in particolare:
- aveva fissato i requisiti di forma del “testamento biologico”, burocraticamente definito “dichiarazione anticipata di trattamento” (DAT), stabilendo che l’unica modalità di redazione della “dichiarazione” fosse quella scritta (dattiloscritta o manoscritta);
- aveva escluso gli eventuali conviventi dal novero dei soggetti autorizzati ad interagire con i medici;
- aveva negato la possibilità di chiedere di sospendere idratazione e alimentazione artificiali, decidendo che tali trattamenti non avessero natura di “atto medico” e, più in generale, aveva escluso che con la DAT si potessero indicare i trattamenti sanitari che il malato intendesse rifiutare, dato che con la DAT si potevano solo indicare i trattamenti di cui si chiedeva la somministrazione;
- aveva stabilito che le volontà espresse nella DAT si attuassero solo in caso di stato vegetativo permanente;
- aveva disposto che la volontà del malato non fosse comunque vincolante per il medico, che ne poteva tener conto solo se non "orientate a cagionare la morte";
- aveva vietato il ricorso al giudice in caso di contrasto tra familiari, fiduciario e medici nella interpretazione della DAT;
La legge era stata subito definita come degna di uno stato etico, dato che non teneva in alcun conto la effettiva volontà dei cittadini e tutti i giuristi ne avevano prognosticato l’incostituzionalità. Quanto avvenuto oggi, quando la Corte Costituzionale ha scrtto la parola fine in calce ad una vicenda che è stata al centro della cronaca degli ultimi mesi, non ha quindi destato particolare sorpresa.
I fatti sono noti.
Una giovane madre, Maria Bianchi, alla quale nel 2007 era stata diagnosticata una gravissima malattia degenerativa, aveva affidato ad un videomessaggio le sue volontà sui trattamenti sanitari che non voleva le venissero somministrati e in particolare aveva chiesto espressamente che, giunta in fase terminale, le venissero risparmiati accanimento terapeutico, idratazione e alimentazione forzata. Per dare maggior forza alla sua volontà, sempre nel 2007, si era recata da un notaio, per ribadire con maggior forza formale la sua decisione, nominando come suo fiduciario il proprio convivente, Mario Rossi, al quale aveva affidato l’incarico di rendere noto ai medici cosa fare.
La malattia era purtroppo progredita rapidamente e sin dall’estate del 2011, la povera Maria viveva in stato vegetativo, sebbene il suo elettroencefalogramma non fosse totalmente “piatto”.
Data l’irrereversibilità della malattia, Mario Rossi, nel dicembre del 2011, aveva chiesto ai medici di sospendere ogni ulteriore trattamento, dando esecuzione alla volontà della paziente, ma a questa richiesta, in applicazione della legge oggi annullata, era stato opposto un netto rifiuto.
In primo luogo era stata negata ogni legittimazione a Mario Rossi, argomentando che, poiché la DAT non era stata rilasciata con la forma dovuta e poichè comunque anche la dichiarazione notarile risaliva a più di cinque anni prima, Rossi, in quanto semplice convivente, non poteva interagire con i medici, che potevano confrontarsi solo con i familiari, i quali erano però contrari alla sospensione dei trattamenti. I medici poi, avevano eccepito che in ogni caso, non era possibile sospendere l’alimentazione e l’idratazione forzate e che comunque lo stato vegetativo dela paziente non era ancora permanente.
La parola era dunque passata alla magistratura a cui Mario Rossi si era rivolto e il Tribunale di Roma, investito della questione, lo scorso anno aveva rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, ritenendo che la legge violasse gli articoli 2, 24 e 32 della nostra Costituzione.
La Corte, come previsto, ha oggi accolto il ricorso e sia pure col linguaggio asettico dei giuristi, ha affermato che, nella sostanza, la legge sul "biotestamento" calpesta i più elementari diritti della persona umana, impedisce una adeguata tutela giudiziaria e viola il diritto del malato a decidere quali trattamenti sanitari subire. Ciò che la Corte ha oggi messo nero su bianco è che a dover essere tutelata è solo e soltanto la volontà del paziente, non astratti principi, frutto di ideologie di parte.
In pratica sono stati abrogati tutti gli articoli principali della legge (il 2, il 3, il 7) ed è importate il fatto che la Corte, nella sua decisione abbia chiarito che l’abrogazione della legge non lascia affatto un vuoto normativo. Richiamandosi alla precedente giurisprudenza in materia, tra cui la nota sentenza del caso Eluana Englaro, la Corte ha sancito che:
- per i casi futuri simili a quello di Maria Bianchi potranno tranquillamente applicarsi i principi della nostra Costituzione;
- che il nostro ordinamento non ha bisogno di interventi restrtittivi, perché contiene già, al suo interno tutto quanto necessario alla soluzione di simili vicende;
- qualsiasi intervento del legislatore non potrà mai intervenire sui principi, che sono oramai consolidati, ma al massimo intervenire per dare le migliori garanzie per accertare la volontà dei pazienti, evitando qualsiasi atteggiamento pregiudiziale fondato su dogmi.
Numerosi i commenti e le critiche dal centro destra, ma nessuno realmente interessante e quindi nessuno degno di essere qui riportato. Lapidario invece il commento di Mario Rossi:
“Alla base di tutto c'è il fatto che solo a Maria spettava decidere della sua vita, il resto sono solo chiacchiere senza valore”.
Vedi, bisogna vedere se ci sarà mai un Mario Rossi che avrà voglia di fare tutto questo percorso. Perchè alla base di questa legge c'è l'ipocrisia di fondo di una certa corrente di pensiero contro la quale è duro lottare da soli. E' evidente che tutta la impostazione della legge serve ad impedire un nuovo caso Englaro, e che tutto lo sforzo (e le relative sofferenze) sopportate dal sig. Englaro hanno ottenuto il risultato opposto a quello voluto.
Resta il fatto che, nel caso mi succedesse qualcosa del genere, io ho già detto a chi di dovere di fregarsene e di ottenere di potermi curare in una clinica privata. E lì, nel silenzio, la mia morte non genererà nessun clamore. Perchè è di quello che si ha paura, del clamore. Poi tutto si può fare, basta non dirlo. Certo, tutto ciò è molto triste.
Proprio questo è il punto caro Nino. Questa legge è fatta per il popolino, non vorrai mica che decidano da soli dannandosi l'anima? Chi può, e conosce, si organizzerà diversamente. Ca va sans dir.
Come per l'aborto o per il divorzio ai tempi che furono. Chi poteva sapeva come fare e dove andare. Chi non poteva..avrebbe dovuto pensarci prima.
Ogni tanto spunta qualche fesso, tipo Englaro o Welby, che, invece di far così, si batte per tutti a suo stesso discapito. Che vuoi fare di questi idealisti? Ammazzarli? eh non si può! E' proprio quel che vogliono!
Che poi....una volta ci opponevamo perchè temevamo che il popolino, laicizzandosi, si buttasse a sinistra, che si disgregasse la famiglia: base della società democristiana. Adesso non c'è ne frega niente, lo facciamo solo per 4 voti che (forse) il Vaticano riesce ancora a procurarci. Certo così, senza vera convinzione, vengono fuori pastrocchi come questa legge o come quando siamo andati al "family day" per poi finire, 6 mesi dopo, a batterci contro i "puritani" al Dal Verme.
PS
Scusa Nino, ho finto di fraintendere il tuo commento per postare un ipotetico commento di un ideatore della legge, ma il tuo punto di vista era chiaro ;-)
PPS
che poi ....mettere un sondino per salvar la mia vita, cioè quella di uno che, nonostante la premessa, stava (quasi) prendendo per vero il videomessaggio di Maria Bianchi... è proprio uno spreco!